I tre monumenti si aggiungono alle due note "Pietre forate" dello Iato e del Belìce (Campanaru e Cozzu Perciata) e inducono gli studiosi a ritenere che popoli di 4 mila anni fa avrebbero realizzato in Sicilia una rete di "Pietre calendario", attraversate dal sole, per la conoscenza delle
venerdì 31 marzo 2017
Archeologia. Scoperte Pietre calendario, una conferma e due scoperte: indicavano il tempo della semina e del raccolto
Archeologia. Scoperte Pietre calendario, una conferma e due
scoperte: indicavano il tempo della semina e del raccolto
Dopo
la conferma della "Pietra calendario" di contrada Cozzo Olivo, a
Gela, un altro monolite forato dello stesso genere potrebbe essere quello
scoperto a Castellammare del Golfo (TP), a forma di cavallo, mentre attenzione
viene rivolta a un terzo, segnalato a Monte Petrulla, Licata (AG).
I tre monumenti si aggiungono alle due note "Pietre forate" dello Iato e del Belìce (Campanaru e Cozzu Perciata) e inducono gli studiosi a ritenere che popoli di 4 mila anni fa avrebbero realizzato in Sicilia una rete di "Pietre calendario", attraversate dal sole, per la conoscenza delle
I tre monumenti si aggiungono alle due note "Pietre forate" dello Iato e del Belìce (Campanaru e Cozzu Perciata) e inducono gli studiosi a ritenere che popoli di 4 mila anni fa avrebbero realizzato in Sicilia una rete di "Pietre calendario", attraversate dal sole, per la conoscenza delle
giovedì 30 marzo 2017
Archeologia della Sardegna. Evoluzione stilistica degli ingressi nei nuraghi Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Archeologia della Sardegna. Evoluzione stilistica degli ingressi nei nuraghi
Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Lo studio architettonico degli edifici di epoca nuragica
mostra una interessante evoluzione strutturale che mira a slanciare le
strutture dalla forma a bastione dei nuraghi a corridoio verso le alte torri a
tholos che segnano il paesaggio storico dell’isola. I primi, quelli a
corridoio, a volte denominati protonuraghi, mostrano ingressi di forma
rettangolare, con architrave che poggia su stipiti lineari che hanno la stessa
larghezza alla base e sotto l’architrave. Questa forma è la più semplice da
realizzare, e deriva dagli antichi dolmen di gusto megalitico, uno stile che giunge
in Sardegna dal nord Europa al passaggio fra età della pietra ed età del rame,
intorno al 3000 a.C. C’è da osservare, comunque, che già nelle domus de janas,
ben prima di questa data, si osserva la
martedì 28 marzo 2017
Archeologia. Launeddas, lo strumento musicale più antico del mondo ancora in uso. Una peculiarità sarda che risale alla Civiltà Nuragica.
Archeologia. Launeddas,
lo strumento musicale più antico del mondo ancora in uso. Una peculiarità sarda
che risale alla Civiltà Nuragica.
Un
incontro con il pubblico cagliaritano per conoscere le launeddas e l’opera
dell’antropologo Bentzon. In Sardegna negli anni ’50 il giovane studioso
girò per i paesi dei maestri: le sue immagini e le sue registrazioni – tra le
prime in assoluto – sono preziose testimonianze. L’appuntamento, dal titolo
“Sulle tracce di A. F. W. Bentzon in Sardegna” è a Cagliari, Venerdì 31 Marzo,
alle ore 19, nella sala conferenze Honebu, in Via Fratelli Bandiera 100. Il
prof. Dante Olianas parlerà della storia delle launeddas nel panorama degli
strumenti ad ancia in Europa e della figura del Bentzon nel panorama della cultura
sarda. Seguirà la proiezione del film “Is Launeddas, la musica dei
Sardi” girato dal Bentzon nel 1962 e montato da Fiorenzo Serra nel 1998.
Bentzon,
un ricercatore eclettico.
Questa
terra è “ [ ... ] una miniera d’oro per gli elementi culturali che, grazie al
suo isolamento geografico e alla scarsità di porti, sono stati preservati
intatti e non rimpiazzati dalle altre culture mediterranee”. Così il Bentzon,
nel 1958, presentava la Sardegna agli studenti di musica dell’Università di
Copenaghen. Di questa ricca e impervia miniera, egli ne avrebbe scavato e
lunedì 27 marzo 2017
Archeologia della Sardegna. Preistoria: La metallurgia antica. Estrazione, fusione e leghe. Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Archeologia della Sardegna. Preistoria: La metallurgia antica. Estrazione, fusione e leghe
Riflessioni di Pierluigi Montalbano
La scoperta dei metodi per l'estrazione dei metalli portò gradualmente alla fine della cultura neolitica. Per molti secoli, mentre utilizzavano la pietra, l'osso e il legno come materiali da utensili, gli uomini fecero uso di qualche metallo allo stato nativo (oro, argento, rame e ferro meteorico) per scopi decorativi e per la fabbricazione di piccoli oggetti quali spilli e ami da pesca.
Le ampie possibilità offerte dalla lavorazione dei metalli non erano ancora note. La metallurgia vera e propria iniziò solo quando si comprese che, con la fusione, il riscaldamento e la colata, si poteva impartire al metallo una forma nuova e controllata, al di là dello scopo delle vecchie tecniche di scheggiamento, spaccatura, taglio. Ciò avvenne verso la fine del IV millennio a.C.
Nel giro di un migliaio di anni dalla scoperta dei processi di estrazione, l'uomo era riuscito a padroneggiare la metallurgia e la tecnica della fusione. È probabile che in un primo tempo il
Riflessioni di Pierluigi Montalbano
La scoperta dei metodi per l'estrazione dei metalli portò gradualmente alla fine della cultura neolitica. Per molti secoli, mentre utilizzavano la pietra, l'osso e il legno come materiali da utensili, gli uomini fecero uso di qualche metallo allo stato nativo (oro, argento, rame e ferro meteorico) per scopi decorativi e per la fabbricazione di piccoli oggetti quali spilli e ami da pesca.
Le ampie possibilità offerte dalla lavorazione dei metalli non erano ancora note. La metallurgia vera e propria iniziò solo quando si comprese che, con la fusione, il riscaldamento e la colata, si poteva impartire al metallo una forma nuova e controllata, al di là dello scopo delle vecchie tecniche di scheggiamento, spaccatura, taglio. Ciò avvenne verso la fine del IV millennio a.C.
Nel giro di un migliaio di anni dalla scoperta dei processi di estrazione, l'uomo era riuscito a padroneggiare la metallurgia e la tecnica della fusione. È probabile che in un primo tempo il
sabato 25 marzo 2017
Archeologia. Furono i popoli del Mare a determinare il crollo di Ittiti, Egizi e Micenei? Forse le analisi dei pollini dell'epoca possono aiutare a svelare il mistero del crollo delle civiltà che pose fine all’Età del Bronzo.
Archeologia. Furono i popoli del Mare a determinare il crollo di Ittiti, Egizi e Micenei? Forse le analisi dei pollini dell'epoca possono aiutare a svelare il mistero del crollo delle civiltà che pose fine all’Età del Bronzo.
di Roff Smith
Cosa accadde 3.200 anni fa sulle rive orientali del Mediterraneo?
L'analisi di antiche particelle di polline ha portato alla luce una drammatica siccità durata ben 150 anni.
"In pochissimo tempo, l'intero mondo dell'Età del Bronzo crollò", racconta Israel Finkelstein, archeologo dell'Università di Tel Aviv. "L'impero ittita, l'Egitto dei faraoni, la civiltà micenea in Grecia, il regno di Cipro, celebre per la produzione del rame, la grande città-mercato di Ugarit, sulla costa siriana, le città-Stato cananite, sotto l'egemonia egiziana: tutte queste civiltà scomparvero, e solo dopo qualche tempo furono rimpiazzate dai regni territoriali dell'Età del Ferro, come quelli di Israele e di Giuda".
Il mistero fa discutere gli scienziati da decenni. Si è pensato a guerre, pestilenze, disastri naturali improvvisi. Ora Finkelstein e i suoi colleghi ritengono di aver trovato una soluzione studiando
di Roff Smith
Cosa accadde 3.200 anni fa sulle rive orientali del Mediterraneo?
L'analisi di antiche particelle di polline ha portato alla luce una drammatica siccità durata ben 150 anni.
"In pochissimo tempo, l'intero mondo dell'Età del Bronzo crollò", racconta Israel Finkelstein, archeologo dell'Università di Tel Aviv. "L'impero ittita, l'Egitto dei faraoni, la civiltà micenea in Grecia, il regno di Cipro, celebre per la produzione del rame, la grande città-mercato di Ugarit, sulla costa siriana, le città-Stato cananite, sotto l'egemonia egiziana: tutte queste civiltà scomparvero, e solo dopo qualche tempo furono rimpiazzate dai regni territoriali dell'Età del Ferro, come quelli di Israele e di Giuda".
Il mistero fa discutere gli scienziati da decenni. Si è pensato a guerre, pestilenze, disastri naturali improvvisi. Ora Finkelstein e i suoi colleghi ritengono di aver trovato una soluzione studiando
venerdì 24 marzo 2017
Archeologia. Sant'Antioco, l'antica Sulky, una delle più antiche città di tutto l'Occidente. Indagini nell'area del Cronicario. Riflessioni di Piero Bartoloni
Archeologia. Sant'Antioco, l'antica Sulky, una delle più antiche città di tutto l'Occidente. Indagini nell'area del Cronicario.
Riflessioni di Piero Bartoloni
Le indagini archeologiche che si susseguono ormai da cinque lustri in una zona dell’antico abitato fenicio, punico e romano dell’antica Sulky, nota anche con il nome di Area del Cronicario, hanno fornito una vasta messe di dati e di puntualizzazioni cronologiche, come è proprio delle indagini che hanno luogo in queste circostanze. La stessa bibliografia suggerisce l’importanza del luogo per il mondo degli studi fenici e punici: non pochi studiosi della disciplina hanno contribuito all’analisi dei dati che sono emersi nel corso degli anni.
L’area dell’antica Sulky costituisce un campo d’indagine molto importante per la conoscenza della storia della civiltà fenicia dell’Occidente mediterraneo. A corollario occorre notare che, allo stato attuale delle ricerche, l’impianto urbano di Sulky è il più antico tra le colonie fenice di Sardegna.
Grazie alle scoperte effettuate nelle ultime campagne di scavi, oggi sappiamo che il sito nuragico di quella che sarà la Sulky di età fenicia era frequentato da navigatori stranieri anche in epoca precedente all’arrivo dei Fenici, come dimostrato da tre frammenti di uno stesso piccolo recipiente chiuso, databile al Miceneo III C. Sulla base della tipologia e della cronologia dei frammenti, si può ritenere che il recipiente al quale appartenevano possa essere identificato con una Cylindrical Bottle o con un Horn-Shaped Vessel oppure con una Gourd-Shaped Jar di fabbrica filistea (fig. 1), tutti per l’appunto in uso nell’XI secolo a.C.. Come è noto, la presenza filistea in Sardegna è stata registrata sulla base di alcuni ritrovamenti appartenenti alla cultura materiale di questo popolo, tra i quali un frammento di sarcofago fittile, significativo per quanto attiene al loro status nell’isola. Gli stretti legami tra i Filistei e il mondo locale sono accertati dalla costante presenza di questi materiali, che di certo non possono essere classificati come athyrmata, in ambiente nuragico e non è da escludere che quanto pervenuto in Sardegna e classificato in precedenza come matrice micenea, invece, possa essere ascritto a botteghe filistee.
Come ho già avuto modo di sottolineare, la cronologia della fondazione fenicia della città attualmente può essere collocata con sicurezza nel primo quarto dell’VIII secolo a.C. e, più precisamente, attorno al 780/770 a.C., grazie anche alle indagini che ormai da oltre vent’anni si svolgono in una proficua collaborazione tra l’Università di Sassari e la Soprintendenza Archeologica per le Province di Cagliari e Oristano nell’area cosiddetta del Cronicario.
Fino ad oggi la datazione del centro abitato si fondava su due precisi rinvenimenti di ambito medio geometrico e, dunque, certamente antecedenti al 750 a.C. Il primo è una forma chiusa di ambiente cuboico ischitano, riportata da Paolo Bernardini, mentre il secondo è costituito da due coppe di matrice tiria (fig. 2) rinvenute negli anni scorsi sempre nell’area urbana.
Attualmente, accanto alle conoscenze derivanti dai lavori effettuati nell’area del Cronicario, si possono ricordare anche quelle ottenute da occasioni non programmate, come nel caso di un intervento di urgenza che ha avuto luogo a Sant’Antioco tra il novembre del 2005 e il febbraio del 2006. Pertanto, la datazione della fondazione della città non solo è confermata ma, se ciò è possibile, ulteriormente rivalutata anche grazie a questi più recenti lavori, che si sono svolti nelle adiacenze della suddetta area del Cronicario.
Nel nuovo settore dell’abitato, che scende verso il mare con andamento verso est, si è potuta constatare una situazione analoga a quella degli edifici dell’adiacente area del Cronicario, i quali, per superare la pendenza del terreno, erano disposti su gradoni. Anche in questo caso gli edifici di età romana imperiale erano impiantati su blocchi appartenenti alle fortificazioni di età punica, erette attorno al 375 a.C. e smantellate subito dopo il 238 a.C.. Nell’area indagata, che ha un’estensione di circa 400 m² (fig. 3), l’intervento archeologico ha avuto inizio quando ormai gli edifici di età romana della parte orientale erano stati quasi completamente distrutti dai mezzi meccanici. Tuttavia, gli strati di età fenicia erano pressoché intatti ed hanno consentito un’indagine più accurata. Le strutture di età romana del versante occidentale erano, invece, totalmente intatte ed hanno consentito un’analisi completa e più che soddisfacente. Tra le murature emerse durante lo scavo, oltre a numerosi blocchi di pietra delle fortificazioni puniche, reimpiegati nelle strutture romane, è venuto in luce un pilastro, che, grazie alla sua collocazione stratigrafica, è stato possibile attribuire all’età fenicia. Il pilastro, dell’altezza residua di circa 2 m, interamente costruito in mattoni di argilla cruda e ricoperto con intonaco di tipo idraulico, aveva lo spessore di 52 cm e la lunghezza di 130 cm, cioè esattamente di un cubito per due cubiti e mezzo fenici, e probabilmente era destinato a sorreggere una struttura pensile in un ambiente subaereo, quale ad esempio un cortile.
Gli oggetti rinvenuti nell’area, appartenenti agli orizzonti citati, sono ancora in corso di studio, ma è stato possibile effettuare una scelta sia pur limitata che viene presentata in questa sede. L’importanza della scoperta risiede soprattutto nella constatazione che nell’area sono state rinvenute alcune forme di età fenicia che non erano mai comparse nel repertorio sulcitano fino ad oggi noto. Una delle più interessanti è costituita da una pentola appartenente a una tipologia orientale (fig. 4), assai rara nel bacino occidentale del Mediterraneo.
Inoltre, sono presenti alcune forme aperte tra le quali talune del tutto nuove per Sulky ed altre che apparentemente costituiscono un unicum in tutto il mondo fenicio. Tra le novità per l’abitato sulcitano, si possono menzionare alcuni tripodi (fig. 5) di tipo siriano, derivanti direttamente dai prototipi in basalto. Questi oggetti, in particolare, condividono gli orizzonti commerciali fenici, ma la loro origine è da porre nelle botteghe nord-siriane e, dunque, nella culla dell’arte orientalizzante, assieme alle coppe baccellate di tipo ‘assiro’ e forse alle coppe ‘fenice’ in metallo prezioso.
Sempre a Sulky sono da citare una serie di mortai (figg. 6-7), che, pur presentando una vasca del tutto simile a quella dei noti tripodi, sono provvisti, invece, di un piano di appoggio anulare, che, allo stato attuale, li rende del tutto unici nel loro genere.
Oltre a questi mortai occorre ricordare un minuscolo attingitoio d’impasto, unico nel suo genere in ambiente abitativo (fig. 8), ma accompagnato da alcuni esemplari miniaturistici provenienti dall’area del tofet, in parte coevi e in parte del VII secolo a.C. Numerose sono anche le piccole brocche piriformi utilizzate come unguentari, per altro già rinvenute in quantità considerevole nell’ambiente abitativo e dipanate tra la seconda metà dell’VIII e la metà del VII secolo a.C. Di particolare interesse è un frammento di brocca con orlo espanso (fig. 9), accostabile ad esemplari rinvenuti in insediamenti fenici sia di Cartagine sia della costa andalusa. Questi ultimi recipienti sono databili attorno alla metà del VII secolo a.C. e dunque quello sulcitano riveste particolare interesse, poiché a Sulky mancano totalmente le attestazioni delle brocche di questa tipologia in questo specifico periodo.
Sempre tra i reperti dell’abitato è da segnalare la presenza, per la prima volta in ambiente fenicio di Sardegna, un frammento di cuenco di ceramica cenerognola con incisioni di provenienza iberica, che, assieme ai frammenti di ceramica nuragica disseminati lungo la rotta tra l’Oriente e l’Occidente, suggerisce nuove problematiche su vettori ed equipaggi. In particolare, il frammento in questione sembra fare parte di un recipiente prodotto nell’area del Bajo Guadalquivir, anche se non si esclude la possibilità di una sua provenienza dalla zona del Sureste. La scoperta di un frammento appartenente a questa classe di materiali non costituisce una novità per i centri fenici di Occidente, ma, almeno per il momento, rappresenta un unicum almeno per quanto riguarda la Sardegna.
Ancora dall’area del Cronicario vengono due frammenti di una stessa oinochoe euboica, databile nell’ambito SPG III, e un kyathos d’impasto (fig. 10), databile nell’ultimo quarto dell’VII secolo a.C.. Entrambi gli oggetti erano inseriti in due mattoni di terra cruda, appartenenti allo stesso focolare. Quindi, l’oinochoe SPG III di Sulky si aggiunge al repertorio euboico della Sardegna ed è da considerare coeva allo skyphos a semicerchi pendenti di Sant’Imbenia, oppure cronologicamente precedente, sia pure di poco. Dunque, data la quantità di materiali d’importazione, l’abitato sulcitano dei primi anni dell’VIII secolo a.C. è da considerare in una fase cronologicamente non iniziale. Sono, inoltre, ravvisabili possibili paralleli con i fondaci fenici e tartessi dell’Andalusia occidentale anche in relazione alla presenza di frammenti di skyphoi attici compresi, comunque, entro il MG II.
Come è noto, numerosi materiali fenici, soprattutto in red slip, sono venuti alla luce nell’area indagata: tra questi principalmente le forme aperte, come è ovvio per un’area residenziale. Inoltre, sono testimoniati non pochi frammenti di produzione euboica e corinzia, che permettono di allineare pienamente il centro sulcitano agli orizzonti culturali e commerciali recentemente apparsi a Cartagine. Tra tutti, fino ad oggi mai rinvenuto a Sulky, un frammento di coppa con ansa verticale e una caratteristica decorazione a righe oblique incrociate, databile entro il LG II.
Un’ultima, più recente scoperta riguarda un’olla la cui cronologia è stata oggetto di annosa diatriba nel campo degli studi punici. Si tratta di un recipiente di forma caratteristica e inconfondibile per il quale, in virtù della posizione delle anse, sono state chiamate in causa anche origini nuragiche. A risolvere definitivamente l’annoso micro-problema, durante le indagini nell’area del Cronicario, in uno stato databile nel 200 a.C., è stata rinvenuta in situ un’olla di questo tipo, interamente ricostruibile, accompagnata da una pentola tardo-punica e da un’anfora di fabbrica cartaginese, che corroborano la cronologia.
Le testimonianze di cultura materiale fenicia, punica, greca ed etrusca, rinvenute a Sulky e nel suo circondario, sembrerebbero aprire ulteriore e nuova luce sulla realtà e sulla natura dei traffici commerciali intrattenuti dalla città fenicia nei primi secoli della sua esistenza.
I dati testé illustrati sono esposti in modo sommario per fornire in modo il più rapido possibile al mondo degli studi nuovi elementi di valutazione e di lavoro. Questi dati, inoltre, contribuiscono a diluire e ad attenuare o, comunque, ad inserire in un contesto più diffuso e più ampio le scoperte effettuate in insediamenti quali Sant’Imbenia di Porto Conte, accreditati talvolta di valenze che oggi, allo stato delle scoperte sulcitane, non sembrerebbero riferirsi a testimonianze particolarmente inusitate ed eccezionali. Del resto, sono ben noti i rischi di una ipervalutazione di pochi dati non completi situati in contesti che potremmo ben definire marginali. Infatti, alla luce dei nuovi dati sulcitani, l’insediamento di Sant’Imbenia, pur se non trascurabile, rientra nel novero dei centri nuragici attivi lungo le coste e nell’interno della Sardegna, quali ad esempio il nuraghe Sirai e il nuraghe Tratalias, non direttamente interessati dalla presenza dei centri urbani fenici.
Fonte: Quaderni di Vicino Oriente (2010), pp. 7-18 - Roma
Riflessioni di Piero Bartoloni
Le indagini archeologiche che si susseguono ormai da cinque lustri in una zona dell’antico abitato fenicio, punico e romano dell’antica Sulky, nota anche con il nome di Area del Cronicario, hanno fornito una vasta messe di dati e di puntualizzazioni cronologiche, come è proprio delle indagini che hanno luogo in queste circostanze. La stessa bibliografia suggerisce l’importanza del luogo per il mondo degli studi fenici e punici: non pochi studiosi della disciplina hanno contribuito all’analisi dei dati che sono emersi nel corso degli anni.
L’area dell’antica Sulky costituisce un campo d’indagine molto importante per la conoscenza della storia della civiltà fenicia dell’Occidente mediterraneo. A corollario occorre notare che, allo stato attuale delle ricerche, l’impianto urbano di Sulky è il più antico tra le colonie fenice di Sardegna.
Grazie alle scoperte effettuate nelle ultime campagne di scavi, oggi sappiamo che il sito nuragico di quella che sarà la Sulky di età fenicia era frequentato da navigatori stranieri anche in epoca precedente all’arrivo dei Fenici, come dimostrato da tre frammenti di uno stesso piccolo recipiente chiuso, databile al Miceneo III C. Sulla base della tipologia e della cronologia dei frammenti, si può ritenere che il recipiente al quale appartenevano possa essere identificato con una Cylindrical Bottle o con un Horn-Shaped Vessel oppure con una Gourd-Shaped Jar di fabbrica filistea (fig. 1), tutti per l’appunto in uso nell’XI secolo a.C.. Come è noto, la presenza filistea in Sardegna è stata registrata sulla base di alcuni ritrovamenti appartenenti alla cultura materiale di questo popolo, tra i quali un frammento di sarcofago fittile, significativo per quanto attiene al loro status nell’isola. Gli stretti legami tra i Filistei e il mondo locale sono accertati dalla costante presenza di questi materiali, che di certo non possono essere classificati come athyrmata, in ambiente nuragico e non è da escludere che quanto pervenuto in Sardegna e classificato in precedenza come matrice micenea, invece, possa essere ascritto a botteghe filistee.
Come ho già avuto modo di sottolineare, la cronologia della fondazione fenicia della città attualmente può essere collocata con sicurezza nel primo quarto dell’VIII secolo a.C. e, più precisamente, attorno al 780/770 a.C., grazie anche alle indagini che ormai da oltre vent’anni si svolgono in una proficua collaborazione tra l’Università di Sassari e la Soprintendenza Archeologica per le Province di Cagliari e Oristano nell’area cosiddetta del Cronicario.
Fino ad oggi la datazione del centro abitato si fondava su due precisi rinvenimenti di ambito medio geometrico e, dunque, certamente antecedenti al 750 a.C. Il primo è una forma chiusa di ambiente cuboico ischitano, riportata da Paolo Bernardini, mentre il secondo è costituito da due coppe di matrice tiria (fig. 2) rinvenute negli anni scorsi sempre nell’area urbana.
Attualmente, accanto alle conoscenze derivanti dai lavori effettuati nell’area del Cronicario, si possono ricordare anche quelle ottenute da occasioni non programmate, come nel caso di un intervento di urgenza che ha avuto luogo a Sant’Antioco tra il novembre del 2005 e il febbraio del 2006. Pertanto, la datazione della fondazione della città non solo è confermata ma, se ciò è possibile, ulteriormente rivalutata anche grazie a questi più recenti lavori, che si sono svolti nelle adiacenze della suddetta area del Cronicario.
Nel nuovo settore dell’abitato, che scende verso il mare con andamento verso est, si è potuta constatare una situazione analoga a quella degli edifici dell’adiacente area del Cronicario, i quali, per superare la pendenza del terreno, erano disposti su gradoni. Anche in questo caso gli edifici di età romana imperiale erano impiantati su blocchi appartenenti alle fortificazioni di età punica, erette attorno al 375 a.C. e smantellate subito dopo il 238 a.C.. Nell’area indagata, che ha un’estensione di circa 400 m² (fig. 3), l’intervento archeologico ha avuto inizio quando ormai gli edifici di età romana della parte orientale erano stati quasi completamente distrutti dai mezzi meccanici. Tuttavia, gli strati di età fenicia erano pressoché intatti ed hanno consentito un’indagine più accurata. Le strutture di età romana del versante occidentale erano, invece, totalmente intatte ed hanno consentito un’analisi completa e più che soddisfacente. Tra le murature emerse durante lo scavo, oltre a numerosi blocchi di pietra delle fortificazioni puniche, reimpiegati nelle strutture romane, è venuto in luce un pilastro, che, grazie alla sua collocazione stratigrafica, è stato possibile attribuire all’età fenicia. Il pilastro, dell’altezza residua di circa 2 m, interamente costruito in mattoni di argilla cruda e ricoperto con intonaco di tipo idraulico, aveva lo spessore di 52 cm e la lunghezza di 130 cm, cioè esattamente di un cubito per due cubiti e mezzo fenici, e probabilmente era destinato a sorreggere una struttura pensile in un ambiente subaereo, quale ad esempio un cortile.
Gli oggetti rinvenuti nell’area, appartenenti agli orizzonti citati, sono ancora in corso di studio, ma è stato possibile effettuare una scelta sia pur limitata che viene presentata in questa sede. L’importanza della scoperta risiede soprattutto nella constatazione che nell’area sono state rinvenute alcune forme di età fenicia che non erano mai comparse nel repertorio sulcitano fino ad oggi noto. Una delle più interessanti è costituita da una pentola appartenente a una tipologia orientale (fig. 4), assai rara nel bacino occidentale del Mediterraneo.
Inoltre, sono presenti alcune forme aperte tra le quali talune del tutto nuove per Sulky ed altre che apparentemente costituiscono un unicum in tutto il mondo fenicio. Tra le novità per l’abitato sulcitano, si possono menzionare alcuni tripodi (fig. 5) di tipo siriano, derivanti direttamente dai prototipi in basalto. Questi oggetti, in particolare, condividono gli orizzonti commerciali fenici, ma la loro origine è da porre nelle botteghe nord-siriane e, dunque, nella culla dell’arte orientalizzante, assieme alle coppe baccellate di tipo ‘assiro’ e forse alle coppe ‘fenice’ in metallo prezioso.
Sempre a Sulky sono da citare una serie di mortai (figg. 6-7), che, pur presentando una vasca del tutto simile a quella dei noti tripodi, sono provvisti, invece, di un piano di appoggio anulare, che, allo stato attuale, li rende del tutto unici nel loro genere.
Oltre a questi mortai occorre ricordare un minuscolo attingitoio d’impasto, unico nel suo genere in ambiente abitativo (fig. 8), ma accompagnato da alcuni esemplari miniaturistici provenienti dall’area del tofet, in parte coevi e in parte del VII secolo a.C. Numerose sono anche le piccole brocche piriformi utilizzate come unguentari, per altro già rinvenute in quantità considerevole nell’ambiente abitativo e dipanate tra la seconda metà dell’VIII e la metà del VII secolo a.C. Di particolare interesse è un frammento di brocca con orlo espanso (fig. 9), accostabile ad esemplari rinvenuti in insediamenti fenici sia di Cartagine sia della costa andalusa. Questi ultimi recipienti sono databili attorno alla metà del VII secolo a.C. e dunque quello sulcitano riveste particolare interesse, poiché a Sulky mancano totalmente le attestazioni delle brocche di questa tipologia in questo specifico periodo.
Sempre tra i reperti dell’abitato è da segnalare la presenza, per la prima volta in ambiente fenicio di Sardegna, un frammento di cuenco di ceramica cenerognola con incisioni di provenienza iberica, che, assieme ai frammenti di ceramica nuragica disseminati lungo la rotta tra l’Oriente e l’Occidente, suggerisce nuove problematiche su vettori ed equipaggi. In particolare, il frammento in questione sembra fare parte di un recipiente prodotto nell’area del Bajo Guadalquivir, anche se non si esclude la possibilità di una sua provenienza dalla zona del Sureste. La scoperta di un frammento appartenente a questa classe di materiali non costituisce una novità per i centri fenici di Occidente, ma, almeno per il momento, rappresenta un unicum almeno per quanto riguarda la Sardegna.
Ancora dall’area del Cronicario vengono due frammenti di una stessa oinochoe euboica, databile nell’ambito SPG III, e un kyathos d’impasto (fig. 10), databile nell’ultimo quarto dell’VII secolo a.C.. Entrambi gli oggetti erano inseriti in due mattoni di terra cruda, appartenenti allo stesso focolare. Quindi, l’oinochoe SPG III di Sulky si aggiunge al repertorio euboico della Sardegna ed è da considerare coeva allo skyphos a semicerchi pendenti di Sant’Imbenia, oppure cronologicamente precedente, sia pure di poco. Dunque, data la quantità di materiali d’importazione, l’abitato sulcitano dei primi anni dell’VIII secolo a.C. è da considerare in una fase cronologicamente non iniziale. Sono, inoltre, ravvisabili possibili paralleli con i fondaci fenici e tartessi dell’Andalusia occidentale anche in relazione alla presenza di frammenti di skyphoi attici compresi, comunque, entro il MG II.
Come è noto, numerosi materiali fenici, soprattutto in red slip, sono venuti alla luce nell’area indagata: tra questi principalmente le forme aperte, come è ovvio per un’area residenziale. Inoltre, sono testimoniati non pochi frammenti di produzione euboica e corinzia, che permettono di allineare pienamente il centro sulcitano agli orizzonti culturali e commerciali recentemente apparsi a Cartagine. Tra tutti, fino ad oggi mai rinvenuto a Sulky, un frammento di coppa con ansa verticale e una caratteristica decorazione a righe oblique incrociate, databile entro il LG II.
Un’ultima, più recente scoperta riguarda un’olla la cui cronologia è stata oggetto di annosa diatriba nel campo degli studi punici. Si tratta di un recipiente di forma caratteristica e inconfondibile per il quale, in virtù della posizione delle anse, sono state chiamate in causa anche origini nuragiche. A risolvere definitivamente l’annoso micro-problema, durante le indagini nell’area del Cronicario, in uno stato databile nel 200 a.C., è stata rinvenuta in situ un’olla di questo tipo, interamente ricostruibile, accompagnata da una pentola tardo-punica e da un’anfora di fabbrica cartaginese, che corroborano la cronologia.
Le testimonianze di cultura materiale fenicia, punica, greca ed etrusca, rinvenute a Sulky e nel suo circondario, sembrerebbero aprire ulteriore e nuova luce sulla realtà e sulla natura dei traffici commerciali intrattenuti dalla città fenicia nei primi secoli della sua esistenza.
I dati testé illustrati sono esposti in modo sommario per fornire in modo il più rapido possibile al mondo degli studi nuovi elementi di valutazione e di lavoro. Questi dati, inoltre, contribuiscono a diluire e ad attenuare o, comunque, ad inserire in un contesto più diffuso e più ampio le scoperte effettuate in insediamenti quali Sant’Imbenia di Porto Conte, accreditati talvolta di valenze che oggi, allo stato delle scoperte sulcitane, non sembrerebbero riferirsi a testimonianze particolarmente inusitate ed eccezionali. Del resto, sono ben noti i rischi di una ipervalutazione di pochi dati non completi situati in contesti che potremmo ben definire marginali. Infatti, alla luce dei nuovi dati sulcitani, l’insediamento di Sant’Imbenia, pur se non trascurabile, rientra nel novero dei centri nuragici attivi lungo le coste e nell’interno della Sardegna, quali ad esempio il nuraghe Sirai e il nuraghe Tratalias, non direttamente interessati dalla presenza dei centri urbani fenici.
Fonte: Quaderni di Vicino Oriente (2010), pp. 7-18 - Roma
giovedì 23 marzo 2017
Storia della Sardegna. I "Falsi d'Arborea", misteriosi e incomprensibili fogli, per i quali il bibliotecario Pietro Martini si affidò allo scrivano cagliaritano Pillito, considerato un abile paleografo, che prestava servizio presso l’Archivio Patrimoniale della città.
Storia della Sardegna. I "Falsi d'Arborea", misteriosi e incomprensibili fogli, per i quali il bibliotecario Pietro Martini si affidò allo scrivano cagliaritano Pillito, considerato un abile paleografo, che prestava servizio presso l’Archivio Patrimoniale della città.
(Se ne parlerà Venerdì 24 Marzo nella Sala Conferenze Honebu a Cagliari, in Via Fratelli Bandiera 100 con lo studioso Pietro Maurandi).
Tra i falsi storici più noti che riguardano la
Sardegna, un posto di rilievo spetta alle Carte d’Arborea, documenti che nulla
hanno a che fare con la nota Carta de Logu della Giudicessa Eleonora. Quando, nel 1845, il direttore della
Biblioteca universitaria di Cagliari Pietro Martini ricevette dalle mani del
frate Cosimo Manca un’antica pergamena, non ebbe la minima esitazione nel
credere che quello strano documento illeggibile e dalle dimensioni così
inusuali potesse finalmente far luce sul passato più oscuro della Sardegna. Da
quel momento in poi, continui nuovi ritrovamenti di pergamene, codici e fogli
diedero vita a un ingegnoso castello di menzogne in grado, per qualche tempo,
di creare una pagina di storia totalmente fittizia e immaginaria.
Le Carte d’Arborea, così chiamate perché
rimandavano al palazzo dei giudici d’Arborea, si riagganciavano
cronologicamente alla figura della nota Eleonora e della sua corte,
contribuendo, durante il periodo delle preziose scoperte, a rafforzarne il mito
e l’immagine gloriosa. Ma la parte più interessante riguardava non tanto i
nuovi personaggi portati alla ribalta, quanto piuttosto, il
mercoledì 22 marzo 2017
Archeologia. Il Cristianesimo e le trasformazioni dei rituali funerari tra età romana e alto medioevo. Una liturgia controllata dalla Chiesa: la vestizione, le lamentazioni, la processione. Riflessioni di Irene Barbiera
Archeologia. Il Cristianesimo e le trasformazioni dei rituali funerari tra età romana e alto medioevo. Una liturgia controllata dalla Chiesa: la vestizione, le lamentazioni, la processione.
Riflessioni di Irene Barbiera (Illustrazione di Francesco Corni)
In quella complessa realtà che era il tardo Impero romano, si registra la presenza di forme diverse di commemorazione e sepoltura. Inoltre, i rituali funerari si sono costantemente trasformati, nella centenaria storia di Roma, sotto l’influsso di diverse culture e religioni. In questo quadro il cristianesimo avviò, tra l’età tardo antica e l’alto medioevo, un processo lento e graduale di ridefinizione dei rituali funerari che portò nel corso del secolo VIII all’affermazione di una liturgia cristiana controllata dalla Chiesa. In concomitanza con la diffusione del cristianesimo, anche tutta una serie di trasformazioni economiche e sociali contribuirono all’elaborazione di
Riflessioni di Irene Barbiera (Illustrazione di Francesco Corni)
In quella complessa realtà che era il tardo Impero romano, si registra la presenza di forme diverse di commemorazione e sepoltura. Inoltre, i rituali funerari si sono costantemente trasformati, nella centenaria storia di Roma, sotto l’influsso di diverse culture e religioni. In questo quadro il cristianesimo avviò, tra l’età tardo antica e l’alto medioevo, un processo lento e graduale di ridefinizione dei rituali funerari che portò nel corso del secolo VIII all’affermazione di una liturgia cristiana controllata dalla Chiesa. In concomitanza con la diffusione del cristianesimo, anche tutta una serie di trasformazioni economiche e sociali contribuirono all’elaborazione di
lunedì 20 marzo 2017
Archeologia. La Sardegna dei Giudicati: cosa sono, quando e come sono nati i 4 Regni nell'isola. Riflessioni di Alberto Massazza
Archeologia. La Sardegna dei Giudicati: cosa sono, quando e come sono nati i 4 Regni nell'isola.
Riflessioni di Alberto Massazza
Con il dilagare degli arabi nel Mediterraneo, che, a partire dal 705, a più riprese tentarono la conquista dell’isola, per altro senza ottenere che effimere occupazioni litoranee, la Sardegna, strappata ai Vandali dai Bizantini guidati dal generale Bellisario nel 535 ed inclusa nell’Esarcato d’Africa, iniziò ad avere rapporti sempre più precari con la Terra Madre, fino al definitivo black-out, all’indomani dell’invasione della Sicilia da parte dei Musulmani, iniziata con lo sbarco a Mazara nell’827. L’isola iniziò così un percorso di autogestione che, nel giro di pochi decenni, portò alla formazione di entità statali autonome, denominate Giudicati, destinate a caratterizzare la
Riflessioni di Alberto Massazza
Con il dilagare degli arabi nel Mediterraneo, che, a partire dal 705, a più riprese tentarono la conquista dell’isola, per altro senza ottenere che effimere occupazioni litoranee, la Sardegna, strappata ai Vandali dai Bizantini guidati dal generale Bellisario nel 535 ed inclusa nell’Esarcato d’Africa, iniziò ad avere rapporti sempre più precari con la Terra Madre, fino al definitivo black-out, all’indomani dell’invasione della Sicilia da parte dei Musulmani, iniziata con lo sbarco a Mazara nell’827. L’isola iniziò così un percorso di autogestione che, nel giro di pochi decenni, portò alla formazione di entità statali autonome, denominate Giudicati, destinate a caratterizzare la
venerdì 17 marzo 2017
Archeologia. Le navicelle bronzee nuragiche, testimoni indelebili della religiosità dei sardi nuragici. Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Archeologia. Le navicelle bronzee nuragiche, testimoni indelebili della religiosità dei sardi nuragici.
Riflessioni di Pierluigi Montalbano
All'inizio del I millennio a.C., in Sardegna si notano una serie di avvenimenti che segnano un deciso cambio di passo nell'organizzazione sociale ed economica delle comunità, costiere e dell'interno. Un nuovo piano urbanistico interessa dapprima i centri costieri e poi, a macchia d'olio, altri villaggi dell'isola. I maestosi edifici a torre, i nuraghi, vengono dismessi, anche per via delle onerose opere di ristrutturazione. Il mondo funerario vede la comparsa di tombe a pozzetto, semplici strutturalmente e non monumentali, che integrano e poi sostituiscono le grandiose tombe di giganti. La religiosità mostra segni indelebili attraverso preziose sculture, i bronzetti, che oggi
Riflessioni di Pierluigi Montalbano
All'inizio del I millennio a.C., in Sardegna si notano una serie di avvenimenti che segnano un deciso cambio di passo nell'organizzazione sociale ed economica delle comunità, costiere e dell'interno. Un nuovo piano urbanistico interessa dapprima i centri costieri e poi, a macchia d'olio, altri villaggi dell'isola. I maestosi edifici a torre, i nuraghi, vengono dismessi, anche per via delle onerose opere di ristrutturazione. Il mondo funerario vede la comparsa di tombe a pozzetto, semplici strutturalmente e non monumentali, che integrano e poi sostituiscono le grandiose tombe di giganti. La religiosità mostra segni indelebili attraverso preziose sculture, i bronzetti, che oggi
giovedì 16 marzo 2017
Eventi.La Sardegna è nuovamente protagonista del premio letterario riservato a racconti brevi. Venerdì 17 Marzo alle ore 19 da Honebu, Via Fratelli Bandiera 100, Cagliari/Pirri, sarà presentata l’antologia del premio “Racconti nella Rete 2016” (Nottetempo) a cura di Demetrio Brandi. Intervengono gli scrittori Liliana Murru ed Enrico Valdès. Letture a cura di Giuditta Sireus.
Eventi. La
Sardegna è nuovamente protagonista del premio letterario riservato a racconti
brevi. Venerdì 17 Marzo alle
ore 19 da Honebu, Via Fratelli Bandiera 100, Cagliari/Pirri, sarà presentata l’antologia del premio “Racconti nella Rete 2016” (Nottetempo) a cura di Demetrio
Brandi. Intervengono gli scrittori Liliana Murru ed Enrico Valdès.
Letture a cura di Giuditta Sireus.
L'Associazione Culturale Honebu propone una serata
letteraria con Liliana Murru, Enrico Valdes e Giuditta Sireus. Tema
dell'incontro sarà: "Racconti nella rete".
Padrona di casa sarà la scrittrice Liliana Murru, già vincitrice del
premio nel 2014. Insegnante di lingue, abita a Cagliari con le figlie Elisa e
Sara. Prima della laurea ha vissuto a Londra per alcuni anni. Adora viaggiare,
stare a contatto con la natura e leggere. Scrive racconti e poesie in italiano
e in inglese. Il suo racconto si intitola “N’Dele”. La storia di un bambino
soldato strappato alla
mercoledì 15 marzo 2017
Archeologia. Come, quando e perché in Egitto fu costruita la piramide di Cheope a Giza?
Archeologia. Come, quando e perché
in Egitto fu costruita la piramide di Cheope a Giza?
La piramide di Giza fu costruita appositamente per seppellire
il faraone Cheope. Sul periodo in cui il monumento fu costruito, gli archeologi
non hanno dubbi: su alcuni dei blocchi di calcare che costituiscono la piramide
è infatti scritto il nome del faraone Cheope (Khufu) in geroglifici. Si tratta
di una specie di sigillo con cui venivano segnati alcuni massi estratti dalle
cave e destinati alla piramide stessa, e Cheope, secondo re della IV dinastia,
regnò dal 2590 al 2567 a.C., nel periodo in cui le piramidi erano
usate come tombe reali (della III alla XVII dinastia, cioè dal 2650 al 1567 a.C.).
La cronologia dei sovrani egizi è stata ricostruita grazie documenti di varie epoche, soprattutto papiri, compilati dai sacerdoti, come il Papiro dei re, conservato a Torino, che ci dà la cronologia dalla prima alla XVII dinastia. Le piramidi sono il risultato di un’evoluzione delle tecniche architettoniche durata più di cento anni, a partire dalle tombe rettangolari chiamate mastaba (usate nella I e II dinastia, attorno al 3000 a.C.), con le facce laterali inclinate e il tetto piano. Poi si è
La cronologia dei sovrani egizi è stata ricostruita grazie documenti di varie epoche, soprattutto papiri, compilati dai sacerdoti, come il Papiro dei re, conservato a Torino, che ci dà la cronologia dalla prima alla XVII dinastia. Le piramidi sono il risultato di un’evoluzione delle tecniche architettoniche durata più di cento anni, a partire dalle tombe rettangolari chiamate mastaba (usate nella I e II dinastia, attorno al 3000 a.C.), con le facce laterali inclinate e il tetto piano. Poi si è
martedì 14 marzo 2017
Archeologia. Haou-Nebout (Honebu), l'origine dell'antica civilta degli Egizi. Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Archeologia. Haou-Nebout (Honebu), l'origine dell'antica civilta degli Egizi.
Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Dopo la nascita della nostra Associazione Culturale Honebu, qualcuno mi chiede il significato di questa parola. Certo di fare cosa gradita, ho pensato di scrivere un breve articolo nel quale fornisco qualche indicazione sulla provenienza del termine.
In antichità, e in parte ancora oggi, era più facile muoversi per mare che per terra. Benché il mare possa fare paura ai non naviganti, possiamo considerarlo una grande autostrada dove non ci sono confini politici e dove molte terre appaiono come un’unica terra. Tutti sanno che nell’Europa Occidentale esistono enormi mura megalitiche simili tra loro, realizzate spesso in luoghi strategici. Le origini del termine Haou Nebout (si pronuncia Honebu) sono da ricercare proprio in questa civiltà megalitica, pur se non è chiaro il confine geografico. Gli inni cosmogonici, le formule universalistiche, i testi sacri e religiosi dell’Antico Egitto pongono l’Haou-Nebout alla radice della civiltà umana e ne parlano come di un universo di isole abitate da potenti popoli civilizzati. Posto in un mare agli estremi confini dell’Ecumene terrestre, Honebu beneficiava della
sabato 11 marzo 2017
Archeologia. Quali aristocrazie nella Sardegna dell’Età del Ferro? Riflessioni di Carlo Tronchetti
Archeologia. Quali aristocrazie nella Sardegna dell’Età del Ferro?
di Carlo Tronchetti
(Atti della XLIV riunione scientifica. La preistoria e la protostoria della Sardegna. Cagliari, Barumini, Sassari 23-28 novembre 2009)
Giovanni Lilliu, nella sua ricostruzione della civiltà nuragica pone, nell’età del Ferro, la “stagione delle aristocrazie” (Lilliu 1986). Questo concetto e questa definizione sono entrati nell’uso comune e sono stati utilizzati da parte di un gran numero di studiosi del mondo nuragico, senza mai mettere in discussione l’enunciato di partenza; pare opportuno, adesso, rivedere la situazione oggettiva dell’isola in questo periodo, così come ricostruibile dalla documentazione archeologica esistente, basata sul supporto di ricerche metodologicamente più meditate e su analisi approfondite delle manifestazioni aristocratiche in ambito mediterraneo, grazie a scoperte di notevole peso. Il fenomeno delle aristocrazie mediterranee è stato abbondantemente ed approfonditamente studiato (da ultimo Riva e Vella 2006), sia in generale che soprattutto nelle sue manifestazioni particolari e locali. È fuor di luogo in questa sede ripercorrere le vicende delle concezioni aristocratiche dalla Grecia al lontano Occidente, che vedono una componente fondamentale nel contatto con il Vicino Oriente, trasmissore di ideologie e di oggetti di pregio, tramite i quali, unitamente a rituali di concezione locale, queste ideologie si manifestavano. Sintetizzando e quindi anche banalizzando, possiamo enucleare alcuni elementi abbastanza costanti, quali le sepolture principesche, talvolta con il rituale omerico della
giovedì 9 marzo 2017
Archeologia. Il nuraghe S'Uraki, conferenza di Alfonso Stiglitz da Honebu Venerdì 10 Marzo 2017 alle ore 19.
Archeologia. Il nuraghe S'Uraki, conferenza di Alfonso Stiglitz da Honebu, Venerdì 10 Marzo 2017 alle ore 19.
L’area
del nuraghe S’Uraki si trova a 500 metri da San Vero Milis, al bordo della
strada provinciale che conduce alle Borgate, nella piana alluvionale in
località Su Padru. Gli scavi archeologici avviati nel
1948 e ripresi nel 1979 hanno evidenziato la presenza di un insediamento articolato
composto dalla poderosa struttura di un nuraghe complesso costituito da una
torre centrale e quattro torri laterali racchiuso all’interno di un grande recinto
murario dotato di dieci torri che lo classificano come il secondo per
dimensioni nell’isola. Fu edificato in varie fasi nell’età del bronzo, dal 1500
a.C. Del nuraghe sono visibili, oggi, sette delle torri dell'antemurale, mentre
le altre tre sono ancora sepolte sotto l'ampia coltre di terra che si è
depositata nel corso dei
mercoledì 8 marzo 2017
Archeologia. Fu l'esplosione dell'isola di Santorini a ispirare Platone nella sua Atlantide? Riflessioni di Giampiero Petrucci
Archeologia. Fu l'esplosione dell'isola di Santorini a ispirare Platone nella sua Atlantide?
Riflessioni di Giampiero Petrucci
L’arcipelago di Santorini è situato nel Mar Egeo, nella parte più meridionale delle isole Cicladi, circa 120 km a nord di Creta. Oltre che alla bellezza del paesaggio, deve la sua fama mondiale al suo vulcano, sede di una devastante eruzione verificatasi verso la fine dell’Età del Bronzo.
Il problema della data.
Gli scienziati non sono d’accordo e la datazione esatta di questo disastro, tra i più violenti di tutta la storia dell’umanità, è ancora in discussione: le evidenze archeologiche (da Creta all’Egitto) e le datazioni col radiocarbonio non paiono convergere, lasciando il campo aperto a due ipotesi fondamentali le cui rispettive date sono lontane almeno 100-150 anni. Al momento comunque la tesi più accreditata fa oscillare l’eruzione nella
Riflessioni di Giampiero Petrucci
L’arcipelago di Santorini è situato nel Mar Egeo, nella parte più meridionale delle isole Cicladi, circa 120 km a nord di Creta. Oltre che alla bellezza del paesaggio, deve la sua fama mondiale al suo vulcano, sede di una devastante eruzione verificatasi verso la fine dell’Età del Bronzo.
Il problema della data.
Gli scienziati non sono d’accordo e la datazione esatta di questo disastro, tra i più violenti di tutta la storia dell’umanità, è ancora in discussione: le evidenze archeologiche (da Creta all’Egitto) e le datazioni col radiocarbonio non paiono convergere, lasciando il campo aperto a due ipotesi fondamentali le cui rispettive date sono lontane almeno 100-150 anni. Al momento comunque la tesi più accreditata fa oscillare l’eruzione nella
martedì 7 marzo 2017
I Sardi fra i Popoli del Mare del prof. Giovanni Ugas. Riflessioni di Massimo Pittau
I Sardi fra i Popoli del Mare del prof. Giovanni Ugas
Riflessioni di Massimo Pittau
La
partecipazione degli antichi Sardi alle imprese dei cosiddetti “Popoli del
Mare” o “Popoli delle Isole” o “Popoli Nordici”, che a più riprese tentarono
l'invasione dell'Egitto all'epoca dei faraoni Merneptah (1236-1223 a. C.) e
Ramesses III (1198-1166 a. C.), era stata per la prima volta formulata da E. De
Rougè, nella «Révue Archéologique», XVI (1867, pag. 35 segg.) e in seguito da
F. Chabas, Études sur l'antiquité historique d'après les sources égyptiennes et
les monuments reputés prehistoriques (Chalon 1872). Per la loro tesi i due
studiosi francesi si erano fondati sulle notevoli somiglianze del vestiario e
dell'armamento dei “Popoli del Mare”, quali appaiono nei bassorilievi dei
monumenti egizi, col vestiario e armamento degli antichi Sardi, quali figurano
in bronzetti nuragici, che già nell’Ottocento cominciavano a essere conosciuti
anche in Europa. In seguito quella proposta di identificazione è stata
accettata da quasi tutti gli autori che hanno approfondito il
lunedì 6 marzo 2017
Cartografia. Amerigo Vespucci, Alonso de Ojeda e la carta di Juan de la Cosa. Riflessioni di Rolando Berretta
Cartografia. Amerigo Vespucci, Alonso de
Ojeda e la carta di Juan de la Cosa.
Riflessioni di
Rolando Berretta
Marco Polo ci
ricorda che l’isola di Giava, a
detta dei buoni marinai pratici di queste cose,
è la maggiore isola del mondo. Ha un circuito
superiore alle 3.000 miglia (750 leghe) .
Se Marco
Polo aveva detto che Giava era la maggiore… poteva l’isola di Cuba, o Giovanna, essere più grande ? No di
sicuro. Un solo lato, inesplorato era già di 335 leghe. Quella era terraferma.
Quindi Colombo potè dimostrare,
con il documento del notaio Fernando Perez de Luna, di aver toccato la
terraferma del Catai in data 12 VI 1494
e… tanti saluti a Zuane Cabotto
Siamo nel II viaggio di
Colombo.
Il 12 giugno 1494 il notaio
reale Fernando Perez de Luna andò a bordo di ogni caravella, assistito da Diego Tristan e Francesco
Morales, ambedue residenti a Siviglia, Pedro de Terreros, maestro di
sabato 4 marzo 2017
Archeologia della Sardegna. L'Incubazione nella civiltà nuragica, una pratica terapeutica di 3500 anni fa. Riflessioni di Dolores Turchi
Archeologia della Sardegna. L'Incubazione nella civiltà nuragica, una pratica terapeutica di 3500 anni fa
Riflessioni di Dolores Turchi
L'incubazione a scopo terapeutico era assai praticata in Sardegna, a giudicare dai passi che si trovano nelle opere di alcuni scrittori classici e dai retaggi che di questa pratica sono giunti in varie maniere fino ai nostri giorni. Alcuni studiosi ne hanno scritto più o meno diffusamente (Della Marmora, Pais, Pettazoni, Pittau), affrontando l'argomento da diversi punti di vista, a seconda delle proprie convinzioni, ma non si sono fermati ad esaminare le tradizioni che con quel lontano rito potrebbero avere delle connessioni. Attraverso alcune consuetudini ancora vigenti o venute meno nel nostro secolo, è possibile risalire almeno in parte all'incubazione sarda e alle modalità con cui veniva praticata. Le vecchie credenze non scompaiono facilmente specie se son ben radicate nell'animo popolare; se mancano le condizioni primarie donde sono scaturite, si modificano e si adattano alle nuove situazioni, ma non si cancellano, anche se cambia la religione o l'assetto sociale. Questo si può notare per tante pratiche pagane che in modo sotterraneo, coperte da una leggera patina di cristianesimo, continuano oggi a sopravvivere. Nonostante i
Riflessioni di Dolores Turchi
L'incubazione a scopo terapeutico era assai praticata in Sardegna, a giudicare dai passi che si trovano nelle opere di alcuni scrittori classici e dai retaggi che di questa pratica sono giunti in varie maniere fino ai nostri giorni. Alcuni studiosi ne hanno scritto più o meno diffusamente (Della Marmora, Pais, Pettazoni, Pittau), affrontando l'argomento da diversi punti di vista, a seconda delle proprie convinzioni, ma non si sono fermati ad esaminare le tradizioni che con quel lontano rito potrebbero avere delle connessioni. Attraverso alcune consuetudini ancora vigenti o venute meno nel nostro secolo, è possibile risalire almeno in parte all'incubazione sarda e alle modalità con cui veniva praticata. Le vecchie credenze non scompaiono facilmente specie se son ben radicate nell'animo popolare; se mancano le condizioni primarie donde sono scaturite, si modificano e si adattano alle nuove situazioni, ma non si cancellano, anche se cambia la religione o l'assetto sociale. Questo si può notare per tante pratiche pagane che in modo sotterraneo, coperte da una leggera patina di cristianesimo, continuano oggi a sopravvivere. Nonostante i
giovedì 2 marzo 2017
Tsìppiri, una storia d'altri tempi.
Albertina Piras Pierluigi Montalbano Mauro Atzei
Tsìppiri
Una storia d’altri tempi,
raccontata in questi tempi
ROMANZO
Sardegna Magica
Disegni di Stefano Gesh e Paolo
Valente Poddighe
Copyright 2012 - Testi, disegni,
immagini, poesie sono di proprietà degli autori.
Indice:
Prologo……………………………………………………………………………………
Cap. 1°- Il regno
di Momoth………………………………………………
Cap. 2°- Le navi
levano l’ancora……………………………………………
Cap. 3°- Re Ormuk………………………………………………………………
Cap. 4°- Nurah, la
Jana maestra…………………………………………
Cap. 5° - Le Janas…………………………………………………………
Cap. 6°- Malgib,
la regina di Cartago………………………………
Cap. 7°- Dalla
morte all’amore, alla guerra………………………
Cap. 8°- Incontro
in Sardegna…………………………………………
Cap. 9°- Maestri
del bronzo…………………………………………………
Cap. 10°- Nei
sogni, la visione…………………………………………………
Cap. 11°- Lo
scontro finale………………………………………………..………
Cap. 12°- Parlano
i protagonisti………………………………………………
Le poesie di Leon
Cavaliere del Vento………………………………………
Tutto è iniziato per gioco, sulle
bacheche del gruppo di appassionati di archeologia di Facebook.
Sulla piazza virtuale che
rappresenta la nostra piccola “accademia dell’arcadia (digitale)” abbiamo
cominciato a scrivere questa storica vicenda tramandataci dagli storici latini.
L’abbiamo fatto per scherzare un
po’ all’inizio e, forse, neanche Pierluigi che pur aveva lanciato una giocosa
sfida a me e Albertina, credeva che avremmo compiuto questa piccola impresa in
Iscriviti a:
Post (Atom)