lunedì 7 luglio 2014
La mummia, un antico rito preservava i defunti per l'eternità
La mummia, un antico rito preservava i defunti per l’eternità
di Pierluigi Montalbano
L’antico popolo dell’Egitto fu quello che più di ogni
altro utilizzò la pratica della mummificazione, al fine di conservare i corpi
intatti anche dopo la morte. Le numerose mummie egizie giunte sino a noi,
insieme ai testi e alle raffigurazioni su papiri e sulle pareti delle tombe, sono
fonti inesauribili di informazioni sui riti di mummificazione. Il naturale
disfacimento post mortem degli organismi viventi non consente la buona
conservazione per lungo tempo ma con il trattamento della mummificazione, privando il cadavere dei liquidi grazie ai
quali si sviluppano quei microrganismi che portano al suo deterioramento, si
riesce a essiccare il defunto. Solo in regioni dal clima particolarmente arido
o rigido come le zone fredde dell’Europa, il naturale processo di
mummificazione ha mostrato testimonianze, ma
gli stessi risultati possono ottenersi artificialmente con
l’uso di sostanze chimiche.
Gli egizi credevano nella vita dopo la morte ma
solo conservando intatto il corpo fosse possibile accedervi. L’anima volava via
sotto forma di uccello e solo dopo che ogni fase della mummificazione era stata
portata a termine la vita tornava al corpo. Nell’Antico Regno, 2650-2200 a.C.,
la mummificazione era prerogativa dei re, ma dal Medio Regno, 2070-1785 a.C.,
si cominciò a mummificare tutta la popolazione, compresi gatti, cani,
coccodrilli, scimmie e uccelli. Gli egizi erano convinti che la divinità si manifestasse
in alcuni animali e ciò spiega le raffigurazioni di incroci tra uomo e animale
Gli imbalsamatori intervenivano quando avvertivano un
segnale inequivocabile: il pianto disperato delle donne. Lavoravano sulla riva del Nilo perché avevano
bisogno di grandi quantità di acqua per lavare il cadavere. Iniziavano
rimuovendo le viscere (cervello, cuore, polmoni, fegato, stomaco e intestino) e
deponendole in quattro vasi, i canopi. Successivamente purificavano il corpo con
oli balsamici, resine o bitume, coprendo poi il corpo con una sostanza a base
di soda, il natron. Il cuore si sostituiva con un oggetto a forma di scarabeo,
simbolo della rinascita e, dopo il tempo necessario per consentire al corpo di
essiccarsi, le cavità addominali erano riempite con tela di lino, sale, cipolle
e resine. A protezione del defunto si inserivano vari amuleti nella mummia e al
termine si bendava il corpo e si deponeva nel sarcofago.
Oltre agli egizi, altri praticavano la mummificazione.
Nell’America Settentrionale le popolazioni native, ad esempio i Navajos, favoriti
dal clima secco, lasciavano essiccare naturalmente i corpi delle persone di
alto rango sociale ed economico e i guerrieri.
In Perù corpi dei capi inca, venerati come divinità,
venivano mummificati nel XV secolo per essiccamento naturale oppure mediante
l’uso di sostanze chimiche. La mummificazione naturale era usata anche nei
sacrifici dei bambini sacrificati nelle Ande a 6.000 metri di altezza, i cui
corpi si sono conservati grazie alle temperature rigidissime. In Australia la
mummificazione naturale è praticata dagli aborigeni per preservare il corpo delle
persone importanti e compensare il dolore della perdita.
L'immagine è del Museo di Rovereto
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