domenica 28 luglio 2013
Archeologia: Attività delle organizzazioni sociali dell'età del Bronzo.
Archeologia: Attività delle organizzazioni sociali dell'età del Bronzo.
di Pierluigi Montalbano
Fenomeni di ordine tecnologico, economico e sociale, provocati dallo sviluppo della metallurgia, creano società complesse, nelle quali avvengono differenziazioni sociali stabili. Si sviluppano città indipendenti caratterizzate da società articolate in classi di cui abbiamo testimonianza attraverso i resti materiali rinvenuti negli abitati, nei sepolcreti, nei ripostigli e nelle deposizioni cultuali.
Gli oggetti fabbricati durante questo periodo erano in prevalenza beni di prestigio rivolti a nuovi ceti emergenti, ad esempio avori o gioielli. La creazione di una lega resistente e di facile lavorazione (il bronzo) determinò la produzione su larga scala di armi e utensili che consentirono una serie di miglioramenti economico-sociali quali il potenziamento dell'agricoltura, con conseguente incremento demografico, e la creazione di riserve di ricchezza da distribuire attraverso il commercio. L'importanza delle élites guerriere durante questi secoli è testimoniata dallo sviluppo delle tecnologie militari, e nella tendenza a costruire imponenti fortificazioni. Nel corso del XIII a.C. crollano le civiltà degli Ittiti in Asia Minore, i Mitanni in Siria, i Micenei in Grecia, Troia viene distrutta e il decadimento coinvolge anche l'impero egiziano. Si assiste all'inizio di una grave recessione economica e culturale, dovuta all’incapacità di gestione dei traffici a lungo raggio, a causa dei continui assalti alle carovaniere e agli atti di pirateria marittima.
Nell’area costiera libanese, l’elemento che evidenzia la nuova situazione è dato dai lavori in metallo: giare piene di oggetti in bronzo fra cui un grande numero di bronzetti raffiguranti degli uomini con gonnellino e copricapo, e animali provvisti di corna. Inoltre, le esperienze costruttive viaggiano nel Mediterraneo fino alla penisola iberica, alla Sardegna e alle Baleari, in particolare a Minorca (l’antico nome di questa isoletta era Nura).
La produzione di oggetti in lega di rame e stagno costituiva già al principio del Bronzo un importante settore delle attività artigianali. Da forme di fusione in pietra, le cosiddette matrici, si ricavavano asce, pugnali, falcetti e oggetti di ornamento.
La metallurgia era inizialmente privilegio di pochi centri importanti, che avevano intense relazioni con comunità di minatori e di fonditori. Fabbri itineranti contribuivano allo scambio tra differenti cerchie culturali e, oltre a diffondere diverse tecniche, forme e decorazioni, entrarono in contatto con il mondo spirituale di ampie aree europee, permettendo la circolazione d’idee, usi e credenze. Un tale lavoro presupponeva la collaborazione di un gruppo di persone che svolgevano ciascuna un lavoro diverso: cercatori del minerale, minatori, trasportatori, costruttori dei forni, fabbri fonditori e forgiatori. A questi si aggiungevano tutti i responsabili delle attività logistiche, compresa la produzione e il trasporto di cibi e bevande. Un altro comparto interessante è quello della pesca. Gli studiosi Perlès e Payne hanno analizzato stratigrafie dell’VIII Millennio a.C. con tracce di vertebre di tonni nella grotta Franchthi. Nello stesso sito si nota la presenza di utensili di ossidiana di Melos, nell’Egeo. Il tonno, per le sue caratteristiche organolettiche e la facilità di cattura, costituisce da sempre una risorsa preziosa per chi si dedica alla navigazione e alla conservazione del pescato, e un’indagine di Andrews sull’alimentazione, stabilisce che già dal II Millennio a.C. esistevano industrie per la conservazione del tonno dislocate in Sardegna, Sicilia e altri approdi. La cultura e la storia del bacino del Mediterraneo hanno rilevanti punti in comune con la pesca del tonno e la lotta dell'uomo per catturarlo. Le apparecchiature, i riti, le norme e le simbologie che ne derivano sono testimoni di commerci, scambi e migrazioni da una terra ad un'altra, e della scelta di fondare delle città lungo le coste frequentate da questi pregiati pesci. Testimonianze grafiche delle origini della pesca del tonno, giungono dalle incisioni e dalle pitture rupestri presenti in alcune grotte. In quell'epoca le tecniche di pesca erano rudimentali e si limitavano alla deviazione dei branchi verso la costa dove, con selci e ossa appuntite fissate a lunghi bastoni, erano catturati.
Fonti letterarie citano fenici e greci che tenevano delle vedette sugli scogli nel periodo del passaggio dei branchi, e all'avvistamento scendevano in mare e circondavano il branco e calavano le reti dell'altezza di alcuni metri. In epoca bizantina precise disposizioni di legge vietavano la pesca intorno agli impianti privati delle tonnare. Gli Arabi perfezionarono e diffusero in Sicilia, in Africa e in Spagna il sistema delle reti fisse divise in camere e confluenti nella camera della tonnara. I Normanni nel XI secolo regolarono giuridicamente le tonnare in relazione ai diritti regi. Gli antichi stabilimenti per la lavorazione del pesce e del tonno, erano sempre vicino alle saline perché la conservazione del pescato sotto sale discendeva dalla necessità di non far deperire l'eccedenza non consumabile fresca. La pesca del tonno costituisce e rappresenta la sintesi migliore tra economia marinara, produzione ittica ed economia dei litorali, ossia l'insieme dei servizi e degli impianti necessari alla lavorazione, conservazione e distribuzione del pescato.
Sotto sale, era distribuito in ogni angolo del Mediterraneo. Le attività legate alla pesca eguagliarono, per importanza economica, i commerci di ossidiana prima e rame poi. La richiesta dell’immenso mercato mediterraneo era così elevata che fu necessario introdurre un altro prodotto per accontentare tutte le esigenze. Dopo averne studiate le abitudini in merito a tempi e luoghi di riproduzione, i marinai iniziarono a catturare piccoli pesci della famiglia dei Clupeidi, conosciuti comunemente col nome di sardine. Il nuovo prodotto, più piccolo ma dello stesso standard qualitativo, arrivò sulle tavole di mezzo mondo, e il termine sardina divenne universale. Il sostantivo che indicava un pesce di taglia media, il tonno, col tempo giunse a indicare un differente e più piccolo pesce.
Altra attività di vitale importanza riguarda il vino. La comparsa di questa bevanda suggerisce ai modellatori la creazione di brocche con becchi che consentono di versare il prezioso liquido senza sprecarlo. Un miglioramento generale del tenore di vita e più articolate esigenze nei consumi portano a una nuova struttura sociale, non più in forma di grosse aziende agricole nelle quali i sudditi lavorano per il sovrano, mediatore rispetto alle forze divine con una funzione magica e sacra. Nelle coste mediterranee compaiono una serie di villaggi confederati, con organizzazione di tipo feudale, verosimilmente a causa della preminenza dell'aristocrazia guerriera in un potere che deriva dalla superiorità militare.
La differenza fra la monarchia e le nuove organizzazioni politiche e sociali consiste nella concezione del monarca, della sua legittimità e delle sue funzioni. Il potere politico era certamente in mano, oltre che al sovrano, alla casta dei guerrieri che costituivano l'aristocrazia privilegiata. Fin dalle origini i sovrani cercavano di influire sulla scelta dei loro successori, ma incontravano la resistenza e la rivolta di questa casta, alla quale si alleavano spesso gli stessi consanguinei del re per gelosia contro il congiunto preferito dal sovrano. La fine di ogni regno determinava una crisi nella successione, dalle conseguenze talora rovinose. La presenza di ricchezze minerarie e agricole era comunque sufficiente a garantire margini di profitto tali da consentire un tenore di vita soddisfacente.
Il ceto dei guerrieri, conoscendo la propria indispensabilità, pretendeva di conservare intero ed esclusivo il potere e considerava la monarchia come una propria emanazione. Tuttavia, all'interno dei vertici della società guerriera si delineava un altro gruppo privilegiato, quello degli eredi diretti del re o della regina, che rivendicavano diritti in opposizione ai membri del clan dei portatori di armi.
La forza dell'ambiente dinastico fu l'unico correttivo possibile all'invadenza e alle pretese dell'aristocrazia guerriera. Si arrivò così a una società dove il re riteneva di avere diritto a designare il suo successore, ma questo diritto rappresentava proprio il punto di frizione fra il sovrano in carica e i diritti della aristocrazia armata. Un possibile consolidamento della monarchia nei secoli successivi portò all'accentuazione di elementi teocratici: in questa fase avanzata il re poteva assumere come titolo quello di una divinità tutelare (Sole e Toro). Essendo il prediletto, gli dei lo favorivano consentendogli di operare per il bene degli uomini suoi sudditi.
La maggior parte dei titoli spettanti ai membri del ceto dinastico presupponeva un'organizzazione di palazzo, costituita come una casa civile e militare del capo dello Stato: vi erano i dirigenti delle guardie, del personale di palazzo, i responsabili dei servizi della casa, gli ufficiali dei servizi di tesoreria. D'altra parte, nei villaggi si andava sviluppando un ceto d’imprenditori di lavori d'ogni genere che producevano le merci necessarie.
Alla base della società vi erano pescatori, agricoltori e pastori raccolti in villaggi che erano anche aziende agricole. Nelle cittadelle occorrevano anche uomini che costruissero le case, lavorassero i tessuti, i metalli, le pelli e le argille. Quando si svilupparono esigenze di vita più elaborate, e la produzione del villaggio non fu più sufficiente per far fronte a tutte le necessità, si creò la domanda di operai e artigiani dall’esterno, specializzati nel produrre armi, attrezzature, vesti e calzature, gioielli e suppellettili. Pur non essendo monetaria, l'economia era regolata dalle leggi locali con prezzi ben precisi, sia che gli scambi venissero effettuati in natura, sia che venissero effettuati contro pagamento in misura di argento, rame o altro. Se ipotizziamo che un bue potesse essere valutato quanto un lingotto ox-hide in rame dobbiamo tener conto che il rapporto del prezzo del rame rispetto a quello dell'argento poteva essere di 1:200 circa.
L'alto costo del vestiario e di altri manufatti, in confronto ai prodotti dell'agricoltura e dell'allevamento, suggerisce che la manodopera degli artigiani fosse ben retribuita. Una veste di buona qualità valeva 20 velli di pecora, mentre sarebbero occorse almeno 5 forme di formaggio per pagare un bel prodotto in lino. L'economia era alimentata dalle iniziative commerciali dei mercanti appartenenti alla popolazione del paese.
Fonte: "Sulla rotta dei fenici, navigazione antica", Capone Editore, in pubblicazione.
Nell'immagine: Bronzetti in Turchia.
di Pierluigi Montalbano
Fenomeni di ordine tecnologico, economico e sociale, provocati dallo sviluppo della metallurgia, creano società complesse, nelle quali avvengono differenziazioni sociali stabili. Si sviluppano città indipendenti caratterizzate da società articolate in classi di cui abbiamo testimonianza attraverso i resti materiali rinvenuti negli abitati, nei sepolcreti, nei ripostigli e nelle deposizioni cultuali.
Gli oggetti fabbricati durante questo periodo erano in prevalenza beni di prestigio rivolti a nuovi ceti emergenti, ad esempio avori o gioielli. La creazione di una lega resistente e di facile lavorazione (il bronzo) determinò la produzione su larga scala di armi e utensili che consentirono una serie di miglioramenti economico-sociali quali il potenziamento dell'agricoltura, con conseguente incremento demografico, e la creazione di riserve di ricchezza da distribuire attraverso il commercio. L'importanza delle élites guerriere durante questi secoli è testimoniata dallo sviluppo delle tecnologie militari, e nella tendenza a costruire imponenti fortificazioni. Nel corso del XIII a.C. crollano le civiltà degli Ittiti in Asia Minore, i Mitanni in Siria, i Micenei in Grecia, Troia viene distrutta e il decadimento coinvolge anche l'impero egiziano. Si assiste all'inizio di una grave recessione economica e culturale, dovuta all’incapacità di gestione dei traffici a lungo raggio, a causa dei continui assalti alle carovaniere e agli atti di pirateria marittima.
Nell’area costiera libanese, l’elemento che evidenzia la nuova situazione è dato dai lavori in metallo: giare piene di oggetti in bronzo fra cui un grande numero di bronzetti raffiguranti degli uomini con gonnellino e copricapo, e animali provvisti di corna. Inoltre, le esperienze costruttive viaggiano nel Mediterraneo fino alla penisola iberica, alla Sardegna e alle Baleari, in particolare a Minorca (l’antico nome di questa isoletta era Nura).
La produzione di oggetti in lega di rame e stagno costituiva già al principio del Bronzo un importante settore delle attività artigianali. Da forme di fusione in pietra, le cosiddette matrici, si ricavavano asce, pugnali, falcetti e oggetti di ornamento.
La metallurgia era inizialmente privilegio di pochi centri importanti, che avevano intense relazioni con comunità di minatori e di fonditori. Fabbri itineranti contribuivano allo scambio tra differenti cerchie culturali e, oltre a diffondere diverse tecniche, forme e decorazioni, entrarono in contatto con il mondo spirituale di ampie aree europee, permettendo la circolazione d’idee, usi e credenze. Un tale lavoro presupponeva la collaborazione di un gruppo di persone che svolgevano ciascuna un lavoro diverso: cercatori del minerale, minatori, trasportatori, costruttori dei forni, fabbri fonditori e forgiatori. A questi si aggiungevano tutti i responsabili delle attività logistiche, compresa la produzione e il trasporto di cibi e bevande. Un altro comparto interessante è quello della pesca. Gli studiosi Perlès e Payne hanno analizzato stratigrafie dell’VIII Millennio a.C. con tracce di vertebre di tonni nella grotta Franchthi. Nello stesso sito si nota la presenza di utensili di ossidiana di Melos, nell’Egeo. Il tonno, per le sue caratteristiche organolettiche e la facilità di cattura, costituisce da sempre una risorsa preziosa per chi si dedica alla navigazione e alla conservazione del pescato, e un’indagine di Andrews sull’alimentazione, stabilisce che già dal II Millennio a.C. esistevano industrie per la conservazione del tonno dislocate in Sardegna, Sicilia e altri approdi. La cultura e la storia del bacino del Mediterraneo hanno rilevanti punti in comune con la pesca del tonno e la lotta dell'uomo per catturarlo. Le apparecchiature, i riti, le norme e le simbologie che ne derivano sono testimoni di commerci, scambi e migrazioni da una terra ad un'altra, e della scelta di fondare delle città lungo le coste frequentate da questi pregiati pesci. Testimonianze grafiche delle origini della pesca del tonno, giungono dalle incisioni e dalle pitture rupestri presenti in alcune grotte. In quell'epoca le tecniche di pesca erano rudimentali e si limitavano alla deviazione dei branchi verso la costa dove, con selci e ossa appuntite fissate a lunghi bastoni, erano catturati.
Fonti letterarie citano fenici e greci che tenevano delle vedette sugli scogli nel periodo del passaggio dei branchi, e all'avvistamento scendevano in mare e circondavano il branco e calavano le reti dell'altezza di alcuni metri. In epoca bizantina precise disposizioni di legge vietavano la pesca intorno agli impianti privati delle tonnare. Gli Arabi perfezionarono e diffusero in Sicilia, in Africa e in Spagna il sistema delle reti fisse divise in camere e confluenti nella camera della tonnara. I Normanni nel XI secolo regolarono giuridicamente le tonnare in relazione ai diritti regi. Gli antichi stabilimenti per la lavorazione del pesce e del tonno, erano sempre vicino alle saline perché la conservazione del pescato sotto sale discendeva dalla necessità di non far deperire l'eccedenza non consumabile fresca. La pesca del tonno costituisce e rappresenta la sintesi migliore tra economia marinara, produzione ittica ed economia dei litorali, ossia l'insieme dei servizi e degli impianti necessari alla lavorazione, conservazione e distribuzione del pescato.
Sotto sale, era distribuito in ogni angolo del Mediterraneo. Le attività legate alla pesca eguagliarono, per importanza economica, i commerci di ossidiana prima e rame poi. La richiesta dell’immenso mercato mediterraneo era così elevata che fu necessario introdurre un altro prodotto per accontentare tutte le esigenze. Dopo averne studiate le abitudini in merito a tempi e luoghi di riproduzione, i marinai iniziarono a catturare piccoli pesci della famiglia dei Clupeidi, conosciuti comunemente col nome di sardine. Il nuovo prodotto, più piccolo ma dello stesso standard qualitativo, arrivò sulle tavole di mezzo mondo, e il termine sardina divenne universale. Il sostantivo che indicava un pesce di taglia media, il tonno, col tempo giunse a indicare un differente e più piccolo pesce.
Altra attività di vitale importanza riguarda il vino. La comparsa di questa bevanda suggerisce ai modellatori la creazione di brocche con becchi che consentono di versare il prezioso liquido senza sprecarlo. Un miglioramento generale del tenore di vita e più articolate esigenze nei consumi portano a una nuova struttura sociale, non più in forma di grosse aziende agricole nelle quali i sudditi lavorano per il sovrano, mediatore rispetto alle forze divine con una funzione magica e sacra. Nelle coste mediterranee compaiono una serie di villaggi confederati, con organizzazione di tipo feudale, verosimilmente a causa della preminenza dell'aristocrazia guerriera in un potere che deriva dalla superiorità militare.
La differenza fra la monarchia e le nuove organizzazioni politiche e sociali consiste nella concezione del monarca, della sua legittimità e delle sue funzioni. Il potere politico era certamente in mano, oltre che al sovrano, alla casta dei guerrieri che costituivano l'aristocrazia privilegiata. Fin dalle origini i sovrani cercavano di influire sulla scelta dei loro successori, ma incontravano la resistenza e la rivolta di questa casta, alla quale si alleavano spesso gli stessi consanguinei del re per gelosia contro il congiunto preferito dal sovrano. La fine di ogni regno determinava una crisi nella successione, dalle conseguenze talora rovinose. La presenza di ricchezze minerarie e agricole era comunque sufficiente a garantire margini di profitto tali da consentire un tenore di vita soddisfacente.
Il ceto dei guerrieri, conoscendo la propria indispensabilità, pretendeva di conservare intero ed esclusivo il potere e considerava la monarchia come una propria emanazione. Tuttavia, all'interno dei vertici della società guerriera si delineava un altro gruppo privilegiato, quello degli eredi diretti del re o della regina, che rivendicavano diritti in opposizione ai membri del clan dei portatori di armi.
La forza dell'ambiente dinastico fu l'unico correttivo possibile all'invadenza e alle pretese dell'aristocrazia guerriera. Si arrivò così a una società dove il re riteneva di avere diritto a designare il suo successore, ma questo diritto rappresentava proprio il punto di frizione fra il sovrano in carica e i diritti della aristocrazia armata. Un possibile consolidamento della monarchia nei secoli successivi portò all'accentuazione di elementi teocratici: in questa fase avanzata il re poteva assumere come titolo quello di una divinità tutelare (Sole e Toro). Essendo il prediletto, gli dei lo favorivano consentendogli di operare per il bene degli uomini suoi sudditi.
La maggior parte dei titoli spettanti ai membri del ceto dinastico presupponeva un'organizzazione di palazzo, costituita come una casa civile e militare del capo dello Stato: vi erano i dirigenti delle guardie, del personale di palazzo, i responsabili dei servizi della casa, gli ufficiali dei servizi di tesoreria. D'altra parte, nei villaggi si andava sviluppando un ceto d’imprenditori di lavori d'ogni genere che producevano le merci necessarie.
Alla base della società vi erano pescatori, agricoltori e pastori raccolti in villaggi che erano anche aziende agricole. Nelle cittadelle occorrevano anche uomini che costruissero le case, lavorassero i tessuti, i metalli, le pelli e le argille. Quando si svilupparono esigenze di vita più elaborate, e la produzione del villaggio non fu più sufficiente per far fronte a tutte le necessità, si creò la domanda di operai e artigiani dall’esterno, specializzati nel produrre armi, attrezzature, vesti e calzature, gioielli e suppellettili. Pur non essendo monetaria, l'economia era regolata dalle leggi locali con prezzi ben precisi, sia che gli scambi venissero effettuati in natura, sia che venissero effettuati contro pagamento in misura di argento, rame o altro. Se ipotizziamo che un bue potesse essere valutato quanto un lingotto ox-hide in rame dobbiamo tener conto che il rapporto del prezzo del rame rispetto a quello dell'argento poteva essere di 1:200 circa.
L'alto costo del vestiario e di altri manufatti, in confronto ai prodotti dell'agricoltura e dell'allevamento, suggerisce che la manodopera degli artigiani fosse ben retribuita. Una veste di buona qualità valeva 20 velli di pecora, mentre sarebbero occorse almeno 5 forme di formaggio per pagare un bel prodotto in lino. L'economia era alimentata dalle iniziative commerciali dei mercanti appartenenti alla popolazione del paese.
Fonte: "Sulla rotta dei fenici, navigazione antica", Capone Editore, in pubblicazione.
Nell'immagine: Bronzetti in Turchia.
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