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mercoledì 22 maggio 2013

Il Nuraghe e il villaggio di Palmavera

Il Nuraghe e il villaggio di Palmavera

di Marcello Cabriolu
Il complesso di Palmavera di Alghero - F.Selis Photo Archive



Nel 1905, a seguito della volontà da parte del Soprintendente A. Taramelli di indagare un sito in prossimità del mare per cogliere elementi di importazione tra i prodotti indigeni, si decise di scavare il Nuraghe Palmavera. 
Il lato meridionale del nuraghe - F.Selis Photo Archive
Questa scelta fu motivata dal fatto che l’area, dall’enorme massa di pietre sconvolte, occupava una posizione dominante, ma allo stesso tempo si presentava riparata e facilmente raggiungibile dalla strada provinciale. Le indagini condotte, rese a segnare i limiti della costruzione e le parti che la costituivano, evidenziarono una struttura formata originariamente da un Mastio (torre A) e da alcune capanne attorno, edificate attorno al XVI a.C., tutto in calcare. 
Il supporto dell'ascia bipenne nella capanna delle riunioni - F Selis Photo Archive
La seconda fase edilizia, individuabile tra il XII e il X a.C., dovrebbe coincidere con il momento di edificazione della torre B, in calcare anch’essa, che venne compresa, tramite il rifascio in arenaria, in un unico corpo con la torre arcaica e con una sorta di cortile interposto tra le due strutture. 
Tronetto dell'autorità - F.Selis Photo Archive
Nello stesso momento il villaggio crebbe e sorsero numerose altre capanne e strutture, compresa la capanna delle riunioni. Al momento è ancora possibile notare uno stacco netto tra la struttura turrita e il resto del villaggio. La separazione è resa dall’antemurale di forma pentagonale, con torri disposte nei vari vertici liberi, a eccezione del versante sud ovest, occupato dalla capanna delle riunioni. Quest’ultima risulta l’unica struttura inglobata nel temenos, un recinto sacro. 
Accesso con finestrello di scarico del Mastio - F.Selis Photo Archive
La torre principale conserva due nicchie di luce trapezoidale ed è ancora voltata a ogiva, mentre la torre aggiunta, originariamente in calcare come mostrano le foto d’epoca, venne scoperta quasi rasa al suolo e letteralmente ricostruita da chi compì gli scavi, inglobando numerosi elementi in arenaria provenienti dal rifascio. La capanna delle riunioni, forse la più grande dell’insediamento, mostrò in fase di scavo di avere un bancone-sedile che seguiva parzialmente il profilo circolare della struttura. 
Parte superiore(ricostruita) del cortile - F.Selis Photo Archive
Il punto in cui non si segnalava la presenza del sedile era opposto all’ingresso e corrispondeva a una grossa nicchia sulla cui soglia era posizionato un seggio-tronetto in arenaria, probabilmente destinato alla figura di potere della comunità. Al fianco destro del seggio del comando stava uno spazio quadrangolare delimitato da lastre ortostatiche, inquadrato come vasca, mentre al centro della sala stava una base con un betilo che, verosimilmente, fungeva da supporto per il simbolo della giustizia e della divinità: l’ascia bipenne. 

Corrispondenza tra feritoie nella torre secondaria -F. Selis Photo Archive -
In relazione all’area indagata si segnala una quantità abbondante di reperti: dalle ceramiche rese con il tornio e decorate con uno stampiglio in osso di bovino, agli strumenti reali (non votivi) in bronzo e in rame, passando per la consistente quantità di ceramiche restaurate con grappe di piombo. 
Particolare del rifascio - F.Selis Photo Archive
Tutti elementi che, per consistenza e varietà, ci indicano un’economia di tipo misto: agricoltura, allevamento, caccia, pesca, metallurgia e commercio. Un insieme di risorse per un modello di vita più che dignitoso.




Fonte: http://ilpopoloshardana.blogspot.it

7 commenti:

  1. Nell'ultimo capoverso scrivi: "Tutti elementi che, per consistenza e varietà, ci indicano un’economia di tipo misto: agricoltura, allevamento, caccia, pesca, metallurgia e commercio. Un insieme di risorse per un modello di vita più che dignitoso". Da tempo la mia indagine sulla civiltà nuragica è indirizzata maggiormente all'aspetto antropologico, poiché l'archeologia, in senso stretto, non fornisce più motivazioni che possano migliorare le nostre conoscenze su quell'epoca. L'architettura degli edifici non fornisce dati certi sul modo di vivere di quelle genti, e a volte si prendono cantonate proprio nei primi passi della ricerca. Le conclusioni, ovviamente, risentono parecchio dell'indirizzo dato all'origine dell'indagine e sai bene che vari archeologi si lasciano prendere la mano giungendo a ipotesi surreali come quella di nuraghe=fortezza o nuraghe=tempio piuttosto che osservatorio astronomico. Come tu stesso fai notare, i nuragici vivevano in un ambiente ricco di risorse, e specializzarono tutti i loro campi di interesse, compreso l'avventurarsi per mare entrando in contatto con le altre culture mediterranee, e non solo. Solo l'interdisciplinarietà consentirà di scoprire nuovi indizi che, a loro volta, permetteranno agli studiosi di indirizzare al meglio l'approfondimento. Finché ci si limiterà a studiare le misure delle pietre, il loro peso e non far confluire i dati di ciò che si trova nei dintorni del nuraghe (ad esempio i pollini piuttosto che la tipologia di animali presenti nel territorio atttraverso lo studio delle ossa)...scopriremo solo una minima parte dell'ideologia di quelle genti.

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  2. Sono convinto che così come oggi si costruisce qualsiasi tipo di edificio utilizzando i blocchetti, sia esso scuola, pronto soccorso, chiesa o prigione, in quell'epoca costruivano ciò che serviva in un dato momento e in una certa comunità, utilizzando il materiale del luogo ed edificando secondo le tecniche conosciute. I nuraghi, quindi, erano edifici con funzione variabile secondo il tempo, il luogo e le necessità.

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  3. Innazitutto mille grazie per lo spazio...
    Condivido ampiamente il concetto che hai espresso e attraverso il precedente lavoro e questa forma di guida (anche se la consistenza di questa non lo permette più di tanto)ho provato e provo a elaboare processi storici attraverso la multidisciplinarietà. Come mai? Sia per via della formazione (Renfrew e Bahn insegnano)sia perchè, anche riflettedo sulla nostra vita quotidiana, ci si accorge che le azioni e le attività, spesso e volentieri, avvengono non a causa di un unico volere o con lo scopo di un unico obbiettivo ma sono dettate da più fattori magari legati tra di loro oppure anche completamente indipendenti e ininfluenti. E questo credo che avvenga per noi ora come per i nostri antenati secoli prima di adesso. Mi chiedo però, notando che purtroppo alcuni pur avendo una importante levatura scientifica, non tengano pienamente in considerazione questi risvolti, cosa si spera di lasciare o di trasmettere ai fruitori quando si tracciano delle linee storiche? Cosa ancora ci spinge ostinatamente a non cooperare nella composizione di quadri più verosimili? La scienza dovrebbe essere una materia che "arricchisce" chiunque proprio perchè percorsa da svariati ricercatori (allineati o no; titolati o semplicemente appassionati) dove la moltitudine di risultati (dettata dalle svariate conoscenze ampie o limitate) paragonabile ad un forziere immenso, già di per sè è sufficiente a permettere di incanalare le ricerche. Cosa accade invece in Sardegna, dove si potrebbe sviluppare una sorta di competizione fattiva, che si genera una sorta di lotta senza quartiere, di violenza mediatica e personale? Cosa spinge a tanto accanimento? Ad esempio Pierluigi se io e te non siamo d'accordo su un'elaborazione discutiamo tra di noi...magari anche in maniera accesa...ma non mi sognerei mai di contattare il tuo ambiente lavorativo e farti una brutta piazza nè credo che tantomeno lo faccia tu. Ancora rimango basito anche relativamente allo scontro acceso nei vari canali mediatici e nei social network che anzichè unire, solo per il fatto che si scriva senza esprimere un'intonazione vocale, si generano conflitti allucinanti. Mi domando a cosa porterà ciò...se molti studiosi giustificano la loro animosità con la banale scusa del voler aprire gli occhi dei sardi...non si corre il rischio di scatenare unicamente violenza e di non dire niente di utile e interessante ai sardi interessati?

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  4. Saltando a piè pari la questione "diatribe nei forum", anche perché alimentata dai soliti noti al solo scopo di disturbare i commenti spesso in maniera anonima, trovo interessante la tua riflessione: "Cosa ci spinge ostinatamente a non cooperare nella composizione di quadri più verosimili?". Ho tentato più volte di ricomporre le questioni, affrontando serenamente discussioni con vari studiosi, e mi sono trovato di fronte a un muro di personaggi convinti di non aver più nulla da imparare in questa disciplina. Messi di fronte ad argomentazioni logiche reagiscono in vari modi. C'è chi si aggrappa agli antichi autori, citando passi controversi scovati nella letteratura greca e romana e presi come verità assolute. C'è chi si lancia in discorsi accademici frutto di indagini eseguite il secolo scorso, se non due secoli fa. C'è anche chi è possibilista e modifica alcune convinzioni (pochissimi per la verità), e c'è chi non sente ragioni dall'alto della sua prosopopea. Il punto, a mio parere, è che la Sardegna ha necessità di approfondire il periodo nuragico e quello prenuragico, certamente peculiari nella nostra regione, ma i finanziamenti sono concessi, nella quasi totalità dei casi, solo a quegli studi che contengono il comparto fenicio-punico-romano. Non ne usciremo finché avremo una Regione Sardegna che non punterà, con i fatti e non con le parole, al turismo identitario, quello sfruttato nel resto del mondo, quello che si avvale di monumenti e manufatti locali che mostrano il "vero" biglietto da visita della nostra isola. Fenici, punici e romani sono presenti in tutto il Mediterraneo...ma se vuoi vedere i nuraghi, se vuoi capire i bronzetti, se vuoi ammirare le sepolture in roccia di oltre 5000 anni fa...non hai scelta: devi venire in Sardegna.

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  5. Anche qui il problema pare piuttosto ampio: a quali specialisti vengono attribuite le direzioni degli scavi? Cosa muove alcuni di questi studiosi, anche con carriera trentennale e si presume un'ampia cultura e apertura mentale, non appena gli interessi si concentrano su un periodo anzichè un altro a degenerare con esternazioni del calibro: pulsioni indipendentiste, ricerche di un passato glorioso a fronte di un presente grigio ect ect? Chiunque si attacca ad un bibliografia che per alcuni può essere vetusta e superata mentre per altri ancora recente e valida. Non credo assolutamente che una "fazione" possegga i testi della "verità" e l'altra possegga solo la paccottaglia. Per me entrambe gli schieramenti conoscono dei testi, che per quanto testi scritti da umani non saranno mai e dico mai completamente obbiettivi e disinteressati, i quali raccontano una porzione di realtà, faziosa o verosimile, ma sempre una porzione della realtà. Lo stesso succede a tutti noi ai giorni odierni quando parliamo di qualsiasi fatto di cronaca e lo riportiamo secondo quella che è l'elaborazione dei nostri sensi, non sempre obbiettiva e perfettamente cristallina. In conclusione che succede? In merito al fatto di cronaca odierna ci è sufficiente assemblare le notizie giunte sia dal "pettegolo" di strada che dall'avvocato di paese...perchè non considerare in tale maniera anche le varie testimonianze del passato? La Regione può puntare al turismo identitario ok...ma tecnicamente...chi scava nei siti...o meglio non chi scava...chi firma le schede dei materiali e pubblica i resoconti di scavo (se li pubblica)? Come la proposta Nurat...bella ma utopia...in quanto la politica non può emanare una legge che dica ad un Tronchetti (faccio un nome a caso di un archeologo che ha scavato... esclusivamente per avere un esempio di specializzazione) di dichiarare che tutto ciò che trova è nuragico anziché punico. La competenza del Tronchetti è su un periodo storico... e da lì non si uscirà. La politica subentra (e anche con il peggiore dei suoi aspetti) quando si intrufola negli ambienti del Ministero ai BBCC e "pilota" le direzioni degli scavi da un tizio ad un caio. Quando pone becco nel finaziamento di progetti assurdi che gli stessi dirigenti ministeriali rifiutano. Quando si continuano a finanziare contesti e soggetti che i resoconti della Corte dei Conti (pubblici e fruibili anche su internet) mostrano chiaramente controproducenti, costosi e di peso. Forse dovremo rivolgere l'accanimento e l'animosità, che ci fà discutere sugli studi, ai politici che eleggiamo anzichè esserne succubi e mostrarci servili.

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  6. Caro Marcello e caro Pierluigi, dire che su alcuni punti sono in totale accordo con voi sarebbe come minimo superfluo, mi riferisco in particolare al discorso del turismo identitario ( accade solo in Sardegna che chi si prodiga per divulgare la straordinarietà della civiltà nuragica venga come minimo tacciato di essere un pericoloso indipendentista. In questo senso un recentissimo libro che vorrebbe spiegare quale sia la giusta ricerca e quale quella sbagliata, rappresenta, a mio avviso, l'ennesima sconfitta di un mondo accademico che, incapace di relazionarsi e di divulgare in modo anche semplice la nostra millenaria storia, preferisce sparare nel mucchio, facendo di tutta un erba un fascio). Detto questo e rispondendo in particolare alla sollecitazione di Pierluigi, circa la destinazione d'uso dei nuraghi e prendendo spunto dal bell'articolo postato in questo blog da Marcello sul nuraghe Palmavera, vi vorrei invitare, sempre che non lo abbiate già fatto, ad approfondire la lettura dell'articolo del Taramelli (Il nuraghe Palmavera presso Alghero, in Monumenti antichi),in particolare sui reperti restituiti dalla camera principale del complesso e del cortile antistante. Nel mio libro ho dedicato un capitolo a questo importante monumento, mi piacerebbe che anche voi, dopo una attenta lettura, possiate esprimere una opinione in merito alla destinazione d'uso degli stessi.
    Un saluto, Augusto Mulas.

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  7. E' un bell'esperimento Augusto, ma sarebbe il caso di inquadrare cronologicamente una serie di fasi nelle quali la destinazione d'uso poteva variare.

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