mercoledì 29 maggio 2013
Sediba: scoperto l'anello mancante fra l'australopiteco e l'uomo.
Un strano ominide che forse cambierà la storia evolutiva.
L'australopiteco sediba, di due milioni di anni fa, è un mosaico di tratti umani e scimmieschi e gli scienziati non sanno dove collocarlo tra gli antenati dell’Homo sapiens
Due scheletri fossilizzati, abbastanza completi e ben conservati, di alcuni strani australopitechi che vissero in Africa quasi due milioni di anni fa sconcertano gli investigatori di 16 istituzioni di tutto il mondo che li hanno studiati a fondo. Gli Australopithecus sediba erano capaci di camminare eretti, benché non con tanta scioltezza come la specie umana, dato il loro tallone scimmiesco; ma, contemporaneamente, si arrampicavano sugli alberi e sulle rocce con destrezza. Per i loro denti, la colonna vertebrale e la mandibola sembrano uomini primitivi, ma le spalle, le braccia e la scatola toracico superiore somigliano a quelle delle grandi scimmie. La strana creatura aveva il cervello piccolo.
Dove s’incastra nell'albero di famiglia degli ominidi?
I paleontologi non riescono a chiarirlo già da due anni, da quando identificarono i fossili in Sudafrica. Da allora, gli scienziati, divisi in sei squadre di specialisti che si sono spartiti i fossili, denti alcuni, braccia altri, estremità inferiori altri ancora…hanno analizzato minuziosamente gli scheletri paragonando le ossa con resti di altre specie di australopitecos e di umani. Hanno scritto sei articoli nella rivista Science con le conclusioni.
Questo esaustivo esame dà l'idea di una specie di ominide che sembra un mosaico nella sua anatomia e che presenta un insieme di complessi funzionali differenti da ciò che si conosceva finora. Uno degli studiosi afferma: "La chiara visione dell'anatomia di questa specie di ominide primitivo avrà chiaramente implicazioni nel momento di interpretare il processo evolutivo degli ominidi e l'interpretazione dell'anatomia delle specie non tanto bene conosciute."
Berger, o piuttosto suo figlio Mathieu, di nove anni, scoprì il primo fossile di quello che si denominò dopo A.sediba, nell’agosto del 2008, nei paraggi di Johannesburg, in un posto chiamato Malapa. Berger, investigatore dell'Università di Witwateersrand, in Sudáfrica, iniziò con la sua squadra scientifica un'esplorazione intensa. In totale hanno portato alla luce i resti scheletrici di due individui, una donna e un uomo giovane, più un osso di un terzo. Misurerebbero 1,27 metri di altezza, lei peserebbe circa 33 chili e lui 27, e il suo cervello arriverebbe intorno ai 420 o 450 centimetri cubi, di fronte ai 1.200 a 1.600 del nostro.
Nell'antica visione dell'evoluzione, l'A.sediba sarebbe il perfetto anello perso, l'esemplare opportuno che ha alcuni tratti del precedente più antico e altri del seguente. Ma gli scienziati sanno che la cosa non funziona così che l'evoluzione non è una catena, bensì un'intricata ramificazione di specie con antenati comuni e parentele più o meno prossime. La questione è situare questo ominide con il suo mosaico di caratteristiche in quell'albero di famiglia. Inoltre, l'antichità è la chiave in questo caso perché due milioni di anni fa esisteva già in Africa l’Homo erectus, antenato dell’Homo sapiens e, sicuramente, il primo uscì dal continente antico e si espanse in Europa.
Gli investigatori, negli studi comparativi, si sono interessati soprattutto ai tratti dell’H.erectus e di un australopiteco anteriore all'A.sediba, l'A.africanus. Ma entra nel dibattito una specie in più di australopiteco, A.afarensis, alla quale appartiene il celebre scheletro Lucy, adottata come nonna ancestrale dell'umanità, benché ci siano già importanti paleoantropólogi che tirano fuori la famiglia di Lucy dalla linea evolutiva umana. Berger suggerisce la possibilità che A.sediba e forse A.africanus non discendano dal lignaggio di A.afarensis, e non arriva ad affermare che i fossili di Malapa si situino nella linea umana, ma Science dice che l'insieme di analisi presentato sembra mirare verso un probabile antenato del genere Homo. Il fatto che Lucy e la sua famiglia fossero bipedi sembra complicare le cose per gli A.sediba, se questi non discendono dagli A.afarensis. Ma multiple forme di bipedalismo furono praticate dai nostri primitivi ominidi, segnala lo scienziato di Johannesburg.
Le grandi domande circa l'estranea creatura di Malapa proseguono, e gli scienziati aspirano a rispondere quando avranno più fossili di questa specie. La prossima estate Berger e la sua squadra riprenderanno lo scavo nel giacimento. Forse l'A.sediba è un antenato remoto del Homo sapiens, o forse appartiene a una specie di ominide che finì in un vicolo cieco dell'evoluzione, cioè, una specie che si estinse.
L'australopiteco sediba, di due milioni di anni fa, è un mosaico di tratti umani e scimmieschi e gli scienziati non sanno dove collocarlo tra gli antenati dell’Homo sapiens
Due scheletri fossilizzati, abbastanza completi e ben conservati, di alcuni strani australopitechi che vissero in Africa quasi due milioni di anni fa sconcertano gli investigatori di 16 istituzioni di tutto il mondo che li hanno studiati a fondo. Gli Australopithecus sediba erano capaci di camminare eretti, benché non con tanta scioltezza come la specie umana, dato il loro tallone scimmiesco; ma, contemporaneamente, si arrampicavano sugli alberi e sulle rocce con destrezza. Per i loro denti, la colonna vertebrale e la mandibola sembrano uomini primitivi, ma le spalle, le braccia e la scatola toracico superiore somigliano a quelle delle grandi scimmie. La strana creatura aveva il cervello piccolo.
Dove s’incastra nell'albero di famiglia degli ominidi?
I paleontologi non riescono a chiarirlo già da due anni, da quando identificarono i fossili in Sudafrica. Da allora, gli scienziati, divisi in sei squadre di specialisti che si sono spartiti i fossili, denti alcuni, braccia altri, estremità inferiori altri ancora…hanno analizzato minuziosamente gli scheletri paragonando le ossa con resti di altre specie di australopitecos e di umani. Hanno scritto sei articoli nella rivista Science con le conclusioni.
Questo esaustivo esame dà l'idea di una specie di ominide che sembra un mosaico nella sua anatomia e che presenta un insieme di complessi funzionali differenti da ciò che si conosceva finora. Uno degli studiosi afferma: "La chiara visione dell'anatomia di questa specie di ominide primitivo avrà chiaramente implicazioni nel momento di interpretare il processo evolutivo degli ominidi e l'interpretazione dell'anatomia delle specie non tanto bene conosciute."
Berger, o piuttosto suo figlio Mathieu, di nove anni, scoprì il primo fossile di quello che si denominò dopo A.sediba, nell’agosto del 2008, nei paraggi di Johannesburg, in un posto chiamato Malapa. Berger, investigatore dell'Università di Witwateersrand, in Sudáfrica, iniziò con la sua squadra scientifica un'esplorazione intensa. In totale hanno portato alla luce i resti scheletrici di due individui, una donna e un uomo giovane, più un osso di un terzo. Misurerebbero 1,27 metri di altezza, lei peserebbe circa 33 chili e lui 27, e il suo cervello arriverebbe intorno ai 420 o 450 centimetri cubi, di fronte ai 1.200 a 1.600 del nostro.
Nell'antica visione dell'evoluzione, l'A.sediba sarebbe il perfetto anello perso, l'esemplare opportuno che ha alcuni tratti del precedente più antico e altri del seguente. Ma gli scienziati sanno che la cosa non funziona così che l'evoluzione non è una catena, bensì un'intricata ramificazione di specie con antenati comuni e parentele più o meno prossime. La questione è situare questo ominide con il suo mosaico di caratteristiche in quell'albero di famiglia. Inoltre, l'antichità è la chiave in questo caso perché due milioni di anni fa esisteva già in Africa l’Homo erectus, antenato dell’Homo sapiens e, sicuramente, il primo uscì dal continente antico e si espanse in Europa.
Gli investigatori, negli studi comparativi, si sono interessati soprattutto ai tratti dell’H.erectus e di un australopiteco anteriore all'A.sediba, l'A.africanus. Ma entra nel dibattito una specie in più di australopiteco, A.afarensis, alla quale appartiene il celebre scheletro Lucy, adottata come nonna ancestrale dell'umanità, benché ci siano già importanti paleoantropólogi che tirano fuori la famiglia di Lucy dalla linea evolutiva umana. Berger suggerisce la possibilità che A.sediba e forse A.africanus non discendano dal lignaggio di A.afarensis, e non arriva ad affermare che i fossili di Malapa si situino nella linea umana, ma Science dice che l'insieme di analisi presentato sembra mirare verso un probabile antenato del genere Homo. Il fatto che Lucy e la sua famiglia fossero bipedi sembra complicare le cose per gli A.sediba, se questi non discendono dagli A.afarensis. Ma multiple forme di bipedalismo furono praticate dai nostri primitivi ominidi, segnala lo scienziato di Johannesburg.
Le grandi domande circa l'estranea creatura di Malapa proseguono, e gli scienziati aspirano a rispondere quando avranno più fossili di questa specie. La prossima estate Berger e la sua squadra riprenderanno lo scavo nel giacimento. Forse l'A.sediba è un antenato remoto del Homo sapiens, o forse appartiene a una specie di ominide che finì in un vicolo cieco dell'evoluzione, cioè, una specie che si estinse.
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