mercoledì 3 aprile 2013
Tavole con caratteri di scrittura pelasgica
Tavole con caratteri di scrittura pelasgica
di Paola
I due dipinti ai lati dell’altare della Chiesa del Crocifisso di Bodio-Lomnago (VA) sono entrambi rappresentazioni allegoriche della fede cattolica sotto forma di figure femminili, all’interno di finte nicchie, identificabili per i loro specifici attributi. Quella alla destra dell’altare è raffigurata nella versione più classica, velata, mentre sorregge il calice dell’eucaristia con la mano destra e la croce con la sinistra. Quella alla sinistra dell’altare invece sorregge le tavole del Decalogo ma è mancante del libro (che rappresenterebbe il nuovo testamento) e del cero (rappresentante la luce della fede) come la si può trovare anche descritta nel dettaglio da Cesare Ripa nella sua famosa guida alle allegorie sacre e profane, “Iconologia”, del 1593. Queste tavole sorrette da quest’ultima figura allegorica hanno attirato la nostra attenzione per gli strani simboli dipinti sopra, non identificabili con scritture antiche come ebraico o aramaico. A questo punto la parrocchia ci ha gentilmente messo in contatto con Devana, laureata in bioeconomia, studiosa di archeologia e ricercatrice indipendente, che ha riconosciuto i suddetti caratteri come pre-scrittura pelasgica. A conferma di ciò ha presentato una foto delle tavole all’ex-assessore alla cultura Alfonso Carè del comune di Nardo di Pace (Vibo Valentia – Calabria) il quale ha contattato il Professor Domenico Raso (epigrafista, filologo e antropologo del territorio) che da oltre 30 anni si occupa di questa scrittura individuata su reperti (oggetti di epoca pre-ellenica comprendenti fra gli altri otto epigrafi su tavola) rinvenuti dall’Avv. Mario Tolone Azzariti nel 1972 a Girifalco (Catanzaro) dopo un’alluvione che aveva provocato forti smottamenti nei terreni limitrofi al centro abitato. Il Prof Domenico Raso non solo ha confermato la tesi della pre-scrittura pelasgica ma ha anche provveduto cortesemente a tradurla. Pelasgi sono dette le popolazioni greche che abitavano la penisola greca, mar Egeo e coste anatoliche prima delle invasioni elleniche del II millennio a.C.. I risultati degli scavi archeologici più recenti (Catalhoyuk – Turchia) portano a concludere che i Pelasgi sono migrati dall’Asia Minore nel bacino dell’Egeo nel IV millennio a.C. Erodoto e Tucidide, autori del V sec. a.C., nel ricomporre il quadro storico della Grecia del II millennio, eludono il termine “Achei” (tanto caro ad Omero che tale termine aveva usato ben 400 anni prima), e parlano quasi esclusivamente di Pelasgi. Anche Omero parla dei Pelasgi indicandoli nell’Illiade tra gli alleati di Troia. I Pelasgi, concordemente al parere di molti studiosi, ebbero un’articolata migrazione con la quale toccarono sequenzialmente il Peloponneso (1.641 a.C.), la Tessaglia (1.479 a.C.), l’Italia (1.350 a.C.) la Foce del Po e Spina (FE), la Regione degli Umbri, il territorio degli Aborigeni, e l’Agro Campano per giungere sulla costa Laziale sino al loro declino verso il 1.182 a.C.. La cultura pelasgica non presentava una scrittura vera e propria ma piuttosto una “prescrittura”. In altre parole i segni ritrovati non possono essere tradotti letteralmente ma vanno interpretati nel loro insieme al fine di coglierne il significato complessivo. Si tratta di pittogrammi e ideogrammi, ogni segno esprime un concetto, che vengono letti dal basso verso l’alto e da destra verso sinistra.
Di seguito traduzione delle tavole:
“Dalla regione del settentrione e dalla regione della terra della loro residenza abbiamo trasferito da nord-est e da nord-ovest i feretri dei sovrani della navigazione già morti delle tre terre d’oriente partendo dai cantieri navali delle tre terre dove risiedono le mandrie.
Dalle terre di navigazione punto di sosta delle mandrie dalle coste del mare del sud-est abbiamo portato i morti delle tre terre da sud-est in cammino e in navigazione da nord-est le bare protette dei sovrani inoltrandoci lungo la strada e dal mare di sud-est di navigazione arriva al punto di residenza dei morti in direzione della terra e del mare dove tramonta il sole li abbiamo situati nella zona di due mari partendo dalla regione dove fa giorno.”
Il ritrovamento di caratteri di pre-scrittura pelasgica su tavole dipinte prima nell’ottocento e poi restaurate nei primi anni del 1900 in una Chiesa del Nord Italia è sicuramente di singolare interesse alla luce del fatto che le scoperte archeologiche avvenute in Calabria sono storia molto recente e non si conoscono altri reperti di riferimento. Possiamo supporre che gli artisti ottocenteschi che dipinsero le allegorie della Fede nella Chiesa del Santo Crocifisso di Bodio-Lomnago riportarono pedissequamente dei segni forse anticamente rinvenuti in loco. Se la scritta, come ci viene spontaneo pensare, fa riferimento alle due sepolture di epoca Longobarda presenti sotto la pavimentazione della Chiesa (interessante è notare a questo punto che il Prof. Domenico Raso era completamente allo scuro dell’esistenza delle tombe) si potrebbe supporre ad una sua origine al massimo poco più tarda (attorno all’anno mille) e l’uso di questi caratteri per impedirne la decodificazione immediata contro il rischio di saccheggi o profanazioni. La scoperta resta comunque particolare e a suo modo affascinante. Il recupero delle antiche sepolture potrebbe fornire ulteriori chiarimenti e ci auguriamo che le autorità preposte si impegnino in tal senso in un prossimo futuro.
Fonte: http://passionarte.wordpress.com
di Paola
I due dipinti ai lati dell’altare della Chiesa del Crocifisso di Bodio-Lomnago (VA) sono entrambi rappresentazioni allegoriche della fede cattolica sotto forma di figure femminili, all’interno di finte nicchie, identificabili per i loro specifici attributi. Quella alla destra dell’altare è raffigurata nella versione più classica, velata, mentre sorregge il calice dell’eucaristia con la mano destra e la croce con la sinistra. Quella alla sinistra dell’altare invece sorregge le tavole del Decalogo ma è mancante del libro (che rappresenterebbe il nuovo testamento) e del cero (rappresentante la luce della fede) come la si può trovare anche descritta nel dettaglio da Cesare Ripa nella sua famosa guida alle allegorie sacre e profane, “Iconologia”, del 1593. Queste tavole sorrette da quest’ultima figura allegorica hanno attirato la nostra attenzione per gli strani simboli dipinti sopra, non identificabili con scritture antiche come ebraico o aramaico. A questo punto la parrocchia ci ha gentilmente messo in contatto con Devana, laureata in bioeconomia, studiosa di archeologia e ricercatrice indipendente, che ha riconosciuto i suddetti caratteri come pre-scrittura pelasgica. A conferma di ciò ha presentato una foto delle tavole all’ex-assessore alla cultura Alfonso Carè del comune di Nardo di Pace (Vibo Valentia – Calabria) il quale ha contattato il Professor Domenico Raso (epigrafista, filologo e antropologo del territorio) che da oltre 30 anni si occupa di questa scrittura individuata su reperti (oggetti di epoca pre-ellenica comprendenti fra gli altri otto epigrafi su tavola) rinvenuti dall’Avv. Mario Tolone Azzariti nel 1972 a Girifalco (Catanzaro) dopo un’alluvione che aveva provocato forti smottamenti nei terreni limitrofi al centro abitato. Il Prof Domenico Raso non solo ha confermato la tesi della pre-scrittura pelasgica ma ha anche provveduto cortesemente a tradurla. Pelasgi sono dette le popolazioni greche che abitavano la penisola greca, mar Egeo e coste anatoliche prima delle invasioni elleniche del II millennio a.C.. I risultati degli scavi archeologici più recenti (Catalhoyuk – Turchia) portano a concludere che i Pelasgi sono migrati dall’Asia Minore nel bacino dell’Egeo nel IV millennio a.C. Erodoto e Tucidide, autori del V sec. a.C., nel ricomporre il quadro storico della Grecia del II millennio, eludono il termine “Achei” (tanto caro ad Omero che tale termine aveva usato ben 400 anni prima), e parlano quasi esclusivamente di Pelasgi. Anche Omero parla dei Pelasgi indicandoli nell’Illiade tra gli alleati di Troia. I Pelasgi, concordemente al parere di molti studiosi, ebbero un’articolata migrazione con la quale toccarono sequenzialmente il Peloponneso (1.641 a.C.), la Tessaglia (1.479 a.C.), l’Italia (1.350 a.C.) la Foce del Po e Spina (FE), la Regione degli Umbri, il territorio degli Aborigeni, e l’Agro Campano per giungere sulla costa Laziale sino al loro declino verso il 1.182 a.C.. La cultura pelasgica non presentava una scrittura vera e propria ma piuttosto una “prescrittura”. In altre parole i segni ritrovati non possono essere tradotti letteralmente ma vanno interpretati nel loro insieme al fine di coglierne il significato complessivo. Si tratta di pittogrammi e ideogrammi, ogni segno esprime un concetto, che vengono letti dal basso verso l’alto e da destra verso sinistra.
Di seguito traduzione delle tavole:
“Dalla regione del settentrione e dalla regione della terra della loro residenza abbiamo trasferito da nord-est e da nord-ovest i feretri dei sovrani della navigazione già morti delle tre terre d’oriente partendo dai cantieri navali delle tre terre dove risiedono le mandrie.
Dalle terre di navigazione punto di sosta delle mandrie dalle coste del mare del sud-est abbiamo portato i morti delle tre terre da sud-est in cammino e in navigazione da nord-est le bare protette dei sovrani inoltrandoci lungo la strada e dal mare di sud-est di navigazione arriva al punto di residenza dei morti in direzione della terra e del mare dove tramonta il sole li abbiamo situati nella zona di due mari partendo dalla regione dove fa giorno.”
Il ritrovamento di caratteri di pre-scrittura pelasgica su tavole dipinte prima nell’ottocento e poi restaurate nei primi anni del 1900 in una Chiesa del Nord Italia è sicuramente di singolare interesse alla luce del fatto che le scoperte archeologiche avvenute in Calabria sono storia molto recente e non si conoscono altri reperti di riferimento. Possiamo supporre che gli artisti ottocenteschi che dipinsero le allegorie della Fede nella Chiesa del Santo Crocifisso di Bodio-Lomnago riportarono pedissequamente dei segni forse anticamente rinvenuti in loco. Se la scritta, come ci viene spontaneo pensare, fa riferimento alle due sepolture di epoca Longobarda presenti sotto la pavimentazione della Chiesa (interessante è notare a questo punto che il Prof. Domenico Raso era completamente allo scuro dell’esistenza delle tombe) si potrebbe supporre ad una sua origine al massimo poco più tarda (attorno all’anno mille) e l’uso di questi caratteri per impedirne la decodificazione immediata contro il rischio di saccheggi o profanazioni. La scoperta resta comunque particolare e a suo modo affascinante. Il recupero delle antiche sepolture potrebbe fornire ulteriori chiarimenti e ci auguriamo che le autorità preposte si impegnino in tal senso in un prossimo futuro.
Fonte: http://passionarte.wordpress.com
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento