giovedì 13 dicembre 2012
Colonne d’Ercole, Dicearco e…traduzioni dal greco
Colonne d’Ercole, Dicearco e…traduzioni dal greco
di Rolando Berretta
I Frammenti di Dicearco da Messina, raccolti e illustrati dall’avv. Celidonio Errante - Volume II - Palermo presso Lorenzo Dato 1822, pgg.79,81 (è in Italiano atavico.)
"… Ma si è detto che le parti occidentali, e settentrionali dell'Europa erano ignote ad Eratostene; il quale insieme a Dicearco merita scusa, perchè non videro quei luoghi. Chi però scuserà Polibio, e Posidonio? E Polibio è quello, che chiamando le sue sentenze dommatiche delle distanze che sono in quei e in altri luoghi, poi nè pur in ciò, che in altri riprende, è netto di errore. Dicendo adunque Dicearco, che dal Peloponneso alle colonne si ha dieci mila stadi; e che più di questi sono fin all'ultimo termine del golfo Adriatico; e dandocene tre mila, che è fin allo stretto andando verso le colonne, in modo che il resto dallo stretto alle colonne sian settemila: dice Polibio, che tralascia se i tre mila bene si calculino, o no; ma i sette mila in nessun conto vanno bene, sia che si misuri la marina, sia che si tiri una linea pel mezzo del mare. Imperocché la marina è somigliantissima a un angolo ottuso tirato sopra lo stretto, e le colonne, la cima del quale è Narbone. Per la qual cosa forma un triangolo, che ha per base una linea retta tirata pel mare, e i lati sieno quelli, che fanno l'angolo, che abbiam detto: uno, che comincia dallo stretto fin a Narbone è di undici mila, e duecento stadi; l'altro è poco meno di otto mila. E la massima distanza dall'Europa all'Africa pel mare Tirreno senza alcun dubbio essere non più di tre mila stadi, e meno nel mare Sardo. Ma sieno pur soggiunge tre mila stadi, e si pongano due altri mila, che sono per la profondità del golfo presso Narbone, siccome una linea perpendicolare dalla cima alla base di questo angulo ottuso: certo è die' egli dalla misura secondo la scienza, che tutta la marina dallo stretto alle colonne avanza la linea retta, tirata pel mare presso che cinquecento stadi. Ai quali aggiunti i tre mila, che sono dal Peloponneso allo stretto, saranno gli stadi in tutto, pigliandoli pel diritto, più dal doppio di quelli, che Dicearco disse: e più bisognerà, soggiugne, porne secondo lui fin all'ultimo termine dei golfo Adriatico. Ma Polibio amico (dirà alcuno) come 1'esperienza evidentemente sta contra questa menzogna dalle cose stesse, che hai tu detto, dal Peloponneso a Leucade settecento stadi: e di là a Corcira altrotanti, e pure altrotanti ai Monti Cerauni, e a mano destra nella Iapigia: dai Cerauni alla marina Illirica sei mila conto cinquanta: così menzogne sono amendue, e quel che Dicearco disse, dallo stretto alle colonne esservi stadì settemila, e ciò che tu sembri spacciare. Imperocchè molti confessano, che pel mare vi ha dodici mila stadi. Il che si accorda con quello, che si è detto della lunghezza dell'abitabile".
Questo scritto, reperibile su internet, è corredato dal testo greco con relative note.
Oggi ci ritroviamo con questo genere di traduzioni:
Dicearco afferma che le Colonne d’Ercole distano dal Peloponneso 10.000 stadi e che è ancora maggiore la distanza fino all’estremità dell’Adriatico; dice inoltre che dalle Colonne d’Ercole allo STRETTO di vi è una distanza di 3.000 stadi, di modo che la parte rimanente dallo STRETTO alle Colonne misura secondo lui 7.000 stadi. A questo punto Polibio dichiara di non voler prendere in considerazione se Dicearco abbia o meno ragione quando calcola la distanza di 3.000 stadi, ma ha senz’altro torto quando parla di 7.000, che non corrispondono né a una misurazione fatta lungo la costa né alla distanza tra le due località misurata attraverso il mare. La costa è simile ad un angolo ottuso che parte dallo STRETTO e dalle Colonne e abbia il vertice a Narbona, sì da formare un triangolo avente come base una linea attraverso il mare e come lati i due segmenti che costituiscono l’angolo suddetto. Di questi lati quello che va dallo STRETTO a Narbona misura oltre 10.200 stadi, l’altro poco meno di 8.000. Ora la massima distanza dall’Europa all’Africa settentrionale lungo il mare Tirreno, non misura più di 3.000 stadi, ed è minore attraverso il M. di Sardegna. Ma ammettiamo che anche qui, egli dice, sia di 3.000 stadi; si calcoli inoltre a 2.000 stadi la profondità del Golfo sul quale si trova Narbona, cioè la perpendicolare alla base del triangolo considerato. Risulta evidente anche a una misurazione elementare che la costa dallo STRETTO(1) alle Colonne d’Ercole è di 500 stadi più lunga della retta tracciata attraverso il mare. Se si aggiungono poi i 3.000 stadi dal Peloponneso allo STRETTO, la distanza totale, anche lungo la linea retta, risulterà superiore del doppio a quanto ha detto Dicearco. Inoltre, egli osserva, rimane da aggiungere la lunghezza della costa fino all’estremità dell’Adriatico. Ma, mio caro Polibio, si potrebbe obiettargli, l’esperienza diretta della quale tu parli ha confutato questo errore, dimostrando che dal Peloponneso a Leucade vi sono 700 stadi, altrettanti fino a Corciria, altrettanti da lì fino al promontorio di Cherauno e a destra verso la Iapigia , che la costa illirica dal promontorio Cerano misura 6.150 stadi di modo che risultano menzognere tanto l’affermazione di Dicearco che lo STRETTO(2) dista dalle Colonne 7.000 stadi quanto la notizia che tu sembri accettare
(1) Si può completare con: Stretto di Sicilia.
(2) Solo un traduttore, che ha capito veramente bene, scrive ELLESPONTO a posto di Stretto.
Si completa Colonne con Colonne d’Ercole.
A questo punto, per capirci qualcosa, ci siamo disegnati una bella carta geografica comprensiva dei dati ritenuti utili.
Ho calcolato una circonferenza equivalente, in maniera approssimativa, alla distanza di 10.000, poi 7.000 e 3.000 stadi. Mettiamo da parte, per favore, la questione delle distanze sui diversi paralleli, il tutto serve, solo, a inquadrare il problema. Il centro dei tre angoli giri, circonferenze (o come preferite) ovviamente cade su capo Maleo che si trova all’estremità sud del Peloponneso.
Si provi adesso a capire dove potrebbero essere ubicate le COLONNE e di quale STRETTO parlò Dicearco da Messina; che di geografia ne masticava.
Prego, fate da soli…ragionandoci sopra.
La Carta è capovolta perché la frase: “altrettanti da lì fino al promontorio di Cherauno e a destra verso la Iapigia” vorrebbe indicare che dall’Albania si va a destra per arrivare nelle Puglie. (Carta con il sud in alto)
Molti anni fa, quando andavano gli articoli di Frau sul suo quotidiano, seguiti poi da suo libro, mi disegnai una carta simile. Mi resi conto che, con quelle misure, lo Stretto in oggetto erano i Dardanelli. Poi acquistai: Polibio Storie tradotto da Carla Schick. In questo testo lo Stretto in oggetto era l’Ellesponto. Per me era una cosa normale: l’Ellesponto era già sui testi. Quando ne parlavo in giro, mi resi conto che nessuno ne sapeva niente. Ho messo anche degli articoletti. Tutto questo per dire: Cari Signori che parlate delle COLONNE, forse, è il caso che andiate prima a controllare tra i lavori di Carla Schick. Una studiosa che ha menzionato l’Ellesponto, deve aver localizzato anche le COLONNE di Dicearco in maniera Accademica. Lo farò presto anch’io.
di Rolando Berretta
I Frammenti di Dicearco da Messina, raccolti e illustrati dall’avv. Celidonio Errante - Volume II - Palermo presso Lorenzo Dato 1822, pgg.79,81 (è in Italiano atavico.)
"… Ma si è detto che le parti occidentali, e settentrionali dell'Europa erano ignote ad Eratostene; il quale insieme a Dicearco merita scusa, perchè non videro quei luoghi. Chi però scuserà Polibio, e Posidonio? E Polibio è quello, che chiamando le sue sentenze dommatiche delle distanze che sono in quei e in altri luoghi, poi nè pur in ciò, che in altri riprende, è netto di errore. Dicendo adunque Dicearco, che dal Peloponneso alle colonne si ha dieci mila stadi; e che più di questi sono fin all'ultimo termine del golfo Adriatico; e dandocene tre mila, che è fin allo stretto andando verso le colonne, in modo che il resto dallo stretto alle colonne sian settemila: dice Polibio, che tralascia se i tre mila bene si calculino, o no; ma i sette mila in nessun conto vanno bene, sia che si misuri la marina, sia che si tiri una linea pel mezzo del mare. Imperocché la marina è somigliantissima a un angolo ottuso tirato sopra lo stretto, e le colonne, la cima del quale è Narbone. Per la qual cosa forma un triangolo, che ha per base una linea retta tirata pel mare, e i lati sieno quelli, che fanno l'angolo, che abbiam detto: uno, che comincia dallo stretto fin a Narbone è di undici mila, e duecento stadi; l'altro è poco meno di otto mila. E la massima distanza dall'Europa all'Africa pel mare Tirreno senza alcun dubbio essere non più di tre mila stadi, e meno nel mare Sardo. Ma sieno pur soggiunge tre mila stadi, e si pongano due altri mila, che sono per la profondità del golfo presso Narbone, siccome una linea perpendicolare dalla cima alla base di questo angulo ottuso: certo è die' egli dalla misura secondo la scienza, che tutta la marina dallo stretto alle colonne avanza la linea retta, tirata pel mare presso che cinquecento stadi. Ai quali aggiunti i tre mila, che sono dal Peloponneso allo stretto, saranno gli stadi in tutto, pigliandoli pel diritto, più dal doppio di quelli, che Dicearco disse: e più bisognerà, soggiugne, porne secondo lui fin all'ultimo termine dei golfo Adriatico. Ma Polibio amico (dirà alcuno) come 1'esperienza evidentemente sta contra questa menzogna dalle cose stesse, che hai tu detto, dal Peloponneso a Leucade settecento stadi: e di là a Corcira altrotanti, e pure altrotanti ai Monti Cerauni, e a mano destra nella Iapigia: dai Cerauni alla marina Illirica sei mila conto cinquanta: così menzogne sono amendue, e quel che Dicearco disse, dallo stretto alle colonne esservi stadì settemila, e ciò che tu sembri spacciare. Imperocchè molti confessano, che pel mare vi ha dodici mila stadi. Il che si accorda con quello, che si è detto della lunghezza dell'abitabile".
Questo scritto, reperibile su internet, è corredato dal testo greco con relative note.
Oggi ci ritroviamo con questo genere di traduzioni:
Dicearco afferma che le Colonne d’Ercole distano dal Peloponneso 10.000 stadi e che è ancora maggiore la distanza fino all’estremità dell’Adriatico; dice inoltre che dalle Colonne d’Ercole allo STRETTO di vi è una distanza di 3.000 stadi, di modo che la parte rimanente dallo STRETTO alle Colonne misura secondo lui 7.000 stadi. A questo punto Polibio dichiara di non voler prendere in considerazione se Dicearco abbia o meno ragione quando calcola la distanza di 3.000 stadi, ma ha senz’altro torto quando parla di 7.000, che non corrispondono né a una misurazione fatta lungo la costa né alla distanza tra le due località misurata attraverso il mare. La costa è simile ad un angolo ottuso che parte dallo STRETTO e dalle Colonne e abbia il vertice a Narbona, sì da formare un triangolo avente come base una linea attraverso il mare e come lati i due segmenti che costituiscono l’angolo suddetto. Di questi lati quello che va dallo STRETTO a Narbona misura oltre 10.200 stadi, l’altro poco meno di 8.000. Ora la massima distanza dall’Europa all’Africa settentrionale lungo il mare Tirreno, non misura più di 3.000 stadi, ed è minore attraverso il M. di Sardegna. Ma ammettiamo che anche qui, egli dice, sia di 3.000 stadi; si calcoli inoltre a 2.000 stadi la profondità del Golfo sul quale si trova Narbona, cioè la perpendicolare alla base del triangolo considerato. Risulta evidente anche a una misurazione elementare che la costa dallo STRETTO(1) alle Colonne d’Ercole è di 500 stadi più lunga della retta tracciata attraverso il mare. Se si aggiungono poi i 3.000 stadi dal Peloponneso allo STRETTO, la distanza totale, anche lungo la linea retta, risulterà superiore del doppio a quanto ha detto Dicearco. Inoltre, egli osserva, rimane da aggiungere la lunghezza della costa fino all’estremità dell’Adriatico. Ma, mio caro Polibio, si potrebbe obiettargli, l’esperienza diretta della quale tu parli ha confutato questo errore, dimostrando che dal Peloponneso a Leucade vi sono 700 stadi, altrettanti fino a Corciria, altrettanti da lì fino al promontorio di Cherauno e a destra verso la Iapigia , che la costa illirica dal promontorio Cerano misura 6.150 stadi di modo che risultano menzognere tanto l’affermazione di Dicearco che lo STRETTO(2) dista dalle Colonne 7.000 stadi quanto la notizia che tu sembri accettare
(1) Si può completare con: Stretto di Sicilia.
(2) Solo un traduttore, che ha capito veramente bene, scrive ELLESPONTO a posto di Stretto.
Si completa Colonne con Colonne d’Ercole.
A questo punto, per capirci qualcosa, ci siamo disegnati una bella carta geografica comprensiva dei dati ritenuti utili.
Ho calcolato una circonferenza equivalente, in maniera approssimativa, alla distanza di 10.000, poi 7.000 e 3.000 stadi. Mettiamo da parte, per favore, la questione delle distanze sui diversi paralleli, il tutto serve, solo, a inquadrare il problema. Il centro dei tre angoli giri, circonferenze (o come preferite) ovviamente cade su capo Maleo che si trova all’estremità sud del Peloponneso.
Si provi adesso a capire dove potrebbero essere ubicate le COLONNE e di quale STRETTO parlò Dicearco da Messina; che di geografia ne masticava.
Prego, fate da soli…ragionandoci sopra.
La Carta è capovolta perché la frase: “altrettanti da lì fino al promontorio di Cherauno e a destra verso la Iapigia” vorrebbe indicare che dall’Albania si va a destra per arrivare nelle Puglie. (Carta con il sud in alto)
Molti anni fa, quando andavano gli articoli di Frau sul suo quotidiano, seguiti poi da suo libro, mi disegnai una carta simile. Mi resi conto che, con quelle misure, lo Stretto in oggetto erano i Dardanelli. Poi acquistai: Polibio Storie tradotto da Carla Schick. In questo testo lo Stretto in oggetto era l’Ellesponto. Per me era una cosa normale: l’Ellesponto era già sui testi. Quando ne parlavo in giro, mi resi conto che nessuno ne sapeva niente. Ho messo anche degli articoletti. Tutto questo per dire: Cari Signori che parlate delle COLONNE, forse, è il caso che andiate prima a controllare tra i lavori di Carla Schick. Una studiosa che ha menzionato l’Ellesponto, deve aver localizzato anche le COLONNE di Dicearco in maniera Accademica. Lo farò presto anch’io.
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Come si può vedere anche dalla traduzione in italiano atavico dal testo in greco di STRABONE che il signor Berretta presenta, si nota che non si parla si parla di ELLESPONTO ma di stretto (stretto di Messina, qui mi sono confuso io con Peloponneso, ma questo non cambia il dato che non si tratta di ELLESPONTO). Che si tratta dello stretto di Messina lo si capisce proprio da Polibio che dice che il percorso da capo Malea alle colonne era il seguente: capo Malea, stretto di Messina, Narbona, stretto di Gibilterra. Oppure si deve credere che per Polibio era: capo Malea, Ellesponto, Narbona, stretto di Gibilterra. Cioè per andare alla colonne d'Ercole, per la SCHick un greco doveva passare per l'Ellesponto? Forse c'é qualcosa che non quadra. Non pensate
RispondiEliminaAntonio
Scrive Rolando Berretta.
RispondiEliminaBuon giorno signor Antonio. Credo di aver sempre scritto che Dicearco parlò delle Colonne poste a Est, dove sorge il Sole. Dovrebbero essere alla fine del MAR NERO. Polibio gli rifece i calcoli con quelle di Gibilterra: quelle a ovest dove tramonta il Sole. Auguri e passi un sereno Natale.
Buongiorno signor Berretta.Una domanda semplicissima: di quali colonne sta parlando lei (ma anche la Schick), d'Ercole o quali? Polibio e Strabone parlano di quelle d'Ercole (anche Dicearco ma per ora lo lascio a una parte).
EliminaAntonio
Sempre Rolando Berretta.
RispondiEliminaQuesta parte è per TUTTI.
Così scrisse Frau nel suo libro:
(sciogliere pure il problema del perché la base di partenza del tragitto di Dicearco, nonché di tutto questo garbuglio di ragionamenti, dal Peloponneso che era all’inizio, sia diventato ora con Strabone, l’Ellesponto, è rompicapo che lascio ad altri…) L’Autrice, autorevole, della sua traduzione era Carla Schick. Buon Natale
Perché Sergio Frau è attendibile? Dice prima un luogo e poi dice che con Strabone quel luogo diventa Ellesponto (riporto ciò che lei ha scritto, signor Berretta)mentre lo storico greco scrive "porzmou" cioè "stretto" e non "Ellesponton". Cioè Frau ci fa capire che l'errore non è di Dicearco ma di Strabone.
EliminaAntonio
Sergio Frau è un signor ricercatore. Non è archeologo, ma ha elaborato uno scritto che ancora oggi, a 10 anni di distanza, rimane condivisibile per il 90%, Tsunami a parte.
RispondiEliminasignor Montalbano, Frau è condivisibile solo da chi non ha fatto ricerche su quello che ha scritto.Un esempio: Ha scritto che Timeo diceva che la Sardegna si trovava presso le colonne d'Ercole. Poi vai a leggere il Suda (dove ci sarebbe scritto) e non c'é. Sa chi ha detto per primo quella frase? P.V.Poddighe che a sua volta non può averla letta da nessuna parte. A parte che "presso" vuol dire "in", quindi la Sardegna si sarebbe trovata nelle colonne d'Ercole (io sono presso mia madre non vuol dire che sono vicino a mia madre ma da mia madre). Frau dice che anche per G. Reale il golfo di Galazia è il golfo del Leone mentre per Reale è il golfo di Biscaglia. Non sa neppure lui dove piazzare le colonne; una volta le mette tra Gozzo e Malta, un'altra tra capo Bon e Lilibeo e infine da Tozzi dice che erano tra Malta e capo Passero. Le colonne d'Ercole si trovavano in uno stretto e il canale di Sicilia non lo è affatto. Allora dice che prima in quella zona l'acqua era bassissima da diventare uno stretto e fa vedere una cartina con dei fondali per dimostrarlo; peccato però che quei fondali sono del 10.000 a.C.(lo dice lui stesso) e non del 1250 a.C.,la data, secondo lui, dello tsunami.Dice che Eratostene ha spostato le colonne a Gibilterra per dividere il mondo in due metà, occidente e oriente. Poi vai alla ricerca di qualcosa che lo confermi e non trovi niente, perchè non c'è niente. Poi trovi anche una cartina della visione del mondo fatta in base a ciò che Eratostene diceva e vedi che non c'è nessuna simmetria (così la chiama lui)tra occidente e oriente (l'oriente è il doppio dell'occidente). E tante altre cose da lui esposte.
EliminaSecondo lei, signor Montalbano, è attendibile.
Antonio
Gentile Sig. Antonio, ho affermato che Frau, a mio modo di vedere, è attendibile al 90% (Tsunami a parte), e che è un signor ricercatore. Se lei non è d'accordo non posso farci nulla. I fatti avvenuti nelle epoche descritte in quella ricerca sono oggetto di studio da parte di accademici e ricercatori, e ancora non ci sono convergenze convincenti sulle conclusioni. Il problema è dato dalle fonti letterarie, non certo da quelle archeologiche che sono disponibili per lo studio, senza manipolazioni da parte dei "copiatori e traduttori". Quando avverrà che fonti letterarie e fonti archeologiche racconteranno le stesse conclusioni...capiremo meglio i fatti realmente accaduti.
RispondiEliminaSig. Antonio, lungi da me l'intenzione di convincerla sulle argomentazioni dell'articolo ma...le aggiungo sopra una carta...provi a "leggerla" con attenzione, vedrà che troverà spunti interessanti per le sue "riflessioni".
RispondiEliminaNon mi è stato ancora detto se, per il signor Berretta e la Schick, quelle colonne di Dicearco sono d'Ercole oppure altre. In ogni caso, d'Ercole non possono essere perché oltre le colonne d'Ercole c'era il mare esterno, l'Atlantico, e quest'ultimo non si trovava certamente a est della Grecia. Infatti per i greci le Colonne si trovavano a occidente, quindi anche per Dicearco. Se invece quelle colonne non sono d'Ercole le conosceva solamente Dicearco. Infatti in nessun testo antico si parla mai di colonne alla fine del Ponto Eussino (mar Nero). E poi a che pro. Non sto dicendo queste cose a solo scopo polemico. Sono dati di fatto.
EliminaAntonio
Per quanto riguarda Frau ho dei dubbi che degli accademici e ricercatori stiano "studiando" Frau. L'era Frau è tramontata che piaccia o no. Non avete mai notato che quando Frau esce in TV non parlano mai degli studiosi di fama e NO? Non è sarcasmo il mio.
EliminaAntonio
Sono un geologo e intervengo a proposito degli tsunami in Sardegna. Innanzitutto premetto che, contrariamente a quanto si riteneva non molto tempo fa, la Sardegna è stata colpita numerose volte dai maremoti. La costa occidentale è quella forse più colpita, mentre quella orientale, è mia personale convinzione che rechi le tracce di uno tsunami con onde alte fino a 40 m e generate da una frana sottomarina. La letteratura geologica fornisce gli indizii di quest'ultimo evento, ma nessuno ha ancora intrapreso ricerche sul campo.
RispondiEliminaPer quanto concerne la Sardegna meridionale ho personalmente approfondito il problema lanciato da Segio Frau: si è mai verificato un maremoto con onde alte un centinaio di metri?
In base ai miei studi posso asserire che vi sono buone probabilità che le colline di Cagliari siano state sommerse da un megatsunami in epoca nuragica (mi si passi l'uso piuttosto elastico che faccio di quest'ultimo termine, ma ancora non esistono datazioni). Ho avuto modo di parlare delle mie scoperte sulle "spiagge sollevate" in due brevi spazi che mi son stati concessi in due convegni sull'argomento, in un articolo per Logosardigna e in un intervista per RAI 3 Sardegna.
Non starò qui a sviscerare l'intero argomento, anche perché il mio studio è ancora inedito, ma posso asserire che posseggo seri indizi di ordine geologico, geomitologico e archeologico che confermano l'ipotesi del megatsunami. Ora mancano le indispensabili verifiche sul campo.
Fra l'altro i sedimenti di "spiagge sollevate" sono stati rinvenuti anche a Palermo e sono identici a quelli di Cagliari da cui si differenziano per l'assenza di frammenti di ceramica nuragica. Detti sedimenti non sono presenti in altre aree del Mediterraneo, ma confido nella loro esistenza in Africa dove nessuno li ha mai cercati.
Quale evento scatenò una simile catastrofe?
Geomitologia e archeologia convergono nell'indicare la caduta di un corpo celeste (impattore) in mare o la sua esplosione in cielo sopra il mare. Nulla vale l'obiezione che non esista un cratere da impatto lungo i fondali marini a sud della Sardegna, perché è dimostrato che i crateri non sempre sopravvivono al riassestamento dei sedimenti.
Un'antica leggenda proveniente dalla Barbagia narra minuziosamente gli eventi che precedono la caduta dell'impattore e quelli immediatamente successivi all'impatto. La descrizione degli scienziati dei Sandia National Laboratories di un impatto in mare di un meteorite è esattamente la stessa.
I nuragici hanno raffigurato numerose volte le comete e, per quanto finora mi risulta, il canone figurativo è sempre il medesimo eccezion fatta per quello che è stato definito "un brutto idoletto nuragico". Non intendo fornire dettagli su di esso, ma il fatto piuttosto sorprendente è che il medesimo modo di rappresentare una cometa si ritrova fra gli Aborigeni australiani del XV secolo dopo Cristo. E' stato accertato che in quell'epoca un impattore cadde al largo delle coste australiane e scatenò un immane tsunami.
I dettagli del corpo celeste di entrambe le raffigurazioni non possono essere osservati a occhio nudo, ma occorre un telescopio oppure è necessario che l'oggetto in questione passi abbastanza vicino all'osservatore.
Ci troviamo innanzi a una pura coincidenza? Anche questa eventualità non si può escludere.
Molte tessere del puzzle s'incastrano perfettamente, la mole di dati in mio possesso indica che vale la pena profondere mezzi ed energie in questo genere di ricerca.
Francesco Lai
Caro sig. Lai, ciò che lei sostiene sia avvenuto in epoca nuragica è contraddetto dai massimi esperti del settore, ad esempio dal Prof. Ulzega, docente di Geologia presso l'Università di Cagliari (giusto per fare un nome, ma ci sarebbero tanti altri illustri suoi colleghi). Non è sufficiente essere geologo, bisogna anche comportarsi come tale attenendosi alla metodologia scientifica necessaria per avvalorare queste proposte. Giustamente lei ha affermato che si tratta di sue convinzioni, perché non le propone ad una commissione scientifica? La invito ad una semplice riflessione: Come è possibile che negli strati superficiali del Campidano, nonché di altre zone colpite dall'ipotetico tsunami, troviamo materiali del Neolitico? Non pensa che se tsunami ci fu avrebbe sepolto i reperti sotto uno strato di decine di metri di sabbia?
RispondiEliminaGentile sig.Montalbano, alle conferenze in cui ho esposto i miei studi erano presenti professori universitari che si occupano di tsunami fra cui la professoressa Guidoboni dalla quale ho ricevuto i complimenti per il rigore della mia ricerca. Persino il prof. Tinti ha, seppur indirettamente, confermato la validità del mio studio. E' proprio perchè ho seguito una metodologia scientifica basata sulle linee guida tracciate dal prof. E. Bryant, massimo esperto australiano di tsunami, e del prof. W.B. Masse, archeologo esperto nel ramo della geomitologia, che ho potuto delineare una futura ricerca sul campo. Certamente non ho seguito gli assiomi del prof. Ulzega il quale è indubbiamente uno dei massimi esperti, ma non certo di tsunami. Anche M. Tozzi, quando scrive di voler cercare tsunamiti nel Campidano dimostra di conoscere superficialmente l'argomento.
RispondiEliminaNel precedente post non ho asserito che vi sono prove di un megatsunami, ma solamente che vi sono pesanti indizi. Tali indizi si trovano non
soltanto a Cagliari, ma anche in alcune colline del Campidano. Le tracce di un maremoto il più delle volte sono piuttosto esili,
lasciano adito a interpretazioni differenti , ad esempio spesso i sedimenti di tsunami sono scambiati per depositi fluviali. Lo tsunami del 1994 verificatosi in Papua Nuova Guinea un intera collina fu sommersa dalle onde che non vi depositarono neppure un grammo di sedimento. Non vi era la benché minima traccia del passaggio del mare, tanto che i geologi ritenevano non fosse stata sommersa. Fu solo in grazie alle testimonianze dei sopravvissuti che i geologi seppero la verità. Dunque non c'è da meravigliarsi se alcuni luoghi recano tracce di tsunami e altri no. Le variabili in gioco sono tantissime. Una fra queste è la corrente di reflusso che può asportare i sedimenti precedentemente depositati. Le colline di Cagliari e le zone de La Palma-S.Bartolomeo erano ricoperte da depositi sabbiosi contenenti molluschi di varia provenienza (fondali fangosi, sabbiosi e rocciosi) trasportati lassù quando erano ancora in vita, frammisti ad essi e ai sedimenti c'erano frammenti di ceramica nuragica. La giacitura delle conchiglie, peraltro, esclude potesse trattarsi di resti di pasto. L'urbanizzazione della città di Cagliari ha cancellato gran parte delle "spiagge
sollevate", ma qualcosa è rimasto. Naturalmente le "spiagge sollevate" non sono l'unico indizio in mio possesso, è una vicenda piuttosto
complessa che intendo discutere con una pubblicazione che ho in preparazione.
Francesco lai
Nel 2011 a Palazzo Reggio nel convegno di Frau, Stefano Tinti (uno fra i più accreditati studiosi a livello mondiale di tsunami, nonché amico di Frau) ha escluso, dopo mesi di ricerche in Sardegna chiestigli da Frau, cattegoricamente (ero presente al convegno)che vi possa essere stato, nella zona di Cagliari e nella zona occidentale sarda, un maremoto o tsunami immane. Ma anche se ci fosse stato uno tsunami la Sardegna non sarebbe potuta essere Atlantide perchè al tempo di Solone in Egitto la Sardegna era conosciuta dai greci, e dato che per Frau le colonne d'Ercole erano nel canale di Sicilia, il mare oltre (il Tirreno e il mare sardo) sarebbe dovuto essere il mare esterno, mentre per i greci non lo era affatto (quando Solone è andato in Egitto i greci avevano già colonizzato l'Italia fino alla Tirrenia 200 anni prima, altre colonie in Spagna e scoperto Tartesso già 100 anni prima e fondato Marsiglia 30 anni prima ) e anche per i greci Atlantide si trovava nel mare esterno. I greci non erano così ignoranti da non capire che, a questo punto, la Sardegna sarebbe potuta essere Atlantide; non gli è passato neppure nell'anticamera del cervello.
EliminaAntonio
Signor Francesco forse i suoi due pezzi andrebbero messi insieme e pubblicati in un nuovo articolo. Meritano una maggiore attenzione. Chi vuole che venga a leggerli qui? Vedrà che, sui sedimenti di S.Bartolomeo, avrà qualche archeologo come lettore molto attento.
RispondiEliminaAuguri per il suo prossimo libro.
Rolando Berretta.
Sig. Antonio, nessuno qui ha parlato di Atlantide. Al convegno di Palazzo Regio Tinti non ha detto ciò che lei riferisce e all'epoca non aveva fatto ricerche nella Sardegna meridionale. Tinti ha detto che un megatsunami con onde alte centinaia di metri può esser scatenato solamente dall'impatto di un meteorite con il mare, e che era giunto il momento di cercare le prove sul campo. Fra l'altro Tinti, già al corrente del mio lavoro in seguito ad una discusione che ebbi con lui a Milis, disse, pur senza citare la parola geomitologia, che importanti indizi sulla caduta di meteoriti si possono trarre dalle tradizioni popolari.
EliminaSignor Rolando, la mia intenzione è solamente quella di instillare il dubbio su alcuni argomenti e dar luogo a una discussione. La Sardegna è stata, a torto, sempre considerata immune dai maremoti e nessuno ha mai messo in dubbio questa affermazione. Tuttora per alcuni è ancora così. E' altrettanto ovvio che non avendo ancora il sottoscritto titoli accademici o altri riconoscimenti ufficiali qualcuno si chieda da dove nascano le mie affermazioni e chi le appoggi. Fa parte del gioco, non c'è nulla di male. Le critiche aiutano a focalizzare il problema, scrivere su un argomento così complesso come gli tsunami in poche righe e senza poter entrare troppo nei dettagli può generare incomprensioni.
Francesco Lai
Signor Lai, Stefano Tinti ha detto quello che ho scritto prima. E il signor Tinti era in Sardegna, così ha fatto capire lui e Sergio Frau, per fare le ricerche (prima del convegno). Non mi sono inventato niente, ma sentito e capito benissimo, come hanno sentito benissimo altre persone con cui ho discusso proprio di quello. Infatti sorridevamo proprio del fatto che Frau aveva invitato una persona che lo smentiva.
EliminaNessuno ha parlato di Atlantide? E a che cosa si riferisce tutto ciò?
Antonio
Ero presente al convegno al palazzo viceregio, e confermo ciò che dice Antonio. Mi stupii parecchio che lo staff di studiosi invitato da Frau fosse contro la sua teoria e la smontò pezzo dopo pezzo. In questo devo riconoscere a Frau che ha avuto il coraggio di mettersi in discussione.
RispondiEliminaLa ringrazio signor Montalbano. Però più che mettersi in discussione, Frau si è dato la cosiddetta zappa ai piedi, un suicidio. Nel suo forum, Oricalco, è da anni che non da più sue notizie e il suo caro amico M. Tozzi, nel suo blob" Tozzi di scienza", illude i suoi fans dicendo che presto si avranno novità; peccato che da quando Tozzi lo sta dicendo è passato più di un anno. Forse sta aspettando le calende greche. Questa che faccio non è una critica tanto per criticare ma un dato di fatto.
EliminaAntonio
Anonimo Antonio ho optato per la risposta più utile a tutti. Si concentri. Questa è la parte terminale del “pezzo” e ricordi che sta scrivendo Strabone:- …risultano menzognere tanto l’affermazione di Dicearco che lo Stretto dista dalle Colonne 7.000 stadi…- Secondo Lei di quali Colonne aveva argomentato Dicearco? Trova qualche indicazione? Sempre secondo Lei: che cosa ha fatto saltare i nervi a Polibio tanto da intervenirci sopra? non è scritto! Chiudiamo l’argomento.
RispondiEliminaHa avuto l’onore di avere un articoletto tutto per Lei. Ho sperato che, almeno, lo leggesse e ci riflettesse sopra. Mi creda: di più non posso. Ho altro da fare. I suoi problemi con Frau… sono suoi.
Rolando Berretta
Innanzitutto, mi spieghi per quale motivo avrei avuto l'onore di avere un articoletto tutto per me? Lei è per caso un premio nobel, signor Berretta? Secondo non ha ancora risposto: per lei e la Schick che colonne sono, d'Ercole o altre? Per me, per Strabone, per Polibio e per Dicearco sono quelle d'Ercole anche se quelle distanze sono giuste o sbagliate. Le ho anche risposto che colonne,d'Ercole o no, lì nel mar Nero non servivano a nessuno. Se non è così mi porti degli indizi di antichi storici greci che mi smentiscono. Se le sto chiedendo troppo?
EliminaAntonio
P.s.: una cosa sigror Berretta: guardi che sono io che ho detto che a parlare sia di Dicearco e di Polibio è sempre stato Strabone, mentre lei non capiva( rilegga lei stesso quello che ha scritto)perchè Polibio parlasse di se stesso in un suo libro, in quel XXXIV libro delle sue storie. La Schick non lo dice nella sua traduzione?)
Anonimo... forse era una decina di anni fa? Polibio non poteva sapere degli onori. Mi creda: ho approfondito.
RispondiEliminaRolando
Queste sarebbero risposte?
EliminaBeato chi la capisce.
Antonio
Inizi dalla wikipedia:
RispondiElimina…La questione è complicata dal fatto che per Omero e per gli antichi greci tali Colonne si ponevano a Est, all'ingresso del Ponto Eusino, il mar Nero. Omero stesso lo definisce uno spazio senza confini e secondo Strabone i greci ai tempi di Omero immaginavano il Ponto Eusino come un altro oceano….
Omero non ha mai parlato di colonne d'Ercole. E il fatto che ai tempi di Omero il mar Nero veniva "immaginato"(non pensato, che è cosa ben diversa) un oceano non vuol dire che per i greci lì ci fossero le colonne d'Ercole. Se ai tempi di Omero si parlava di colonne d'Ercole pregasi citare testi di antichi che lo dicono chiaramente.
EliminaAntonio
anonimo…
RispondiEliminavoleva la prova STORICA? Ha rifatto i calcoli di Dicearco? Dicearco indica, con quelle misure precise, PRECISE, un paio di Colonne alla fine del M.Nero. Io l’avrei cercate nel viaggio degli Argonauti. Le misure indicano, invece, il fiume Fasi. Se vuol sapere di quali Colonne parlò Dicearco a me, proprio,….. Le misure sono quelle. Quella, per me, è una prova STORICA. Dicearco è stato chiarissimo. (ringrazio chi è intervenuto: io avrei consigliato di vedere il pezzo Alfonso Stiglitz.)
Vedo che l'anonimo ha capito, benissimo, lo stato d'animo di Polibio.
(un punto a mio favore)
Rolando Berretta
Se ho capito bene, lei presenta come prova storica una sua interpretazione!?!?.
EliminaGlielo consiglio proprio Stiglitz e le sue "Ma quante colonne madame Dorè. Stiglitz ha letto molto male Strabone. Se uno leggesse Strabone quando parla di colonne, noterebbe che lo storico le presenta in questo modo:c'erano quelle d'Ercole oltre il quale c'era il mare esterno (l'Atlantico), quella messa di fronte alla torre del Peloro nello stretto di Messina, quelle dei fratelli fileni nella grande sirte, quella di Megara nella quale c'era scritto: questo non è più Peloponneso ma Ionia" e dall'altra parte" Questo è Peloponneso non più Ionia", e quelle fatte erigere in India da Alessandro imitando così Eracle (non piantando altre colonne d'Eracle ma imitando Eracle) e Dionisio (cioè c'erano anche le colonne di Dionisio). Strabone non dice, come vuol far credere Stiglitz, che ci sono tante colonne d'Ercole ma tante colonne, che erano dedicate a questo o a quello. Per conferma leggere Strabone Geografia Iberia e Gallia 5.5 ( dove Strabone dice anche:E DICEARCO Eratostene, Polibio e la maggior parte dei Greci localizzano le Colonne (d'Ercole) presso lo stretto ( sta parlando dello stretto di Gibilterra, caro signor Berretta)
Poi a me dello stato d'animo di Polibio non interessa.
Antonio
Dimenticavo di dire che tra il mar Egeo e il fiume Fasi nella palude Meotide ci sono tre stretti. Quale è lo stretto, secondo lei signor Berretta e la Schick, di Dicearco e perché escludere gli altri due?
EliminaAntonio
Temo che siate entrambi in errore. La professoressa Lucia Simoni smentì l'ipotesi che il nuraghe di Barumini fosse stato sommerso da uno tsunami, ma Tinti non fece altro che ripetere ciò che disse a Milis a novembre 2010. La differenza fra i due interventi di Tinti consiste nell'aggiunta di un filmato inerente lo tsunami dell'11 marzo 2011 e la citazione delle leggende (guardacaso) degli aborigeni australiani legate agli tsunami, poi concluse dicendo: "Ora la parola spetta ai geologi". Con ciò intendeva sottolineare la necessità di una ricerca sul campo, cosa che lui non poteva fare perchè non è un sedimentologo. Dov'è la smentita? anzi, ha incoraggiato la ricerca. Per il resto spiegò agli astanti cos'è e in quali modi si genera un maremoto e disse che "onde alte a piacere come quelle che servono a Frau, le può generare solo l'impatto in mare di un meteorite".
RispondiEliminaIl sito de "La Nuova Sardegna" (http://lanuovasardegna.gelocal.it/regione/2011/04/03/news/lo-tsunami-che-cancello-la-civilta-dei-nuraghi-1.3403319) riporta: "Il prossimo passo? Ragionare e risolverlo. Ne è convinto anche un'autorità come Stefano Tinti, dello Tsunami research dell'università di Bologna. «Di certo esiste una Sardegna prima e dopo Frau - ha detto l'esperto -. Si deve indagare, occorrono riscontri. Per ipotesi, sono più propenso ad un meteorite inabissatosi al largo di Cagliari: cerchiamo il cratere»".
Francesc Lai
Scusi signor Lai, ma lei c'era a Cagliari (sia sincero )? Se lei c'era, è l'unico ad aver capito e sentito il contrario di quello che si è detto. Certo che Tinti non è un geologo (e non si è sognato di farsi passare come tale) ma ha detto che non c'è traccia di caduta di meteorite sia a Cagliari che nella costa occidentale.
EliminaAntonio