mercoledì 5 dicembre 2012
Nuragici, cartaginesi, focesi e la battaglia del Mare Sardo.
Nuragici, cartaginesi, focesi e la battaglia del Mare Sardo
di Rolando Berretta
Un piccolo evento si era svolto ai tempi di Ciro il Grande (559-530).
Paolo Orosio Historiarum adversus paganos libri septem IV 6 6/7:
“Itaque Carthaginienses...sicut Pompeius Trogus et Iustinus fatentur... cum in Sicilia diu infeliciter dimicassent , traslato in Sardiniam bello iterum infelicius victi sunt. Propter quod ducem suum Mazeum et paucos qui superfluerant milites exulare iusserunt ».
Senza perderci in discorsi dotti possiamo dire che i Cartaginesi, comandati da Mazeo, provarono a sbarcare in quel di Mozia, dove erano state edificate delle mura che risalgono alla metà del VI a.C. Gli abitanti si aspettavano un attacco da parte di Cartagine?
In seguito, Mazeo provò nuovamente con la Sardegna ma fu di nuovo sconfitto. Escludiamo subito che fosse il padre di Cartalone perché, dopo due sconfitte, non aveva nessun bottino da mandare a Tiro. Evitiamo di confonderlo con quel Malco che sottomise parte della Sicilia. Giustino ci ha ricordato dei tentativi inutili dei Cartaginesi fino alla sconfitta di Amilcare, a Imera nel 480 a.C. e del lungo periodo di pace che seguì.
Cari lettori, vogliamo prendere in considerazione la possibilità che Mazeo combattè contro Mozia? Se le fonti greche non ricordano l’episodio significa che il fatto è rimasto circoscritto al mondo fenicio.
Vogliamo considerare, in modo più serio, la segnalazione di Giustino?
E’ infondato proporre una grande Cartagine solo ricorrendo a Malco nel VI a.C.
Ora sentiamo Tucidide (VI 33-5):
La segnalazione riguarda l’imminente arrivo, in Sicilia, dell’esercito ateniese nel 418/7 a.C.
Il Siracusano Ermocrate ricorda che raramente ha arriso il successo a una spedizione di Greci o di Barbari che si sia avventurata lontana dalla propria terra. Gli assalitori non potranno mai superare per numero gli indigeni. Soccomberanno sempre per la difficoltà del vettovagliamento, lasciando ai popoli minacciati un retaggio di gloria. E Cartagine, in Sicilia, ai tempi di Ermocrate, non aveva ancora conquistato nulla.
Adesso un altro piccolo episodio ricordato da Giustino: XLIII 3 4:
I mercanti di Focea sbarcarono alla foce del Tevere e strinsero amicizia con il re Tarquinio Prisco. Alleanza ben documentata da svariati eventi successivi. Servio Tullio (44 anni di regno dal 577 a.C. secondo Varrone) ha combattuto per venti anni contro gli Etruschi. Ha tolto a Caere, Veio e Tarquinia parte dei loro territori. Siamo alla fine del suo regno secondo Dionisio di Alicarnasso.
Se si confrontassero le date si scoprirebbe che i porti di Caere erano il luogo meno indicato per radunare le flotte alleate. Se i Ceretani avevano dei naufraghi Focei dovevano semplicemente consegnarli ai loro alleati Romani.
Veniamo alle cause della Battaglia del Mare Sardo, come la racconta Erodoto, 166-1:
I Focesi giunti a Cyrno, per cinque anni abitarono in comune con i primi arrivati e vi fondarono santuari. Per le rapine e i saccheggi a danno di tutti i vicini, i Tirreni e i Cartaginesi si accordarono e, fornite 60 navi a testa, mossero contro i Focesi. Questi ultimi armarono 60 navi e mossero loro incontro nel mare detto di Sardegna.
Giustino la racconta così: XLIII 5 2
I Marsigliesi spesso sbaragliarono gli eserciti dei Cartaginesi poiché era scoppiata la guerra tra loro a causa della cattura di navi da pesca e, dopo averli vinti, concessero loro la pace.
Pace vuol dire trattati, e gli studiosi non hanno fornito, mai, una spiegazione logica per l’inizio delle ostilità. Tenterò io con poche righe dedicate a Tonni e Tonnare.
Immaginiamo chi prepara la Tonnara, fino alla camera della morte. Pensiamo ai pescherecci che si mettano a pescare i Tonni al largo. L’escalation successiva non è difficile da immaginare. Dalla cattura degli incauti pescatori e alla loro lapidazione. Il successivo intervento armato è scontato. La lapidazione dei prigionieri, o l’uccisione degli ambasciatori, sono inquadrabili agli inizi delle ostilità e non alla fine; in quel periodo il popolo è galvanizzato da quanti predicano la guerra.
Giungiamo ora alla città di Olbia.
C’è una nuova corrente di pensiero che collega l’abbondanza di reperti attici, quindi focesi, con l’occupazione della città di Olbia da parte dei Focesi. Addirittura si arriva a ipotizzare che i Focesi e i fenici/sardi si allearono per sconfiggere il cartaginese Malco. La spedizione del Sardo Macherato, a Delfi, ne sarebbe un’ulteriore prova.
Perché mai a Delfi?
In questa città stavano arrivando tutti i Trofei delle vittorie dei Focesi sui Cartaginesi, quindi Olbia, nel VI a.C. era in mano dei Focesi sicuramente.
Passiamo a quel poco informato di Biante di Priene. E’ il periodo in cui Ciro sta occupando la Ionia. Erodoto (170 2 )...Biante di Priene (nel congresso Panionio) espresse un consiglio utilissimo che, se fosse stato seguito, avrebbe dato loro IL MAGGIOR BENESSERE tra gli Elleni. Li esortava a partire per la Sardegna con una flotta comune e fondarvi una sola città per tutti gli Ioni. Così, liberati da ogni servitù, avrebbero prosperato occupando la più vasta delle isole e comandando sulle altre popolazioni.
Ma, se gli Ioni c’erano già da una cinquantina anni (in Sardegna), poteva il fatto essere ignorato da Biante di Priene? Il vasellame attico è solo indice di un fiorente commercio. Pausania, è vero, ci ha ricordato che i Tespiadi fondarono Olbia e Ogrille. Diodoro ci ha ricordato che dopo un paio di generazioni furono cacciati, verso Cuma, dai Tirreni che erano in Sardegna. Se, poi, vediamo Cartaginesi e Tirreni affrontare i Focesi, non è detto che fossero, per forza, Etruschi.
Un fatto curioso che merita di essere segnalato riguarda il siracusano Dionisio.
Sappiamo che Roma fu incendiata dai Galli. I Ceretani salvarono prima gli oggetti sacri di Roma e poi, ricorda Diodoro, piombarono sui Galli ubriachi per la vittoria recuperando tutto il bottino. Immaginiamo tutte la serie di benemerenze che i Romani riconobbero ai Ceretani. Mentre i Romani frugavano, ancora, tra le macerie dell’incendio, arriva in zona Dionisio da Siracusa. Dionisio aveva fatto quella spedizione per stroncare la pirateria degli Agilliani. Ne devastò tutto il territorio. Gli Agilliani che intervennero furono sgominati e Dionisio ripartì con un enorme bottino. A Roma non si sono accorti di nulla nonostante avessero lo stesso territorio.
A questo punto viene spontanea una domanda: non ci sarà un’altra Agilla? Magari in Sardegna?
Mi viene in mente l’antica Igia e l’odierna santa Gilla. E il pensiero corre a Virgilio che chiama Caere la città agillina, che starebbe per figlia di Agilla. Per nostra fortuna Dionisio si è dimenticato di togliere le famose lamine di Pyrgi sebbene fossero in oro. In due di queste lamine c’è un messaggio riguardante la consacrazione, da parte di Thefario Velianio, lucumone di Cere, di un piccolo edificio religioso in onore della dea Giunone-Astarte.
Il testo fenico e quello etrusco, per sommi capi, dicono la stessa cosa. Affermare poi che dietro l’erezione del Tempio ci sia la vittoria degli Agilliani e dei Cartaginesi sui Focesi non mi convince affatto. Come non mi convincono quelli che tirano in ballo le lamine di Pyrgi per ricordarci dei trattati tra Etruschi e Cartaginesi.
Il Lucumone Thefario Velianio ebbe due figli durante il suo mandato triennale e, riconoscente verso Giunone, eresse templi e statue. Forse la moglie Cluvenia era punica.
Per un’esauriente e dotta spiegazione sulle Lamine vedere il lavoro del Prof. Massimo Pittau direttamente nel suo sito.
Nelle immagini:
Una serie di navicelle bronzee nuragiche esposte al museo archeologico di Cagliari.
Le lamine di Pyrgi
di Rolando Berretta
Un piccolo evento si era svolto ai tempi di Ciro il Grande (559-530).
Paolo Orosio Historiarum adversus paganos libri septem IV 6 6/7:
“Itaque Carthaginienses...sicut Pompeius Trogus et Iustinus fatentur... cum in Sicilia diu infeliciter dimicassent , traslato in Sardiniam bello iterum infelicius victi sunt. Propter quod ducem suum Mazeum et paucos qui superfluerant milites exulare iusserunt ».
Senza perderci in discorsi dotti possiamo dire che i Cartaginesi, comandati da Mazeo, provarono a sbarcare in quel di Mozia, dove erano state edificate delle mura che risalgono alla metà del VI a.C. Gli abitanti si aspettavano un attacco da parte di Cartagine?
In seguito, Mazeo provò nuovamente con la Sardegna ma fu di nuovo sconfitto. Escludiamo subito che fosse il padre di Cartalone perché, dopo due sconfitte, non aveva nessun bottino da mandare a Tiro. Evitiamo di confonderlo con quel Malco che sottomise parte della Sicilia. Giustino ci ha ricordato dei tentativi inutili dei Cartaginesi fino alla sconfitta di Amilcare, a Imera nel 480 a.C. e del lungo periodo di pace che seguì.
Cari lettori, vogliamo prendere in considerazione la possibilità che Mazeo combattè contro Mozia? Se le fonti greche non ricordano l’episodio significa che il fatto è rimasto circoscritto al mondo fenicio.
Vogliamo considerare, in modo più serio, la segnalazione di Giustino?
E’ infondato proporre una grande Cartagine solo ricorrendo a Malco nel VI a.C.
Ora sentiamo Tucidide (VI 33-5):
La segnalazione riguarda l’imminente arrivo, in Sicilia, dell’esercito ateniese nel 418/7 a.C.
Il Siracusano Ermocrate ricorda che raramente ha arriso il successo a una spedizione di Greci o di Barbari che si sia avventurata lontana dalla propria terra. Gli assalitori non potranno mai superare per numero gli indigeni. Soccomberanno sempre per la difficoltà del vettovagliamento, lasciando ai popoli minacciati un retaggio di gloria. E Cartagine, in Sicilia, ai tempi di Ermocrate, non aveva ancora conquistato nulla.
Adesso un altro piccolo episodio ricordato da Giustino: XLIII 3 4:
I mercanti di Focea sbarcarono alla foce del Tevere e strinsero amicizia con il re Tarquinio Prisco. Alleanza ben documentata da svariati eventi successivi. Servio Tullio (44 anni di regno dal 577 a.C. secondo Varrone) ha combattuto per venti anni contro gli Etruschi. Ha tolto a Caere, Veio e Tarquinia parte dei loro territori. Siamo alla fine del suo regno secondo Dionisio di Alicarnasso.
Se si confrontassero le date si scoprirebbe che i porti di Caere erano il luogo meno indicato per radunare le flotte alleate. Se i Ceretani avevano dei naufraghi Focei dovevano semplicemente consegnarli ai loro alleati Romani.
Veniamo alle cause della Battaglia del Mare Sardo, come la racconta Erodoto, 166-1:
I Focesi giunti a Cyrno, per cinque anni abitarono in comune con i primi arrivati e vi fondarono santuari. Per le rapine e i saccheggi a danno di tutti i vicini, i Tirreni e i Cartaginesi si accordarono e, fornite 60 navi a testa, mossero contro i Focesi. Questi ultimi armarono 60 navi e mossero loro incontro nel mare detto di Sardegna.
Giustino la racconta così: XLIII 5 2
I Marsigliesi spesso sbaragliarono gli eserciti dei Cartaginesi poiché era scoppiata la guerra tra loro a causa della cattura di navi da pesca e, dopo averli vinti, concessero loro la pace.
Pace vuol dire trattati, e gli studiosi non hanno fornito, mai, una spiegazione logica per l’inizio delle ostilità. Tenterò io con poche righe dedicate a Tonni e Tonnare.
Immaginiamo chi prepara la Tonnara, fino alla camera della morte. Pensiamo ai pescherecci che si mettano a pescare i Tonni al largo. L’escalation successiva non è difficile da immaginare. Dalla cattura degli incauti pescatori e alla loro lapidazione. Il successivo intervento armato è scontato. La lapidazione dei prigionieri, o l’uccisione degli ambasciatori, sono inquadrabili agli inizi delle ostilità e non alla fine; in quel periodo il popolo è galvanizzato da quanti predicano la guerra.
Giungiamo ora alla città di Olbia.
C’è una nuova corrente di pensiero che collega l’abbondanza di reperti attici, quindi focesi, con l’occupazione della città di Olbia da parte dei Focesi. Addirittura si arriva a ipotizzare che i Focesi e i fenici/sardi si allearono per sconfiggere il cartaginese Malco. La spedizione del Sardo Macherato, a Delfi, ne sarebbe un’ulteriore prova.
Perché mai a Delfi?
In questa città stavano arrivando tutti i Trofei delle vittorie dei Focesi sui Cartaginesi, quindi Olbia, nel VI a.C. era in mano dei Focesi sicuramente.
Passiamo a quel poco informato di Biante di Priene. E’ il periodo in cui Ciro sta occupando la Ionia. Erodoto (170 2 )...Biante di Priene (nel congresso Panionio) espresse un consiglio utilissimo che, se fosse stato seguito, avrebbe dato loro IL MAGGIOR BENESSERE tra gli Elleni. Li esortava a partire per la Sardegna con una flotta comune e fondarvi una sola città per tutti gli Ioni. Così, liberati da ogni servitù, avrebbero prosperato occupando la più vasta delle isole e comandando sulle altre popolazioni.
Ma, se gli Ioni c’erano già da una cinquantina anni (in Sardegna), poteva il fatto essere ignorato da Biante di Priene? Il vasellame attico è solo indice di un fiorente commercio. Pausania, è vero, ci ha ricordato che i Tespiadi fondarono Olbia e Ogrille. Diodoro ci ha ricordato che dopo un paio di generazioni furono cacciati, verso Cuma, dai Tirreni che erano in Sardegna. Se, poi, vediamo Cartaginesi e Tirreni affrontare i Focesi, non è detto che fossero, per forza, Etruschi.
Un fatto curioso che merita di essere segnalato riguarda il siracusano Dionisio.
Sappiamo che Roma fu incendiata dai Galli. I Ceretani salvarono prima gli oggetti sacri di Roma e poi, ricorda Diodoro, piombarono sui Galli ubriachi per la vittoria recuperando tutto il bottino. Immaginiamo tutte la serie di benemerenze che i Romani riconobbero ai Ceretani. Mentre i Romani frugavano, ancora, tra le macerie dell’incendio, arriva in zona Dionisio da Siracusa. Dionisio aveva fatto quella spedizione per stroncare la pirateria degli Agilliani. Ne devastò tutto il territorio. Gli Agilliani che intervennero furono sgominati e Dionisio ripartì con un enorme bottino. A Roma non si sono accorti di nulla nonostante avessero lo stesso territorio.
A questo punto viene spontanea una domanda: non ci sarà un’altra Agilla? Magari in Sardegna?
Mi viene in mente l’antica Igia e l’odierna santa Gilla. E il pensiero corre a Virgilio che chiama Caere la città agillina, che starebbe per figlia di Agilla. Per nostra fortuna Dionisio si è dimenticato di togliere le famose lamine di Pyrgi sebbene fossero in oro. In due di queste lamine c’è un messaggio riguardante la consacrazione, da parte di Thefario Velianio, lucumone di Cere, di un piccolo edificio religioso in onore della dea Giunone-Astarte.
Il testo fenico e quello etrusco, per sommi capi, dicono la stessa cosa. Affermare poi che dietro l’erezione del Tempio ci sia la vittoria degli Agilliani e dei Cartaginesi sui Focesi non mi convince affatto. Come non mi convincono quelli che tirano in ballo le lamine di Pyrgi per ricordarci dei trattati tra Etruschi e Cartaginesi.
Il Lucumone Thefario Velianio ebbe due figli durante il suo mandato triennale e, riconoscente verso Giunone, eresse templi e statue. Forse la moglie Cluvenia era punica.
Per un’esauriente e dotta spiegazione sulle Lamine vedere il lavoro del Prof. Massimo Pittau direttamente nel suo sito.
Nelle immagini:
Una serie di navicelle bronzee nuragiche esposte al museo archeologico di Cagliari.
Le lamine di Pyrgi
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Interessante, con la svista sul fatto che nel VI secolo i fenici non c'entrano, si tratta ormai di cartaginesi quindi punici (anche se Phoinikes significa fenici). In ogni caso la letteratura riporta la morte per fame e stenti dei prigionieri focesi da Alaliae nel lagere approntato per loro dai ceretani, per cui gli stessi vengono poi puniti da Zeus, mi pare di ricordare, ma probabilmente per un'epidemia scoppiata nel campo di prigionia.
RispondiEliminaSignor Galasso questi è Erodoto.
RispondiElimina....gli abitanti di Agilla, ai quali toccò il gruppo più numeroso, li condussero fuori città e li lapidarono. Più tardi ad Agilla ogni essere che passava accanto al luogo in cui giacevano i Focei lapidati diventava deforme, storpio o paralitico, fossero pecore o bestie da soma o uomini, senza distinzione. Allora gli Agillei, desiderosi di rimediare alla propria colpa, si rivolsero all'oracolo di Delfi. E la Pizia impose loro un obbligo che adempiono ancora oggi: infatti offrono imponenti sacrifici e bandiscono giochi ginnici ed equestri in onore dei morti.
Magari correndo a cavallo e infilzando una stella.....
Scrive Rolando Berretta: autore della risposta.
RispondiEliminaLa macchinetta coi numeri e cifre è diabolica.
Ritorniamo ai fenici. I fenici/sardi non è una mia svista ma, in questo modo, vengono chiamati dagli Addetti. Su chi fossero veramente... sorvolo.
ahahah...grande Rolando, meglio sorvolare.
RispondiEliminasignor Berretta lei ha scritto: reperti attici, quindi focesi.
EliminaL'Attica era la regione in cui si trovava Atene mentre i focei venivano dall'attuale Turchia come i Tirreni. Inoltre Tartesso si trovava oltre Gibilterra. I Sami hanno raggiunto Tartesso oltrepassando non le colonne d'Ercole ma Gibilterra oltre la quale c'era il vero mare esterno. Infatti se i Sami avessero oltrepassato le colonne si sarebbero accorti che il mare che vi era "oltre" non era quello esterno. Tant'è vero che quando oltrepassato lo stretto di Messina per colonizzare l'Italia meridionale, hanno capito che il mare "oltre" non era quello esterno.
Antonio
Scrive Rolando Berretta. Signor Antonio… la Focide, con tanto di oracolo di Delfi, si trova in Grecia, vicino l’Attica; Pausania la descrive benissimo. La colonia di Focea (città) si trova, come tutte le colonie, distante. Questa città avrà uno sviluppo tutto suo; da qui partiranno per fondare Massalia. Da Massalia partiranno per fondare Alalia. E arrivò Ciro.
RispondiEliminaIl fatto di accumunare i Focesi di Massalia e Alalia con il vasellame attico, che si ritrova ad Olbia, è competenza degli archeologi. Sicuramente non è materiale corinzio legato ai Dori e alle loro colonie. Il discorso degli archeologi è chiaro: tanto vasellame attico indica una presenza fissa dei Focesi in terra sarda.
Tartesso… che cosa c’entra? Qui non la seguo.
I focesi di cui lei parla sono quelli della città di Focea in Turchia non quelli della Focide. Inoltre se sono stati trovati, come lei dice, reperti attici, sono stati trovati, appunto, reperti attici e quindi non possono essere focesi. Un vaso del goceano non vuol dire vaso del campidano.
EliminaPer quanto riguarda Tartesso era solo per risponderle a un suo articolo precedente.
Antonio
Signor Antonio andiamo per ordine:
RispondiElimina1-Focea fu fondata da coloni di Eretria e Teos nell'VIII secolo a.C. Il suo nome proviene dalla parola foca che fu il simbolo della città, o più probabilmente, dalla Focide, regione della Grecia centrale da cui provenivano alcuni coloni.(Wikepedia- Erodoto la racconta meglio) Elateia dovrebbe essere il nome dell’antica Eretria; della Focide.
Pausania X 18 7: quelli dei Focesi che occupavano Elatèia mandarono a Delfi un Leone d’oro in onore di Apollo dopo la battaglia navale contro i Cartaginesi.
Considerazione: quando i Massalioti sconfissero i Cartaginesi, quelli di Elateia mandarono un leone d’oro a Delfi. Un legame tra la Focide e i Focesi c’è di sicuro.
2-Quando avrò il piacere di conoscere Rubens D’Oriano, l’archeologo che sta curando gli scavi ad Olbia, gli farò presente le sue precisazioni. E’ lui che ha fatto veicolare il materiale attico dai Focei.
3-Tartesso l’ho sempre tenuta lontana dalla Sardegna. Inoltre: non credo che abbia, mai, trovato un Autore Classico che mensionasse Gibilterra.
La saluto Rolando Berretta
Primo: non volevo dire che lei mette in relazione Tartesso con la Sardegna, la mia era solo una precisazione.
EliminaSecondo:non è il signor D'Oriano che dice "reperti attici, quindi focesi", ma lei.
Ora le faccio una domanda relativa ad un suo articolo, sempre su questo blog, del maggio 2011: dubbi su Atlantide.
Mi sa dire il passo di Strabone in cui lo storico dice che la distanza dall'Ellesponto alle colonne è di 7000 stadi e la distanza dall'ellesponto a capo Malea è di 3000 stadi?
Mi sa tanto che qualcun'altro, oltre a Sergio Frau, ha letto male o non ha proprio letto Strabone.
Riporto quello che l'unico libro integrale delle storie di Polibio (Newton)dice, Strabone cap.5 II° libro 4,1-3,104-105:"Quando Dicearco afferma che dal Peloponneso alle Colonne d'Eracle cìè una distanza di 10.000 stadi e che maggiore è quella tra il Peloponneso stesso e l'nsa più estrema dell'Adriatico, così come quando, della distanza fino alle Colonne, fa ammontare a 3000 stadi il tratto fino allo stretto di Sicilia, cosicché il rimanente tratto dallo Stretto alle Colonne risulta essere di 7000, Polibio dice di non curarsi..."
Come vede Strabone non dice quello che lei,e Sergio Frau, invece dite.
Antonio
Vede signor Antonio in quell’articolo ho cercato di capire le strane misure di Dicearco prese dal testo di Polibio (34-6) dove ho trovato questo passaggio:
RispondiEliminaMa mio caro Polibio, si potrebbe obiettargli (etc etc)….di modo che risultano menzognere tanto l’affermazione di Dicearco che l’Ellesponto dista dalle Colonne d’Ercole 7.000 stadi quanto la notizia che tu sembri accettare…
Come lettore mi sono chiesto: -“di chi è questa frase?”
Mi sono concentrato, solo, sulle misure di Dicearco da Messina per capire perché pone le Colonne a 10.000 stadi da Capo Maleo e a 7.000 dall’Ellesponto come riportato nel testo di Polibio.
Seguitando a leggere Polibio ho trovato un passo dove si ricordano gli onori resi in Grecia, a Polibio, da MORTO…. A questo punto mi sono chiesto com’era possibile che pezzi riguardanti Polibio fossero finiti nel testo di Polibio. Secondo Lei, signor Antonio, dovevo capire dove Dicearco ubica le sue Colonne oppure dovevo fare una ricerca della quale non me ne importava nulla? Frau ci ha ricostruito un processo.
Non sapevo di avere un lettore tanto attento su tutto ciò che scrivo: grazie per la sua attenzione.
Rolando Berretta
Signor Berretta, né Polibio, né Strabone e né Dicearco ha mai detto: l'Ellesponto dista dalle colonne d'Ercole 7000 stadi o viceversa. Quella frase non esiste in nessun testo. E' questo che sto dicendo. Mi dica in quale libro lo avrebbe letto.
EliminaAntonio
Per capirci meglio in quella frase: né Polibio, né Strabone e né Dicearco citano l'Ellesponto ma sempre il Peloponneso.
EliminaAntonio
Polibio STORIE Arnaldo Mondatori editore
RispondiEliminaTraduzione e note di Carla Schick
1995
pag 850 851
Addio Signore. Lei non ha interessi storici ma solo polemici. Con Lei ho CHIUSO.
Signor Berretta non faccio polemica e glielo dimostrerò. Legga il testo in greco di quella frase e si accorgerà che c'è scritto "Peloponnesou" e non "Ellesponton". A volte non basta leggere la traduzione in italiano ma anche in greco e anche una sola traduzione. La signora Carla Schick ha sbagliato di brutto.
EliminaSpero a rissentirci con più obbiettività signor Berretta
un cordiale saluto
Antonio
Cari Antonio e Rolando, artefici di questa bella discussione che, indubbiamente, mostra passione e competenze da parte di entrambi, anzitutto vi saluto e vi ringrazio per i commenti illuminanti su questa tematica. Non conosco la Schick, e non ho motivo per dubitare della sua traduzione, ma si potrà facilmente dirimere la questione consultando un altro autore, o meglio traduttore. La traduzione di un testo comporta sempre piccoli errori interpretativi, e in questo caso un vero e proprio strafalcione (qualora fosse dimostrato che di Peloponneso si tratta). Vi invito, pertanto, a proseguire nel vostro approfondimento, segnalandoci lealmente le vostre conclusioni, certo di fare cosa gradita a tutti i lettori. Un caro saluto, e un sentito ringraziamento, a entrambi.
RispondiEliminaPierluigi grazie. Questo è per i lettori
RispondiEliminaDicearco da Messina affermò che la distanza dalle Colonne a capo Maleo (o Malea; estrema punta del Peloponneso) misura 10.000 stadi. Su questo non ci piove. Se si prende il II di Strabone qui si contesta il 34 di Polibio. Mio caro Polibio, (dice Strabone), etc etc,… di modo che risultano menzognere tanto l’affermazione di Dicearco che lo Stretto dista dalle Colonne d’Ercole 7.000 stadi quanto la notizia che tu sembri accettare… Questa è la trascrizione dei nostri nonni del 1850.
Un testo inglese recita: di modo che risultano menzognere tanto l’affermazione di Dicearco che lo stretto di Sicilia dista dalle Colonne d’Ercole 7.000 stadi quanto la notizia che tu sembri accettare…
Serve il testo greco di Strabone quando è chiaro che si parla di uno STRETTO?
Se la distanza dalle Colonne a Capo Maleo è di 10.000 stadi,dice Dicearco, non mi sembra logico che Dicearco ponga, poi, lo Stretto del PELOPONNESO a 7.000 stadi.
Dice l’anonimo Antonio che il testo greco recita Peloponneso e non Ellesponto.
Io penso che Carla Schck, quando riportò Ellesponto, a posto di Stretto, ci abbia ragionato parecchio sopra.
Pierluigi alla prossima; se non mi fanno passare la voglia.
Rolando
Caro Rolando Berretta, la Carla Schick ha scritto Ellesponto al posta di Peloponneso non di stretto. La studiosa non può permettersi il lusso di scrivere una cosa per un'altra. Se io scrivo Cagliari voevio dire Cagliari e non Quartu. Legga il testo in greco.
RispondiEliminaIl mio testo è del 1998 di Roberto Niccolai
Antonio
Una precisazione: chi riporta le frasi"quando Dicearco afferma che dal Peloponneso alle colonne d'Ercole..." e "Mio caro Polibio..." è sempre Strabone. Infatti di Dicearco e di quello che Polibio diceva di Dicearco le sappiamo da Strabone e non dai diretti interessati.
EliminaAntonio