martedì 28 febbraio 2012
Il Ferro, le vie commerciali che da Oriente arrivano in Occidente
Dall’Anatolia all’Etruria e da Spina a Pisa
di Giuseppe Sgubbi
Un gruppo di studiosi toscani guidati dal professor Gianfranco Bracci hanno fatto le dovute ricerche nell’intento di individuare il percorso di due antichissimi tragitti: uno marino (dall’Anatolia all’Etruria) e l’altro terrestre (da Spina a Pisa). Grazie ad un qualificato riscontro giornalistico, il frutto delle loro scoperte è stato fatto conoscere anche al grande pubblico.
Vediamo questi tragitti.
Tragitto marino:
Si tratta di un tragitto datato al XII a.C, che sarebbe stato usato per la prima volta dagli etruschi nell’intento di emigrare verso occidente, alla ricerca di metalli. Il percorso sarebbe: partenza dalla città turca di Badrum, poi con una navigazione di piccolo cabotaggio, coste greche, pugliesi, calabre, siciliane, sarde, corse, approdo in Toscana nei pressi di Pisa.
Tragitto terrestre:
STRADA ETRUSCA DEI DUE MARI.
Si tratta di un tragitto datato al IV a.C, ricordato nel Periplo del Mediterraneo del portolano greco Scilace di Carianda. Questi, nel corso della descrizione delle spiagge romagnole, in via del tutto eccezionale, cita una direttrice terrestre che da Spina in Adriatico raggiungeva Pisa nel Tirreno. Si tratta della strada extraurbana più antica dell’Europa. Per gli studiosi toscani il tragitto sarebbe: Pisa, Poggio Castiglioni, Monterenzio, Marzabotto, Bologna, Campotto, Spina.
Come si può vedere, si tratta di due tragitti, ma essendo collegati, formavano una unica direttrice, che dalla Turchia arrivava in Romagna.
I temi trattati sono affascinanti ed interessantissimi, infatti sollevano problemi storici non ancora definitivamente irrisolti: migrazione dei popoli, compresa la provenienza degli etruschi, antiche vie dei commerci, ecc.
Considerato che da tempo mi interesso di questi temi, al riguardo ho già dato alle stampe diversi lavori a riguardo, intendo portare un mio modesto contributo.
Premetto anzitutto che le mie ipotesi divergono molto da quelle formulate dagli studiosi toscani, divergenze scaturite da una diversa questione di fondo: per i toscani i primi popoli arrivati in Italia sarebbero arrivati grazie ad una rotta tirrenica, a mio modesto parere invece sarebbero arrivati grazie ad una rotta adriatica. Conseguentemente, pur accettando la partenza dalla Anatolia, il punto terminale sarebbe Pisa e non Spina, cioè Anatolia, Spina, Pisa, e non Anatolia, Pisa, Spina. La differenza, in apparenza formale è invece sostanziale, le motivazioni si potranno trovare nella apposita appendice.
Da questa diversa questione di fondo, scaturiscono visioni storiche che possono mettere in discussione conoscenze della storia italiana credute inconfutabili.
Venendo al tema: considerando Spina tappa intermedia, perciò punto di partenza per la via dei due mari, il tragitto designato dagli studiosi toscani. almeno per quanto riguarda il tratto dai piedi degli Appennini a Spina, deve essere a mio parere rivisto, ed è proprio quello che mi accingo a fare, anzi mi limito a toccare solo questo punto, tutte le altre problematiche saranno trattate in un mio prossimo lavoro che ben presto darò alle stampe dal titolo: Antichissime vicende ambientate in Alto Adriatico ed in Romagna, estratte dalle più antiche storie del mondo.
Vediamo cosa è scritto nel periplo: Gli etruschi con la città greca di Spina, distante 20 stadi dal mare, lungo il fiume Eridano e distante 3 giorni di cammino da una città etrusca sul Tirreno.
Tutti gli studiosi concordano, pur trattandosi di un passo più volte interpolato e perciò di non facile interpretazione, che il portolano ha inteso descrivere l’effettiva esistenza in loco di una importante direttrice che collegava i due mari. I pareri degli studiosi che si sono interessati di questo tragitto non concordano al riguardo della individuazione del possibile antico percorso: per alcuni il tracciato poteva essere Spina, Ravenna, Faenza, Valle del Lamone, Firenze, Pisa. Per altri invece Spina, Bologna, Valle del Reno, Pisa. Già detto ciò che propongono gli studiosi toscani, purtroppo non viene specificato dove sarebbe stata esattamente ubicata la strada che da Spina conduceva a Bologna, hanno lasciato intendere che poteva trattarsi anche di un non ben specificato tragitto fluviale.
A mio parere invece, per una serie di motivi che illustrerò, il tragitto da Spina fino ai piedi degli Appennini doveva corrispondere all’attuale tracciato della via Lunga, una strada ben visibile e per molti tratti ancora percorribile, che dai pressi di Spina, attraversando il territorio di alcuni comuni, Lugo, Bagnara Solarolo e Castel Bolognese, arriva alla via Emilia in corrispondenza della valle del Senio.
Vediamo la ragione per cui mi sembrano poco credibili i tragitti proposti dagli altri studiosi; tragitto Spina Ravenna Faenza, a quei tempi, stiamo parlando del IV a.C, nel tratto Spina-Ravenna sfociavano vari fiumi romagnoli, perciò ben difficilmente in quel tratto poteva esserci una strada ben praticabile, basti pensare che ancora all’epoca dell’Itinerarium Antonini, almeno quattro secoli dopo al periodo che stiamo trattando, un tratto di quel tragitto si faceva solo in barca.
Tragitto Spina Bologna; altrettanto impraticabile cotesto tragitto via terra, in quanto, anche in questo caso, occorreva attraversare alcuni fiumi e vastissime paludi, perciò, escludendo un tragitto fluviale, (nel periplo è chiaro che si intende una strada), anche tale proposta appare insostenibile. Non ha caso, nonostante assidue ricerche, di questa fantomatica strada non è stata trovata nessuna traccia, se veramente fosse esistita, qualcosa si dovrebbe trovare, non può essere scomparsa dal tutto. A mio parere non sarà mai trovata in quanto non è mai esistita.
Vediamo invece il tragitto Spina-Via Emilia, cioè l’attuale tracciato della via Lunga; ove attualmente è tracciata tale via vi è da tempi antichissimi una lingua di terra molto alta, (non ha caso il Santerno fu costretto a deviare a destra verso il Senio, ed il Sillaro non riuscì mai a superare), ebbene tale alta fascia di terreno, esente da alluvioni e sopraelevata rispetto alle paludi, un vero unicum per queste zone, ben presto si prestò ad essere abitata da popolazioni preistoriche, come gli scavi di via Ordiere stanno autorevolmente dimostrando, e ben presto si prestò ad essere usata anche come via di comunicazione terrestre.
A quei tempi, questa era l’unica possibilità per arrivare via terra, fino ai piedi delle colline, poi per attraversare gli Appennini si poteva fare scelte diverse; se si voleva andare nel Lazio, la più comoda era sicuramente la valle del Savio, se invece, come nel nostro caso, si voleva andare verso Pisa, vi era solo l’imbarazzo della scelta, valle Senio, valle Santerno, valle Sillaro.
Le ragioni che ho portato per ipotizzare la Via Lunga come unica possibile direttrice per quei lontani tempi, e le ragioni che ho portato e che porterò per escludere altri possibili tragitti terrestri, mi sembrano validi, ma trovano una probante conferma da una determinante constatazione: i sassi di Spina provengono dalle colline romagnole, se vi fosse stata una direttrice ben praticabile Spina-Bologna, i sassi sarebbero derivati dalle colline bolognesi.
Riassumendo: da antiche fonti greche, (Dionigi di Alicarnasso ed Ellanico di Lesbo), si apprende in maniera inequivocabile che Spina da tempi antichissimi, almeno dal 1500 a.C, era un importantissimo scalo usato da genti Medio Orientali intenzionati ad andare in Toscana o nel Lazio. Questi, dopo aver risalito l’Adriatico, ed arrivati, grazie a questo comodo e breve tragitto terrestre, ai piedi degli Appennini, potevano a loro piacimento usare una delle numerose vallate romagnole che, come i numerosi reperti archeologici dimostrano, risultano essere state tutte da tempi antichissimi continuamente praticate. Naturalmente pure ogni vallata toscana permetteva l’attraversamento in senso inverso, ma dalla Via Emilia a Spina vi era un solo tragitto terrestre praticabile, il tracciato attuale della via Lunga. Niente impedisce di credere che in antico vi fossero varie direttrici fluviali Bologna-Spina, ma fra queste non può esserci quella segnalata dallo Ps Scilace.
Appendice:
Come è noto, la descrizione delle coste corrisponde più o meno ad avvisi ai naviganti: possibili approdi, distanze fra gli stessi, popolazioni rivierasche ed altre notizie non solo utili, ma a volte indispensabili per chi si appresta alla navigazione di un mare. Questo è proprio quello che si trova nel Periplo del Mediterraneo ed in qualsiasi altro Periplo.
Scilace di Carianda o chi per lui, era sicuramente a conoscenza che alcune generazioni prima della guerra di Troia, popolazioni orientali, sotto la generica voce Pelasgi, orientati ad andare nei territori centro italici bagnati dal Tirreno, avevano scelto la rotta “adriatica”, perciò, ritenne giustamente opportuno descrive il luogo dell’approdo più comodo per raggiungere la meta.
Il portolano conosceva sicuramente i possibili tragitti fluviali che portavano verso la terra dei Tirreni, ma non ritenne opportuno segnalarli in quanto sapeva che tali tragitti non erano sicuri, infatti potevano variare al seguito di un peggioramento climatico, non solo, tali tragitti potevano essere facilmente usati dagli abitanti del posto, ma non da persone provenienti da altre aree, troppo grande era il rischio di trovarsi impantanati nelle vastissime paludi, perciò giustamente decise di segnalare l’unico, sicuro e da tempo battuto tragitto terrestre, quello appunto che da Spina permetteva facilmente di raggiungere le città tirreniche.
Gli studiosi non sono entrati in tale ottica e conseguentemente hanno grandi dubbi sulla effettiva importanza che il tragitto attualmente segnato dalla via Lunga, ha avuto nei tempi antichi.
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