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venerdì 17 febbraio 2012

Architettura contadina: Puglia e Sardegna sono sorelle?


Architettura contadina
di Rossella Barletta (rivisto e adattato da Pierluigi Montalbano)

Scrive Braudel:
È stato il mare a creare le terre e le pietre, e l'acqua di mare ha lasciato ovunque la traccia del suo lento lavoro: al Cairo i calcari sedimentari di grana fine bianco latte permetteranno al cesello dello scultore di dare la sensazione del volume giocando su incisioni profonde solo qualche millimetro; le grandi placche di calcare corallino dei templi megalitici di Malta; la pietra di Segovia che si bagna per lavorarla più facilmente; i calcari delle enormi cave di Siracusa; le pietre d’Istria portate a Venezia; e tante rocce della Grecia, della Sicilia, della Sardegna, sono tutte nate dal mare. Se l'attenzione si sposta sulle terre che circondano il mare, si arriva a parlare, come avviene oggi, di Lago Mediterraneo, e di puntare l'attenzione su quei territori di pietra che negli anni hanno dato riparo e ristoro a chi fuggiva dal mare per evitare tempeste, malattie e guerre.
Da uno sguardo allargato al paesaggio del Mediterraneo, restringiamo il nostro orizzonte e fermiamoci alle pietre della Sardegna, alle architetture del suo paesaggio rurale che caratterizza l’isola. Lasciamoci incantare da quella architettura rurale che non ha lasciato nomi di architetti da ricordare, ma che è un libro aperto in cui si legge la nostra storia. L'architettura rurale, infatti, è il frutto di una molteplicità di relazioni che hanno strutturato nel tempo un determinato luogo, frutto maturo e visibile di numerosi fattori culturali: la morfologia del posto, il clima, l'economia e la tecnologia.
Rossella Barletta, per descrivere l’architettura rurale salentina, utilizza un altro modo: muretti a secco, torri, tombe, pozzi, fanno parte di quella che viene indicata architettura vernacolare con cui si intendono le costruzioni realizzate in sede locale da popolazioni che lavorano senza servirsi di professionisti, ma facendo ricorso esclusivamente a quanto appreso per tradizione orale e tecnica che deriva dalla pratica. Le stesse parole possono descrivere la Sardegna: è un’architettura consolidata che non presenta segni rilevanti di sviluppo nel tempo, resa sicura dall'esperienza che ha contribuito a stratificare le conoscenze. Per questo, proprio perché è collegata all'ambiente, i materiali sono quelli del luogo, pietre su pietre, senza collanti. Muretti a secco, terrazzamenti, costruzioni a forma di capanna, tombe che assumono nomi diversi e costituiscono un mare di terre e pietre. Dovunque si vada in Sardegna come in Puglia, si vedono pietre che si aggregano, si cercano, si compongono, come se invece di essere pietre fossero calamite.
Questa realtà si adatta a molte terre del Mediterraneo. La casa a cono, riparo fisso o temporaneo, nata dall'ingegnosità strumentale dei contadini che utilizzavano le pietre strappate alla terra per costruirsi un riparo per se e per gli animali, si trova fin dall'antichità in tutti popoli del Mediterraneo. L'architettura di pietre a secco ha avuto certamente origini differenziate per quanto riguarda il tempo, e forse anche per gli usi. Non si esclude, infatti, che le costruzioni a tholos richiamano strutture funerarie presenti in Grecia e nell'isola di Pantelleria. L'architettura a secco della Sardegna precede certamente quella della Grecia e della Turchia, ma non quella dell'Egitto e delle lontane coste occidentali del nord Europa, ma il filo che lega le capanne che davano riparo ai contadini della Mesopotamia nel III millennio a.C. alle nostre torri nuragiche è sempre il medesimo, un filo di pietra.
Come per la Puglia, sono almeno due gli elementi che contraddistinguono il paesaggio sardo: uno è di origine vegetale e riguarda la vite e l'ulivo, così presente da infoltire autentiche foreste che si perdono a vista d'occhio; l'altro è di ordine morfologico e riguarda la roccia calcarea e basaltica che, in alcune aree, affiora a tal punto da non lasciare il minimo spazio al terreno coltivabile, conferendo all'ambiente un senso di diffusa aridità, e di pregnante ostilità, a qualsiasi forma di vita. Laddove la sedimentazione calcarea si presenta sotto forma di grigia pietraia, diventa il principale e naturale segno anagrafico, in grado di individuare non soltanto il luogo geografico ma anche di incidere sul carattere degli abitanti e sulle loro sorti economiche e sociali. Il predominio della roccia, generando un suolo povero di risorse, carente di idrografia superficiale, e un clima particolarmente caldo in estate, pur regalando squarci paesaggistici suggestivi, soprattutto in ambito costiero, è stato un ostacolo alle tradizionali forme di economia agricola.
Con queste condizioni sfavorevoli, è facile immaginare come la necessità di conquistare lo spazio agricolo per impiantare attività economiche produttive sia stato il pensiero fisso del contadino di queste terre. Egli ha dovuto innescare una lotta con l'ambiente fisico che, a sua volta, ha influenzato il tipo di popolamento (sparso o accentrato), le sue vicende storiche, nonché il rapporto di classe (causa di arretratezza socioeconomica), la dinamica demografica e, nel tempo, il declino della vita rurale e l'esodo migratorio dalla campagna improduttiva. Solo pensando al faticoso e caparbio lavoro manuale di ciascun contadino condotto in un contesto non generoso, si capisce la resistenza alle avversità di chi decide di bonificare un terreno sassoso, livellare depressioni, formare terrazzamenti coltivabili. Ci si può facilmente rendere conto del divario economico e culturale che separa l'azienda agricola moderna dalla famiglia contadina del passato, abituata ad autoprodurre e autoconsumare quel poco che un terreno, per sua natura aspro ed tenace, riusciva a dare.
La Barletta scrive che superata la sorpresa dinanzi a tanta presenza di pietra, l'occhio coglierà un altro significativo aspetto: in Sardegna come in Puglia l'uomo ha dato dignità storica ad un materiale apparentemente freddo e muto, su cui ha riportato graficamente le impressioni del clima culturale e politico vissuto, per trasmettere e prolungare nel tempo il ricordo delle varie fasi della sua presenza. Investite di questa singolare funzione, le pietre identificano le vicende delle genti che hanno abitato il territorio fin dalla preistoria. Attraverso i sassi è facile individuare e seguire un percorso archeologico, megalitico, medievale e moderno e sostare nelle principali aree da cui sono state dissepolte pietre dall’inestimabile valore documentario come i dolmen, i menhir e tutto il materiale litico crollato dalle alte torri nuragiche.
Si rimane rapiti al cospetto delle maestose mura, un tempo inespugnabili, innalzate dalle primordiali popolazioni; ripercorrere i sopravvissuti spezzoni di carrarecce; curiosare nei villaggi rupestri; scrutare le maestose cattedrali romaniche e le austere torri costiere corrose dalla salsedine; incantarsi di fronte alle maestose torri nuragiche; ammirare la pazienza degli artigiani che incastonarono con millimetrica precisione le pietre dei pozzi sacri. Mediante l'osservazione dei vari “segni” delle civiltà che si avvicendavano, si possono interpretare i modi di intendere e di rappresentare la fede, la difesa, il piacere del bello, il senso della funzionalità e della praticità, il rispetto sacrale che si è rivolto all’acqua, al fuoco, alle altre risorse della natura e alla fauna. Accanto ai monumenti, bisogna annoverare quelle tipiche espressioni della civiltà contadina costruite con pietre informi, non lavorate, come si trovano in natura, specchio in cui si riflette nello stile di vita della realtà socio-economica delle generazioni del passato nonché attestazione di geniale capacità e di talento del contadino nel riutilizzare qualcosa di apparentemente inutile e scomodo come le pietre di scarto. La studiosa pugliese racconta che cercare di pulire un campo sgombrandolo completamente dalle scaglie di pietra, sarebbe come pretendere di esaurire la sabbia lungo un lido del mare, ma i contadini riuscirono a sfruttarlo al meglio, talvolta guadagnando preziosi fazzoletti di terra da coltivare, altre volte ottenendo materia prima da utilizzare per varie funzioni. Per un innato senso del riuso, raccolsero le pietre divelte e le accumularono in un angolo per distribuirle ordinatamente e per comporre una geometria di muretti e terrazzamenti quale impedimento al terreno di franare. Altre volte decisero di costruire dimore rurali e, con impareggiabile tenacia, riuscirono a fare sgorgare l'acqua nascosta sui massi convogliandola sui campi e rinvigorendo i frutti del loro faticoso lavoro.
Fonte: Architettura contadina del Salento, Capone Editore
Nell'immagine: Monte Baranta - Olmedo

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