Archeologia. Sedilo, al centro della Sardegna.
Articolo di Pierluigi Montalbano
Sul promontorio di origine vulcanica che si affaccia scenograficamente sul lago Omodeo, c'è un villaggio di epoca nuragica esteso due ettari in cui spicca un bel nuraghe a tre torri e alcune tombe di giganti, fra le più eleganti del panorama archeologico sardo. Realizzate con raffinati filari di pietre in basalto, presentano una lavorazione a martellina che le rende piacevoli alla vista. In una delle tombe, il corridoio funerario è pavimentato con cura. La forma è quella consueta con l'esedra semicircolare che descrive una piazza, mentre il corpo tombale è chiuso da una perfetta geometria ad abside che contribuisce a definire una simbologia che per alcuni studiosi evoca la testa di un toro ma per altri l'apparato genitale femminile. Ritengo che un simbolo non escluda l'altro, considerato
che le divinità principali del pantheon delle società ad economia agricola sono proprio la dea madre e il dio sole, associato al bue sacro. Alla base dell'altopiano sono visitabili una serie di domus de janas, le grotticelle scavate nella roccia per accogliere i defunti. Si tratta di 33 tombe che formano la necropoli di Ispiluncas, scavata nel tufo nel Neolitico finale. Alcune di esse presentano tracce di pittura rossa e decorazioni in rilievo.
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