Hatti, il regno degli ittiti, una delle grandi potenze dell'età del Bronzo.
La storia degli Ittiti è legata all’Anatolia, pur se parlare di ittiti o di regno ittita è inesatto. Il nome attribuito dai moderni deriva dalla parola biblica “ittim”, indicante una piccola tribù cananea dell’inizio del I millennio a.C., e si usa questa parola perché agli ittiti dell’età del bronzo non corrispose mai una singola denominazione che li identificasse etnicamente o politicamente. E se, in questo periodo, il regno egiziano era etnicamente definito per contrapposizione agli Hyksos, il regno hittita, frutto di matrimoni politici, adozioni, colpi di stato ed unioni forzate di elementi diversi, era una straordinaria miscela culturale che comprendeva diversi elementi etnici –indoeuropei, hattici, hurriti e varie popolazioni mesopotamiche e siriane che probabilmente non parlavano nemmeno la lingua ufficiale del regno. Ciò che dava loro un’identità comune era il fatto di vivere in una regione geograficamente ben definita, il triangolo che va dal Mar Nero alla piana di Konya e alle pendici del Tauro, che li differenziava dagli altri sudditi del re distribuiti fra gli stati vassallo. Tutti questi elementi si unirono –per avvicinamento politico o per adozione- alle famiglie da cui provenivano coloro che di volta in volta finivano per occupare il trono. A giudicare dai nomi dei re e delle famiglie regali, infatti, a fondamento dell’inclusione nella classe dominante non vi era una concezione etnica, anche se, una volta arrivati al trono, tutti si piegavano al costume ed all’uso del “nesita”, la lingua di governo. Il regno di Hatti fu un paese capace di rivaleggiare e sorpassare nel XIV secolo paesi come Egitto e Mitanni, originariamente più potenti. Fondato nel XVII secolo, la sua capitale fu stabilita ad Hattusa, 150 kilometri ad est di Ankara, dal primo re Hattushili, sopra un picco roccioso che la proteggeva dai due lati e le permetteva di dominare un’area straordinariamente produttiva dal punto di vista agricolo. Da qui, nell’arco di circa 500 anni, i re del paese giunsero a controllare una rete di stati vassalli che, all’apice dello sviluppo, estendevano il proprio potere dalle coste egee dell’Anatolia a Damasco ed alle frange occidentali della Mesopotamia.
Lo stato hittita prende forma sulle carte geografiche quando, in un cinquantennio, i suoi primi due re riescono a dar vita ad una formazione politica di rango regionale, arrivando ad abbattere i due maggiori regni del tempo (Yamkhad e Babilonia) e avviando un profondo riassetto politico di tutta l’area dell’alta Mesopotamia. Il re Hattushili prende nome dalla città di Hattusa, creata ed eretta a capitale di un altopiano centro-anatolico riunito sotto la sua persona. Che Hattusa fosse la neonata capitale di un nuovo regno, ha fatto si che la documentazione disponibile per gli storici cominci bruscamente da questo re, alla morte del quale il paese di Hatti, prima inesistente, compare come un’entità definita destinata a restare tale nei secoli. Il successore di Hattushili, Murshili I, adottato dal vecchio re sul letto di morte, diede avvio alla conquista del mondo siriano, con la vittoria sul re di Yamkhad e sui suoi alleati. Per mano di Murshili I Aleppo fu espugnata e distrutta, e la Siria divenne hittita. Ma la sua fu una vittoria effimera, perché il suo successore, Hantili, perse il controllo della regione. E’ bene precisare, però, che Hantili, pur restando a lungo sul trono, non ebbe un regno semplice, dato che fu costantemente impegnato a combattere contro Mitanni sulla linea dell’Eufrate, e a limitare i primi attacchi dei Kashka dei monti. Sappiamo poco del suo regno, e ancora meno del regno dei suoi successori Zidanta I e Ammuna, sotto i quali –non senza lotte da parte di Ammuna- la regione del sud-est anatolico, Arzawa, e quella del sud-ovest, la Cilicia, col nome di Kizzuwatna, si distaccarono dallo stato centrale, fondando veri e propri regni a se stanti. Con la Cilicia –Kizzuwatna- se ne andò la Siria, per cui si pensa che anche lo stato centrale, esposto agli attacchi degli Hurriti a sud-est e dei Kashka a nord, fosse in pericolo. Dopo il brevissimo regno di Huzzyia, prese il potere Telipinu, personaggio particolarmente noto agli studiosi perché autore di un editto che racconta l’intera storia del regno Hittita fino a quel momento, e che pone delle regole chiare per la successione monarchica. Telipinu ottenne qualche successo nel recuperare alcuni dei territori perduti, ma senza avvicinarsi alla riconquista dei più importanti. Nel secolo successivo alla morte di Telipinu, il regno Hittita si indebolì. Fu un periodo definito “medio regno hittita”, nel quale una folla di re effimeri si contendevano un trono troppo debole perfino per difendersi, tanto che Hantili II dovette fortificare la capitale. Fra il 1450 e il 1400 si registra una ripresa dell’attività militare e politica hittita sotto la guida di re Tudhaliya II. Questi, assicuratosi il trono con l’ennesimo colpo di stato, riuscì prima a soggiogare il regno di Arzawa, che ormai costituiva un pericolo per lo stato centrale, e poi a ristabilire, almeno per un breve periodo, l’autorità hittita su Kizzuwatna ed Aleppo. L’epoca di Tudhaliya II, del suo successore Arnuwanda, e di Tudhaliya III fu centrale per il processo di organizzazione interna del regno hittita, ma sotto quest’ultimo si dovette affrontare una crisi talmente grave da poter essere avvicinata solo a quella del 1200: il regno, invaso da nord, da sud-est e da sud-ovest, impegnato dalla lotta con i montanari Kashka, con Kizzuwatna e con un Arzawa ormai tanto importante da essere ammesso al consesso internazionale (anche se non col grado di “grande re “ e nemmeno attraverso la lingua Accadica), fu distrutto, forse dall’azione dei Kashka, una popolazione seminomade, dedita alla razzia, dispersa sulle montagne della parte settentrionale dell’Anatolia. Non essendo inquadrati in un’organizzazione statale, erano anche difficilmente controllabili. Ci furono alcuni periodi della storia Hittita in cui le frontiere erano vulnerabili. Sotto il regno di Tudhaliya III, i generali di confine scrivevano spesso di come i Kashka fossero entrati quasi indisturbati nel territorio hittita, per saccheggiarne le terre, anche in gruppi numericamente consistenti (600 individui, in un caso). A Tudhaliya III succedette Shuppiluliuma I, quasi contemporaneo con la fine, in Egitto, del regno di Amenothep III e dei primi anni di Amenothep IV, e per questo motivo si suppone sia lui il re delle lettere Amarniane. Quando Shuppiluliuma salì al trono di Hatti, il regno era in condizione precaria. Secondo fonti posteriori, il re fu costretto a combattere per vent’anni, alla fine dei quali la Cilicia-Kizzuwatna, l’Arzawa e la Siria perdettero la loro autonomia e le loro dinastie regnanti, diventando parte integrante del paese hittita. Il tratto saliente del re Shuppiluliuma è la diplomazia con cui pianificava le sue azioni. Avendo intenzione di riconquistare il paese di Isuwa, per farlo sarebbe dovuto passare attraverso il territorio di Mitanni causando una guerra, quindi mantenne sempre relazioni pacifiche con l’Egitto. Data l’alleanza fra il paese del Nilo e Mitanni, non voleva rischiare di mettersi contro entrambe le superpotenze dell’epoca. Quindi, in previsione della campagna militare in Siria- che gli serviva per riconquistare un “posto al sole” nella scena internazionale ed entrare in contatto con Egitto e Babilonia- decise di trascurare Arzawa per concentrare le sue forze su un solo fronte e di annettersi politicamente –per coprirsi le spalle- la regione del Ponto mediante opportune alleanze fondate su matrimoni dinastici. Il momento dell’attacco e le fasi d’esecuzione furono scelte con cura sapiente strategia: Shuppiluliuma prima appoggiò uno dei due contendenti, di nome Artatama, al trono di Mitanni; e poi isolò il suo nemico da tutte le maggiori fonti di possibile aiuto stipulando un gran numero di trattati d’alleanza. Grazie a questa pianificazione accurata, Shuppiluliuma arrivò dall’Eufrate al Libano in un solo anno di guerra. In seguito, alleatosi anche con Amurru e Ugarit, ebbe facilmente ragione di tutti gli avversari, arrivando senza problemi fino a Qatna e Qadesh. Qui si arrestò per non entrare-per il momento- in guerra con l’Egitto, che deteneva ancora molti possedimenti in Palestina e Siria meridionale. La già citata vicenda-Zannanza, comunque, portò a degli scontri con l’Egitto ed alla parziale invasione hittita del suo territorio. A seguito della presa della città di Amqa furono catturati e portati fino al paese di Hatti qualche migliaio di prigionieri malati di peste, che diffusero il morbo nel territorio hittita. Grazie all’opera di Shuppiluliuma, comunque, quelli che un tempo erano stati vassalli di Egitto e Mitanni, vennero in questa maniera sottomessi al regno Hittita. Nell’organizzare le province dell’impero, Shuppiluliuma pose sul trono delle città più importanti (Aleppo per tradizione, Karkemish per posizione strategica) due suoi figli, assegnando in particolare al re di Karkemish un ruolo praticamente da viceré Hittita in Siria. Gli stati che gli si erano spontaneamente sottomessi –come Ugarit- videro confermati i loro regnanti e premiata –tramite acquisizioni territoriali- la loro sottomissione. Shuppiluliuma non visse abbastanza a lungo da godersi le sue conquiste: morì –forse della peste portata in Hatti da Amqa- poco tempo dopo, lasciando un impero molto più grande di quello che aveva trovato. Il suo erede diretto, Arnuwanda II, regnò per poco tempo, forse appena 18 mesi, prima di ammalarsi, morire, e lasciare sul trono il giovanissimo Murshili II. Convinti che il giovane re non avrebbe avuto la forza per sottometterli, tutti i paesi conquistati dal padre si sollevarono. Ma si sbagliavano. Murshili, impegnato tanto contro Arzawa quanto contro la Siria riuscì a ristabilire l’ordine nelle regioni, con una serie di nuovi trattati, fra cui quello punitivo stipulato con Niqmepa di Ugarit. Ma, mentre per la Siria si trattava di una riconquista, su Arzawa Shuppiluliuma non aveva mai conseguito successi decisivi, per cui continuava a sussistervi una vera formazione statale composita, con un gran re – benché non riconosciuto tale dalla comunità internazionale- e una serie di piccoli re sottoposti ali suoi ordini. Perciò, conquistata anche l’area di Arzawa, Murshili le diede un assetto organizzativo simile a quello siriano. Per tanto, alla fine del suo regno tutta l’Anatolia centromeridionale, dall’Egeo all’Eufrate, era hittita, sia sotto controllo diretto, come nel caso di Kizzuwatna, sia mediante regni vassalli. Con il tredicesimo secolo si assiste al risveglio delle mire espansionistiche di Assiria ed Egitto. È probabile che fin dal primo momento la minaccia derivante dal risveglio delle maggiori potenze sia stata percepita nettamente dal successore di Murshili, Muwatalli, il quale fin dall’inizio del regno si mosse per pacificare il nord, facendo una guerra ai Kashka e riuscendo a tenerli lontani dalla sua capitale fino al disastro del 1200. Nel frattempo l’Assiria di Adad-nirari I riuscì ad invadere il morente regno mitannico, assoggettandolo alla propria sfera d’influenza e facendo sì che la città di Karkemish, un tempo centro di controllo del governo hittita al di qua dei monti del Tauro, diventasse città di frontiera fra Hatti ed Assiria. Dall’altra parte, l’Egitto della rampante XIX dinastia aveva recuperato il controllo delle sue regioni asiatiche, incluse Canaan e Biblo. Sethi I era poi riuscito, come si è detto, a conquistare perfino la regione a nord di Qadesh, e si dibatte se essa fosse stata riconquistata o meno. Di sicuro, comunque, il figlio Ramses II nel suo quarto anno di regno dovette combattere nella piana prospiciente Oadesh, città strategicamente fondamentale per mantenere il controllo sull’alta valle dell’Oronte. Morto Muwatalli nel 1272, si determinò una crisi dinastica, che vide a il fratello di Muwatalli, Hattushili, contendere il trono al legittimo erede, il figlio del re Urki-Teshub, che fu detronizzato e mandato in esilio. Al regno di Hattushili corrispose un ribaltamento in politica estera, conseguente alla firma di un trattato paritetico con l’Egitto di Ramses II. La stessa idea che i regnanti hittita ed egiziano trattassero “alla pari” fra loro testimonia quanto fosse divenuto potente il regno di Hatti: solo un secolo prima un simile trattato sarebbe stato impensabile, per l’Egitto faraonico. Il problema assiro richiese invece una vera e propria guerra aperta, condotta dal figlio di Hattushili, Tudhaliya IV. Fu, questa, la guerra nella quale Ugarit pagò un fortissimo contributo in denaro per essere esentato dall’inviare le proprie truppe di rincalzo agli eserciti di Hatti. Nonostante la guerra, però, il confine fu confermato lungo l’Eufrate, e la città di Karkemish rimase esposta a nuove aggressioni. La situazione si deteriorò nell’ultimo decennio del XIII secolo, durante il regno degli ultimi due re Arnuwanda III e Shuppiluliuma II (l’uomo che compì l’effimera conquista hittita di Cipro). Lo sforzo di mantenere il controllo di territori alquanto più vasti rispetto al paese centrale, la crisi economica causata, fra le altre cose, da una carestia tanto grave che perfino Merneptah inviò del grano verso Hatti, avevano deteriorato una situazione sociale e prostrato il paese alla vigilia dell’arrivo dei popoli del mare, che avrebbero largamente approfittato della situazione segnando, assieme all’ultimo e definitivo attacco dei Kashka, la fine del paese di Hatti. Il sistema di controllo hittita sulle sul suo impero si instaurò con l’opera di Shuppiluliuma, raccogliendo l’eredità mitannica ed erodendo buona parte dei domini egiziani. Da un certo punto di vista, essere un piccolo re era molto più semplice sotto il controllo Hittita che non sotto quello del Faraone, in quanto il sistema hittita era basato su un rapporto di fedeltà reciproca esplicitato da un trattato scritto. Quest’ultimo, infatti, assicurava al vassallo fedele una protezione adeguata, stabilizzando così la Siria. La presenza hittita era però più pesante di quella mitannica, e non consentiva patti fra piccoli re, rimandando tutte le decisioni allo stato centrale. Tuttavia in alcuni casi il trono veniva affidato a membri della casa regale di Hattusa, per poter controllare con più sicurezza la zona.
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