Archeologia della Sardegna. I pozzi sacri, edifici millenari costruiti durante la Civiltà Nuragica nell'età del Bronzo Recente e Finale.
mercoledì 14 ottobre 2020
Archeologia della Sardegna. I pozzi sacri, edifici millenari costruiti durante la Civiltà Nuragica nell'età del Bronzo Recente e Finale. Riflessioni di Pierluigi Montalbano.
Riflessioni di Pierluigi Montalbano.
I pozzi sacri sono edifici templari di due tipologie principali, fonti o ipogei, realizzati nel Bronzo Recente e Finale, dal XIII a.C., per celebrare riti nei quali la presenza dell’acqua era fondamentale. La struttura architettonica è sempre elaborata e arricchita da soluzioni che mostrano la volontà dei nuragici di dedicare tempo ed energie per costruire luoghi religiosi raffinati. La maestria raggiunta dai nuragici è evidente nel calcolo delle proporzioni, nella tecnica di lavorazione dei conci e nella capacità di intercettare e sfruttare la risorsa idrica. Era un lavoro svolto da scalpellini provetti, padroni di una manualità evoluta e di utensili adatti alla realizzazione dell'intero monumento. Insieme alle tombe di giganti e ai templi a megaron testimoniano un profondo senso del sacro nell’isola durante tutto il periodo in cui la Civiltà Nuragica era la più importante di tutto l’Occidente Mediterraneo. La forma dell’edificio s’ispira agli stessi principi architettonici dei nuraghi di
ultima generazione, quelli a tholos con corridoi e ingressi a ogiva. Il disegno costruttivo è composto da tre parti essenziali: atrio, scalinata coperta da un solaio di architravi digradanti seguendo il procedere dei gradini verso il basso e cupola circolare a tholos composta da filari aggettanti. Nella parte sopra il piano di calpestio veniva realizzato un edificio a pianta rettangolare coperto con un tetto a doppio spiovente. Intorno al pozzo si nota il temenos (un recinto sacro) e nei muri perimetrali, oltre che nelle pareti della scalinata e sul fondo, si deponevano le offerte e gli oggetti di culto. Nelle fonti sacre, laddove l’acqua sgorga in prossimità del piano di calpestio, è presente un piccolo ambiente architravato delimitato da lastre di pietra lavorate finemente che contengono il pozzetto, a volte dotato di vasca poggiata sul fondo, proprio al centro del vano. L’acqua proveniente dalla falda è convogliata nel pozzo da fori di varia tipologia realizzati nelle pareti del vano a tholos. Questi luoghi divennero meta di pellegrinaggio per celebrare cerimonie pubbliche, e spesso sono presenti capanne di servizio che consentivano ai partecipanti di praticare scambi commerciali di vario genere e assemblee civili o politiche. Inoltre, possono essere presenti spazi dedicati al mercato del bestiame e dei bronzi votivi, arene per spettacoli e competizioni sportive e piazze per ballare al suono delle launeddas e degli altri strumenti musicali dell’epoca. In molte zone dell’isola, l’utilizzo dei pozzi sacri è proseguito ben oltre la Civiltà Nuragica, e non è raro trovare chiese cristiane che al loro interno presentano l’ipogeo sacro che contiene l’acqua, in un perfetto sincretismo religioso che vede la cristianità appropriarsi e modificare a propria immagine questi antichi templi pagani sardi. Per quanto la nuova religione abbia apparentemente soppiantato le religioni precristiane, nella sostanza esse sono state inglobate al suo interno, sostituendo di fatto i nomi delle vecchie divinità con quelli di santi e martiri, ma mantenendo complessivamente le stesse forme di religiosità popolare ad esso precedenti. E’ in questi templi che gli archeologi hanno portato alla luce il maggior numero di bronzetti, navicelle e altri oggetti legati al culto. Verosimilmente i riti erano legati alla fertilità delle donne, della terra e del bestiame, oltre ai noti riti di iniziazione che da sempre hanno occupato uno spazio privilegiato nelle comunità antiche. Ciò comporta che il loro orientamento era in qualche modo legato alle fasi solari e lunari che incidevano maggiormente su coltivazioni, raccolti e lunghezza delle giornate. Non deve sorprendere che le comunità con economia agro-pastorale fossero attente al movimento degli astri nel cielo. Alcuni scrittori dell’età classica riferiscono come in Sardegna, con le acque di alcune fonti, si praticasse una sorta di “ordalia”, o “giudizio divino”: gli accusati di furto, bagnati con tali acque, se colpevoli divenivano ciechi mentre gli innocenti, al contrario, miglioravano la propria vista. L’idea dell’acqua come oggetto di pratiche religiose, simbolo del divino e portatrice di vita o di morte nei riti di iniziazione, è un elemento comune a tutte le forme religiose del mondo antico e moderno. Ad esempio, la simbologia cristiana pone l’acqua al centro del battesimo, associandola positivamente alla rinascita e alla purificazione. Questa immagine dell’acqua capace di generare la vita è presente in tutti i miti del mondo antico, tuttavia l’acqua può diventare anche un elemento oscuro legato al mondo degli inferi, come avviene nella mitologia greca, dove il regno dei morti era percorso da ben cinque fiumi. Di questi l’Acheronte era quello attraverso cui le anime dei defunti venivano traghettate da Caronte per discendere nell’Ade. In questo suo muoversi ambiguo tra vita e morte, l’acqua è quindi da sempre associata a tutte le manifestazioni del divino, in taluni casi è la sede stessa della divinità, e quindi ricca di mistero e simbolismo.
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Molto interessante e istruttivo complimenti !
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