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sabato 29 dicembre 2018

Archeologia. Gli Ittiti, formidabili guerrieri che organizzarono in Anatolia e Siria un'immenso impero sotto la capitale Hattusha. Furono loro a contrastare il faraone Ramesse II nella celebre battaglia di Qadesh. Articolo di Pierluigi Montalbano


Archeologia. Gli Ittiti, formidabili guerrieri che organizzarono in Anatolia e Siria un'immenso impero sotto la capitale Hattusha. Furono loro a contrastare il faraone Ramesse II nella celebre battaglia di Qadesh.
Articolo di Pierluigi Montalbano

Gli Ittiti furono uno dei più potenti popoli indoeuropei dell’età del Bronzo. Presenti nella zona anatolica, raggiunsero l’apice del loro sviluppo fra il 1400 e il 1200 a.C., quando il loro impero abbracciava la zona compresa fra il Mediterraneo e il Mar Nero, l’alto corso del Tigri e le sorgenti dell’Oronte. La qualità del clima favorì l’allevamento ovino e caprino, l’agricoltura di cereali e la coltivazione della vite e dell’ulivo, con una produzione di vino e olio che affiancava l’abbondanza di materie prime come legname e metalli pregiati, consentendo di organizzare nelle loro città, intorno a palazzi e templi, una serie di attività artigianali e mercantili che condussero a un florido sistema di palazzo. L’organizzazione era gestita da guerrieri e amministratori che dipendevano direttamente dal
sovrano, che li ricompensava con un appezzamento di terra per i servizi prestati. I contadini liberi vivevano in villaggi a capo dei c’erano un primo cittadino e un collegio di anziani, tutti tenuti al pagamento di un tributo e alla prestazione di un notevole numero di giornate lavorative di servizio per conto del palazzo. Il re (tabarna) governava con potere assoluto, ma le violente lotte per la successione causarono sempre una forte instabilità e il loro declino. Il meccanismo di funzionamento della società comprendeva un’assemblea generale (pankus) e un tribunale (tuliyas), e la regina (tawananna) aveva pari dignità del re ma, differentemente delle monarchie dell’epoca, la coppia sovrana non fu mai divinizzata. Il controllo dell’impero era di tipo feudale, con il giuramento di fedeltà da parte del vassallo in cambio di terre, privilegi e protezione. La politica matrimoniale sanciva alleanze con i sovrani di piccole entità statali sottoposte, ma ci furono unioni di alto livello come quella fra la figlia del re Khattushili III con il faraone Ramesse II, stipulato su base paritetica. La burocrazia era quasi inesistente, quindi il re legittimava il suo potere attraverso l’eroismo militare e un comportamento ispirato a criteri di giustizia. L’esercito, composto da fanteria e carri, era l’elemento essenziale per l’espansione territoriale. In una società nella quale le operazioni di conquista furono una costante, il complesso rituale che accompagnava la partecipazione del re alle guerre, forniva l’occasione per dimostrare il favore divino di cui godeva il sovrano e la legittimazione del suo ruolo. La cultura ittita utilizzava sia la scrittura cuneiforme sia quella geroglifica, mentre la religione si basava su una triade divina composta dalla divinità solare Arinna, dagli dei delle tempeste Khatti e Nerikka. Divisi in un primo tempo, denominato Antico Regno, fra una molteplicità di città stato caratterizzate da una forte conflittualità reciproca, con i regni di Khattushili I e di Murshili I gli hittiti portarono a termine, tra il 1650 e il 1600 a.C., il processo di unificazione. Il primo trasferì a nord la capitale, da Nesha ad Hattusha, e ne fece una roccaforte inespugnabile in posizione dominante sull’altopiano anatolico, così da consentire il controllo del confine settentrionale. Il suo successore, Murshili I, conquistò quasi interamente la Siria e sconfisse Babilonia rovesciando la dinastia Amorrita. C’è da dire che poco dopo l’antica capitale della Mesopotamia fu controllata dai Cassiti. Alla morte di Murshili ci furono una serie di eventi che minarono il regno dall’interno, con accesi conflitti nella classe dirigente e a corte. Il problema della successione causò, nel Medio Regno Ittita, ossia intorno al 1350 a.C., la perdita di tutte le acquisizioni territoriali realizzate dai due sovrani fuori dall’Anatolia centrale, soprattutto il consolidarsi del regno di Mitanni nell’alta Mesopotamia e i continui problemi al confine nord causati dalle tribù dei kaskei. L’ultimo re dell’Antico Regno fu Telipinu che, con un editto provò, con esiti altalenanti, a riformare i meccanismi di successione al trono. Nel 1450 a.C., Tudkhaliya II e il suo successore Arnuwanda I avviarono una sistematica azione di riorganizzazione interna, riuscendo a ripristinare il ruolo del regno ittita nel panorama politico e militare anatolico. Tuttavia, pochi decenni dopo, ripresero le lotte intestine e il controllo fu ridotto alla sola area anatolica centrale. Con il grande sovrano Shuppiluliuma I, gli ittiti sottomisero i regni di Khayasha, di Kizzuwatna e di Mitanni, e l’impero si estese fino alle sorgenti del fiume Oronte, conquistando Qadesh e determinando, di fatto, un ruolo politico e militare pari a quello dei faraoni egizi. Suo figlio, Murshili II, fronteggiò una pestilenza e una serie di rivolte interne, e riuscì ad estendere il controllo ittita sul regno di Arzawa, nell’Anatolia occidentale. Con il successore Muwatalli, alla fine del XIV a.C., il regno fu spartito in due aree di controllo, una settentrionale, assai difficile da gestire, e una meridionale che continuava il suo processo di espansione. Muwatalli accettò che il fratello, il futuro re Khattushili III, governasse le zone a nord e fronteggiasse i kaskei, mentre lui si occupò di frenare le continue incursioni egizie e assire. Nel 1274 a.C., due immensi eserciti, ittita con Muwatalli ed egizio con Ramesse II, si affrontarono in quella che fu la più importante e documentata guerra dell’età del Bronzo: la celebre battaglia di Qadesh, propagandata come vittoriosa da ambedue i contendenti. Verosimilmente si concluse con un pareggio, ma segnò l’arresto dell’offensiva condotta in Siria dai faraoni della XIX dinastia. Celebrando la pace con un trattato in cui furono spartite le zone d’influenza, i due sovrani riuscirono per mezzo secolo a placare tumulti e rivolte in tutta la fascia costiera del Vicino Oriente. Alla morte di Muwatalli si aprì un’altra crisi dinastica che sfociò con la presa di potere da parte di Khattushili III, che mantenne in vita il trattato di pace firmato dal fratello. Alla fine del XIII a.C., pur con la conquista di Cipro da parte del sovrano Shuppiluliuma II, la situazione interna peggiorò e un nuovo scontro con gli Assiri sancì la perdita del regno di Khanigalbat. Un’altra questione importante è la perdita del controllo, da parte dell’impero, dell’area siriana che si organizzò autonomamente passando alla città di Karkemish che divenne il nuovo centro del mondo hittita. A quel punto, l’organizzazione interna si sfaldò e il sistema di vassalli crollò, con le grandi famiglie aristocratiche che si allontanarono dal re in un tentativo, che fallirà presto, di rendersi indipendenti dal potere centrale. Le attività economiche subirono un crollo, con un tasso di natalità così basso da causare lo spopolamento delle zone interne. Intere comunità si riversarono verso le coste e l’organizzazione dei villaggi non riuscì a garantire cibo per tutti a causa del crollo dei sistemi commerciali di scambio. In questa situazione di grave squilibrio, intorno al 1200 a.C., si sovrappose l’arrivo di nuove genti che si spostavano verso il Vicino Oriente, travolgendo la resistenza ittita e dilagando verso l’Egitto. Li ricordiamo con il nome di Popoli del Mare, genti di varia etnia che si riversarono lungo le coste mettendo a soqquadro le città e aprendo la strada ad altri invasori, i frigi, che penetrarono a loro volta entro i confini, distrussero la capitale Hattusha e si insediarono nell'Anatolia centrale ponendo fine, di fatto, all'impero ittita.


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