Archeologia. Gli Ittiti, formidabili guerrieri che organizzarono in Anatolia e Siria un'immenso impero sotto la capitale Hattusha. Furono loro a contrastare il faraone Ramesse II nella celebre battaglia di Qadesh.
Articolo di Pierluigi Montalbano
Gli Ittiti furono uno dei più potenti popoli indoeuropei
dell’età del Bronzo. Presenti nella zona anatolica, raggiunsero l’apice del
loro sviluppo fra il 1400 e il 1200 a.C., quando il loro impero abbracciava la
zona compresa fra il Mediterraneo e il Mar Nero, l’alto corso del Tigri e le
sorgenti dell’Oronte. La qualità del clima favorì l’allevamento ovino e
caprino, l’agricoltura
di cereali e la coltivazione della vite e dell’ulivo, con una produzione di
vino e olio che affiancava l’abbondanza di materie prime come legname e
metalli pregiati, consentendo di organizzare nelle loro città, intorno a palazzi e templi, una
serie di attività artigianali e mercantili che condussero a un florido sistema
di palazzo. L’organizzazione era gestita da guerrieri e amministratori che
dipendevano direttamente dal
sovrano, che li ricompensava con un appezzamento
di terra per i servizi prestati. I contadini liberi vivevano in villaggi a capo
dei c’erano un primo cittadino e un collegio di anziani, tutti tenuti al
pagamento di un tributo e alla prestazione di un notevole numero di giornate
lavorative di servizio per conto del palazzo. Il re (tabarna) governava con
potere assoluto, ma le violente lotte per la successione causarono sempre una
forte instabilità e il loro declino. Il meccanismo di funzionamento della
società comprendeva un’assemblea generale (pankus) e un tribunale (tuliyas), e
la regina (tawananna) aveva pari dignità del re ma, differentemente delle
monarchie dell’epoca, la coppia sovrana non fu mai divinizzata. Il controllo
dell’impero era di tipo feudale, con il giuramento di fedeltà da parte del vassallo
in cambio di terre, privilegi e protezione. La politica matrimoniale sanciva
alleanze con i sovrani di piccole entità statali sottoposte, ma ci furono
unioni di alto livello come quella fra la figlia del re Khattushili III con il
faraone Ramesse II, stipulato su base paritetica. La burocrazia era quasi
inesistente, quindi il re legittimava il suo potere attraverso l’eroismo militare
e un comportamento ispirato a criteri di giustizia. L’esercito, composto da
fanteria e carri, era l’elemento essenziale per l’espansione territoriale. In
una società nella quale le operazioni di conquista furono una costante, il
complesso rituale che accompagnava la partecipazione del re alle guerre,
forniva l’occasione per dimostrare il favore divino di cui godeva il sovrano e
la legittimazione del suo ruolo. La cultura ittita utilizzava sia la scrittura
cuneiforme sia quella geroglifica, mentre la religione si basava su una triade
divina composta dalla divinità solare Arinna, dagli dei delle tempeste Khatti e
Nerikka. Divisi in un primo tempo, denominato Antico Regno, fra una
molteplicità di città stato caratterizzate da una forte conflittualità
reciproca, con i regni di Khattushili I e di Murshili I gli hittiti portarono a
termine, tra il 1650 e il 1600 a.C., il processo di unificazione. Il primo
trasferì a nord la capitale, da Nesha ad Hattusha, e ne fece una roccaforte
inespugnabile in posizione dominante sull’altopiano anatolico, così da
consentire il controllo del confine settentrionale. Il suo successore, Murshili
I, conquistò quasi interamente la Siria e sconfisse Babilonia rovesciando la
dinastia Amorrita. C’è da dire che poco dopo l’antica capitale della
Mesopotamia fu controllata dai Cassiti. Alla morte di Murshili ci furono una
serie di eventi che minarono il regno dall’interno, con accesi conflitti nella
classe dirigente e a corte. Il problema della successione causò, nel Medio
Regno Ittita, ossia intorno al 1350 a.C., la perdita di tutte le acquisizioni
territoriali realizzate dai due sovrani fuori dall’Anatolia centrale,
soprattutto il consolidarsi del regno di Mitanni nell’alta Mesopotamia e i
continui problemi al confine nord causati dalle tribù dei kaskei. L’ultimo re
dell’Antico Regno fu Telipinu che, con un editto provò, con esiti altalenanti,
a riformare i meccanismi di successione al trono. Nel 1450 a.C., Tudkhaliya II
e il suo successore Arnuwanda I avviarono una sistematica azione di
riorganizzazione interna, riuscendo a ripristinare il ruolo del regno ittita
nel panorama politico e militare anatolico. Tuttavia, pochi decenni dopo,
ripresero le lotte intestine e il controllo fu ridotto alla sola area anatolica
centrale. Con il grande sovrano Shuppiluliuma I, gli ittiti sottomisero i regni
di Khayasha, di Kizzuwatna e di Mitanni, e l’impero si estese fino alle
sorgenti del fiume Oronte, conquistando Qadesh e determinando, di fatto, un
ruolo politico e militare pari a quello dei faraoni egizi. Suo figlio, Murshili
II, fronteggiò una pestilenza e una serie di rivolte interne, e riuscì ad
estendere il controllo ittita sul regno di Arzawa, nell’Anatolia occidentale. Con
il successore Muwatalli, alla fine del XIV a.C., il regno fu spartito in due
aree di controllo, una settentrionale, assai difficile da gestire, e una
meridionale che continuava il suo processo di espansione. Muwatalli accettò che
il fratello, il futuro re Khattushili III, governasse le zone a nord e
fronteggiasse i kaskei, mentre lui si occupò di frenare le continue incursioni
egizie e assire. Nel 1274 a.C., due immensi eserciti, ittita con Muwatalli ed
egizio con Ramesse II, si affrontarono in quella che fu la più importante e
documentata guerra dell’età del Bronzo: la celebre battaglia di Qadesh,
propagandata come vittoriosa da ambedue i contendenti. Verosimilmente si
concluse con un pareggio, ma segnò l’arresto dell’offensiva condotta in Siria
dai faraoni della XIX dinastia. Celebrando la pace con un trattato in cui furono
spartite le zone d’influenza, i due sovrani riuscirono per mezzo secolo a
placare tumulti e rivolte in tutta la fascia costiera del Vicino Oriente. Alla
morte di Muwatalli si aprì un’altra crisi dinastica che sfociò con la presa di
potere da parte di Khattushili III, che mantenne in vita il trattato di pace
firmato dal fratello. Alla fine del XIII a.C., pur con la conquista di Cipro da
parte del sovrano Shuppiluliuma II, la situazione interna peggiorò e un nuovo
scontro con gli Assiri sancì la perdita del regno di Khanigalbat. Un’altra
questione importante è la perdita del controllo, da parte dell’impero, dell’area
siriana che si organizzò autonomamente passando alla città di Karkemish che
divenne il nuovo centro del mondo hittita. A quel punto, l’organizzazione
interna si sfaldò e il sistema di vassalli crollò, con le grandi famiglie
aristocratiche che si allontanarono dal re in un tentativo, che fallirà presto,
di rendersi indipendenti dal potere centrale. Le attività economiche subirono
un crollo, con un tasso di natalità così basso da causare lo spopolamento delle
zone interne. Intere comunità si riversarono verso le coste e l’organizzazione
dei villaggi non riuscì a garantire cibo per tutti a causa del crollo dei
sistemi commerciali di scambio. In questa situazione di grave squilibrio,
intorno al 1200 a.C., si sovrappose l’arrivo di nuove genti che si spostavano
verso il Vicino Oriente, travolgendo la resistenza ittita e dilagando verso l’Egitto.
Li ricordiamo con il nome di Popoli del Mare, genti di varia etnia che si
riversarono lungo le coste mettendo a soqquadro le città e aprendo la strada ad
altri invasori, i frigi, che penetrarono a loro volta entro i confini,
distrussero la capitale Hattusha e si insediarono nell'Anatolia centrale
ponendo fine, di fatto, all'impero ittita.
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