sabato 6 ottobre 2018
Archeologia. A Villasimius è iniziata una nuova campagna di scavi nel sito di Cuccureddus, un luogo sacro e strategico che ha attraversato la Civiltà Nuragica, l’età fenicia, quella punica e arrivò all’età romana.
Archeologia. A Villasimius è
iniziata una nuova campagna di scavi nel sito di Cuccureddus, un luogo sacro e
strategico che ha attraversato la Civiltà Nuragica, l’età fenicia, quella
punica e arrivò all’età romana.
A 30 anni dalle prime ricerche, emergono nuovi studi e reperti che
rivelano un insediamento molto più ampio di quanto originariamente ipotizzato,
e ne confermano l’importanza cruciale nelle rotte commerciali del Mediterraneo.
Il rinvenimento di nuovi
ambienti e reperti che potranno aiutare a rispondere alle numerose domande
sulle origini del sito fenicio-punico e, in particolare, consentiranno di
chiarire quale sia stato il suo ruolo nel Mare Mediterraneo. I primi scavi
furono condotti negli anni Ottanta del secolo scorso, e i dati emersi a seguito
del riordino e dello studio dei
vecchi materiali, iniziato nel 2016, e dalla
nuova campagna di scavi partita il 26 settembre scorso, sono stati presentate
nel corso di una conferenza stampa a Villasimius, dall’archeologo Michele
Guirguis che coordina i lavori.
“Ora sappiamo che
l’insediamento di Cuccureddus dominava la baia del rio Foxi già in età tardo nuragica
e fenicia, e fu un approdo strategico nell’ambito delle rotte commerciali
centro-mediterranee insieme a Sarcapos, nella costa orientale, prima porta di
accesso verso il Golfo degli Angeli. Qui fu eretto anche un santuario,
probabilmente dedicato alla divinità femminile Astarte, frequentato sino
all’età romana imperiale, come testimonia il rinvenimento di monete del
periodo”, afferma l’archeologo.
Il materiale
rinvenuto è eterogeneo, di tipologia fenicia, greca ed etrusca. Tra gli oggetti
ritrovati negli scavi più recenti, una lucerna in ceramica, un deposito di
anfore di età fenicia e 12 monete di età romana, raffiguranti, tra gli altri,
gli imperatori Aureliano, Marco Aurelio, Agrippa e Giuliano L’Apostata.
“Abbiamo scoperto che i reperti di epoca fenicia sono rimasti protetti sotto un
crollo avvenuto a causa di un incendio avvenuto intorno al 520 a.C., dopo di
che l’area è rimasta quasi totalmente disabitata fino al 300 a.C., quando ritroviamo
le prime testimonianze di un santuario risalente all’età punico-romana, che
rimane in uso fino al V secolo d.C”, sostiene Guirguis. La presenza del
santuario sarebbe confermata dal ritrovamento di cretule in argilla, che sigillavano
i documenti in papiro conservati all’interno dei templi. Altri resti fanno
ipotizzare la presenza di una necropoli fenicia. I nuovi dati stanno
trapelando anche dallo studio e dal riordino di vecchi materiali rinvenuti
negli anni Ottanta, ad esempio molta ceramica etrusca e una matrice in pietra
per produrre piccoli gioielli in metallo pregiato.
Gli scavi 2018
mirano a ottenere nuovi dati sull’articolazione degli ambienti che si trovano
affacciati sul bordo del pianoro di Cuccureddus e a concludere l’esplorazione
stratigrafica di quelli già posti in luce, fino al raggiungimento della roccia sterile. In
parallelo si lavorerà sulla documentazione planimetrica generale e di
dettaglio, per un ampliamento dell’area di scavo verso la parte centrale del
pianoro, al fine di verificare la presenza di ulteriori strutture e strati di
deposito. “Al momento, dopo una prima campagna di ricerche terminata
ad ottobre 2017, siamo impegnati negli scavi stratigrafici sul colle più basso
di Cuccureddus, dove le prime indagini effettuate negli anni Ottanta avevano
messo in luce un insediamento e un santuario di età fenicia e romana”, spiega
lo studioso.
La nuova stagione
di ricerche, d’intesa tra il Comune di Villasimius e il Dipartimento di Storia,
Scienze dell’Uomo e della Formazione dell’Università di Sassari, sta riportando
alla luce le testimonianze sulla frequentazione umana nel pianoro tra la fine
del VII sec. a.C. e il VI sec. d.C., circa un millennio di storia. Agli scavi
partecipano archeologi, specializzandi e studenti dell’Università di Sassari.
“Le indagini del 2017 hanno mostrato l’ampia potenzialità del sito, in termini
di elementi utili per la ricostruzione della frequentazione nel corso dei
secoli di questo settore della Sardegna sud-orientale, con specifico
riferimento alle fasi di età fenicia. Gli scavi, sebbene su una porzione
ridotta del sito e all’interno di strutture già individuate, hanno confermato
l’articolazione cronologica complessiva dell’area, dall’età fenicia a quella
romana”, afferma il professor Guirguis. “Nel 2018 ci stiamo concentrando
sull’individuazione di altre strutture murarie che possano attribuirsi a età
fenicia, con un allargamento del fronte di scavo verso la parte centrale del colle
– prosegue l’esperto – mentre le testimonianze di età romana imperiale sono al
momento documentate esclusivamente attraverso reperti mobili”. La maggiore
precisione delle ricerche è resa possibile anche grazie all’utilizzo delle
nuove tecnologie, tra cui droni e gps differenziale per il telerilevamento.
I risultati delle
ricerche a Cuccureddus saranno presentati nel IX Congreso Internacional de
Estudios Fenicios y Punicos, in programma a Mérida (Spagna) il 22 ottobre
prossimo. “La visibilità in un consesso internazionale contribuirà in maniera
concreta alla conoscenza e diffusione del patrimonio culturale e archeologico
di Villasimius”, sostiene il direttore degli scavi, sottolineando anche la
valenza paesaggistica di questo sito: “La collocazione a 62 metri sul livello
del mare a ridosso della spiaggia di Campus, con una vista spettacolare sulla
costa, rende Cuccureddus estremamente suggestivo nell’ottica di una fruizione
futura da parte dei visitatori”. E’ già in progettazione l’installazione di
pannelli esplicativi che saranno posizionati all’ingresso della strada di
accesso all’area e a ridosso del sito, in attesa che l’insediamento possa
diventare pienamente visitabile.
“Con uno stanziamento importante di risorse
per la cultura, anche in un’ottica di destagionalizzazione, abbiamo voluto
tracciare un solco, e mi auguro che le amministrazioni che si succederanno
vorranno proseguire in questa direzione”, ha detto il sindaco Gianluca Dessì.
Il primo cittadino ha sottolineato la grande disponibilità da parte delle
famiglie Valerio e Parodi, proprietarie delle terre sulle quali il sito archeologico
è situato, senza la cui collaborazione gli scavi non sarebbero stati possibili.
La ripresa degli
scavi è stata presentata nell’ambito della Conferenza sulle Politiche Culturali
del Territorio, che si è tenuta a Casa Todde, a Villasimius, e alla quale hanno
preso parte, oltre al professor Guirguis, il sindaco Dessì, la direttrice del
Museo Archeologico Elisabetta Gaudina, che ha coordinato i lavori, il geologo
Dario Cinus, che ha fornito un inquadramento geologico del territorio e
dell’evoluzione strutturale del Mediterraneo e della Sardegna, e la specialista
in beni culturali Elisabetta Valtan, che ha illustrato il progetto di messa in
sicurezza e restauro conservativo della Torre di Porto Giunco.
Il progetto di
messa in sicurezza e restauro conservativo della torre più nota di Villasimius
è stato presentato nel settembre scorso tramite un Piano di Sviluppo Rurale per
il restauro dei beni facenti parte del patrimonio culturale dei villaggi, con
la richiesta di un finanziamento per un quadro economico di 300 mila euro. Il
progetto prevede la messa in sicurezza e il rifacimento delle strutture murarie
andate in crollo e della scala a chiocciola interna, il ripristino delle
architravi in ginepro e la creazione di una scala esterna per la fruizione
della torre. “L’obiettivo dell’amministrazione – ha spiegato la dottoressa
Valtan – è quello di creare un sistema di fruizione delle torri costiere”.
Fonte: http://www.castedduonline.it/nuovi-scavi-a-cuccureddus-fu-un-sito-fenicio-strategico/
Allego un mio breve articolo sul sito, dal libro Antichi popoli del Mediterraneo, Capone Editore, Edito nel Gennaio del 2011.
Villasimius
Presso Capo Carbonara, sulla costa sud orientale dell’isola,
c’e l’approdo denominato Cuccureddu di Villasimius, alla foce di un torrente. Gli scavi
mostrano tracce dell’insediamento alla base delle colline. Due scalinate conducono verso le pendici del colle
dove si notano i muri di un edificio nella cui struttura principale sono stati svuotati una serie di
vani arcaici. Furono ricoperti di terra in eta romano-repubblicana per costruire un tempio in mattoni crudi che poi
crollo sigillando tutto. Si tratta di 4 piccoli ambienti contigui e uno sfalsato, delimitati
da muri rettilinei, intonacati con argilla. Hanno pavimenti in terra battuta, uno zoccolo in pietrame
squadrato cementato con malta di fango e l’alzato in mattoni crudi. Le coperture con travi lignee, oggi
scomparse, erano ricoperte da canne e rivestite con argilla cruda pressata che si e cotta durante un
incendio.
I materiali esposti al museo di Villasimius sono
prevalentemente d’importazione greca, corinzia e
fenicia, con parecchi oggetti votivi. La
frequentazione va dal 650 a.C. al 540 a.C., anno della
distruzione. Il tempio è dedicato ad Astarte, una
delle divinità fenicie legate alla navigazione e ai
marinai. Nei vani ci sono unguentari e portaprofumi,
simili a quelli utilizzati nei templi dove si
svolgeva la prostituzione sacra, attività con risvolti
economici che riconduce a questa Dea cipriota,
attività gestita da sacerdotesse per incrementare il
tesoro del tempio e favorire l’integrazione con i
forestieri. Nel mito di fondazione di Cartagine
abbiamo descritto le vicende della leggendaria
Elissa/Didone che a Cipro imbarco le sacerdotesse del
tempio dedite a questa attività e le porto a
Cartagine. Altra testimonianza importante del luogo e
offerta dalle cretule in terracotta bruciate
nell’incendio che verso la meta del VI a.C. distrusse
il sito. Questi sigilli per documenti sono conservati al museo di Villasimius e, come avveniva fino a epoca
medievale, testimoniano le attività
diplomatiche, commerciali e politiche che si
svolgevano nel tempio. Cuccureddu era certamente un
approdo importante, un punto d’incontro fra locali e
commercianti che arrivavano per mare: non e da escludere che il tempio fu fondato proprio per
garantire gli scambi. Una sorta di porto franco dove la divinità garantiva i commerci e le transazioni. Nel II
a.C. sopra il sito fu edificato un altro tempio che ha restituito molti materiali ceramici. Il tempio di
Astarte fu ristrutturato da Caracalla e rimasto in uso fino al IV d.C.
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