Adesso, un nuovo studio pubblicato su Plos One testimonia il ritrovamento della più antica produzione casearia nel Mediterraneo, grazie all'identificazione di tracce di formaggio su frammenti di ceramica risalenti a 7.200 anni fa. Tuttavia, alcuni scienziati sollevano alcuni dubbi, suggerendo
I ricercatori hanno documentato in modo approfondito la produzione di latte in tutto il Mediterraneo, fino a 6 mila anni fa. Nell'attuale Turchia nord-occidentale, gli antichi uomini mungevano il bestiame già a partire da 8500 anni fa. Ma, come spiega Sarah McClure, archeologa ambientale della Pennsylvania State University, responsabile dello studio, i test genetici suggeriscono che le antiche popolazioni che vivevano nell'area investigata, in Croazia, a eccezione dei bambini, non riuscissero a digerire il latte.
"Perché mungere il bestiame se il consumo di latte provocava gravi disturbi gastrointestinali?", si è domandata la studiosa.
Forse - sostiene il team di ricerca - lo hanno in parte usato per produrre formaggio. La fermentazione riduce infatti il contenuto di lattosio nel latte: la scoperta delle tecniche di produzione del formaggio sarebbe dunque stata un'ottima opportunità per accedere a una nuova fonte alimentare, deliziosa e nutriente.
Ed è proprio quello che documentano alcuni studi condotti in passato. Nel 2012, i ricercatori hanno identificato in Polonia tracce del processo di produzione del formaggio, risalenti ad almeno 7 mila anni fa. Nel Mediterraneo, tuttavia, le prime prove certe della produzione di formaggio risalgono a migliaia di anni dopo, dall’Età del bronzo.
Lo scopo degli autori del nuovo studio non era quello di trovare tracce di formaggio, ma di studiare piuttosto la conservazione del cibo nel Mediterraneo. Gli studiosi hanno indagato due siti neolitici situati vicino alla costa della Croazia, raccogliendo frammenti di ceramica risalenti a un periodo compreso fra il 6.000 e il 5.000 a. C. Dalla superficie delle ceramiche, hanno poi estratto le tracce di acidi grassi, analizzandole grazie alla spettrometria di massa e allo studio delle impronte isotopiche del carbonio, allo scopo di capire se queste fossero riconducibili a carne, latte o formaggio.
In generale, come afferma McClure, i lipidi si differenziavano a seconda del tipo di ceramica. Alcuni tipi di ceramica sembravano essere stati utilizzati per conservare il latte, altri per contenere la carne, altri ancora il formaggio.
Il latte era contenuto in rari vasi di terracotta, la figulina, realizzata da argille a grana fine e poi cotta in presenza di un'elevata circolazione d'aria. "Forse, il latte era contenuto in questo particolare tipo di ceramica anche perché rappresentava un alimento speciale o perché veniva usato in un modo particolare", spiega McClure.
I ricercatori avrebbero inoltre individuato tracce di latte o prodotti derivati dalla fermentazione del latte su tre setacci di ceramica caratterizzati da una grande quantità di fori. Studi condotti in precedenza su setacci simili rinvenuti in Polonia suggeriscono che tali strumenti fossero utilizzati nelle fasi finali della produzione del formaggio, allo scopo di separare la cagliata dal siero. Il nuovo studio, in parte finanziato dalla National Geographic Society, ha permesso di effettuare, per la prima volta, le analisi sulle tracce di acidi grassi individuate su simili oggetti in ceramica nel Mediterraneo.
Eppure alcuni scienziati temono che si possa giungere a conclusioni errate. Come afferma Mélanie Roffet-Salque, ricercatrice dell'Università di Bristol, "non c'è nessuna prova della presenza di formaggio nei rython", il tipo di contenitori in ceramica sui quali i ricercatori del nuovo studio affermano di aver individuato il prodotto a base di latte fermentato.
Secondo i risultati di uno studio condotto da Roffet-Salque e colleghi, pubblicato l'anno scorso sulla rivista Archaeological and Anthropological Sciences, questi campioni hanno impronte isotopiche che non rientrano nell'intervallo riferibile al latte delle mucche attuali. Questo perché molti animali moderni vengono spesso alimentati con il cosiddetto insilato, un mix pretritato che può includere mais, erbe e legumi - in grado di modificare l'impronta isotopica nei loro grassi.
Roffet-Salque suggerisce invece che le tracce di acidi grassi individuate sulla superficie delle ceramiche croate possano provenire da una combinazione di carni.
Clayton Magill della Heriot-Watt University di Edimburgo, fra gli autori dello studio, comprende le preoccupazioni della collega: "La presenza di mais rende difficile le interpretazioni isotopiche", afferma. Tuttavia, difende il suo lavoro e quello dei colleghi, sostenendo che il team di ricerca fosse maggiormente interessato ai processi batterici su cui si basa la produzione del formaggio, che secondo alcuni studi interferiscono con l'impronta isotopica del latte.
"Facendo riferimento alla letteratura della microbiologia, troviamo validi motivi per credere che i grassi presenti nel latte fermentato rientrino in questa categoria", prosegue.
Paul Kindstedt, docente di Scienze alimentari specializzato nello studio dei formaggi all'Università del Vermont, negli Stati Uniti, non vedeva l'ora di leggere il nuovo studio. Sebbene anche lo studioso ritenga che sia difficile distinguere fra latte, formaggio e perfino burro basandosi sullo studio di questi antichi acidi grassi, sostiene tuttavia che l'analisi dei lipidi presenti nei setacci - la prima in assoluto effettuata in quest'area - possa fornire nuove importanti informazioni.
Anche riguardo all'analisi dei setacci, Roffet-Salque invita alla cautela. Dei tre setacci analizzati, la ricercatrice sostiene che solo in un caso potrebbe trattarsi di latte; ma, come nel caso dei vasi, la composizione isotopica differisce leggermente da ciò che ci si aspetterebbe. Occorrono dunque ulteriori approfondimenti.
"Gli altri setacci hanno una composizione isotopica che non permette di giungere a conclusioni precise, risultando difatti a metà strada tra quella che caratterizza solitamente i grassi dei ruminanti e quella riferibile ai grassi da latte", sostiene la studiosa. E solo un singolo campione non può dire molto. Per fare un confronto, nell'ambito di uno studio condotto in Polonia da Roffet-Salque, grazie al quale erano state identificate tracce di formaggio, erano stati analizzati i lipidi presenti su 50 frammenti di setacci contenuti in 34 recipienti, oltre a numerosi altri frammenti di contenitori.
Magill risponde alle critiche, sottolineando che è necessario uno studio più approfondito sulle caratteristiche del formaggio, di ieri e di oggi, per migliorare la qualità delle ricerche future sul tema.
"Non è di certo la scienza più 'attraente', né la più semplice, ed è piuttosto difficile ottenere finanziamenti per studi come questo", spiega Magill. "Ma è tuttavia essenziale per la validità e la forza delle nostre interpretazioni, indipendentemente dalle opinioni che ognuno può avere a riguardo".
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