Archeologia. L’Isola del continente: L’Atlantide
tra fantasia e storia.
di Giovanni Ugas
Atlantide: dall’Oceano al
Continente
1. Nel Timeo (24e-25a)
Platone afferma: «…Narrano le
scritture egizie che una volta i vostri cittadini di Atene posero freno a questa spaventosa ostilità (d’Atlantide) che invadeva tutta l’Europa e
l’Asia, provenendo dal mare Atlantico. Allora infatti quel mare era
navigabile e davanti a quell’imboccatura che voi chiamate colonne d’Ercole,
aveva un’isola e quest’isola era più grande della Lybia e dell’Asia messe
insieme; partendo da essa era possibile raggiungere le altre isole, e dalle isole tutto il continente opposto
che si trovava intorno a quel Vero mare. Infatti, tutto ciò che è compreso nell’imboccatura di cui vi ho parlato appare come un porto
caratterizzato da una stretta entrata. Quell’altro mare invece, puoi effettivamente
chiamarlo Vero mare e quella terra che
interamente lo circonda puoi veramente e
giustamente chiamarla continente Vero».
Platone colloca l’Atlantide nell’Oceano Atlantico,
ma afferma che la parte estrema dell’isola si trovava dinanzi alle Colonne d’Eracle (lo stretto di
Gibilterra) ed era ubicata di fronte alla regione «oggi chiamata Gadirica dal nome di quella località». Ora, poiché la
località di Gadir (Gadeira in greco) è la città fenicia di Cadice, l’estremità
di Atlantide si trova dirimpetto alla penisola iberica e ciò è confermato dal
fatto che il nome del re Gadirico si traduce in greco Eumelo “il signore
delle belle pecore o belle mele”, richiamando l’eroe iberico Gerione e
la sua lotta con Eracle. Platone dunque si contraddice e rivela la sua
fantasticheria perché la parte più lontana, occidentale, rispetto all’Egitto,
trovandosi di fronte all’Iberia, necessariamente cade non nell’Oceano Atlantico
ma nell’estremità dell’Africa nord occidentale, nella Tingitana sede dell’eroe
Anteo, di cui si dirà.
D’altronde, i dati geografici
dell’isola di Atlantide corrispondono
pienamente all’Africa atlantica e mediterranea compresa, tra il Marocco e la
Tunisia, con l’ossatura formata dalle catene dei Monti Atlanti. Infatti, non
solo il reame di Eumelo richiama la Tingitana che fronteggia la regione di
Cadice, ma altresì il nome del distretto di Azaes (Arido) si addice alla zona
desertica a sud dei Monti Atlanti, la terra che nutre gli elefanti riporta ad
una antica zona libica con pachidermi e infine, per la natura agricola e
marinara del suo distretto, la regione della città regia fa pensare alla
Tunisia.
Nel concepire l’Atlantide, Platone ha in testa
l’Africa di Nord-ovest anche perché da Atlantide/Africa settentrionale, facendo tappa sulle “isole di mezzo”, vale a dire Baleari,
Sardegna, Corsica e Sicilia, si raggiunge il continente opposto (l’Europa) o
continente Vero che circonda il mare Vero, il Mediterraneo occidentale, quello
che per Erodoto è il Mare Sardonio.
2. In effetti, tutto ciò che ha
a che fare con il nome di Atlante (Monti Atlanti, abitanti Atlanti o Atlantidi,
Oceano Atlantico, Dio/colonna Atlante) è sistematicamente in rapporto con
l’Africa nord-occidentale. Così, Erodoto (I, 202; IV,42 e 182-185), circa 80
anni prima che Platone ci informasse sulla geografia di Atlantide, sostiene che il Monte Atlante e la popolazione degli
Atlanti sono situati lungo il ciglione di sabbia che si estende a Sud della
fascia litoranea mediterranea dove prima si incontrano i popoli pastorali
nomadi (Asbiti, Libi etc.) e poi gli agricoltori stanziali (Ausei, Maxues,
Zauechi e Gizanti), a Ovest della palude Tritonia, cioè la piccola Sirte
(Annibaletto, 1956 p. 451; Bona, 2006 pp. 203 e ss.).
Gli Atlanti si trovano sul
tracciato della via delle oasi che da Tebe (errore per Memphi?), in Egitto,
raggiunge e supera (più a W) le Colonne
d’Eracle (stretto di Gibilterra) dopo 50 giorni di cammino scanditi
dalle tappe di 10 giorni costituite dall’oasi di Siwa, l’oasi di Augila, la
collina dei Garamanti e la collina degli Ataranti . Il percorso lungo le Oasi è
utilizzato da Erodoto per dimostrare che la Libia (l’Africa) e l’Asia messe
insieme erano vaste quanto l’Europa, lungo il Mediterraneo, e ciò consente di
capire che per l’Asia Platone (Timeo 24b)
intende l’Asia mediterranea tra l’Egitto e la Siria .
3. Se Platone senza rivelarlo
segue Erodoto, Diodoro Siculo (80-30 a.C.) segue entrambi e interpreta ed
emenda il filosofo nel suo racconto evemeristico (IV, 27) sull’isola di
Esperide, abitata dai fratelli Espero e Atlante. Espero ha una figlia,
Esperide, che dà in matrimonio a suo fratello Atlante e da lui Esperide ottiene
sette figlie chiamate sia Atlantidi che Esperidi. I pirati del mare inviati dal
re d’Egitto Busiride le rapirono mentre giocavano in un giardino ma Eracle li
sorprese sulla spiaggia e riportò le fanciulle ad Atlante; questi per compenso
aiutò l’eroe a recuperare le mele d’oro e svelò agli uomini i misteri
dell’astronomia e la dottrina della sfera che, come in Platone (Timeo, 12), fu
scoperta in Occidente.
Esperide è speculare rispetto
ad Atlantide perché era una grande isola occidentale e «produceva alberi da frutto di ogni specie, aveva molte mandrie e greggi
di pecore e capre», ma il regime politico è matrilineare e vi dominano
le donne, le mitiche Amazoni vicine delle Atlantidi. Riallacciandosi a Erodoto
ed Esiodo, Diodoro (III, 53; III, 56-61) afferma che quella di Atlante era «una montagna sorgente dalla costa oceanica
che è la più alta tra le catene montuose circostanti» vicina alla palude
Tritonide in Libia, che bagna le rive dell’isola di Esperide. È chiaro che
un’isola tanto grande come l’Esperide non può essere né Kerkenna né Gjerba che
fronteggiano la piccola Sirte, ma piuttosto la vasta regione continentale
dell’Africa mediterranea occidentale.
Platone non specifica la
posizione di Atlantide rispetto
all’Africa ma segnala che il regno di Eumelo è prospiciente alla zona di Cadice
nell’Iberia e che il tratto dell’Oceano Atlantico di fronte alle Colonne è
impraticabile a causa «dell’enorme deposito
di fango… formato dall’isola quando si adagiò sul fondale» (Timeo 25
c-d). La notizia è ripresa da Aristotele (Metereologica, II) «le
parti del mare situate al di là delle Colonne d’Eracle sono al riparo dal vento
a causa del fango». Diversamente, Diodoro afferma che da un terremoto,
che provocò uno strato di fango melmoso marino, furono devastate le porte della
palude Tritonia che bagna l’Esperide. In questa palude Tritonia, cioè nelle
acque basse della Piccola Sirte, si incagliò anche la nave degli Argonauti
guidata da Giasone (Erodoto IV, 179-180) .
Nella realtà di fronte allo
stretto di Gibilterra, il mare è profondo e pienamente navigabile e anche nel
passato lo era ed è palese che Platone giustifica la scomparsa dell’Atlantide (Crizia, 108) avendo
in mente il difficile passaggio sulla fangosa palude Tritonia. A questo punto
occorre rilevare che in Dicearco (in Polibio, XXXIV, 6) la posizione delle Colonne d’Eracle coincide con
quella delle Porte sulla palude Tritonia e dunque l’isola diodorea di Esperide
corrisponde, in modo speculare, all’isola platoniana di Atlantide. Infatti, alla fine del
sec. IV a.C., Dicearco sostiene che le Colonne d’Eracle distano 10.000 stadi
(ca. km 1780) dal Peloponneso , e 3000 stadi (ca. km 534) dallo stretto di Sicilia
(Messina) e dunque si riferisce alla costa della Piccola Sirte presso il golfo
di Gabes, non allo stretto di Gibilterra.
Ciò non può destare meraviglia
perché nell’antichità le colonne/porte risultano dislocate in varie parti del
Mediterraneo (Prontera, 1996) ed è evidente che per creare una geografia
fantasiosa Platone ha trasferito la sua isola atlantidea nell’abisso dei mari,
scambiando le colonne, ribaltando e proiettando l’Africa Nord occidentale in
pieno Oceano Atlantico.
4. Dalle pagine di Diodoro si
può capire anche dove Platone trovò l’imput per il suo artificioso
trasferimento della terra di Atlantide in
pieno Oceano. Per definire l’Esperide, Diodoro impiega il vocabolo greco nesos,
“isola”, non nel senso di “terra circondata dal mare” ma di “terra lambita dal mare”. Nella
sostanza, lo storico utilizza il termine nesos così come gli Egizi impiegavano il vocabolo iw che significa sia “isola circondata dal mare”, sia “regione litoranea” .
Inizialmente anche il vocabolo
greco nesos aveva lo
stesso doppio significato considerato che il Peloponneso (Pelopos nesos), cioè l’Isola di Pelope, è una penisola, una
terra continentale. Lo stesso discorso vale per l’Atlantide, la cui dimensione
fisica e, come si dirà, storica deriva almeno in parte dalle scritture egizie.
Se Platone ha collocato l’Atlantide in
mezzo all’Oceano è perché la sua isola, come l’Esperide diodorea, era designata
nei testi egizi con l’appellativo di iw, nel significato di “terra
lambita dal mare”, non di “terra
circondata dal mare”. Peraltro, su Platone, o sulla sua fonte, può aver
influito anche la conoscenza dell’espressione geografica egizia iww wṯ ‘nty’ (Iuu Utantiu), poco frequente ma registrata già nella “stele poetica” del faraone Tuthmosis
III (1490-1436 a.C.) , che designava l’Africa Nord-Occidentale e che alle
orecchie dei Greci doveva essere percepita come “Isole di Utantiu”, dunque “Isole di Atlante” .
Il substrato storico delle
vicende di Atlantide
1. Platone (Crizia, 111a) afferma che «…Essendoci
stati dunque molti e terribili cataclismi in questi novemila anni … che
intercorrono da quel tempo (della guerra di Atene contro Atlantide) fino a
oggi…». La data può essere coerente con la fondazione dell’abitato
primordiale di Poseidon, fortificato con fossati e corone di terra, e con
l’assenza della navigazione, ma non con la città successiva. Invero, a parte i
rimandi all’età arcaica e classica greca (geometria della città, la statua di
Poseidon che ricorda lo Zeus di Fidia, enormità dell’esercito), i fondamenti evenemenziali
di Atlantide conducono
decisamente alla seconda metà del II millennio a.C., in particolare i cocchi da
guerra a due cavalli, i metalli impiegati nelle mura della città, le armi in
bronzo, tra cui i piccoli scudi circolari (mikraspida) apparsi con i Popoli del Mare, l’assenza del ferro. Le incongruenze
cronologiche possono derivare da notizie non comprese dalle fonti di Platone,
ma è palese che il filosofo ha trasferito su un piano mitico gli eventi storici
che sostengono il lόgos
Atlantikόs, così come ha fatto per i dati geografici.
2. Ovviamente, nella
letteratura classica e nei testi egizi non esiste alcuna notizia su una terra
vastissima immersa nell’Oceano Atlantico e protagonista di un conflitto epocale
con l’Egitto e l’Est del Mediterraneo ma, non di meno l’azione di conquista
attuata nel Mediterraneo dai re di Atlantide trova riscontro nei documenti
egizi, come asseriva Platone a patto che si collochi l’Isola in Africa (Ugas,
1996 p. 616).
Infatti, Diodoro (III, 52-55)
afferma: «… Le Amazoni della
Libia… compirono gesta famose”… molte generazioni prima della guerra troiana…
Secondo i loro miti, risiedevano su un’isola chiamata Espera per la sua
posizione verso occidente, posta nella palude Tritonide. …. Le Amazoni, essendo
di razza superiore…sottomisero molti Libi vicini…, fondando all’interno della
Palude Tritonide una grossa città…(Kerronesos) e giungendo a invadere molte
parti dell’Ecumene». «…(la loro
regina) Mirina, passata in Egitto, stipulò un patto con Oros, poi, dopo aver
fatto guerra agli Arabi, sottomise la Siria» e appresso procedette a
molte conquiste in Anatolia.
È palese che rispettivamente
da Diodoro e Platone sono attribuite alle Amazoni di Espera e ai re diAtlantide le gesta, ignote alla
letteratura greca antica, compiute in Egitto alla fine dell’età del Bronzo dai
Mashuesh e da altri popoli guerrieri nordafricani. In particolare Mashuesh e
Kjahek del Tjamah vanno identificati con le popolazioni agricole matrilineari
dei Maxyes e Zauekes insediate a Ovest della palude Tritonia al tempo di
Erodoto (IV, 191 e 193).
Dai testi egizi, in
particolare dalla stele II di Tanis e dal papiro Anastasi I, si evince che
Mashuesh e Kahek furono arruolati tra le truppe egizie di Ramesse II insieme
agli Shardana e con questi presero parte alle campagne asiatiche del grande
faraone. Più tardi, quando salì sul trono d’Egitto Merenptah, Mashuesh, Kahek e
Libi, in coalizione con gli Shardana e altri Popoli del Mare si rivoltarono
contro l’Egitto e intorno al 1217 (5° anno di Merenptah) iniziarono un
conflitto che si protrasse per circa 40 anni, sino alle guerre degli anni 5° e
8° del regno di Ramesse III (1178-1175 a.C.).
Allora fu creato un impero
pan-nordafricano che inglobava le popolazioni libiche nomadi e comprendeva
tutte le regioni a Ovest dell’Egitto, Tehenu compreso, giungendo al Delta
nilotico occidentale . Nel contempo i Popoli del Mare strapparono all’Egitto le
province del Vicino Oriente e fecero crollare l’impero ittita, portando la
guerra dappertutto nell’Est del Mediterraneo, come fa intendere la Grande Iscrizionedel tempio di
Medinet Habu risalente all’anno 8° del regno di Ramesse III: «la guerra si diffuse ad un tempo in tutti i
paesi … ed essi si impossessarono dei paesi di tutto l’orbe terrestre…»
(Gardiner, 1971 p. 259).
Dunque, Platone ha attinto
realmente a documenti egizi, ma ha inventato del tutto l’alleanza di Atene con
l’Egitto contro i mitici Atlantidei, vale a dire i Nordafricani avversari dei
Ramessidi, con l’intento di richiamare l’incombente pericolo occidentale di Cartagine,
la nuova Atlantide, e di
contrapporgli l’alleanza di Atene con l’Egitto, cioè con la Persia che lo
governava.
Considerazioni
finali
L’Atlantide è la metafora
del nuovo pericolo proveniente da Occidente e dal mare (la corruzione) per
Atene. Anche Atene ha le sue colpe, quelle della sua democrazia, come già aveva
compreso l’illuminista Giuseppe Bartoli (Vidal Nacquet, 2006 p. 75) e deve
rigenerarsi con una nuova politeia,
una nuova legislazione , e perciò Platone ha fatto scomparire nell’acqua, in un
giorno e una notte, l’immensa isola e ad un tempo gli Ateniesi, attribuendo a
una catastrofe naturale la fine del periodo storico che si chiuse con il tracollo
dei grandi regni mediterranei del II Millennio. Nel lόgos Atlantikόs Platone
pubblicizza il messaggio di una società divisa in classi all’egiziana chiamando
come teste l’autorevole Solone. Egli sfrutta ingegnosamente il qui pro quo linguistico generato
dal termine egizio iw e
gioca sulla diversa collocazione, nello spazio e nel tempo, delle Colonne per
affidare il suo messaggio a una terra, l’Africa Nord occidentale, trasferita
fantasticamente col nome di Isola
di Atlantide in mezzo all’Oceano Atlantico e poi fatta inabissare
(fig. 1).
Note
1) Questo articolo vuole essere un piccolo pensiero per
ricordare l’amico, collega e preside Roberto Coroneo. Pochi lavori della
letteratura classica come il racconto sull’Isola di Atlantide di Platone hanno
così intensamente attratto romanzieri, studiosi in vacanza, semplici perditempo
non meno di geologi, storici e archeologi, la cinematografia. La misteriosa
Atlantide è stata collocata, in migliaia di libri, nel cuore dell’Atlantico
(già Kircher, 1664), all’interno del Mediterraneo in Sicilia, Beozia (Frost,
1913 pp. 189-206), Creta (Luce, 1985 p. 21, fig. 1; Luce, 1985, pp. 33-34),
sulle Sirti (già Butavand, 1925), tra la Tunisia e le Sirti e il canale di
Sicilia (Arecchi, 2001), in Sardegna (Frau, 2002), nell’Africa Settentrionale
in particolare in Marocco, nell’Africa centrale e meridionale, nell’Oceano
Pacifico, a Tartesso (Shulten, 1939 pp. 326-346 o 1920), e persino nella
regione artica (come H. Wirth che predica le idee ariane atlantidee) e
antartica (Barbiero, 1974). Per una critica alle diverse teorie che non tengono
conto della dimensione fantastica del logos platoniano: Vidal Nacquet, 2006;
Clemente, 2007 pp. 83-104, 123; Mosconi, 2008 pp. 449-525. Il rapido pensiero
su Atlantide espresso in Ugas, 1996 pp.1616-1618 è stato in parte travisato da Bernardini
(2004 p. 40, nota 2). Per la traduzione dei passi citati da Platone ho fatto
ricorso alla versione curata da Maltese, 1977.
2) Erodoto I, 30, 77; Plutarco, Vita di Solone. Sulla visita di
Solone a Creso, in Erodoto I, 29-33, vedasi il parere di Annibaletto, 1956 p.
42. È certo, in ogni caso, che il centro portuale di Naucrati, a soli 16 km
dalla capitale di allora Sais, fin dal 630 a.C. accoglieva amichevolmente i
Greci e non a caso già prima di Amasis il faraone Psametico I aveva istituito
una scuola d’interpreti per favorire le relazioni tra Greci e il paese del
Delta. Dunque Solone effettivamente avrebbe potuto trarre delle notizie sulla
isola di Atlantide. Nella vita di Solone tracciata da Plutarco (Solone, 26)
sono menzionate due guide del legislatore in Egitto: Psenofis di Eliopoli e
Sochis di Sais, mentre Platone parla di una sola.
3) L’immagine del tornio è presa in prestito dalla mitica
creazione del dio-artefice egizio Knum (Tosi, 2004 I p. 66), cui si ispirarono
poeti e filosofi greci e in particolare i Pitagorici.
4)
Le cifre della città sono proporzionali tra loro, multipli di numeri primi; é
palese la derivazione da Pitagora per i rapporti numerici e da Parmenide per la
perfezione della sfera (Lesky, 1969 (2) pp. 227-228; Riedweg, 2007; Abbate,
2010). Ad esempio, le larghezze dei fossati d’acqua concentrici sono in
rapporto di 1, 2, 3 stadi (m 177,6; 355,2; 532,8), mentre il tempio di Poseidon
era lungo uno stadio, pari a m 177,6, largo m 88,8, (cioè ½ stadio) e alto in
proporzione (m 44,4 o m 22,2, 1/4 o 1/8 di stadio). Anche l’acropoli ha il
diametro di m 880 (5 stadi), 1/10 della distanza dal mare.
5)
Il Sardόnios pélagos, mare Sardonio, di Erodoto (I, 166) è compreso tra la
Sardegna e le Colonne d’Ercole (lo stretto di Gibilterra) e nel tratto tra la
Sardegna e l’Etruria) in cui si svolse la battaglia degli Etruschi e Fenici
contro Focea.
6) Per Erodoto (I, 203) l’Atlantikόs pélagos designa lo specchio d’acqua
esterno alle colonne d’Ercole che lo storico colloca nello stretto di
Gibilterra e dunque bagna le rive della regione del Monte Atlante, il Marocco
atlantico. Le Colonne d’Ercole, cioè lo stretto di Gibilterra, non erano più il
limite del mondo, quando si scoprì che l’Africa poteva essere circumnavigata e
che partendo dalle coste mediterranee dell’Egitto si poteva raggiungere il Mare
Eritreo (Mar Rosso) transitando proprio presso le Colonne (Erodoto IV, 42) e
viceversa. Per Platone (Timeo, 12), come anche per Aristotele, la terra oramai
era una sfera, come sosteneva già Parmenide, e non un disco piatto, ma
stranamente il filosofo rende impraticabile il mare oltre le Colonne. Invece
per Aristotele gli estremi tendono a coincidere e infatti, gli elefanti si
trovano sia a Est che a Ovest e dunque era possibile raggiungere l’Asia
dall’Africa, andando verso ovest.
7) Non si possono condividere le ragioni tese a ridurre artificiosamente
l’ampiezza dell’isola, oltre che a eliminare elementi caratterizzanti come gli
elefanti (Luce, 1985; Frau, 2002 et al.). Che l’isola di Atlantide fosse
vastissima è confermato tra l’altro dal suo immenso esercito.
8) I pirati del mare inviati da Busiride erano i Sardi al servizio del faraone
poiché altrove Diodoro (III, 54) afferma che le Atlantidi furono attaccate
dalle Gorgoni di cui era regina Medusa (regina dei Sardi). In seguito, Eracle
uccise Anteo (Grimal, 1990 s. v. Anteo), il gigante fratello di Espero e di
Atlante, che dimorava in Marocco presso Tinga, dunque in prossimità delle
colonne d’Ercole.
9) Nel mare della piccola Sirte, in assenza di venti settentrionali, la
bonaccia non consentiva la navigazione a vela e per giunta anche l’uso dei remi
era impedito dalle acque poco profonde e talora anche dalla bassa marea.
Infatti, Sirte suona in greco Syrtis-idos “(il mare) che si ritrae”, da syro. A
partire dal Mesolitico il livello delle acque nel Mediterraneo è andato crescendo
progressivamente, ma ancora nell’età del Bronzo e in età storica nella regione
sirtica restavano ampie zone di acque basse con banchi appena sommersi. È
ipotizzabile che restasse il ricordo di un preesistente passaggio per le navi
(le porte/colonne), anteriore al tardo Bronzo, reso irriconoscibile dalla
progressiva ingressione delle acque e non già da un terremoto (la zona non è
sismica), come sostenevano Platone e Diodoro.
10) Tale misura, presa da Capo Malea, che risulta un poco superiore a quella
reale, circa 1200 km, è assai lontana dalla distanza dalle Colonne d’Eracle (lo
stretto di Gibilterra) di 22.500 stadi, vale a dire circa km. 4005, nota a
Polibio.
11) Partendo dai dati di Dicearco, Frau (2002, p. 273 ) posiziona le antiche
Colonne d’Eracle sul canale di Sicilia ed è incerto riguardo alla precisa
ubicazione (Malta, Lampedusa e Lampione, Egadi?), ma la distanza di ca. km 534
tra lo stretto di Messina e il canale di Sicilia, indicata da Dicearco, porta a
escludere tale ipotesi.
12) Sul significato di iw: Gardiner, 1957 (1999) p. 487. Anche S. Donadoni
(1985 p. 216) osserva che iw, “isola”, avvicinandosi concettualmente all’arabo
gezirah, può indicare semplicemente “terra bagnata”, “terra circondata non
completamente dall’acqua”. Il significato di iw, pertanto, può essere anche
quello di penisola, terra costiera.
13) La stele fu rinvenuta nel tempio di Karnak (Breasted, 1938 II, pp. 262-266,
§ 655-662; Tresson, 1938 pp. 539-554; Christophe, 1951 pp. 89-94; Vercoutter,
1956 (I) pp. 11-12, 132, 402-403).
14) L’ubicazione delle iww wṯ ‘ntyw non è chiaramente definita (Vercoutter,
1956 pp. 10-11, nota 7 di p.10 e note 1-3 di pp. 11-12), ma nell’elenco di nomi
geografici che compongono l’universo di Tuthmosis III, le iuu utjantiu
risultano menzionate dopo le iww ḥryw ib nw wɜḏ wr, “Isole che stanno in
mezzo al Verde Grande”, e dopo la regione nordafricana del Tehenu, confinante
con l’Egitto (Gardiner, 1947 Thnw n. 239, p. 116; 1971 p. 357, s). Ora, le iw wṯ
‘ntyw, come le “Isole che stanno in mezzo al Verde Grande”, patria degli
Shardana e di altri Popoli del Mare (Ugas, 1991p. 616, Ugas, 2008 p. 154), e il
Tehenu appartengono all’emiciclo settentrionale rispetto all’Egitto e poiché il
termine iww “isole” identifica un complesso di regioni affacciate sul mare, ne
deriva che le Isole di Utantiu erano ubicate nell’Africa settentrionale.
Peraltro, ‘nty (Anty o Antiu), un dio venerato in alcuni distretti (X, XII e
XVIII) dell’Egitto, talora proposto nella forma ɜntywy, cioè Antiuy, è
equiparato dai Greci al mitico gigante Antaios, Anteo” (Gardiner, 1957 (1999)
p. 557 e 468). L’espressione wt ‘nty ricorre in un’iscrizione del tempio di
Taharqa in riferimento al mondo degli inferi (Traunecker, 1993 p. 48). Antiu
dunque era in rapporto con le porte/colonne che si aprivano ad Occidente non
meno che ad Oriente, e già Esiodo (Teogonia 215, 521) in ambito greco associava
ad Atlante (a Ovest) e a Prometeo (a Est) le colonne ai due estremi del viaggio
del Sole. Nella mitografia Antaios è sinonimo dell’estremo Occidente nell’Africa
atlantica e funge da colonna tra Terra e Cielo, come Atlante e come l’egizio
Shu che regge Nut (Cielo) puntando i piedi su Geb (Terra), poiché nella sua
lotta contro Eracle anche lui punta i piedi sulla madre Terra (Grimal, 1990 p.
51 s.v. Anteo e p. 615 s. v. Tinga).
15) Partendo da Diodoro (I, 26) è stato ipotizzato (Butavand, 1925; Arecchi,
2001 pp. 28-31; Frau, 2002 pp. 357-359) che Platone o la sua fonte abbia
tradotto i mesi in anni e che la cifra di 9000 del testo egizio debba essere
suddivisa per dodici e debba essere ridotta a 750 anni. Considerato che Platone
avrebbe sentito da Crizia il logos Atlantikòs intorno al 403-425 a.C. si
ricaverebbe una data stimata del 1153 o 1175 (per Frau 1149 perché parte dalla
morte di Socrate), mentre se si tiene in conto dell’ipotetico viaggio di Solone
in Egitto intorno al 570 (Butavand; Arecchi) si risale al 1320 a.C. Se poi si
parte dalla data di 8000 anni prima della registrazione dell’ordinamento
legislativo nelle “sacre scritture “ di Sais (Timeo, 21e-25d) da cui avrebbe
attinto Solone, si perviene al 1236 (per Butavand et. al. 1242).
16)Lo storico siciliano narra ancora che le Amazoni disponevano di un esercito
di 30000 soldati di fanteria esperti in varie armi («usavano spade e
lance…archi e le frecce») e di 3.000 cavalieri in un utilizzo inusuale per il
tempo. Per ordine di grandezza, l’esercito si avvicina a quello messo in campo
dalla coalizione dei popoli nordafricani e dei Popoli del Mare e affrontato
prima da Merenptah e poi Ramesse III (Breasted, 1938 passim; Gardiner, 1971
passim).
17) Gardiner, 1947 p. 219, n. 240. Sui Mashuesh: Gardiner, 1947 n° 240, pp.
119-121. Sui Kahek: Gardiner, 1947 n. 242. I Mashuesh/Maxyes hanno i loro
discendenti nei popoli tunisini dei Massyli (Livio, XXIV, 48 XXIX, 29-33 e XXX,
11), di cui era re Massinissa, e dei Masaesili (Livio XXVIII,I7, XXIX,30,32 e
XXX,11) di cui era sovrano Siface, ora antagonisti, ora alleati di Cartagine e
Roma. Invece ai Kjahek/ Zaueches corrispondono gli abitanti della Zeugitana
romana, dove sorsero Utica e Cartagine (Plinio, 5.4. s. 3). Solino (100.27)
richiama l’espressione “a pede Zeugitano”, forse riferito a un monte, mentre
Aethicus (Cosmogr., p. 63) cita la città di Zeugis, da cui trae il nome, è da
credere, la Regio Zeugitana.
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Fonte:
http://www.sardegnasoprattutto.com del 28 Febbraio 2016 e 5 Marzo 2016.
Un minestrone di variopinta confusione di date luoghi genti periodi e attribuzioni a tizio o a caio di verità o notizie certe indimostrabili di contro fantasie che diventano improvvisamente dati certi e storicamente e letteralmente provati o probabili. Un'acozzaglia di citazioni,frammenti di testi interpretati e tradotti a seconda delle epoche e delle convenienze politiche del tempo di chi li scrisse e di chi li citò centinaia di anni dopo . Ma soprattutto riportati ancora oggi in maniera ostinatamente tendente ad escludere categoricamente e tassativamente una qualsiasi identità della Sardegna con la mitica Atlantide Il negazionimo che porta addirittura a voler interpretare forzatamente anche i termini come nesos è sorprendente che certe cose vengano scritte o sostenute anche e soprattutto da persone che hanno strumenti per riuscire a comprendere l'incomprensibile .
RispondiEliminaConcordo con anonimo ma solo fino al negazionismo sulla Sardegna/Atlantide. La Sardegna non era Atlantide. Al dott.Ugas suggerisco di rileggere: 1)le storie di Polibio in cui lo storico parla di Dicearco. QUest'ultimo non dice assolutamente che le colonne d'Ercole distavano 3000 stadi dallo stretto di Messina; dice invece che 3000 stadi era la distanza dal Peloponneso allo stretto di Messina.2) Meteorologia(non meterologica)di Aristotele non dice che il mare al di là delle colonne non è ventoso a causa del mare fangoso, ma: il mare al di là delle colonne è poco profondo a causa del fango ma non è ventoso perché si trova come in un avvallamento. 3)Erodoto non mette mai le colonne d'Ercole a Gibilterra perchè lui non conosceva quello stretto; infatti per lui non c'era mare a ovest dell'Europa (II libro 115).4) Che le colonne d'Ercole erano nei pressi della piccola Sirte non mi è nuova, lo ha detto per primo Usai Antonio nel suo libro "le colonne d'Ercole nell'ecumene di Aristotele".
Eliminafalso Antonio
errata corrige:III° libro di Erodoto par 115 e non II° libro
EliminaAntonio
Perfettamente d'accordo con Anonimo 1.
EliminaFa specie leggere un "sapiente" (il quale critica Frau per possibili imprecisioni nelle sue teorie), scrivere un articolo con citazioni scelte per comodità, quantomeno e altrettando contestabili, sulla base delle quali afferma lui stesso un'altra teoria sulla presunta posizione di Atlantide; il tutto in modo chiaramente capzioso col solo scopo di negare ad ogni costo la possibilità che la Sardegna potesse essere Atlantide.. che tristezza.
Dopo 16 anni dal libro, ancora articoli di critici che "esistono" grazie al libro di Frau. Ma ringraziatelo piuttosto che vi ha dato ragione di vita e pensate piuttosto all'abbandono del patrimonio archeologico sardo.
Asdrubale
Gradirei che i commenti fossero accompagnati dalla firma con il nome di chi li scrive.
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