venerdì 29 luglio 2016
Archeologia. I guerrieri Shardana, invincibili spadaccini ribelli di cuore che nessuno aveva saputo combattere.
Archeologia. I guerrieri Shardana, invincibili spadaccini ribelli di cuore che nessuno aveva saputo combattere.
I
mercenari Shardana sono menzionati per la prima volta nelle lettere degli
archivi di El-Amarna, dove il re di Biblo, Rib-Adda, scrive al faraone: “Un uomo con una spada di bronzo è sorto
contro di me, e lo Shardana che mi
stava a fianco è andato presso Abdi-Ashirta”, e
ancora “Pahuru ha commesso un’azione
grave contro di me: ha mandato dei Sutei che hanno ucciso uno Shardana e hanno
portato tre persone in Egitto”. Il testo ricorre al termine Shardana senza
spiegare a chi o cosa lo riferisca. Suggerisce un tipo umano già conosciuto, e
infatti all’epoca il
problema degli attacchi dei pirati Shardana era già conosciuto, essendosi
mostrato per la prima volta durante il regno di Amenothep III. La prima volta
che sono nominati in Egitto, i pirati Shardana stanno attaccando il
paese del
Nilo:
Gli
Shardana ribelli di cuore, che nessuno aveva saputo combattere fin da sempre,
essi vennero prepotenti navigando sulle loro navi da guerra dal mezzo del mare
e nessuno poteva opporsi a loro. Ma egli li catturò con la forza del suo valido
braccio e li portò in Egitto.
Dai
tempi di Narmer in poi, qualsiasi nemico che avesse mostrato di essere una
minaccia per l’Egitto era stato sconfitto e ucciso. Tutti i regnanti, perfino
quelli percepiti come pacifici come Akhenaten, perfino le regine, si erano
fatti raffigurare nell’atto di spaccare con una mazza la testa del nemico. Il
Faraone sconfiggeva gli aggressori affinché gli egiziani potessero dormire
tranquilli, ma gli Shardana non seguono questo destino, e la loro cattura diventa
arruolamento. Il perché può suggerirlo un episodio di 150 anni prima, il 1436 a.C. quando Thutmosis III, dopo l’assedio della città di
Arvad, avendo catturato un gran numero di maryannu,
invece che ucciderli e sprecare le loro rarissime abilità militari aveva
considerato più intelligente arruolarli nel proprio esercito. Appare evidente
che, come Thutmosis prima di lui, Ramses II abbia notato qualcosa in questi
fanti, qualcosa che li avrebbe resi più utili da vivi che da morti: gli
Shardana sarebbero stati un’anomalia, portatori di un qualcosa che sarebbe
potuto essere impiegato a vantaggio dell’Egitto: erano dinamici e turbolenti, e
le loro particolari tecniche guerresche erano diverse rispetto al modo normale
di fare la guerra. La Sandars per prima attribuisce loro la caratteristica di
essere combattenti di mischia, riservando alle truppe di nativi egiziani l’uso
delle armi da lancio come l’arco. Secondo Drews la fanteria esisteva già, ma
mentre il resto dell’esercito egiziano e di tutti gli eserciti del Levante
combatteva in maniera sistematica e coordinata, in maniera da non esporsi
troppo, gli Shardana sarebbero stati in grado di agire anche da soli. La prima
testimonianza della particolarità dell’elemento Shardana negli eserciti del
tardo bronzo e in quello egiziano è offerta dal loro stesso nome, o meglio, dai
geroglifici che lo compongono: la resa fonetica della parola “Shardana”,
infatti, è alle volte accompagnata da un determinativo particolare: un
guerriero con un elmo fornito di corna, solitamente fornito di un piccolo scudo
rotondo e una spada o una lancia. Un determinativo di Shardana, che riprendeva quelle
caratteristiche riconoscibili nelle immagini a disposizione degli studiosi: un
elmo cornuto, spesso con un disco solare al centro; un piccolo scudo, tondo,
rinforzato da spuntoni; una spada lunga che si può osservare nei rilievi di
Abido di Ramses II e che ha sempre attratto l’attenzione degli archeologi. In
realtà parlare di una sola spada Shardana è un errore perché quella leggermente
triangolare che fu usata a Qadesh fu col tempo sostituita da un modello
diverso, evoluzione dell’arma precedente.
Mentre la prima è di sicuro un’arma asiatica (le spade europee di questo
periodo non avevano una base tanto larga), la seconda era di origine europea e
si diffuse in Asia in un secondo momento. L’esemplare di spada ritrovata a
Boghazkoy, databile al 1400 a.C. rappresenta il secondo tipo: è un’arma con un
manico a codolo piatto, la cui lama, assottigliata in prossimità della punta,
presenta una robusta costolatura centrale, che ben supportava una lunghezza di
quasi ottanta centimetri. Verso la fine del bronzo si diffuse una spada
che poteva tagliare e infilzare. Si trattava di un’arma alquanto lunga (dal
pomello alla punta circa 70 centimetri) i cui lati erano paralleli, con una
punta affilata, e in cui manico e lama erano ottenuti da un solo pezzo di
metallo, alquanto spesso per poter sostenere i colpi. Non fu una novità
assoluta nel mondo delle lame. Era più lunga delle altre spade contemporanee
(10-20 cm circa), ma non fu la sua lunghezza, bensì la sua durezza a causare la
sua diffusione: un suo colpo ben assestato avrebbe potuto tagliare un braccio
umano. Verosimilmente i colpi si portavano in rapida successione, indirizzati
ai tessuti molli di gambe e braccia mentre l’attaccante si muoveva verso il
nemico, o lateralmente. I primi colpi avrebbero potuto far sanguinare
l’avversario, pur non fermandolo. Usata poi di punta, una spada avrebbe
facilmente potuto perforare zone molli come l’addome o la gola con colpi che
sarebbero stati letali. Le spade dalla lama lunga erano rare, pochi uomini le avrebbero utilizzate, forse
solo gli skirmisher e i corridori. È probabile che la ragione sia economica:
anche se i regni del Vicino Oriente Antico avessero avuto a disposizione la
tecnologia per produrle, la quantità di materiale necessaria a fondere una
spada, e soprattutto il lungo apprendistato per imparare i movimenti necessari
all’utilizzo ottimale dell’arma avrebbero reso la spada troppo costosa.
Imparare a utilizzarla era un processo lungo, costoso, e che sarebbe andato
perduto qualora l’apprendista non fosse stato un soldato di professione. È
facile, infatti, ipotizzare che in quei paesi dove la coscrizione era in vigore
(come l’Egitto, dove un servitore del tempio su dieci poteva essere arruolato i
soldati di leva) difficilmente sarebbero andati in guerra più volte. Un
mercenario proveniente dal mediterraneo occidentale invece, uso al mestiere
delle armi, sarebbe stato un prodotto finito perfettamente a suo agio con una
tale arma a doppio taglio, con la quale, con ogni probabilità, aveva
dimestichezza dalla nascita. La tattica di guerra che i Popoli del Mare
prediligevano era quella piratesca della toccata e fuga. Il fatto che gli
Shardana siano stati per lungo tempo pirati lungo le coste del Levante (come si
può leggere anche nella “Stele degli Shardana”: “Gli Shardana ribelli di cuore, che
nessuno aveva saputo combattere fin da sempre, essi vennero prepotenti
navigando sulle loro navi da guerra dal mezzo del mare e nessuno poteva opporsi
a loro”) fa presumere che il loro armamento rispondesse alle
richieste di velocità, richiedendo loro di essere armati alla leggera, e di
evitare il più possibile e il confronto diretto con l’esercito nemico. E dalla
descrizione delle armi si ottiene un quadro coerente con quanto detto: lo
Shardana era un fante armato alla leggera che puntava tutto o quasi tutto sulla
velocità di esecuzione. La spada indica un soldato che combatte in solitaria: lunga
e tagliente da ambo le parti. Per poter essere usata aveva necessità di ampi
spazi di manovra che il combattimento in linea con altre unità di fanteria non
avrebbe potuto offrire. La conformazione dello scudo suggerisce una tattica
militare aggressiva, tesa alla sopraffazione dell’avversario piuttosto che non
alla difesa.
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Così si dice , ma loro che dicono? se qualcosa è stato tralasciato.... ai posteri la revisione!! Saluti Carla Pinna
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