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lunedì 3 ottobre 2016

Archeologia. L’Isola del continente: L’Atlantide tra fantasia e storia, di Giovanni Ugas

Archeologia. L’Isola del continente: L’Atlantide tra fantasia e storia.
di Giovanni Ugas


Atlantide: dall’Oceano al Continente
1. Nel Timeo (24e-25a) Platone afferma: «…Narrano le scritture egizie che una volta i vostri cittadini di Atene posero freno a questa spaventosa ostilità (d’Atlantide) che invadeva tutta l’Europa e l’Asia, provenendo dal mare Atlantico. Allora infatti quel mare era navigabile e davanti a quell’imboccatura che voi chiamate colonne d’Ercole, aveva un’isola e quest’isola era più grande della Lybia e dell’Asia messe insieme; partendo da essa era possibile raggiungere le altre isole, e dalle isole tutto il continente opposto che si trovava intorno a quel Vero mare. Infatti, tutto ciò che è compreso nell’imboccatura di cui vi ho parlato appare come un porto caratterizzato da una stretta entrata. Quell’altro mare invece, puoi effettivamente chiamarlo Vero mare e quella terra che
interamente lo circonda puoi veramente e giustamente chiamarla continente Vero».
Platone colloca l’Atlantide nell’Oceano Atlantico, ma afferma che la parte estrema dell’isola si trovava dinanzi alle Colonne d’Eracle (lo stretto di Gibilterra) ed era ubicata di fronte alla regione «oggi chiamata Gadirica dal nome di quella località». Ora, poiché la località di Gadir (Gadeira in greco) è la città fenicia di Cadice, l’estremità di Atlantide si trova dirimpetto alla penisola iberica e ciò è confermato dal fatto che il nome del re Gadirico si traduce in greco Eumelo “il signore delle belle pecore o belle mele”, richiamando l’eroe iberico Gerione e la sua lotta con Eracle. Platone dunque si contraddice e rivela la sua fantasticheria perché la parte più lontana, occidentale, rispetto all’Egitto, trovandosi di fronte all’Iberia, necessariamente cade non nell’Oceano Atlantico ma nell’estremità dell’Africa nord occidentale, nella Tingitana sede dell’eroe Anteo, di cui si dirà.
D’altronde, i dati geografici dell’isola di Atlantide corrispondono pienamente all’Africa atlantica e mediterranea compresa, tra il Marocco e la Tunisia, con l’ossatura formata dalle catene dei Monti Atlanti. Infatti, non solo il reame di Eumelo richiama la Tingitana che fronteggia la regione di Cadice, ma altresì il nome del distretto di Azaes (Arido) si addice alla zona desertica a sud dei Monti Atlanti, la terra che nutre gli elefanti riporta ad una antica zona libica con pachidermi e infine, per la natura agricola e marinara del suo distretto, la regione della città regia fa pensare alla Tunisia.
Nel concepire l’Atlantide, Platone ha in testa l’Africa di Nord-ovest anche perché da Atlantide/Africa settentrionale, facendo tappa sulle “isole di mezzo”, vale a dire Baleari, Sardegna, Corsica e Sicilia, si raggiunge il continente opposto (l’Europa) o continente Vero che circonda il mare Vero, il Mediterraneo occidentale, quello che per Erodoto è il Mare Sardonio.
2. In effetti, tutto ciò che ha a che fare con il nome di Atlante (Monti Atlanti, abitanti Atlanti o Atlantidi, Oceano Atlantico, Dio/colonna Atlante) è sistematicamente in rapporto con l’Africa nord-occidentale. Così, Erodoto (I, 202; IV,42 e 182-185), circa 80 anni prima che Platone ci informasse sulla geografia di Atlantide, sostiene che il Monte Atlante e la popolazione degli Atlanti sono situati lungo il ciglione di sabbia che si estende a Sud della fascia litoranea mediterranea dove prima si incontrano i popoli pastorali nomadi (Asbiti, Libi etc.) e poi gli agricoltori stanziali (Ausei, Maxues, Zauechi e Gizanti), a Ovest della palude Tritonia, cioè la piccola Sirte (Annibaletto, 1956 p. 451; Bona, 2006 pp. 203 e ss.).
Gli Atlanti si trovano sul tracciato della via delle oasi che da Tebe (errore per Memphi?), in Egitto, raggiunge e supera (più a W) le Colonne d’Eracle (stretto di Gibilterra) dopo 50 giorni di cammino scanditi dalle tappe di 10 giorni costituite dall’oasi di Siwa, l’oasi di Augila, la collina dei Garamanti e la collina degli Ataranti . Il percorso lungo le Oasi è utilizzato da Erodoto per dimostrare che la Libia (l’Africa) e l’Asia messe insieme erano vaste quanto l’Europa, lungo il Mediterraneo, e ciò consente di capire che per l’Asia Platone (Timeo 24b) intende l’Asia mediterranea tra l’Egitto e la Siria .
3. Se Platone senza rivelarlo segue Erodoto, Diodoro Siculo (80-30 a.C.) segue entrambi e interpreta ed emenda il filosofo nel suo racconto evemeristico (IV, 27) sull’isola di Esperide, abitata dai fratelli Espero e Atlante. Espero ha una figlia, Esperide, che dà in matrimonio a suo fratello Atlante e da lui Esperide ottiene sette figlie chiamate sia Atlantidi che Esperidi. I pirati del mare inviati dal re d’Egitto Busiride le rapirono mentre giocavano in un giardino ma Eracle li sorprese sulla spiaggia e riportò le fanciulle ad Atlante; questi per compenso aiutò l’eroe a recuperare le mele d’oro e svelò agli uomini i misteri dell’astronomia e la dottrina della sfera che, come in Platone (Timeo, 12), fu scoperta in Occidente.
Esperide è speculare rispetto ad Atlantide perché era una grande isola occidentale e «produceva alberi da frutto di ogni specie, aveva molte mandrie e greggi di pecore e capre», ma il regime politico è matrilineare e vi dominano le donne, le mitiche Amazoni vicine delle Atlantidi. Riallacciandosi a Erodoto ed Esiodo, Diodoro (III, 53; III, 56-61) afferma che quella di Atlante era «una montagna sorgente dalla costa oceanica che è la più alta tra le catene montuose circostanti» vicina alla palude Tritonide in Libia, che bagna le rive dell’isola di Esperide. È chiaro che un’isola tanto grande come l’Esperide non può essere né Kerkenna né Gjerba che fronteggiano la piccola Sirte, ma piuttosto la vasta regione continentale dell’Africa mediterranea occidentale.
Platone non specifica la posizione di Atlantide rispetto all’Africa ma segnala che il regno di Eumelo è prospiciente alla zona di Cadice nell’Iberia e che il tratto dell’Oceano Atlantico di fronte alle Colonne è impraticabile a causa «dell’enorme deposito di fango… formato dall’isola quando si adagiò sul fondale» (Timeo 25 c-d). La notizia è ripresa da Aristotele (Metereologica, II) «le parti del mare situate al di là delle Colonne d’Eracle sono al riparo dal vento a causa del fango». Diversamente, Diodoro afferma che da un terremoto, che provocò uno strato di fango melmoso marino, furono devastate le porte della palude Tritonia che bagna l’Esperide. In questa palude Tritonia, cioè nelle acque basse della Piccola Sirte, si incagliò anche la nave degli Argonauti guidata da Giasone (Erodoto IV, 179-180) .
Nella realtà di fronte allo stretto di Gibilterra, il mare è profondo e pienamente navigabile e anche nel passato lo era ed è palese che Platone giustifica la scomparsa dell’Atlantide (Crizia, 108) avendo in mente il difficile passaggio sulla fangosa palude Tritonia. A questo punto occorre rilevare che in Dicearco (in Polibio, XXXIV, 6) la posizione delle Colonne d’Eracle coincide con quella delle Porte sulla palude Tritonia e dunque l’isola diodorea di Esperide corrisponde, in modo speculare, all’isola platoniana di Atlantide. Infatti, alla fine del sec. IV a.C., Dicearco sostiene che le Colonne d’Eracle distano 10.000 stadi (ca. km 1780) dal Peloponneso , e 3000 stadi (ca. km 534) dallo stretto di Sicilia (Messina) e dunque si riferisce alla costa della Piccola Sirte presso il golfo di Gabes, non allo stretto di Gibilterra.
Ciò non può destare meraviglia perché nell’antichità le colonne/porte risultano dislocate in varie parti del Mediterraneo (Prontera, 1996) ed è evidente che per creare una geografia fantasiosa Platone ha trasferito la sua isola atlantidea nell’abisso dei mari, scambiando le colonne, ribaltando e proiettando l’Africa Nord occidentale in pieno Oceano Atlantico.
4. Dalle pagine di Diodoro si può capire anche dove Platone trovò l’imput per il suo artificioso trasferimento della terra di Atlantide in pieno Oceano. Per definire l’Esperide, Diodoro impiega il vocabolo greco nesos, “isola”, non nel senso di “terra circondata dal mare” ma di “terra lambita dal mare”. Nella sostanza, lo storico utilizza il termine nesos così come gli Egizi impiegavano il vocabolo iw che significa sia “isola circondata dal mare”, sia “regione litoranea” .
Inizialmente anche il vocabolo greco nesos aveva lo stesso doppio significato considerato che il Peloponneso (Pelopos nesos), cioè l’Isola di Pelope, è una penisola, una terra continentale. Lo stesso discorso vale per l’Atlantide, la cui dimensione fisica e, come si dirà, storica deriva almeno in parte dalle scritture egizie. Se Platone ha collocato l’Atlantide in mezzo all’Oceano è perché la sua isola, come l’Esperide diodorea, era designata nei testi egizi con l’appellativo di iw, nel significato di “terra lambita dal mare”, non di “terra circondata dal mare”. Peraltro, su Platone, o sulla sua fonte, può aver influito anche la conoscenza dell’espressione geografica egizia iww wṯ ‘nty’ (Iuu Utantiu), poco frequente ma registrata già nella “stele poetica” del faraone Tuthmosis III (1490-1436 a.C.) , che designava l’Africa Nord-Occidentale e che alle orecchie dei Greci doveva essere percepita come “Isole di Utantiu”, dunque “Isole di Atlante” .

Il substrato storico delle vicende di Atlantide
1. Platone (Crizia, 111a) afferma che «…Essendoci stati dunque molti e terribili cataclismi in questi novemila anni … che intercorrono da quel tempo (della guerra di Atene contro Atlantide) fino a oggi…». La data può essere coerente con la fondazione dell’abitato primordiale di Poseidon, fortificato con fossati e corone di terra, e con l’assenza della navigazione, ma non con la città successiva. Invero, a parte i rimandi all’età arcaica e classica greca (geometria della città, la statua di Poseidon che ricorda lo Zeus di Fidia, enormità dell’esercito), i fondamenti evenemenziali di Atlantide conducono decisamente alla seconda metà del II millennio a.C., in particolare i cocchi da guerra a due cavalli, i metalli impiegati nelle mura della città, le armi in bronzo, tra cui i piccoli scudi circolari (mikraspida) apparsi con i Popoli del Mare, l’assenza del ferro. Le incongruenze cronologiche possono derivare da notizie non comprese dalle fonti di Platone, ma è palese che il filosofo ha trasferito su un piano mitico gli eventi storici che sostengono il lόgos Atlantikόs, così come ha fatto per i dati geografici.
2. Ovviamente, nella letteratura classica e nei testi egizi non esiste alcuna notizia su una terra vastissima immersa nell’Oceano Atlantico e protagonista di un conflitto epocale con l’Egitto e l’Est del Mediterraneo ma, non di meno l’azione di conquista attuata nel Mediterraneo dai re di Atlantide trova riscontro nei documenti egizi, come asseriva Platone a patto che si collochi l’Isola in Africa (Ugas, 1996 p. 616).
Infatti, Diodoro (III, 52-55) afferma: «… Le Amazoni della Libia… compirono gesta famose”… molte generazioni prima della guerra troiana… Secondo i loro miti, risiedevano su un’isola chiamata Espera per la sua posizione verso occidente, posta nella palude Tritonide. …. Le Amazoni, essendo di razza superiore…sottomisero molti Libi vicini…, fondando all’interno della Palude Tritonide una grossa città…(Kerronesos) e giungendo a invadere molte parti dell’Ecumene». «…(la loro regina) Mirina, passata in Egitto, stipulò un patto con Oros, poi, dopo aver fatto guerra agli Arabi, sottomise la Siria» e appresso procedette a molte conquiste in Anatolia.
È palese che rispettivamente da Diodoro e Platone sono attribuite alle Amazoni di Espera e ai re diAtlantide le gesta, ignote alla letteratura greca antica, compiute in Egitto alla fine dell’età del Bronzo dai Mashuesh e da altri popoli guerrieri nordafricani. In particolare Mashuesh e Kjahek del Tjamah vanno identificati con le popolazioni agricole matrilineari dei Maxyes e Zauekes insediate a Ovest della palude Tritonia al tempo di Erodoto (IV, 191 e 193).
Dai testi egizi, in particolare dalla stele II di Tanis e dal papiro Anastasi I, si evince che Mashuesh e Kahek furono arruolati tra le truppe egizie di Ramesse II insieme agli Shardana e con questi presero parte alle campagne asiatiche del grande faraone. Più tardi, quando salì sul trono d’Egitto Merenptah, Mashuesh, Kahek e Libi, in coalizione con gli Shardana e altri Popoli del Mare si rivoltarono contro l’Egitto e intorno al 1217 (5° anno di Merenptah) iniziarono un conflitto che si protrasse per circa 40 anni, sino alle guerre degli anni 5° e 8° del regno di Ramesse III (1178-1175 a.C.).
Allora fu creato un impero pan-nordafricano che inglobava le popolazioni libiche nomadi e comprendeva tutte le regioni a Ovest dell’Egitto, Tehenu compreso, giungendo al Delta nilotico occidentale . Nel contempo i Popoli del Mare strapparono all’Egitto le province del Vicino Oriente e fecero crollare l’impero ittita, portando la guerra dappertutto nell’Est del Mediterraneo, come fa intendere la Grande Iscrizionedel tempio di Medinet Habu risalente all’anno 8° del regno di Ramesse III: «la guerra si diffuse ad un tempo in tutti i paesi … ed essi si impossessarono dei paesi di tutto l’orbe terrestre…» (Gardiner, 1971 p. 259).
Dunque, Platone ha attinto realmente a documenti egizi, ma ha inventato del tutto l’alleanza di Atene con l’Egitto contro i mitici Atlantidei, vale a dire i Nordafricani avversari dei Ramessidi, con l’intento di richiamare l’incombente pericolo occidentale di Cartagine, la nuova Atlantide, e di contrapporgli l’alleanza di Atene con l’Egitto, cioè con la Persia che lo governava.
Considerazioni finali
L’Atlantide è la metafora del nuovo pericolo proveniente da Occidente e dal mare (la corruzione) per Atene. Anche Atene ha le sue colpe, quelle della sua democrazia, come già aveva compreso l’illuminista Giuseppe Bartoli (Vidal Nacquet, 2006 p. 75) e deve rigenerarsi con una nuova politeia, una nuova legislazione , e perciò Platone ha fatto scomparire nell’acqua, in un giorno e una notte, l’immensa isola e ad un tempo gli Ateniesi, attribuendo a una catastrofe naturale la fine del periodo storico che si chiuse con il tracollo dei grandi regni mediterranei del II Millennio. Nel lόgos Atlantikόs Platone pubblicizza il messaggio di una società divisa in classi all’egiziana chiamando come teste l’autorevole Solone. Egli sfrutta ingegnosamente il qui pro quo linguistico generato dal termine egizio iw e gioca sulla diversa collocazione, nello spazio e nel tempo, delle Colonne per affidare il suo messaggio a una terra, l’Africa Nord occidentale, trasferita fantasticamente col nome di Isola di Atlantide in mezzo all’Oceano Atlantico e poi fatta inabissare (fig. 1).

Note
1) Questo articolo vuole essere un piccolo pensiero per ricordare l’amico, collega e preside Roberto Coroneo. Pochi lavori della letteratura classica come il racconto sull’Isola di Atlantide di Platone hanno così intensamente attratto romanzieri, studiosi in vacanza, semplici perditempo non meno di geologi, storici e archeologi, la cinematografia. La misteriosa Atlantide è stata collocata, in migliaia di libri, nel cuore dell’Atlantico (già Kircher, 1664), all’interno del Mediterraneo in Sicilia, Beozia (Frost, 1913 pp. 189-206), Creta (Luce, 1985 p. 21, fig. 1; Luce, 1985, pp. 33-34), sulle Sirti (già Butavand, 1925), tra la Tunisia e le Sirti e il canale di Sicilia (Arecchi, 2001), in Sardegna (Frau, 2002), nell’Africa Settentrionale in particolare in Marocco, nell’Africa centrale e meridionale, nell’Oceano Pacifico, a Tartesso (Shulten, 1939 pp. 326-346 o 1920), e persino nella regione artica (come H. Wirth che predica le idee ariane atlantidee) e antartica (Barbiero, 1974). Per una critica alle diverse teorie che non tengono conto della dimensione fantastica del logos platoniano: Vidal Nacquet, 2006; Clemente, 2007 pp. 83-104, 123; Mosconi, 2008 pp. 449-525. Il rapido pensiero su Atlantide espresso in Ugas, 1996 pp.1616-1618 è stato in parte travisato da Bernardini (2004 p. 40, nota 2). Per la traduzione dei passi citati da Platone ho fatto ricorso alla versione curata da Maltese, 1977.
2) Erodoto I, 30, 77; Plutarco, Vita di Solone. Sulla visita di Solone a Creso, in Erodoto I, 29-33, vedasi il parere di Annibaletto, 1956 p. 42. È certo, in ogni caso, che il centro portuale di Naucrati, a soli 16 km dalla capitale di allora Sais, fin dal 630 a.C. accoglieva amichevolmente i Greci e non a caso già prima di Amasis il faraone Psametico I aveva istituito una scuola d’interpreti per favorire le relazioni tra Greci e il paese del Delta. Dunque Solone effettivamente avrebbe potuto trarre delle notizie sulla isola di Atlantide. Nella vita di Solone tracciata da Plutarco (Solone, 26) sono menzionate due guide del legislatore in Egitto: Psenofis di Eliopoli e Sochis di Sais, mentre Platone parla di una sola.
3) L’immagine del tornio è presa in prestito dalla mitica creazione del dio-artefice egizio Knum (Tosi, 2004 I p. 66), cui si ispirarono poeti e filosofi greci e in particolare i Pitagorici.
4) Le cifre della città sono proporzionali tra loro, multipli di numeri primi; é palese la derivazione da Pitagora per i rapporti numerici e da Parmenide per la perfezione della sfera (Lesky, 1969 (2) pp. 227-228; Riedweg, 2007; Abbate, 2010). Ad esempio, le larghezze dei fossati d’acqua concentrici sono in rapporto di 1, 2, 3 stadi (m 177,6; 355,2; 532,8), mentre il tempio di Poseidon era lungo uno stadio, pari a m 177,6, largo m 88,8, (cioè ½ stadio) e alto in proporzione (m 44,4 o m 22,2, 1/4 o 1/8 di stadio). Anche l’acropoli ha il diametro di m 880 (5 stadi), 1/10 della distanza dal mare.
5) Il Sardόnios pélagos, mare Sardonio, di Erodoto (I, 166) è compreso tra la Sardegna e le Colonne d’Ercole (lo stretto di Gibilterra) e nel tratto tra la Sardegna e l’Etruria) in cui si svolse la battaglia degli Etruschi e Fenici contro Focea.
6) Per Erodoto (I, 203) l’Atlantikόs pélagos designa lo specchio d’acqua esterno alle colonne d’Ercole che lo storico colloca nello stretto di Gibilterra e dunque bagna le rive della regione del Monte Atlante, il Marocco atlantico. Le Colonne d’Ercole, cioè lo stretto di Gibilterra, non erano più il limite del mondo, quando si scoprì che l’Africa poteva essere circumnavigata e che partendo dalle coste mediterranee dell’Egitto si poteva raggiungere il Mare Eritreo (Mar Rosso) transitando proprio presso le Colonne (Erodoto IV, 42) e viceversa. Per Platone (Timeo, 12), come anche per Aristotele, la terra oramai era una sfera, come sosteneva già Parmenide, e non un disco piatto, ma stranamente il filosofo rende impraticabile il mare oltre le Colonne. Invece per Aristotele gli estremi tendono a coincidere e infatti, gli elefanti si trovano sia a Est che a Ovest e dunque era possibile raggiungere l’Asia dall’Africa, andando verso ovest.
7) Non si possono condividere le ragioni tese a ridurre artificiosamente l’ampiezza dell’isola, oltre che a eliminare elementi caratterizzanti come gli elefanti (Luce, 1985; Frau, 2002 et al.). Che l’isola di Atlantide fosse vastissima è confermato tra l’altro dal suo immenso esercito.
8) I pirati del mare inviati da Busiride erano i Sardi al servizio del faraone poiché altrove Diodoro (III, 54) afferma che le Atlantidi furono attaccate dalle Gorgoni di cui era regina Medusa (regina dei Sardi). In seguito, Eracle uccise Anteo (Grimal, 1990 s. v. Anteo), il gigante fratello di Espero e di Atlante, che dimorava in Marocco presso Tinga, dunque in prossimità delle colonne d’Ercole.
9) Nel mare della piccola Sirte, in assenza di venti settentrionali, la bonaccia non consentiva la navigazione a vela e per giunta anche l’uso dei remi era impedito dalle acque poco profonde e talora anche dalla bassa marea. Infatti, Sirte suona in greco Syrtis-idos “(il mare) che si ritrae”, da syro. A partire dal Mesolitico il livello delle acque nel Mediterraneo è andato crescendo progressivamente, ma ancora nell’età del Bronzo e in età storica nella regione sirtica restavano ampie zone di acque basse con banchi appena sommersi. È ipotizzabile che restasse il ricordo di un preesistente passaggio per le navi (le porte/colonne), anteriore al tardo Bronzo, reso irriconoscibile dalla progressiva ingressione delle acque e non già da un terremoto (la zona non è sismica), come sostenevano Platone e Diodoro.
10) Tale misura, presa da Capo Malea, che risulta un poco superiore a quella reale, circa 1200 km, è assai lontana dalla distanza dalle Colonne d’Eracle (lo stretto di Gibilterra) di 22.500 stadi, vale a dire circa km. 4005, nota a Polibio.
11) Partendo dai dati di Dicearco, Frau (2002, p. 273 ) posiziona le antiche Colonne d’Eracle sul canale di Sicilia ed è incerto riguardo alla precisa ubicazione (Malta, Lampedusa e Lampione, Egadi?), ma la distanza di ca. km 534 tra lo stretto di Messina e il canale di Sicilia, indicata da Dicearco, porta a escludere tale ipotesi.
12) Sul significato di iw: Gardiner, 1957 (1999) p. 487. Anche S. Donadoni (1985 p. 216) osserva che iw, “isola”, avvicinandosi concettualmente all’arabo gezirah, può indicare semplicemente “terra bagnata”, “terra circondata non completamente dall’acqua”. Il significato di iw, pertanto, può essere anche quello di penisola, terra costiera.
13) La stele fu rinvenuta nel tempio di Karnak (Breasted, 1938 II, pp. 262-266, § 655-662; Tresson, 1938 pp. 539-554; Christophe, 1951 pp. 89-94; Vercoutter, 1956 (I) pp. 11-12, 132, 402-403).
14) L’ubicazione delle iww wṯ ‘ntyw non è chiaramente definita (Vercoutter, 1956 pp. 10-11, nota 7 di p.10 e note 1-3 di pp. 11-12), ma nell’elenco di nomi geografici che compongono l’universo di Tuthmosis III, le iuu utjantiu risultano menzionate dopo le iww ḥryw ib nw wɜḏ wr, “Isole che stanno in mezzo al Verde Grande”, e dopo la regione nordafricana del Tehenu, confinante con l’Egitto (Gardiner, 1947 Thnw n. 239, p. 116; 1971 p. 357, s). Ora, le iw wṯ ‘ntyw, come le “Isole che stanno in mezzo al Verde Grande”, patria degli Shardana e di altri Popoli del Mare (Ugas, 1991p. 616, Ugas, 2008 p. 154), e il Tehenu appartengono all’emiciclo settentrionale rispetto all’Egitto e poiché il termine iww “isole” identifica un complesso di regioni affacciate sul mare, ne deriva che le Isole di Utantiu erano ubicate nell’Africa settentrionale. Peraltro, ‘nty (Anty o Antiu), un dio venerato in alcuni distretti (X, XII e XVIII) dell’Egitto, talora proposto nella forma ɜntywy, cioè Antiuy, è equiparato dai Greci al mitico gigante Antaios, Anteo” (Gardiner, 1957 (1999) p. 557 e 468). L’espressione wt ‘nty ricorre in un’iscrizione del tempio di Taharqa in riferimento al mondo degli inferi (Traunecker, 1993 p. 48). Antiu dunque era in rapporto con le porte/colonne che si aprivano ad Occidente non meno che ad Oriente, e già Esiodo (Teogonia 215, 521) in ambito greco associava ad Atlante (a Ovest) e a Prometeo (a Est) le colonne ai due estremi del viaggio del Sole. Nella mitografia Antaios è sinonimo dell’estremo Occidente nell’Africa atlantica e funge da colonna tra Terra e Cielo, come Atlante e come l’egizio Shu che regge Nut (Cielo) puntando i piedi su Geb (Terra), poiché nella sua lotta contro Eracle anche lui punta i piedi sulla madre Terra (Grimal, 1990 p. 51 s.v. Anteo e p. 615 s. v. Tinga).
15) Partendo da Diodoro (I, 26) è stato ipotizzato (Butavand, 1925; Arecchi, 2001 pp. 28-31; Frau, 2002 pp. 357-359) che Platone o la sua fonte abbia tradotto i mesi in anni e che la cifra di 9000 del testo egizio debba essere suddivisa per dodici e debba essere ridotta a 750 anni. Considerato che Platone avrebbe sentito da Crizia il logos Atlantikòs intorno al 403-425 a.C. si ricaverebbe una data stimata del 1153 o 1175 (per Frau 1149 perché parte dalla morte di Socrate), mentre se si tiene in conto dell’ipotetico viaggio di Solone in Egitto intorno al 570 (Butavand; Arecchi) si risale al 1320 a.C. Se poi si parte dalla data di 8000 anni prima della registrazione dell’ordinamento legislativo nelle “sacre scritture “ di Sais (Timeo, 21e-25d) da cui avrebbe attinto Solone, si perviene al 1236 (per Butavand et. al. 1242).
16)Lo storico siciliano narra ancora che le Amazoni disponevano di un esercito di 30000 soldati di fanteria esperti in varie armi («usavano spade e lance…archi e le frecce») e di 3.000 cavalieri in un utilizzo inusuale per il tempo. Per ordine di grandezza, l’esercito si avvicina a quello messo in campo dalla coalizione dei popoli nordafricani e dei Popoli del Mare e affrontato prima da Merenptah e poi Ramesse III (Breasted, 1938 passim; Gardiner, 1971 passim).
17) Gardiner, 1947 p. 219, n. 240. Sui Mashuesh: Gardiner, 1947 n° 240, pp. 119-121. Sui Kahek: Gardiner, 1947 n. 242. I Mashuesh/Maxyes hanno i loro discendenti nei popoli tunisini dei Massyli (Livio, XXIV, 48 XXIX, 29-33 e XXX, 11), di cui era re Massinissa, e dei Masaesili (Livio XXVIII,I7, XXIX,30,32 e XXX,11) di cui era sovrano Siface, ora antagonisti, ora alleati di Cartagine e Roma. Invece ai Kjahek/ Zaueches corrispondono gli abitanti della Zeugitana romana, dove sorsero Utica e Cartagine (Plinio, 5.4. s. 3). Solino (100.27) richiama l’espressione “a pede Zeugitano”, forse riferito a un monte, mentre Aethicus (Cosmogr., p. 63) cita la città di Zeugis, da cui trae il nome, è da credere, la Regio Zeugitana.

Bibliografia
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Fonte: http://www.sardegnasoprattutto.com del 28 Febbraio 2016 e 5 Marzo 2016.


5 commenti:

  1. Un minestrone di variopinta confusione di date luoghi genti periodi e attribuzioni a tizio o a caio di verità o notizie certe indimostrabili di contro fantasie che diventano improvvisamente dati certi e storicamente e letteralmente provati o probabili. Un'acozzaglia di citazioni,frammenti di testi interpretati e tradotti a seconda delle epoche e delle convenienze politiche del tempo di chi li scrisse e di chi li citò centinaia di anni dopo . Ma soprattutto riportati ancora oggi in maniera ostinatamente tendente ad escludere categoricamente e tassativamente una qualsiasi identità della Sardegna con la mitica Atlantide Il negazionimo che porta addirittura a voler interpretare forzatamente anche i termini come nesos è sorprendente che certe cose vengano scritte o sostenute anche e soprattutto da persone che hanno strumenti per riuscire a comprendere l'incomprensibile .

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    1. Concordo con anonimo ma solo fino al negazionismo sulla Sardegna/Atlantide. La Sardegna non era Atlantide. Al dott.Ugas suggerisco di rileggere: 1)le storie di Polibio in cui lo storico parla di Dicearco. QUest'ultimo non dice assolutamente che le colonne d'Ercole distavano 3000 stadi dallo stretto di Messina; dice invece che 3000 stadi era la distanza dal Peloponneso allo stretto di Messina.2) Meteorologia(non meterologica)di Aristotele non dice che il mare al di là delle colonne non è ventoso a causa del mare fangoso, ma: il mare al di là delle colonne è poco profondo a causa del fango ma non è ventoso perché si trova come in un avvallamento. 3)Erodoto non mette mai le colonne d'Ercole a Gibilterra perchè lui non conosceva quello stretto; infatti per lui non c'era mare a ovest dell'Europa (II libro 115).4) Che le colonne d'Ercole erano nei pressi della piccola Sirte non mi è nuova, lo ha detto per primo Usai Antonio nel suo libro "le colonne d'Ercole nell'ecumene di Aristotele".
      falso Antonio

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    2. errata corrige:III° libro di Erodoto par 115 e non II° libro
      Antonio

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    3. Perfettamente d'accordo con Anonimo 1.
      Fa specie leggere un "sapiente" (il quale critica Frau per possibili imprecisioni nelle sue teorie), scrivere un articolo con citazioni scelte per comodità, quantomeno e altrettando contestabili, sulla base delle quali afferma lui stesso un'altra teoria sulla presunta posizione di Atlantide; il tutto in modo chiaramente capzioso col solo scopo di negare ad ogni costo la possibilità che la Sardegna potesse essere Atlantide.. che tristezza.
      Dopo 16 anni dal libro, ancora articoli di critici che "esistono" grazie al libro di Frau. Ma ringraziatelo piuttosto che vi ha dato ragione di vita e pensate piuttosto all'abbandono del patrimonio archeologico sardo.
      Asdrubale

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  2. Gradirei che i commenti fossero accompagnati dalla firma con il nome di chi li scrive.

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