L’uomo del mistero, indagini su Cristobal Colón, sardo-senese scopritore d’America
Articolo di
Pierfrancesco Lostia
Ben poche cose incuriosiscono come l’identità di un uomo senza passato. Parliamo di un personaggio celebre, attento a non squarciare le tenebre che lo avvolgevano. Un individuo astuto che, al contempo, disseminò i suoi scritti con indizi sulla sua identità. Un mistero reso ancor più fitto dai vaghi cenni fatti dai figli Diego e Ernando sul passato del padre. Stiamo parlando di Cristobal Colón, impropriamente chiamato Cristoforo Colombo. La sua vicenda e i dubbi sui suoi natali appassionano ancora oggi, a
quasi 520 anni di distanza dalla morte.
Nelle prossime righe
dovremo necessariamente fare qualche azzardo per riempire i vuoti di un fotoromanzo complicato, ma con alcune
certezze che segnaleremo.
oggi, grazie
specialmente ai lavori della professoressa Marisa Azuara Alloza, stimata
storica aragonese, sappiamo che il vero nome dello scopritore d’America era
Giovanni de Sena., Nato in Sardegna attorno al 1436, discendeva dai Piccolomini
di Siena. Egli fu il secondo e ultimo visconte di Sanluri, feudo collocato nel
sud dell’isola. Il cognome è il primo mistero di questa vicenda. Diego, primogenito
dello scopritore secondo la Storia ufficiale, scrisse che suo padre dovette
limare il proprio cognome per occultarlo. Così, da Piccolomini si giunse a Colón.
Il nome Cristoforo Colombo apparve per la prima volta a Venezia, città in cui Luis fece
pubblicare un volume di suo zio Ernando
Colón. Era questa la prima biografia dello scopritore, redatta in italiano
perché negli Stati soggetti alla corona di Spagna la circolazione del volume fu
severamente vietata. Dietro questo singolare divieto, come vedremo, ci sono
parecchi lati oscuri.
Partiamo da una nota leggenda che vuole lo scopritore del nuovo mondo donatore di alcuni oggetti alla chiesa di Fontegiusta a Siena. È impossibile dimostrare la veridicità di questa tradizione. Almeno fino a quando non comparirà una documentazione, oggi inesistente, che spieghi la provenienza di un osso di balena, uno scudo, un elmo e una spada. Ciò che la Azuara ha dimostrato è che le armi che secondo i cronisti senesi appartennero al navigatore sono identiche a quelle indossate dagli uomini di Colombo. Per convincersene, è sufficiente visitare il museo colombino delle “Muelle de las Carabelas” a la Rápida (Huelva). Nei Caraibi non ci sono balene. Nel 1501 il navigatore indirizzò una lettera enigmatica a re Ferdinando il cattolico. Qui potremmo trovare un indizio sull’ipotetica provenienza dell’osso di balena, se volessimo investigare sulla leggenda. Nel febbraio 1477, scrive il Colón, egli stava navigando al di là dell’isola di Tile, nelle vicinanze della Norvegia e in prossimità dell’Islanda. In quei mari le balene abbondano. Ma quella lettera ha un significato ben più importante. Cela una disputa fra l’ammiraglio e il suo re. Una missiva che serve al primo per rinfacciare al secondo che, in nessun modo, il navigatore poté trovarsi in Sardegna in quel momento. L’unico fatto di rilievo che accadde nell’isola in quei mesi fu l’assedio della città e del porto di Cagliari. Attuato fra l’ottobre 1476 e il febbraio 1477 da truppe guidate da Artal e Luís, rispettivamente figlio e fratello dell’ultimo marchese di Oristano Leonardo Alagon , l’attacco fu il penultimo atto di un lungo contrasto fra sardi e catalani. E Leonardo fu, al contempo, zio e suocero di Giovanni de Sena. Due famiglie, una epopea intrigante, paragonabile a una telenovela di oggi, che potrà essere raccontata un’altra volta. Basti dire che la famiglia Alagon, aragonese ma con un ramo sardo creatosi con dei matrimoni con gli Arborea, antica casata regnante dell’isola, venne condannata a morte perché accusata di fellonia e ribellione verso la corona aragonese. La sentenza colpì anche i loro parenti De Sena, imparentati con papa Pio II, al secolo Enea Piccolomini e discendenti della gloriosa famiglia genovese dei Doria. In fuga da Siena perché condannati a morte, giunsero a Cagliari alla fine del 300 Cristobal Piccolomini, sua moglie e numerosi figli. Da allora questo ramo sardo si firmò Picolomini con una sola c, per distinguersi dal ceppo senese.
Torniamo alla
condanna e al coinvolgimento dello scopritore d’America. Nel suo “De rebus
sardois” lo storico sardo Francesco Fara sottolineò la triste sorte del
visconte di Sanluri Giovanni De Sena, condannato a morte per un delitto mai
commesso. Esattamente la circostanza rinfacciata dal navigatore al re Cattolico
nella oscura lettera di cui abbiamo detto. Un assedio, quello del porto di
Cagliari, utilizzato come pretesto da re Giovanni II e poi da suo figlio
Ferdinando per condurre alla rovina due famiglie divenute talmente potenti e
ricche da impensierire i sovrani aragonesi. Gli Alagon e i Piccolomini, pur in
disgrazia, non restarono soli. Molti si adoperarono, in Italia e nella stessa
Spagna, facendo pressioni su Ferdinando perché fossero prima graziati e poi
rimessi in libertà. Fu una guerra non dichiarata, sotterranea. A combatterla fu
la stessa Isabella moglie di Ferdinando, che protesse, pur facendo i propri
interessi, il Colom dall’odio del marito. Ecco perché, da secoli, si favoleggia
di una storia d’amore fra il Colón e la regina. Vere o false che siano queste
voci, fra la scarcerazione alla spicciolata degli Alagon e dei De Sena e i
preparativi della spedizione per il nuovo mondo ci sono connessioni temporali
precise. La Storia, oggi i più ne sono coscienti, è scritta dai detentori del
potere. Pensando all’America e all’idea che sia stata scoperta per un inciampo,
questa appare una favola poco credibile, ma funzionale agli interessi di pochi.
Dietro a questo evento, a lungo pianificato, si celò invece una guerra feroce fra Spagna e Italia.
Altra favola, come dimostrato dalla Azuara, è l’idea che un uomo di umili origini potesse, a fine 400, scalare le vette della nobiltà europea, come insiste a suggerirci la tradizione che identifica in Colombo un uomo di Genova, forse mercante forse altro. E a proposito dei natali di Colombo, non solo si ignorano con ostinazione i riferimenti continui dell’ammiraglio alla Sardegna, ma gli atti concreti compiuti dalla sua stretta cerchia di amici e parenti. Per esempio, per quale motivo Francisco de Garay, uomo di fiducia di Cristobal e Diego Colón, con cui poi si imparentò, fondò una città dandole il nome di Oristan? Stiamo parlando della odierna Bluefield, situata nel sudest della Jamaica. Perché onorare due genovesi col nome della città che fu Capitale del regno poi marchesato sardo che tanti lutti arrecò al regno d’Aragona? Si potrà obiettare che il legame affettivo di Cristobal Colón con la Sardegna si spiega unicamente con il suo essere genovese. I sudditi della repubblica, legata alla Sardegna per ragioni che si indagheranno altrove, avevano una naturale avversione per i re d’Aragona e i catalani. Per colpa loro il vincolo fra sardi e liguri, pur mai spezzato del tutto, si interruppe nel 1478, quando il marchese di Oristano venne sconfitto in battaglia e poi trascinato in catene in Aragona.
La Azuara, auspica
un test sul DNA che metta a confronto le salme dei Colón e dei Piccolomini. Nel
frattempo, ci dimostra che l’uomo evaporato dalla rocca-prigione di Xàtiva col
nome di Giovanni de Sena è lo stesso che ricomparve, arrivato dal nulla, col
nome di Cristobal Colón. A sostegno di ciò, la storica ci presenta una serie di
fatti documentati e inquietanti. La nipote maggiore dello scopritore, Maria
figlia di Diego, si batté per riportare in seno alla propria famiglia la
viscontea di Sanluri. Maria sposò Ramón Folch de Cardona, ammiraglio d’Aragona
e Sardegna. La coppia ebbe tre figli. Il maggiore, Luís, si fidanzò con Ana
Castelvi, primogenita del nuovo visconte di Sanluri. Il giovane gentiluomo
venne ucciso a Valencia, pochi giorni prima delle nozze, dai fratelli
dell’amata. Ma questo non basta. Il fratello del disgraziato, Cristobal, sposò
la propria cugina Ana de Centelles y Folch de Cardona, figlia del terzo conte
di Oliva. Con questa mossa, il secondogenito di Maria Colón diveniva cognato
del vice re di Sardegna, ma anche erede dei feudi di Oliva nell’isola. Il
poveraccio fu assassinato, ancora una volta a Valencia, prima di aver generato
un figlio. Così i feudi di Oliva caddero nelle mani di Maddalena Centelles,
moglie del vice re di Sardegna Borgia. La terzogenita, Chiamata Maria come la
madre, sposò Francisco Mendoza e morì senza figli. Così si esaurì questo ramo
discendente dallo scopritore e destinato, almeno nelle intenzioni della
agguerrita nipote, a riconquistare i titoli e i feudi appartenuti ai de Sena
Piccolomini.
Facciamo un passo indietro, per concludere la nostra storia. Nel maggio 1506, la notte prima della sua morte, Cristobal scrisse che Caller, l’odierna Cagliari, era genovese. Un’ultima, velenosa frecciata al re Cattolico. In punto di morte, lo scopritore svelò all’odiato sovrano di non aver mai cessato di avere contatti con la Liguria per tentare, in qualche modo, di riscattare la Sardegna. Ferdinando II lo aveva sempre contrastato. A partire dall’arresto che l’ammiraglio subì da una parte del suo stesso equipaggio. Durante il primo viaggio verso il nuovo mondo, infatti, gli uomini costrinsero Colón a dirottare la nave verso le Bahamas. Trattavasi di spie che il re mise alle costole dello scopritore per sorvegliarlo. Un conto era riconoscere a Colombo il titolo di vice re di Spagna su delle isole, altra faccenda sarebbe stata consentirgli di mettere le mani sull’intero continente. Ciò con buona pace di chi crede la scoperta dell’America sia stata frutto di un caso.
Morto Cristobal, i Piccolomini,
i Colón e gli Alagon lottarono per riprendersi i feudi sardi. Spesso cambiarono
cognome per sfuggire ai nemici, tramando per vendicarsi del torto subito.
scritto stupendamente e molto intrigante, conferma che c'è sempre una storia vulgata ed una dietro le quinte come è stato per il nostro cosidetto " risorgimento" preparato a tavolino dai Saboia e dagli inglesi a danno degli stati preunitari, ma sopratutto a danno dai Borbone di Napoli che all'inghilterra facevano ombra o per andare più vicini a noi il tradimento di V.E II sempre Saboia con la collusione di Badoglio e dei soliti inglesi. Grazie del vostro impegno (Pietro Turchetti - Wikipedia)
RispondiEliminaGrazie per il commento generoso. Spero di poter ricambiare la fiducia con qualche altro buon articolo.
EliminaIn una piccola storia parallela si dovrebbe scorrere quale interesse dovette investire l'attuale chiesa di Santa Maria ad Nives in Cuglieri, per essere stata assicurata prima alle cure spirituali e poi patrimoniali dei sacerdoti Antonio de Sena e Blasi de Coloma, rispettivamente zii di Giovanni. Blasi fu anche cappellano personale del re Jaime II. La chiesa della Madonna delle Nevi di Cuglieri è costellata di ricorsi, all'interno delle gestioni patrimoniali, per essere una rettoria particolarmente ricca e ambita. Le sue origini si perdono nella notte dei tempi e con riferimenti leggendari in cui s'intravedono sprazzi della presenza Templare fin dai primordi.
RispondiEliminaGrazie infinite per questi spunti. Spero di poter riuscire almeno in una piccola parte, se non proprio a rispondere a questi interessanti interrogativi, almeno a indagare la presenza templare in Sardegna. È un argomento su cui ho iniziato a documentarmi da un po’ di tempo.
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