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domenica 3 ottobre 2021

Archeologia. Il pendolo Corso – Sardo, che oscilla al centro dell’antico Oceano Mediterraneo, e Sorgono ne è il fulcro. Articolo di Cesare Crobu

Archeologia. Il pendolo Corso – Sardo, che oscilla al centro dell’antico Oceano Mediterraneo, e Sorgono ne è il fulcro.

Articolo di Cesare Crobu

Partendo dal piacere di scavare negli anfratti delle possibili Storie dell’Antichità Sarda, o Preistoria Sarda, è da tanto tempo che m’interrogo, specie oggi che si conoscono ulteriori informazioni, quante di queste, siano vere oppure c’è qualcosa che non viene detto o svelato in modo alterato. A parte alcune sporadiche nozioni scolastiche, legate soprattutto alle incursioni Punico-Cartaginesi e successivamente a quelle Romane, oltre questi avvenimenti, a mia conoscenza, vale a dire anni 70, non ho avuto nessun aggiornamento dei fatti, realmente accaduti in terra Sarda, antecedente quelle incursioni. A dire il vero, nel 1961, quando vivevo in via Gialeto ad Oristano, alcuni insegnanti, si erano impegnati ad aprire una

sorta di scuola serale, approssimativa, ma interessante.  Lì appresi le prime nozioni di archeologia e di storia antica Sarda, e fu in quelle lezioni che sentii per la prima volta la parola Shardana. Si diceva che probabilmente era un popolo che veniva da un’isola del mar Baltico, e comunque da oltre gli Urali. Una domenica di primavera, docenti e noi allievi, in tutto si era una decina di persone, si parti di buon mattino, in bicicletta, verso il sito archeologico di Cornus, tra S’Archittu e Santa Caterina di Pittinurri, per farla breve, non trovammo molto per la verità, ma al termine delle nostre osservazioni, c’imbattemmo, in un rialzo di terra, scavando un po', venne alla luce una lapide abbastanza spessa, di color Rosa con incisioni, presumibilmente in Latino. Ci consultammo, ricoprimmo di terra e sassolini il tutto, e tornammo ad Oristano. La decisione che avevamo preso, era che ne avremmo discusso in Canonica, dalla quale, ci eravamo consultati di come operare nel sito archeologico, prima dell’avventura. Però, c’è sempre un però, soltanto due giorni dopo si seppe che qualcuno, ovviamente del gruppo, tramite amici o quant’altro, asportò quella lapide e si prese tutti i meriti, lasciando il resto del gruppo, sbalordito.  Lì finì la mia esperienza di ricercatore sul terreno, la delusione fu tanta, che chiusi del tutto, i contatti con quel gruppo. Tornando alla centralità della Sardegna, come ho già accennato in altri interventi, mi sono dedicato anima e corpo a questa bellissima avventura, soltanto negli ultimi dieci anni, motivato dall’acquisto di una collana di 10 volumi legati al quotidiano La Nuova Sardegna, del 2010, con la supervisione e cura del Professor Manlio Bragaglia, a cui ogni volume era dedicato un certo periodo della storia Sarda, ad iniziare dalla sua nascita Geologica, circa 540 milioni di anni fa. In seguito, ho acquistato dei libricini e grandi volumi, ho seguito trasmissioni televisive su Videolina, denominate 40° parallelo, ed infine, mi sono imbattuto sulle tesi dello scrittore/giornalista Sergio Frau, in cui ho seguito uno degli incontri programmati a Sorgono, centro dell’inchiesta denominata, prima: Le Colonne D’Ercole; successivamente, mi sono dedicato alla lettura e rilettura del volumone: Omphalos, in cui stabilisce, con relative misurazioni, lungo il 40° parallelo nord appunto, il centro del Mondo, che, e qui mi trova d’accordo, è Sorgono. In verità, spesso da e tra, illustri ricercatori, ho riscontrato dei dati divergenti, se non contrari, ed alcuni volumi, da mille pagine, e altri di poco inferiori, risultano troppo tecnici, con molti riporti ad altre pagine, insomma, forse adatti a coloro che sono istruiti alle ricerche sul campo, o sui ritrovamenti, per catalogarli o altro, piuttosto che invogliare un normale lettore, alla curiosità ed al piacere della lettura. Nonostante alcune, ma piccole, difficoltà, la passione per le radici della nostra bellissima Sardegna, non ha mai oscillato, anzi, il fatto di confrontare quello che studiavo e ancora studio, e le tante escursioni, di persona, in vasti territori, sia sulle coste, che negli entroterra dell’Isola, oltre, ovviamente, come amante del mondo sottomarino, ho fatto delle comparazioni con molta cura e attenzione dei particolari, anche quelli che potevano apparire incongruenti tra loro, ma, altresì estremamente interessanti.  Da qualche anno, ho messo a fuoco delle mie impressioni, coniugate a quanto riscontrato sul terreno, essendo un appassionato di funghi, ho frequentato diversi luoghi sia in montagna, per cogliere Porcini, Ovuli, Gallinacci ed altri, come in terreni pianeggianti, sia nelle campagne intorno ad Abbasanta, Paulilatino, etc., o nei terreni intorno a Pabillonis, San Gavino Monreale per scovare i prelibati funghi chiamati “Tuvura”, quelli che crescono sottoterra, ed a volte li intravedi solo da una piccola spaccatura del terreno, oppure i primi prataioli ancora chiusi. Ebbene, in tutti questi luoghi, ho visto “Sassi”, massicci, medi e piccoli, in alcuni casi mastodontici, inoltre, specie intorno ad Abbasanta e territori circostanti, vi sono i classici “muretti a secco”, di facile costruzione, in quanto la materia prima è lì a portata di mano. Conseguentemente ho stabilito, in me stesso, che, chi ha costruito tutti quegli antichi Castelli o Torri (Nuraghe), o raggruppandoli in villaggi, o anche costruzioni sotterranee, con relativi scavi, intorno ad una fonte d’acqua(Pozzi Sacri), proseguendo con le Tombe dei Giganti, e, ciliegina sulle torte, i vari Menhir, sono i sassi, molti dei quali, ben lavorati e fissati sul terreno ad indicare dei Simboli Forti di quanta “Spiritualità” che vi sia stato su quelle popolazioni, primi veri artisti nella lavorazione e sfruttamento della materia prima che era e ancora lo è, presente in ogni angolo della Sardegna, sia in superfice che subacquea, sempre la pietra. Ovviamente, non entro nelle esposizioni esoteriche e spirituali dei vari siti e delle loro figure rappresentatrici e graffiti, che abbondano, oppure le statuine, bronzetti e tanti altri oggetti, in questo gruppo: PREISTORIA SARDA, ci sono fior di esperte ed esperti, che entrano nei minimi particolari di ciò che esse rappresentano, e io mi avvalgo incuriosito e interessato delle loro spiegazioni. Oltre a tutto ciò, come descritto sopra, mi rende orgoglioso, mettere in evidenza, ciò che la Sardegna racchiude, sia in superfice, che nelle sue viscere, siano esse spiagge, o anfratti tra le rocce, gallerie, diruppi, e tanto, tanto altro, nel sottosuolo si sono portati alla luce, metalli di vario tipo, e certamente, ne dimentico alcuni, ed inoltre, non ricordando esattamente i relativi nomi dei vari minerali, mi perdonerete certamente in questo, i metalli che so che esistono sono: Ferro, Rame, Alluminio, Galena, di cui si estrae il Piombo, Argento, la nostra isola tra l’altro, è l’unica terra nel bacino del mediterraneo, almeno secondo alcune letture, dove si ricava l’Oro, per trovarlo in altri posti in Italia, bisogna cercare nei fiumi che discendono dalle alpi, ma in forma di piccolissime pagliuzze e di minima quantità. Non vado oltre a quanti tipi di minerali siano stati ritrovati, ora vorrei mettere in evidenza, il dibattito che si era aperto, con il Nostro Andrea Loddo, in data 1 settembre, su questo sito, sulla tecnica altamente sviluppata dagli antichi popoli Sardi, che si basava quasi esclusivamente sulla cottura e ricottura dei metalli, riportandoli ad alte temperature e immergendole, ancora fiammanti, nell’acqua fredda, oltretutto, la commercializzazione delle panelle di Rame, veniva scambiato con altre merci, con tante aree abitate intorno al Mediterraneo, praticamente, una “Globalizzazione”, come una globalizzazione molti millenni prima, ebbe l’utilizzo dell’Ossidiana, più utilizzata che di altre parti, come l’isola di Lipari, questo in quanto, l’Ossidiana Sarda, era di una qualità molto più duttile di altre parti, e questo, in assoluto era un “Primate” che la Sardegna disponeva, di quel mondo.  Ciò che voglio mettere in evidenza, in questo scritto, è il riscontro reale, fisico che tutto quello che ruota attorno alla nostra Sardegna, è un “Unicum” in assoluto. Qui di seguito mi avvalgo di una foto significativa del libro di Sergio Frau, “Omphalos” che mette in evidenza, lungo il 40° parallelo, della Sardegna e di Sorgono in particolare, in riferimento alle terre, partendo dalle coste occidentali del nord America a quelle orientali del Giappone.        


In questa foto si nota poco il punto riguardante la Sardegna, però, se si ha l’accortezza di entrare nel sito www.omphalos.it, si nota benissimo e anche il sito, naturalmente sarà compito dell’ Amministrazione di PREISTORIA SARDA, a consentirlo, vi sono servizi e video interessantissimi, non solo sulla teoria del mito di Atlantide, ma vi sono moltissime esposizioni su tantissimi Nuraghe, Tombe dei Giganti, Pozzi Sacri e Dumus de Janas, e le spiegazioni del loro stato di conservazione, per entrare nei dettagli, bisogna cliccare in alto a desta su: “Istruzioni per l’uso”. Inoltre, personalmente, mi son preso la briga, di vedere nel possibile “Oceano Mediterraneo”, indicato dagli antichi Greci, però, considerandolo, sempre lambendo il 40° parallelo, tra le sponde del Mar delle Baleari, esattamente da “Castellon della Plaia”, e le coste Albanesi, sulla cittadina di “Maja e Çikes”, di fronte ad Otranto, estremo est d’Italia. Quasi tutte le volte che si pubblica un servizio riguardante i Nuraghe, Tombe dei Giganti e altro ancora, ed in questo caso, mi ci metto anch’io, in primo piano, e lo ribadisco, c’è sempre la Pietra, io ho girato quasi tutta la costa della Sardegna, ad esclusione di quelle che scendono da Calagonone, fino a Villasimius, e quelle che da Giba arrivano fino a Sant’Antioco, dopo di che, a parte qualche spezzone, le conosco tutte, se devo, in parte, escludere qualche pezzo di spiaggia o costa (solo intorno alla penisola di Capo Frasca ci sono i massi), vi è la parte lungo, Torre dei Corsari e Pistis, poi, Arborea – Torregrande, qui, è quasi tutta sabbia. Le coste che vanno da Porto Torres a Castelsardo, non le ho mai frequentate, se non il posto d’Imbarco di Porto Torres, e nelle vicinanze di Vignola, tra Costa Paradiso e S. Teresa di Gallura, o meglio Capo Testa, anche qu’ c’è quasi solamente sabbia. Il resto della Sardegna è strapieno di sassi, e vicino alle pietre, si torva quasi sempre una fonte, e l’acqua, non fa altro che congiungersi alle pietre, non considero le rocce, ma sassi di tutte le dimensioni, e se vi capita, se non lo avete già fatto, osservate questi sassi, sono più o meno lavorati, alcuni sembrano levigati, ma questa particolarità è riscontrabile anche all’interno dell’isola, inoltre, le pietre sono utilizzate anche per recintare gli appezzamenti di terreno, e siccome alcuni, sono una vera e propria “Opera d’Arte”, ora, finalmente riconosciuti dall’UNESCO, parlo dei cosiddetti “Muretti a secco”, già menzionati poco prima. Questo sistema dei muretti a secco, era avvenuta nei primi anni del 1800, in cui vi erano abusi sui piccoli appezzamenti di terra, che chi aveva più potere se ne impossessava a scapito di chi doveva sottacere; dopo varie peripezie, alcuni personaggi chiave sia del clero che politici, fecero intervenire il Governo dell’epoca, che emise un decreto Reggio, datato 6 ottobre 1820, firmato da Vittorio Emanuele I, in cui, chi voleva proteggere i propri confini terrieri, doveva recintarlo o chiuderlo con dei muretti, quella legge venne chiamata “La Legge delle Chiudende”, riecheggiata dall’avvocato Fulgheri, nel libro di Giuseppe Dessi Fulgheri “Paese d’Ombre”. C’è anche da dire, che molti di quei muretti erano già presenti in certe zone centrali della Sardegna, in particolare nell’altipiano di Abbasanta. E andando ad analizzare anche nell’entro terra, si nota la quasi spigolatura o semi lavorazione dei massi, come se, ad arrotondarli, fossero alcuni Giganti, non certo quelli di Monti Prama, che erano impediti a tirar di pallone, perché non riuscivano ad indossar le cavigliere, uhm (ricordatevi che stiamo parlando dell’antichità della Sardegna, anche se qualcuno, mi ha obiettato, della veridicità che la definizione di “Riso Sardonico”, sia un appellativo, riferito dai “Mesopotamici” al Popolo del Mare, per cui, diciamo Nuragici, mantenendo sempre la dovuta compostezza nel discutere degli eventi, anche se ipotetici, riguardanti la Preistoria Sarda, mi avvalgo, come Sardo serio, ma sempre sorridente, onde rendere piacevole la discussione; qualcuno non sarà d’accordo, ma il Sardo difficilmente si arrabbia, spesso lo maschera con un sorriso un po tirato, in mezzo alle discussioni, mette sempre, o quasi, una battuta.

Qui sopra, ho evidenziato due località confinanti tra loro, che tra l’altro, sono ancora le mete da me preferite, la prima è la spiaggia di Santa Caterina di Pittinurri, e S’Archittu, ciò si evince dalla sovrapposizione delle scritte indicanti la località. Come si può notare, sulla spiaggia vi sono cumuli di sassi, di diverse dimensioni, quasi tutti arrotondati, questo è il risultato, ma è anche la dimostrazione, che ad arrotondare e levigare al meglio questi sassi, molto spesso è l’acqua; infatti, su questa spiaggia ad accumularli, e lavorarli, sono i fiumiciattoli che scendono dai monti retrostanti la località, ma anche delle mareggiate, e al confine della conca, parlo di S. Caterina, con un fondale di 15 m. circa, è pieno di sassi, in tempi di quiete marina, la spiaggia sia fuori che dentro l’acqua, è sgombra di sassi, per alcune decine di metri dalla riva. In riferimento a S’Archittu, il luogo qui esposto, è la parte dentro l’arco, che risulta in protezione, almeno dalla parte del braccio che sovrasta l’arco stesso, una minima parte potrebbe essere l’ingresso sotto la galleria, che tra l’altro, alcuni asseriscono lavorato dalle acque, io invece, che sottacqua di quell’arco ci sono passato, ho notato delle pareti come se fossero lavorate ad arte dall’uomo, perpendicolari e ben dritte, e di una linearità incredibile, oltre che di una profondità che supera i 15 m., e secondo una mia ipotesi, con acque calme, una navicella, del tipo dei Popoli del Mare, poteva passarci comodamente, sotto l’Arco, intendo; questo lo dico, per il fatto che al centro di quello specchio d’acqua tondeggiante, le incursioni sottomarine, le ho compiute nei primi anni 70, ed ho visto, ad una profondità di 7 -8 m., una quantità tale di ciottoli di vasellame, abbastanza interessante, che, devo ammetterlo, una brocca quasi intatta, la portai a casa, che un tempo era la casa dove abitavo, e li ancora si trova.    E sia al di fuori di quello specchio d’acqua, che all’interno, i sassi la fanno da padrone, tanti, e tutti arrotondati. Nelle acque basse, alla sinistra, vista fronte, del l’arco, vi è un fondale quasi a pelo d’acqua, e li intorno, le mie incursioni erano premiate, dalla pesca di qualche bel pesciolino, che si nascondevano tra i sassi.

Questa foto, come sta scritto, e la caratteristica spiaggia di Calagonone, molte, moltissime pietre e rocce, sia a riva che in acqua, questa spiaggia o lungo mare di Calagonone, la prima volta l’ho visitata nel 1983, la seconda volta, con i miei amici commilitoni, nel 2016, raduno in diverse zone della Sardegna organizzato dal sottoscritto, il sabato prima del congedo di quel raduno, li ho allietati, facendoli partecipi con un gruppo Folcloristico di Villanovaforru, sede del raduno, e ne sono rimasti entusiasti nell’essere invitati a ballare “Su Ballu Tundu” assieme ai ballerini in costume, ovviamente, noi che ad ogni raduno facciamo preparare la torta del gruppo con la scritta, a nostra volta abbiamo invitato alla festi tutti i componenti del gruppo folk. Restando con il gruppo a Calagonone, quel giorno il pranzo, lo abbiamo consumato presso un Agriturismo inserito nel bel mezzo di un canalone de “Su Gorroppu”, di Dorgali, alimentati dai classici e tipici gustosi cibi pastorali della Barbagia, insomma, ho cercato di far vedere e divulgare la Sardità ad un bel gruppo di “Continentali”; nel tratto, che non ho visitato personalmente, vi sono, tra un costone che scende a picco sul mare trasparente e smeraldino, vi sono diverse Cale e molte grotte, tra cui la famosa grotta delle foche monache, scendendo ancora più giù, verso Baunei, lasciandosi cullare dalle “Chiare e Fresche Acque”, si nota un dirupo “Granitico”, che cala a strapiombo sul mare, di lato, s’intravede il “Supramonte di Goloritze”, parte viva dello zoccolo duro che compone l’antico e originario “Masso”, composto da i massici di “Baunei”, e terminano con l’indice del pugno chiuso del versante “Corso”, puntato verso il golfo ligure, che per timore di essere investita, quella costa,  si ritira entro lo “Scrivia”.

Questo “Monolite”, che purtroppo, si sta compiendo un altro sopruso alla nostra terra, demolendone una parte cospicua, tra i monti della Gallura, e quelli attorno a Buddusò, adornandone palazzi e grattacieli, un esempio ne sono le Vele, erette nelle sponde marine della città di Sydney, però, ne sono intrise diverse Città e Metropoli di tutto il mondo, parlo del bellissimo e unico “Granito Sardo”, spesso bianco argentato, ma in altre zone si tinge di rosso, come lungo la “Costa Paradiso”, meravigliosi speroni che sgorgano dal mare e riflettono in quelle splendide acque, colori rossastri frammisti allo smeraldo cristallino del mare.  Andando verso nord, del golfo di Orosei, s’incontrano diverse spiagge e cale, come “Cala Liberotto” e “Cala Ginepro”, di cui conosco benissimo per averci soggiornato un mesetto negli anni 80, e altrettanto conosco i fondali, specie un po' più su dove vi sono alcuni isolotti, che sotto di un metro e giù per altri diversi metri, almeno in quegli anni, era stracolmo di Cozze ed altri frutti marini, anche li sotto, e pieno di sassi.

CONFRONTO CON IL TERRITORIO ITALICO

Le varie descrizioni, anche abbastanza sommarie, fatte nei territori Sardi, ora le metto in confronto al variegato territorio Italico, partendo da nord, che tra l’altro, è stato il terreno di cui ho solcato per primo, nel settembre del 1963, per intraprendere la mia, speranza di un “Lavoro”, con la “L” maiuscola, che desse dignità alla mia persona.  Dopo varie peripezie, di cui, nel frattempo ho adempiuto, per 15 mesi, al servizio militare di leva, parto dalla Lombardia, dove nel 1967, iniziai l’avventura di lavoro e studio serale, nel 1973, con alcuni amici e colleghi di lavoro, mi hanno convinto di provare a fare una scalata in montagna, e dato, che almeno una volta nella vita, ho sempre desiderato di provare, giusto per convincere me stesso, che sarei riuscito nell’intento, e così è stato, vestito di tutto punto, una domenica di primavera, ci siamo impegnati di arrampicarci sulla vetta della “Grignetta”, dietro Lecco, un’altezza di 2.200 m. circa s.l.m. Scarponi e piccozza, non vi era necessità di cordate, solo il capo in pectore, giusto per un’azione protettiva.

Questo per indicare la diversità di quei luoghi in riferimento agli altopiani Sardi, anche il tipo di roccia è diverso dai nostri monti, inoltre, anche verso la base di quei monti Alpini, vi sono pochi massi e neanche arrotondati come da noi. Qui sotto, siamo in Umbria, durante uno dei tanti Raduni, che ogni anno ci si ritrova in una Regione diversa, e siamo un bel gruppo di Commilitoni che ha svolto il servizio di leva nel 1965/66, , in questo caso, come ritrovo eravamo in un antico castello adibito ad Hotel, nella cittadina di Ospedalicchio vicino a Nocera Umbra, durante la visita in Pullman, per Castelluccio, e vedere la famosa Infiorata delle lenticchie, ho visto il paesaggio che mi scorreva ai lati della strada, e ora che sto evidenziando queste diversità tra la nostra Sardegna ed il resto d’Italia, metto a fuoco quello che avevo osservato nei miei trascorsi lungo lo Stivale, Sicilia compreso. 

Nella foto dove viene evidenziata la strada con relativa scritta, non mi era stato possibile inquadrare le pareti rocciose, evidenziando la composizione della roccia stessa, se si guarda attentamente la seconda foto si evincono le strisce o tagli della roccia che identifica il classico smottamento della roccia stratificata, che tra l’atro, se si dovessero aprire come un libro, potrebbero apparire impressi tra uno strato e l’altro, dei pesci o elementi sottomarini ad un’altezza di qualche centinaio di metri s.l.m., quel tipo di pietra tenera, mi sfugge il nome esatto, ma immagino sabbia pietrificata, per cui tenera, non certamente al pari della base “Granitica” come quella Sarda.


Qui sopra sono raffigurati i Monti Sibillini, con visione dalla piana dell’infiorata, a disposizione per il pascolo di cavalli e pecore in genere, questo per concimare direttamente sul campo le già abbondanti fertili terre che esaltano il gusto di queste famose lenticchie, orbene, entrando nella valle, dal versante proveniente da Norcia, questa montagna si trova sulla destra e proprio difronte a Castellucio, se notate la cime innevata, si può scorgere con estrema precisione una linea orizzontale in prossimità della vetta, quel capello, come viene chiamato dagli abitanti del luogo, sta scivolando lentamente verso il centro della vallata, ovviamente ci vorranno secoli o millenni prima che ciò avvenga, però.  Questo, secondo un mio ragionamento di tipo fisiologico, in tutta Italia del centro-sud, e che dal sottosuolo, c’è una forza che dal basso comprime quelle terre, verso l’alto, in un certo senso, tra un paio, forse di milioni, d’anni o anche più, potrebbe ritrovarsi a ridosso delle coste Balcaniche dell’Adriatico, e forse, rovesciata sottosopra, questo mare Adriatico, potrebbe, un tempo anche lui, forse, assai lontano nel tempo, diventerebbe un mare chiuso nella parte nord.

E la Sardegna, secondo una mia teoria basata sull’osservazione di tutto il Mediterraneo occidentale, partendo dal fatto che la nostra isola insieme alla Corsica, ma solo la massa rocciosa granitica originale, che un tempo molto lontano, era parte dei Pirenei, che partendo più o meno dalle coste Catalane, fino ad arrivare all’incirca a Perpignan, parte Francese, e questo è avvenuto circa 540 milioni di anni fa, in cui le isole, si sono staccate, peregrinando nell’oceano antico. Come si può notare, guardando la cartina Europea, la punta Corsa, è a una certa distanza da l’ipotetico punto che la univa a Perpignan, mentre, considerando che la Sardegna granitica, sempre teorizzando, terminasse all’incirca nell’attuale Salto di Quirra, sempre dando un’occhiata alla carta Europea, si può notare che la parte sud Sarda è ad una distanza quasi doppia rispetto al vertice Corso, che pare essere il punto centrale dell’asse “Corso-Sardo”, con il suo antico punto di congiunzione, cioè la Catalogna appunto. Cosa voglio insinuare con questo, più su ho postato la foto del Supramonte del Goloritze, li quel massiccio, come tutta la costa, sino ad arrivare ad Olbia, o giù di li, i fondali marini sprofondano ben oltre i tremila metri nella parte di fronte al golfo di Napoli, sino ad arrivare ad Anzio, all’incirca, sono sui 2.800 metri, per arrivare ai 1.800 metri, tra le coste sud della Corsica da una parte, e l’isola del giglio, dall’altra. La mia ipotesi è che lo zoccolo duro granitico Sardo-Corso, sta spingendo verso quel sottosuolo, come fosse un cuneo che penetra alla base del territorio Italico del Centro-Sud, e lo sta rovesciando: qualcuno, qualche giorno fa sempre su questa rivista mediatica, ha azzardato, sulla controversia “Nuragici-Etruschi-Romani”, che l’Italia si sarebbe congiunta alla Sardegna e cosi saremmo tutti Italiani, perché i Sardi non esistono in quanto sconfitti, e le leggi le dettano i vincitori (a questa affermazione ho già risposto, però lo ribadisco con convinzione e con forza: la Sardegna, come nazione, post Nuragica, non è mai esistita, conseguentemente, non ha mai perso, bensì è, sempre, stata espropriata dai famelici predatori), poveri voi, ci sperate eh?, tra poco vi diremo come finisce! Uhm, detto da un Sardonico, così su due piedi mi verrebbe in mente una barzelletta su quel rovesciamento, sempre con il sorriso sulle labbra, però la lascio ipotizzare ad altri, sempre con un sorriso. Già ho annunciato del periodo di leva negli anni: 1965/66, ed appunto in questo periodo ho osservato una caratteristica che ricalca la costruzione dei muretti in pietra. Il nostro contingente aveva come base principale, la caserma di Persano Centro, a pochi chilometri da Battipaglia (Sa), una dimora di caccia di RE Ferdinando di Napoli, si era nel 1965, e nel mese di giugno di quell’anno, la nostra 1° Compagnia Carri, 3 Reggimento Fanteria Corazzata Granatieri di Sardegna, partecipò, nel mese di giugno, alla campagna di esercitazione NATO, sul territorio delle Murge Pugliesi di Corato di Bari. Durante il riposo di quella campagna, eravamo accampati sotto un bosco tipico di quelle parti, e a delimitare i terreni, vi erano dei muretti in pietra simili a quelli esistenti nella nostra isola, ovviamente. Non avevo motivi di fare dei confronti, a quel tempo, però da quando mi sono impegnato nella storia della Sardegna, la cosa mi frulla per la testa, e siccome ho girato e ho vissuto in diverse regioni Italiche, ora non faccio altro che sommare le varie situazioni, osservate sul campo fin da quel 1963, prime esperienze di girovago del territorio Italico.

Questa foto, rappresenta i muretti Pugliesi delle Murge, con relative casette che fungono da “piccole Masserie”, dove i proprietari dei terreni, custodiscono gli attrezzi di lavoro, e qualche scorta per uno spuntino mattiniero, tipo: boccette di olio, qualche cipolla; che per noi militari, atavicamente famelici, divoravamo qualsiasi cosa che potesse dirsi “commestibile”, anche quando a bordo dei nostri carri armati, gli “M47” americani, sostavamo sotto gli alberi di ciliegie, prelibate e gustose, e ne facevamo razzia, con grande rassegnazione dei proprietari, che al massimo, al nostro obice da 110 mm, al massimo opponeva una doppietta (famelici ed anche ingordi, mah). Come si può facilmente immaginare, questa regione, la Puglia, in riferimento alla Pietra, era ed è l’unico anello di congiunzione che la lega alla Sardegna, ma solo per le usanze di essa da parte degli uomini, e qui mi sovviene un dubbio, non vorrei che magari, Antichi popoli Sardi, siano giunti su queste terre, in antichità? Inoltre, sempre in Puglia, in un certo senso, vi è la replica, o quasi, dei Nuraghe, vale a dire i Trulli, certo, il modo come viene costruito, e diverso, non a secco e non con massi di una certa grandezza, almeno vedendolo dall’esterno, per cui, due indizi non sono una prova, però? Nel 2018, sempre gli ex commilitoni, avevamo fatto il 10° raduno in Sicilia, esattamente a Francavilla di Sicilia, a ridosso delle appendici est dell’Etna, con diverse escursioni, sia sopra le alture camminabili dell’Etna, e naturalmente non potevano mancare le visite a Taormina, Siracusa e località con caratteristiche che ne esaltavano la naturale lavorazione della pietra, che prima di diventarlo, erano polvere e poi lava, come si evince dalla foto sotto, che si riferisce alla gola di “Alcantara”, a pochi chilometri dalla sede di ritrovo.

La Sicilia, molto diversa la sua composizione come Isola, che di base, non ha la roccia come quella Sarda, però, non potendola girare tutta, per mancanza di tempo, specie nella parte nord e verso Palermo. In definitiva, tutto ciò mi da la convinzione, che nella nostra Isola, ancor più che della Corsica, vi siano stati in diversi momenti e abbastanza lontani tra loro, dei fenomeni che hanno sconvolto la superficie, almeno fino ai 400 -:- 500 metri di livello del mare, anche viaggiando in treno per andare a Sassari e Porto Torres, o anche per Olbia, dove mi imbarcavo per far rientro al lavoro, prima a Vimercate, vicino a Monza, e successivamente a Roma. Certe pareti del territorio, in quei territori, con dei canaloni, dove le parti molli delle alture, sembravano dilavate, ma queste sensazioni le ho avute anche girando nella Marmilla nella parte del Campidano, e confinante con essa, mi hanno dato quest’impressione. Da quando, nel 1982, mi son trasferito per lavoro a Cagliari, e abitavo a San Gavino M.le, ho conosciuto i monti, abbastanza friabili del Sulcis Iglesiente, oltre che le terre intorno a San Gavino M.le. quelle in pianura, ho fatto alcune scoperte, e acquisito notizie ufficiali, ad esempio, in una vigna di mio suocero, che ho curato per due anni, in agro di  San Gavino Monreale, verso Pabillonis, nel terreno, misto con terra e sabbia, vi erano moltissimi resti di conchiglie, quelle bianche e rigate, che era una dimostrazione che un tempo lì c’èra il mare, e quel paese, assieme a Pabillonis appunto,  e Samassi, risultano quasi a livello del mare, se non più basse. Un altro fatto che mi ha lasciato perplesso e pensieroso, era che a San Gavino, in certe zone, non si potevano costruire certi capannoni perché potevano sprofondare, bisognava effettuare le fondamenta con delle palificazioni di cemento, lunghe almeno 12 metri, perché quelle, erano terre melmose, alcuni amici locali, mi dissero, che, effettivamente lì c’èra il mare, non perché l’avevano conosciuto loro, ma semplicemente, perché avevano letto alcuni libri che raccontavano la storia del loro paese. Nel 1984, avevo acquistato un terreno, di circa un ettaro, a pochi chilometri da Villacidro, e a due, dalle cascate de Sa Spendula, avendo piantato tanti tipi di piante da frutta, due filari di Uva da tavola, un orticello di 4.000 m² circa, un centinaio di piante d’Ulivo quasi centenari, già esistenti, il confine lo avevo chiuso con piante di Cipressi, Olmi, Querce, Eucaliptus, Fichi d’India, Canneti, Mirto, Corbezzolo, Lentischio e Pini, oltre ad una casetta per custodire gli attrezzi e magazzino in genere.  A fronte di tutte queste piantagioni, avevo necessità di una fonte d’acqua, non essendoci irrigazioni consortili, ho dovuto costruire un pozzo artesiano profondo 80 m., ovviamente, per poter mettere in opera il pozzo dovevo fare domanda all’ente di competenza, con relativa documentazione tecnica del terreno, ebbene, in questa relazione, si specificava gli stratti di terreno che variavano da un livello all’altro, ma in quasi tutta la sua profondità, di circa 300 m., erano evidenziati i sassi, sia in forma di ghiaia, massi con esistenza di terra e pietre miste, un po tra i sassi più grandi e in singoli strati. Anche queste informazioni, successivamente, mi hanno fatto pensare, che il Medio Campidano in origine fosse un fosso alquanto profondo, con la presenza di acqua, se non addirittura “mare”, inoltre questi pensieri mi hanno rafforzato queste convinzioni, quando per dare una fonte di ristoro, a tanti animali domestici, cani e gatti che tenevo intorno alla casa, completamente liberi, visto che il confine era ben chiuso e protetto, nel viale centrale che portava alla casa, avevo piantato otto Pini Mediterranei, che dopo una ventina di anni erano diventati giganteschi da non poterli più abbracciare, talmente erano grossi. Sotto questi alberi, per adempiere al mio intento, avevo messo a dimora alcuni recipienti tipo vasche da bagno, in cui ogni volta che attivavo l’acqua dal pozzo, automaticamente, riempiva le vasche, però, li si abbeveravano, oltre ai miei animali domestici, Tortore, Piccioni, Averle, Pernici, Merli, Ghiandaie, Cornacchie, Cardellini, Passeri, Verdoni, oltre alle Api, Vespe, Bisce, Volpi, Conigli e tanti altri animaletti.  Dopo qualche mese, cominciai a vedere delle strane lumache, però non mancavano anche i Girini, che si trasformavano in Rane e Rospi, utili a sterminare insetti dannosi, come zanzare e altri, tornando alle lumache, guardandole bene, notavo che quelle sembravano lumache marine, come mai?, mentre aspiravo l’acqua dalle profondità del pozzo, probabilmente, venivano riversati sulla vasca, ma potevano andare anche nel terreno per innaffiare le piante e quant’altro, però nella pompa sommersa, vi erano i filtri, ed i filtri li avevo inseriti sia all’uscita dal tubo che sbucava dalla bocca del pozzo, e ogni tanto nei tubi terminali che dovevano alimentare dei spruzzatore ed evitare l’intasamento degli stessi ugelli.  Conseguentemente, ne deriva che queste conchiglie o lumachine, venivano riversate in forma quasi embrionale, e poi a contatto con la luce, si formavano fino a raggiugere le dimensioni qui sotto evidenziate.              

Le dimensioni reali della conchiglia più grandetta, come lunghezza misura circa 2 cm., avendo avuto esperienze di lumache o conchiglie di mare, l’unica differenza, secondo il mio parere, quelle marine hanno uno spessore molto più robusto, ma questo sarebbe il risultato che quelle marine di superficie, si irrobustiscono con il tipo di alimentazione, anche dal doversi difendere da predatori molto aggressivi, inoltre, se posso permettermi un’ipotesi forse surreale, queste lumache, potrebbero riferirsi ad una specie ormai estinta, in relazione a quanto identificato ufficialmente nelle ricerche marine. Dopo tutte queste presentazioni di fatti reali nonché di mie supposizioni, questi strati di sassi, ghiaia, e terra, che hanno riempito questo ipotetico ex bacino del Medio Campidano, mi da forza nel credere ancor più ad una ipotesi di avvenimenti catastrofici del tipo di onde giganti, che hanno divelto ogni cosa al di sotto dei 400 -:- 500 m. di altezza, dilavando le rocce molli, le terre attaccate ai fianchi delle montagne, modificando pesante tutto questo territorio. Ma un’altra domanda, gigantesco e incredibile, per la naturale riflessione che se ne deve fare, gli antichi popoli Nuragici, che a quanto pare, solo nel bacino del Campidano dovevano essere centinaia di migliaia, visto il numero consistente di Nuraghe, finora, scoperti, di cosa sono morti di qualche pandemia? Malaria o altre morti che riportino a malattie di massa, ma se così fosse, le terre sarebbero comunque piene di frammenti di ossa, questo dovrebbe essere, poiché questi materiali umani, ma anche di animali, resistono alle intemperie per millenni, visto che in certi terreni, non necessariamente Sardi, sono stati ritrovati reperti di questo tipo, inoltre, perché non sono stati cancellati gli abitanti che si trovavano in altipiani, impervi come le varie zone di Barbagia, Nuorese, Belvi, Seulo, etc. etc.? Queste scomparse, almeno queste ultime, sono avvenute, secondo alcuni studiosi, circa 1.200 anni prima di Cristo, c’è un vuoto di almeno 600 anni, non si trova proprio nulla, o non si vuole?, faccio un esempio: nei primi anni ottanta, quando si stava operando per il nuovo tratto di superstrada nella periferia di Serrenti, proprio all’uscita per Cagliari, quel tratto non aveva ancora le pareti divisorie, si erano interrotti i lavori, per dei ritrovamenti nel sottosuolo, si era ristretta la carreggiata e recintato quel pezzo di terra, non ho mai visto operai o ricercatori, che scavassero quel sito, dopo alcuni anni, venne ritappato tutto e asfaltato sopra. La stessa cosa avvenne nel curvone di Monastir, fermati gli scavi a ridosso della montagnetta, ma dopo qualche tempo, anche quello fece la stessa fine del sito di Serrenti, poi se siano successe le stesse cose anche da altre parti, non saprei.  Tornando alle possibilità di cui mi sono convinto, forse c’è la volontà di non mettere in evidenza dei dubbi macroscopici, io ovviamente le mie, sempre ipotetiche, idee me le sono fatte, e naturalmente non me le sono create, solo perché ho avuto quelle idee, ma, questo mio “credo”, è basato dalle comparazioni fatte sul terreno, su quanto letto su vari testi e in ultimo su servizi scientifici televisivi ripresi da diverse reti nazionali, inoltre, da quanto hanno riferito alcuni scienziati sulla scomparsa dei Dinosauri. Si dice e si ipotizza, che la scomparsa dei Dinosauri, sia avvenuta circa 4 milioni di anni fa, si é detto, che sulla superfice, intorno e dentro il cratere, dov’è caduto il “Meteorite” che lo causò, nell’America del nord, non siano state trovate tracce di essere viventi colpiti da tale calamità, ma negli strati di roccia sottostante, nelle vicinanze dell’evento, che, credo, all’inizio era polvere e/o terra, poi divenuta roccia con il passare dei millenni. Questo, sempre secondo un mio spontaneo riflesso, mi porta a concepire il fatto che, tutto ciò di vivente ci fosse in un certo raggio, del punto d’impatto del meteorite, si sia letteralmente disciolto o polverizzato, questo a fronte dell’altissima temperatura sprigionatasi dall’evento, ma altresì, e conseguentemente, per effetto degli agenti chimici trasportati dal “Monolite extraterrestre”, i corpi molli compreso le ossa, forse, si dovrebbero essere disciolte anch’esse in quell’acido primordiale, portato da chissà quale Universo. Però, nel caso di un’eventuale impatto di qualche meteorite nei mari intorno alla Sardegna, quell’onda gigante, di cui ne parla anche Mario Tozzi, in alcune trasmissioni Rai, e raccolte su YouTube, all’interno di Omphalos, orbene, su quell’onda scagliata sulle terre, entro una certa quota, tutto quello che trovava nel suo tragitto, prima che qualche ostacolo la deviasse, imprigionando nel brodo “Fango, sassi, corpi e acqua” triturando il tutto, come ha ricoperto tanti Nuraghe, parte di quella brodaglia iniziale, dovrebbe essersi incuneata anche negli interstizi dei massi componenti le mura di quei Torrioni, e scavando opportunamente, tra le pietre, qualche traccia di quel miscuglio, dovrebbe ancora esserci, con attenta e accurata analisi di esperti, sia chimici che ricercatori per porre date certe a eventuali reperti non ancora analizzati, potrebbero trovare qualche traccia di “DNA”, ed allora SI’ che ci sarebbe da cantar vittoria, verso quei negazionisti “ad ogni costo”.  Osservando i mari nel sud della Sardegna, il golfo di Cagliari, partendo da Capo Carbonara, a sud di Villasimius, e fino a Geremeas, mentre dall’altro versante del Golfo, fino a 10 km da Pula, la profondità marina, di questo semicerchio che è il golfo di Cagliari, supera i 400 m. di profondità, il resto, passa subito intorno ai 60 mt. Ripeto forse è un azzardo, però, “comenti narausu nosu, ki non rischiada non piscada”. Ripeto, forse è un azzardo, però quel fosso così rotondo e profondo, che sfiora l’isola dei cavoli, potrebbe sembrare un cratere provocato da qualcosa venuto dal cielo.

          

Come si evince da questa cartina, Cagliari e d’intorni, formano una piana che copre tutto il Campidano fino ad oltre Oristano, in lunghezza, a parte qualche asperità, però, se si osserva ai lati del capoluogo Sardo, sul lato destro, guardando di fronte la cartina, c’è la piccola catena montuosa del Sarrabus, partendo da sud, comprende: monte Nicola Bove, 806 m.; monte Arbu, 811 m.; monte dei Sette Fratelli, 1.023 m.; monte Tratzalis, 922 m.; la Punta Serpeddì, 1.067 m.; Bruncu Salamu, 842 m.; monte Landiragi 885 m. e monte Genis 979 m, s.l.m.. Dall’altro lato, s’intravedono la catena dei monti collegati al Sulcis Iglesiente, con diverse cime, iniziando da quella più a sud, Punta Sébera, 979 m., seguendo una linea quasi retta verso nord. Si trovano: monte Nieddu, 1.041 m.; monte Sa Mirra, 1.087 m.; monte Is Caràvius 1.116 m.; punta Rocca Steria 1.009 m. infine monte Arcosu 948 m. sempre s.l.m.; insomma, due bei muri dove incanalare una massa d’acqua, calda, acida solforosa o chissà quali gas letali calamitati dagli strati interstellari, da universi lontani. Sarei curioso di sapere, in quasi tutta la pianura Campidanese, cosa ci sia sotto quello strato di terra fertile, frammista a pietre, rocce e montagnole. Svelo anche alcune curiosità, durante i miei viaggi in macchina tra San Gavino Monreale e Cagliari, per raggiungere il posto di lavoro, ogni tanto mi capitava di intravedere, la notte, delle lucci ferme ad una certa altezza, più o meno tra Monastir e Cagliari. Però la curiosità maggiore mi venne, andando da Serrenti a Sanluri, sulla destra vi è una montagnola, che occupa un contingente militare, subito dopo quel curvone, sempre sulla destra, vi è uno spiazzo piuttosto ampio, di terra, che più o meno al centro, s’innalza una roccia ruvida, più o meno quadrata, alta almeno 6 -:- 7 m.,  che dà l’impressione di assomigliare ad un Menhir naturale, ed anche a quest’altezza di percorso, ho rivisto, e non una sola volta, le tipiche luci, molto grandi e ferme, intraviste nel tratto Monastir – Cagliari, e sempre in orari notturni, ma questa è un’altra storia. Per chiudere la questione sulla Civiltà Nuragica, che uno, simpaticone, che ci scrive da Bologna, con cui si dialoga, anche se in opposte opinioni in tal senso, penso, che Lui, scriva dei racconti contradditori, per i tanti dubbi “Amletici” che gli derivano da abitare nella città che è stata ereta sulle mura di una certa “Villanova”, che guarda caso, anche su questo centro si era discusso, secondo alcune ipotesi, sarebbe il primo centro di raccolta di quei fuggiaschi “Nuragici”, alla ricerca di un luogo sicuro e lontano dal mare. Chiedo all’amico della citta dotta, non è che ti viene qualche rimorso di avere lontane parentele Villanoviane, e non sai prendere una decisione in proposito? Ah, ah, ah, aspetta che non ho finito, hai accennato degli “Ittiti” e dei “Sumeri” in questa rassegna di Preistoria Sarda, che apparentemente non c’entrerebbero nulla, io invece credo che ci sia una certa attinenza. Ora scrive il “Sardonico”: infatti, abitando ad Oristano, sono andato alcune volte intorno allo stagno di Cabras, lungo la via che porta a San Giovanni di Sinis, intorno a quelle acque ricche di pesci, ci sono diversi “Ittit(i)urismo”, dove si mangia dell’ottimo pesce e tutti i piatti sono a base di pesci e frutti di mare, magari, se un giorno chiudi gli occhi per non dare ascolto alla tua coscienza “Antica Nuragica”, ci potremmo gustare anche qualche piatto prelibato.  Per concludere, do un accenno ai “Sumeri”, in Sardegna ci sono e come, Infatti: su meri, chenze zaraccusu non faidi nudda, e insà no è prusu un “Meri”, Assibiri.           








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