Cartografia nautica. Amerigo Vespucci e le carte del primo Cinquecento.
Articolo di Rolando Berretta
Iniziamo con l’illustrare cos’era la chiesa di S.Salvatore per Amerigo Vespucci.(Da Wikipedia: Le origini
gli Umiliati).
La chiesa, iniziata nel 1251 faceva parte del complesso conventuale degli Umiliati, un ordine giunto a Firenze da Alessandria nel 1239. Anche se la loro regola era stata approvata da papa Onorio III, l'ordine si era costituito nell'ambito dei movimenti pauperistici ai limiti dell'eresia. Gli Umiliati si affermarono come congregazione laica maschile e femminile, dedita alla perfezione evangelica ed alla povertà, ma specialmente al lavoro che era parte integrante della vita dei religiosi, impegnati soprattutto nella lavorazione della lana e del vetro. A Firenze gli Umiliati si stabilirono prima fuori città, presso san Donato in Polverosa, quindi presso la chiesetta di Santa Lucia (1251), estendendo gradualmente le loro proprietà fino a comprendere un oratorio sul borgo (cioè su una strada fuori della vecchia cinta muraria), dove fecero costruire la loro chiesa ad honorem Sanctorum Omnium e il convento; il complesso venne portato a termine dal 1278 al 1294. La zona era particolarmente adatta alla lavorazione della lana, perché all'altezza della porta alla Carraia, dove il Mugnone sfociava nell'Arno, c'era un'isoletta che formava un canale utile per ricavare l'energia idraulica per mulini e gualchiere. Per favorire tale sfruttamento, gli Umiliati costruirono la pescaia di Santa Rosa, insieme a un ricco sistema di canali. Il loro convento era dunque un vero e proprio centro del lavoro organizzato e il paesaggio urbano circostante venne caratterizzato da edifici legati all'attività produttiva dei religiosi, assieme alle
case per gli artigiani ed ai tiratoi dove si "tirava" la lana, cioè la si lavava dopo la tintura e la faceva asciugare. Per il loro prestigio, alla fine del Duecento gli Umiliati furono chiamati a ricoprire importanti cariche pubbliche. Intanto la chiesa si andava arricchendo di opere d'arte di straordinario pregio, grazie anche al mecenatismo delle famiglie del quartiere, che avevano raggiunto una solida posizione economica e sociale. All'inizio del Trecento la chiesa era così ricca da intraprendere un prestigioso programma decorativo, che aveva il fulcro nell'attività di Giotto: intorno al 1310 veniva posta sull'altar maggiore la Maestà ora agli Uffizi, la Croce dipinta e, dal distrutto coro dei monaci, la Dormitio Virginis oggi a Berlino.In quegli anni Ognissanti era anche un fervido centro dell'attività politica repubblicana: qui si radunarono i congiurati contro Giano della Bella, tra i quali c'era anche Dino Compagni.Il Quattrocento
Nel Quattrocento, lavorarono in Ognissanti Sandro
Botticelli (che nella chiesa è sepolto) e Ghirlandaio. In particolare il
Ghirlandaio era stato assoldato dalla famiglia Vespucci, di cui faceva parte
anche il famoso Amerigo, il navigatore che diede il suo nome all'America. Per
loro affrescò una Pietà e una Madonna della Misericordia e anche l’Ultima Cena nel
refettorio.
Ed ecco il nostro Amerigo, giovincello, sotto il braccio
destro della Madonna.
Abbiamo visto il primo elemento, fondamentale, per capire…. la mitica Carta Cantino.
Secondo Elemento: L’Abadia (Abbazia : dove c’è un Abate) è diventata una Abaida poi una Baia.
Un altro elemento, da considerare, è il modo di datare una carta di Vesconte Maggiolo.
Questa carta la troviamo, solo in copia, nella biblioteca Ambrosiana di Milano: ci sono due date.
-in Genova anno Dm 1527 giorno 20 dicembre / -in
Genova de anno Dm 1524 giorno X
agosto.
Giovanni da Verrazzano partì il 17 gennaio del 1524 e il
giorno 8 luglio, dello stesso anno, mandò la sua lettera a Francesco I. Vorrei
attirare la vostra attenzione, solo, sul significato DE ANNO. Sarà utile più avanti.
Altro elemento, per capire, lo troviamo nel libro : Amerigo Vespucci e i mercanti viaggiatori
fiorentini del cinquecento; a cura
di Margherita Azzari e Leonardo Romboi (del 2013).
Oltre a baia de tuti li sancti le fonti
cartografiche registrano in questo tratto ben undici toponimi riconducibili
alla spedizione del 1501-1502. La loro identificazione è tuttora oggetto di
discussioni. Solo sul Rio de San Francesco non ci sono mai stati dubbi: il nome
fu evidentemente attribuito il 4 ottobre al fiume che tuttora si chiama così e
che è – e apparve- l’elemento fisico più saliente di tutto il litorale. Ultima
tappa di questa parte dell’itinerario fu l’ampia insenatura in cui oggi si
specchia Salvador de Bahia. In
passato vi è stato chi ha proposto di attribuirne la scoperta al quarto viaggio
riferito dalla Lettera al Soderini. Ma
sarebbe bastato osservare che il toponimo è registrato nella Carta Cantino,
sicuramente anteriore alla fine del 1502, per escludere tale datazione.
Se non leggo male, quel toponimo, che è nella Carta Cantino,
dimostra che Amerigo è un impostore? E chi potrebbe averlo dato quel nome? (il
nodo è arrivato al pettine!)
Sarebbe bastato, dico io, osservare le grafie per notare
che, oltre al rattoppo, una seconda mano ha riportato del testo
successivamente.
Sentiamo
il parere della Prof.essa Patrizia
Licini a riguardo della Carta Cantino
…Da ogni punto di
vista, ciò che Cantino scrive al Duca Ercole nella lettera certamente autografa
già da Roma nel novembre 1502 non è compatibile con la frase «Charta da navigar
per le isole novame[n]te t[ro-vate] in la parte de l’India dono di Alberto Cantino al S. Duca Hercole» che leggiamo sul retro
di detta carta nautica oggi a Modena. La frase non è di Cantino per una serie
di ragioni. 1. La frase è anonima, in una scrittura corsiva che è indubbiamente
diversa da quella gotica che figura su tutta la carta nautica oggi detta del
Cantino, e certamente posteriore alla datazione di questa. 2. Inoltre nella
lettera da Roma, Cantino annuncia al Duca Ercole di avere chiesto al Cattaneo
al ritorno a Genova un anticipo sulla somma sborsata per acquistare la carta in
Portogallo, perché era rimasto senza soldi e la carta gli era costata 12 scudi
d'oro in oro (dice proprio così), ma è talmente bella che, anche se cara, il
Duca l'apprezzerà. Dunque questo NON è un dono di Cantino, come la frase anonima
arbitrariamente si permette di dire, perché gli è costata 12 scudi che vuole
riavere dal Duca. E chi ha scritto quella frase non era a conoscenza di questa
lettera autografa del Cantino. 3. Un documento è autenticato da un notaio di
tipo latino il quale, essendo pubblico ufficiale autorizzato ad attribuire fede
pubblica ai documenti, ha il potere pubblico di garantire con il suo sigillo
che il sottoscrittore è veramente lui. Ma nella frase anonima sul retro della
carta non troviamo né la firma di chi la scrisse in un anno non dichiarato, né
tanto meno la certificazione di un notaio. E, per di più, né sul retro né sul
davanti della cosiddetta Carta Cantino noi possiamo trovare un nesso, seppur
minimo, un legame che leghi il nome Cantino ad essa. Niente di Niente. Anzi,
nel disegno geografico anche io vedo quella gigantesca vignetta urbana di
Venezia che mi fa propendere per un cartografo di Venezia quale autore del
lavoro, a parte la impiastricciata di pergamena aggiuntiva incollata per 2,5 cm
(!) proprio lungo la costa del Brasile dove Vespucci svolse il quarto viaggio
del 1503-1504, il secondo per Emanuele il Re di Portogallo per il mare
antartico. Insomma, l'autore della frase sul retro della cosiddetta Carta
Cantino può essere chiunque senza la minima garanzia di verità, tra Cinquecento
e Ottocento. 4. Ercole I da Este, il Duca di Ferrara, da circa un anno era il
consuocero di Papa Alessandro VI Borgia. Allora mi chiedo: che necessità
avrebbe avuto il Duca Ercole di far trafugare una carta nautica in Portogallo
dal suo agente Cantino (un gentiluomo ammesso alla corte del Re del
Portogallo), addirittura fatta fare da un autore bravissimo che però volle
tenersi nascosto per paura della pena di morte imposta da Re Emanuele su chi
rivelava i segreti delle navigazioni, quando a Roma il consuocero del Duca
Ercole era il Pontefice di tutti i Cristiani, il Signore del mondo al quale
doveva essere comunicato per primo il risultato di ogni scoperta geografica
transoceanica?5. Gli inventari della Biblioteca estense furono redatti da un
notaio soltanto nel 1597 per il passaggio del patrimonio a Cesare da Este;
carte geografiche e planisferi inventariati ammontano a circa 100. In
conclusione anche io come Lei (che sarei Io) penso ad un archivista che scrisse quella frase sul retro
nell’Ottocento nella biblioteca di Modena.
Detto
in parole povere: Alfonso d’Este, il primogenito di Ercole, sposò, nel dicembre del 1501
Lucrezia Borgia. Il Cantino, nel 1502, che ci faceva a Roma? Ercole d’Este morì
il 25 gen 1505.
A
questo punto dico la mia opinione. Alberto Cantino lasciò la Carta, comprata in
Portogallo, a Genova. Juan de La Cosa
l’aveva già vista e utilizzata per disegnare il suo celebre capolavoro nel
1500. I genovesi Nicolò Caveri e Vesconte Maggiolo la utilizzarono per le loro
carte. Quella carta è rimasta a Genova. Basterebbe osservare, in queste ultime due
carte, l’emisfero centrale per avere
un’idea di che carta si trattasse. Il “dono”
di Alberto Cantino ha due elementi che negano la provenienza portoghese. A
parte la gigantografia di Venezia, c’è l’isola di ISABELLA (Cuba) che sarebbe
la Giovanna di Colombo. Nessun
portoghese, o spagnolo, avrebbe usato quel nome in italiano. Se osserviamo il
portolano dei fratelli Pizzagano (1367) scopriamo che, i veneziani, la parola
–isola- la abbreviavano in Ya. Ya
Bella sta per -isola Bella-. Quindi, io, la leggerei Is.a Bella.
Altro
elemento, che dimostra che cos’è la Carta Cantino (il dono), sarebbe lo schema.
Dicono che
Caveri abbia copiato la Cantino. Mettiamo in chiaro la faccenda: mentre Caveri,
Juan de La Cosa, Maggiolo etc etc (compreso Piri Reis) usano schemi con giro di
compasso da 26 unità, nella sola carta Cantino hanno usato giri di
compasso da 24 unità. L’autore: bravo ma poco pratico.
A
Fano si conserva una carta di Vesconte Maggiolo. La datazione recita: …de anno Dm 1 5 4 die VIII giugno. Perfetto.
Per me, quella data, era precisa. Invece se correggo 8 giugno con il 18 giugno del 1504 trovo
la data della fine del IV viaggio di
Vespucci.
E, se ci
rifletto bene, sempre nella carta di Fano, trovo il nome del comandante
portoghese; che non riporta la Lettera al Soderini.
TERA DE -CONSALVO
COIGO- VOCATUR SANTA CROXE.
Si
dice che Consalvo Coigo sia Gonzalo Coelo; altro oscuro personaggio messo bene
a fuoco da Giuseppe Caraci nella metà del secolo scorso.
Il tutto per spiegare l’importanza “DE ANNO” dell’anno! E, per fare una carta, occorrevano un paio di anni. La carta conservata alla Biblioteca Ambrosiana lo dimostra.
Se metto il
meridiano di Roma al centro di una carta moderna e misuro 90° a ovest trovo un
pezzo di Cuba. Se vado a 90° a est di Roma trovo il Golfo del Bengala. Le loro
carte sono precise. Sono 180° precisi precisi.
Ptolomeo aveva affermato che il diametro della Terra era di 24.000 miglia romane e che da Capo Verde al Golfo di Cattigara erano 180°. Per i cartografi del primo 500 restò da completare l’altro emisfero da 180° considerando che, quelle a Occidente, erano sempre le terre del Gran Can.
Adesso,
con questa toponomastica, ritorniamo alla carta conservata alla Biblioteca
Ambrosiana. Quella de anno Dm 1524
il giorno 10 agosto. Abbiamo l’Annunziata
e le tre isole delle Figlie di
Navarra. Poi un Dorius promontorius (fam.
Doria?) e un’isola Maiollo genovesa.
Carta Rosselli:
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