lunedì 2 marzo 2020
Sardegna. Cattedrale di Ales. Articolo di Pierluigi Montalbano
Sardegna. Cattedrale di Ales.
Articolo di Pierluigi Montalbano
La cattedrale di Ales, dedicata
ai santi apostoli Pietro e Paolo, fu edificata nel 1708 su progetto
dell'architetto genovese Domenico Spotorno, morto ad Ales il 17 giugno 1702 e
sepolto nella Cattedrale. Collaborò alla conversione in stile barocco della
cattedrale di Cagliari che fu modello per il duomo di Ales. Fu costruita nel
1507 sui resti di una chiesa voluta da Donna Violante Carroz, Marchesa di
Quirra al tempo del trasferimento della diocesi da Usellus ad Ales. Il primo
impianto è del XIII in stile romanico a
navata unica, con tetto a capriate e un piccolo campanile a vela, tre cappelle
(del Carmine, del Rosario, del Crocifisso) e una sacrestia, poi sostituita nel
1647. Nel 1682 viene ampliata con l’aggiunta di quattro cappelle in grossi
blocchi di pietra bianca con volta a botte. Anche la navata, l'abside e il
transetto sono voltati a
botte. Nel 1678 inizia la costruzione di uno dei due
campanili ma il crollo del 29 aprile 1690 coinvolge la chiesa e la distrugge. La
nuova cattedrale, consacrata da Mons. Didoco Cugia il 9 maggio 1710, è
realizzata dall'architetto Ignazio Merigano, e i maestri Antonio Cuccuru e
Lucifero Marceddu di Cagliari. Nello spigolo e nella parete che hanno in comune
la cappella di S. Michele e l'attuale torre dell'orologio è possibile trovare
le tracce della torre crollata. Del XVIII sono gli arredi marmorei dello scultore
Pietro Pozzo. Nella prima metà del XX si completarono le decorazioni e gli
affreschi dell'interno.
La Chiesa si trova in posizione scenografica e
dominante, al centro dell'abitato, su un'ampia piazza terrazzata, raggiungibile
con una scalinata. La facciata, dal coronamento curvilineo, è incorniciata da
due campanili gemelli, collegati da un terrazzino munito di una balaustra
in pietra tufacea, sotto il quale si apre un portico con arco a tutto sesto.
Sopra il prospetto è collocata una statua di san Pietro. Coronano l'edificio le
due cupoline in cima a ciascun campanile e la grande cupola che si eleva
all'incrocio della navata col transetto. L'interno ha una navata unica
lunga 21 m e larga 10, scandita da paraste con capitelli ionici, con
due cappelle per lato e un ampio transetto i cui bracci sono lunghi 8 m.
Il coro è lungo 10 m e largo 7,40 m. L’ampia cupola ottagonale alta 36 m fu decorata (1950-1962) e
affrescata (1954) da Peppinetto Boy di Ales. Da sinistra il Martirio di S.
Pietro, Medaglione di S. Gregorio Magno, la Gloria di S. Pietro, Medaglione di
S. Ambrogio, il Martirio di S. Paolo, Medaglione di Sant'Agostino, la Gloria di
San Paolo e Medaglione di San Girolamo. La volta centrale è alta 16 m e le
due torri 26 m.
Le volte sono ornate da affreschi (1907) di Giovanni da
Ferraboschi di Bergamo, raffiguranti la vita dei santi Pietro e Paolo, su
decorazioni con cassettoni in rilievo, a loro volta ornati con motivi classici,
quali rosoni, foglie, motivi araldici (tiara papale e mitra vescovile), un cesto
con lavorazione ad intreccio e facce grottesche. Le pitture delle pareti, compresi
i finti marmi ad intarsio policromi, furono realizzate nel 1958 da Enrico
Lorrai di Cagliari (1908-1995). I pavimenti furono rifatti durante l'Episcopato
di Mons. Antonio Tedde (1950-1960) e poi (1983-2003) durante gli episcopati di
Mons. Gibertini e Orrù.
La prima cappella laterale a destra
è dedicata a San Michele Arcangelo e ospita un
altare di marmi policromi realizzato da artigiani lombardo – liguri (1738) e il
fonte battesimale del 1725 con lo stemma della famiglia Masones y Nin. L'ariosa
struttura a forma di edicola quadrangolare è del marmista Pietro Pozzo. Sulla
porticina metallica che si apre sulla parete frontale dell'edicola è
raffigurato il Battesimo di Gesù impartitogli da Giovanni Battista sulle rive
del Giordano.
La seconda cappella a destra è dedicata a San Pietro da Verona, presenta un altare
di marmi policromi realizzato da artigiani lombardo – liguri (1738) con un
dipinto anonimo raffigurante il martirio che si rifà a un quadro del Cavalier
d'Arpino (1631). A sinistra di questa cappella si trova il pulpito marmoreo,
settecentesco.
La prima cappella a sinistra,
del Santissimo, ha un altare ottocentesco, opera di Michele
Fiaschi e Francesco Cucchiari, portato a termine da Andrea Ugolini (1858) con
tela di un ignoto pittore romano (1789) raffigurante l'Immacolata.
La seconda cappella a sinistra,
intitolata a Sant'Antonio da Padova, ospita ancora un
bell'altare di marmi policromi realizzato da artigiani lombardo – liguri
(1738), con la tela, di artista anonimo, raffigurante Sant'Antonio con
Gesù bambino, sempre del XVIII. Nella navata c’è la pila dell'acqua benedetta (1702) del marmista Efisio
Mura di Cagliari, con al centro la statua di S. Pietro, a cui manca il braccio destro
che teneva in mano una fiocina con la quale tentava di pescare uno dei tre
pesci scolpiti in rilievo sul fondo della pila;
il pulpito (1737) è del
marmista genovese Pietro Pozzo, con lo stemma del vescovo Giovanni Battista
Sanna, in ricordo del quale si fece scolpire sul frontespizio lo scudo in cui
l'elemento più significativo è il cinghiale rampante (da zanna che corrisponde
al sardo sanna) che poggia le zampe sul tronco di un albero fronzuto,
sovrastato dal cappello episcopale, sormontato da un tornavoce (1907), opera di
Peppico Garau di Ales su disegno di Ferraboschi di Bergamo; la credenza di
marmo (1737) è del marmista genovese Pietro Pozzo con in alto lo stemma di
Mons. Giovanni Battista Sanna.
Dal centro della navata, si accede alla cripta (1752), sepolcro dei Vescovi, dei Canonici, del clero e di
alcuni laici.
Nel braccio destro del transetto
si trova l'altare con la scultura lignea del Santissimo Crocifisso,
realizzata nel 1900. L'altare è stato dipinto sulla parete nel 1950 con la
tecnica del trompe l'oeil (inganna l'occhio) simulando colonne tortili,
(trabeazione) e volute in marmo che mettono in risalto il paliotto dedicato
alla Madonna del Rosario (1700) dal decoratore cagliaritano Enrico Lorrai
(1908-1995). Alla parete opposta, nel braccio
sinistro del transetto, c’è l'imponente altare marmoreo dei marmisti
Santino e Domenico Franco (1780), intitolato alla Madonna del Carmine, con una pregevole pala
del pittore Pietro Angeletti raffigurante l'apparizione
della Beata Vergine del Carmelo a S. Simone Stock.
Il presbiterio, sopraelevato
come nella cattedrale di Cagliari, ha una balaustra in marmo (1727) dei
marmisti genovesi Pietro Pozzo e figli che poggia su quattro leoni (realizzati
dagli stessi artisti) simboleggianti la Chiesa, con ai piedi l'aquila,
simboleggiante l'Impero Romano e, quindi, il paganesimo (1727).
Da sin verso dx, il primo leone è calmo e tiene un'aquila che con le ali gli si
divincola sotto i piedi; il secondo calpesta l'aquila che gli conficca un
artiglio sulla zampa; il terzo ha un atteggiamento infuriato mentre l'aquila
gli si rivolta col becco; il quarto ha un'espressione trionfatrice, mentre
l'aquila giace uccisa ai suoi piedi.
Al centro dell'area presbiterale si trova
l'altare maggiore, opera di Giuseppe Massetti e Pietro Pozzo, su disegni dello
Spotorno, con le statue dei santi Pietro e Paolo, mensa, tabernacolo, gradini e
paliotto (1728) nicchia e tronetto (1734). Ha tre gradini di marmo bianco con
motivi geometrici a intarsio in marmi policromi.
La mensa è un trapezio che
raffigura sullo specchio frontale i simboli di S. Pietro in marmo bianco
scolpiti in rilievo. Ai lati, due grandi Angeli telamoni con ampia apertura
alare che aprono il ventaglio dei tre gradini. Nell'abside rettangolare c’è il
coro con gli stalli dei Canonici (1646), opera degli intagliatori sassaresi
Ambrogio Ziquina e Diego Manunta, in noce carico di intagliature e il tronetto
del Vescovo (1661) opera dell'artigiano Battista Cossu.
Ai piedi del presbiterio c’è un organo
ad ala di scuola romana, fatto acquistare nel 1667 dal vescovo
Brunengo (si tratta del più antico strumento esistente in Sardegna). Restaurato
nel 2000 da Fabio Lissia a Prato e riportato nella cattedrale nel 2001, è
racchiuso entro una cassa in pioppo e abete. Lo strumento ha un'unica tastiera
45 tasti con prima ottava scavezza con i tasti diatonici in faggio e cromatici
in noce, con coperture in bosso ed ebano.
Senza pedaliera, si compone di 7
registri per un totale di 315 canne di cui le prime 8 del principale in
castagno ricoperte in stagno nelle parti a vista, in lega di stagno le altre.
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