Articolo di Greta Fogliani
Uno degli elementi più presenti nei miti e nel folklore delle popolazioni antiche è l’albero. Questo elemento naturale assume una grande varietà di funzioni, ma una più di tutte le altre rende evidente l’importanza che l’albero ha sempre rivestito nell’antichità: quella di centro e asse dell’universo.
Di per sé, l’albero non è propriamente un motivo cosmologico, perché è innanzi tutto un elemento naturale che, per i suoi attributi, ha assunto una funzione simbolica. L’albero, in quanto tale, si rigenera sempre con il passare delle stagioni: perde le foglie, secca, sembra morire, ma poi ogni volta rinasce e recupera il suo splendore. Per queste sue caratteristiche, esso diventa non solo un elemento sacro, ma addirittura un
microcosmo, perché nel suo processo di evoluzione rappresenta e ripete la creazione dell’universo. Inoltre, proprio per la sua estensione sia verso il basso sia verso l’alto, questo elemento ha finito inevitabilmente per assumere una valenza cosmologica, andando a costituire il perno dell’universo che attraversa cielo, terra e oltretomba e che funge da collegamento tra le zone cosmiche.
Un primo esempio lampante ci viene dalla Bibbia, dove si parla dell’albero della conoscenza del bene e del male posto al centro dell’Eden. È importante sottolineare che l’albero, in questo caso e negli altri che verranno esposti, si fa portatore anche della simbologia del centro, il luogo sacro per eccellenza, poiché è l’inizio e la fine di tutte le cose e sede dell’ordine cosmico. È proprio il centro il luogo di intersezione delle tre sfere cosmiche (cielo, terra e oltretomba), dove è possibile passare da una regione all’altra dell’universo. Perciò, solo pochi eletti riescono ad accedere a questo punto particolare, e non senza aver superato molte prove e difficoltà. Uno degli ostacoli può essere rappresentato proprio dal custode dell’albero, che nella Genesi è il serpente tentatore di Adamo ed Eva. L’albero della conoscenza giocherà un ruolo centrale anche nelle vicende che riguardano la morte del Cristo: esiste, infatti, una leggenda cristiana che vuole che il legno della croce di Gesù coincida con quello dell’albero edenico. E, guarda caso, questa stessa leggenda fa corrispondere il punto della crocifissione del Cristo con il centro del mondo, dov’era stato creato e sepolto Adamo. Dunque la croce di Cristo, instaurando una continuità con l’albero della Genesi, si configura per i cristiani come sostegno dell’universo, incorporando così il motivo dell’albero come asse del mondo che collega il cielo, la terra e l’aldilà.
Sempre rimanendo in ambito europeo, ci sono molti altri esempi di culture che, pur non essendo cristiane, presentano il concetto di albero cosmico nel proprio folklore. Nell’area celtica troviamo due specie arboree che svolgono questo ruolo: la quercia e il frassino. In Gallia, la quercia è considerata la regina della foresta, perfetta, forte dei suoi imponenti rami e salda nelle sue ancor più grandi radici. Per questo, essa simboleggia la salda protezione e la forza primordiale, nonché l’abilità di sopravvivere. Tali attributi associati alla quercia non derivano però dalle sue caratteristiche naturali, ma da Giove, divinità a cui quest’albero è strettamente legato. La quercia, infatti, si presta bene a rappresentare la maestosità e la forza del dio romano supremo, il cui culto era diffuso anche tra i Celti gallici. Anche il frassino, chiamato Necht, rappresenta il motivo dell’albero cosmico, poiché possiede radici che penetrano molto in profondità nel terreno e rami spessi e forti. Per questa sua immagine di molteplicità e robustezza, nella mitologia celtica e norvegese il frassino è ritenuto lo specchio del mondo e dell’universo, poiché in quanto asse del mondo la sua estensione abbraccia gli inferi, la terra e il cielo. Esso è dunque un microcosmo, poiché riproduce in scala ridotta la struttura di tutto l’universo.
Parlando del frassino, non si può non menzionare Yggdrasill, l’albero cosmico che sostiene tutti e nove i mondi dell’universo germanico, che veicola una complessa simbologia. Yggdrasill ha tre radici, ma sulla loro collocazione vi sono tradizioni discordanti. Secondo il poema norreno Grímnismál, contenuto nell’Edda poetica, la prima radice finisce nel regno di Hel, l’oltretomba, la seconda a Jötunheimr, dove dimorano i giganti della brina, e la terza a Midgardr, il mondo degli umani. Il Gylfaginning dell’Edda in prosa, invece, afferma che la prima radice va a Niflheimr, la regione infera dove si trova la sorgente Hvergelmir, la seconda a Jötunheimr (come dice anche il Grímnismál) e la terza ad Asgardr, presso la dimora celeste degli dèi Asi. In ogni caso, le tre radici non indicano tre zone terrestri, ma tre differenti modi di essere che si esplicano nei regni cosmici degli inferi, della terra e del cielo. Un’altra particolarità di Yggdrasill è la presenza minacciosa di un’abbondante fauna: lo scoiattolo Ratatoskr sale e scende lungo il tronco, sui rami sta appollaiata un’aquila che con il suo battito d’ali origina i venti, cinque cervi e una capra brucano le sue chiome e otto rettili, simili a draghi, rodono le sue radici. Tra questi, gli animali più rilevanti sembrano l’aquila e il più terribile dei rettili, Nidhöggr, che si scambiano vicendevolmente degli insulti attraverso lo scoiattolo Ratatoskr, che funge da messaggero. È proprio per mezzo di questo roditore che si sviluppa il conflitto tra cielo e terra, simboleggiato dagli screzi tra l’aquila e il rettile. Tutti questi animali mostrano la fragilità di quest’albero, che non è immune alla progressiva erosione della fauna e soprattutto del tempo. Quando Yggdrasill verrà abbattuto, il mondo attuale avrà fine, tutto ciò che esiste verrà distrutto per stabilire un nuovo equilibrio e un nuovo universo.
La fonte della concezione slava dell’albero cosmico molto probabilmente deriva dalle popolazioni ugro-finniche, che in passato si sono insediate nella Scandinavia e in Russia. Nella mitologia di queste popolazioni, però, l’albero cosmico non è né un larice né una betulla, ma una quercia, che compare nel Kalevala, un poema epico finlandese composto da Elias Lönnrot a metà del XIX secolo. Nel secondo runo, in particolare, si parla di una quercia gigante che si estende in tutto il mondo, fino a coprire la luce del sole. Proprio per questo motivo, il saggio Väinämöinen ordina a un piccolo omino di rame venuto dal mare di abbattere la quercia, affinché il sole possa ancora scaldare la terra. L’abbattimento della quercia simboleggia la rottura dell'asse terrestre, la quale va probabilmente collegata con il fenomeno della precessione degli equinozi, quando il mondo passa da un’era alla successiva e un nuovo signore del tempo dovrà cedere il posto al vecchio.
Com’è possibile notare, in Europa l’albero cosmico è un motivo che ricorre in culture anche molto diverse tra loro. Del resto, la relazione di questo elemento naturale con il trascendente non poteva essere trascurata; l’albero rappresenta la fertilità, l’abbondanza e il ciclo della natura che si rinnova miracolosamente ogni anno. Ecco perché una semplice pianta riesce a contenere l’infinità dell’universo.
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