martedì 28 maggio 2019
Archeologia della Sardegna. Le Triadi Nuragiche. Articolo di Gustavo Bernardino
Archeologia della Sardegna.
Le Triadi Nuragiche
Articolo di Gustavo
Bernardino
La recente riedizione del
volume “La Sardegna nuragica” di Massimo Pittau ( Edizioni Della Torre
2018), mi consente di fare alcune
riflessioni in ordine a diversi argomenti trattati dall'autore:
Il Nuraghe e la sua funzione
cultuale
Credo che ormai anche i più
riottosi accademici accettino la soluzione religioso/cultuale per definire la
primaria funzione dei nostri magnifici monumenti, eretti dai nostri antenati
non già per scopi militari ma per compiere quelle funzioni religiose dirette a
santificare le divinità in nome delle quali si era proceduto ad erigere le
sacre torri. Trattandosi di una costruzione che richiedeva enorme dispendio di
lavoro e di risorse economiche se ne evidenzia anche una sua multifunzionalità
in termini di ulteriore utilizzo per scopi sociali, come luogo di riunione di
persone con ruoli decisionali per la collettività e per la conservazione di
derrate alimentari come peraltro archeologicamente riscontrato.
Resta tuttavia da definire in
maniera credibile e coerente su quali basi si può declinare questa
interpretazione. La prima osservazione va fatta partendo dalla considerazione
che la funzione militare-difensiva, si deve escludere per la mancanza di
elementi probatori proprio nei criteri costruttivi del monumento, che non può
essere considerato militare-difensivo solo per l'aspetto massiccio e
mastodontico. Caratteristiche che,
all'opposto, si sposano benissimo con
criteri di appartenenza alla sfera religioso-cultuale in cui l'elemento di
maestosità, di eccellenza e di esclusività, appagano lo sforzo umano, fin dai
tempi più remoti, di avvicinamento al dio supremo. La bellezza delle torri
nuragiche è anche nella purezza della linearità dei suoi profili che si
offrivano solenni all'immensità divina. Massimo Pittau dedica a questo tema 79
pagine (la seconda parte) del suo lavoro arricchito da numerose citazioni di
importanti studiosi e costruisce una linea a favore della tesi attendibile
e condivisibile.
Uno dei punti nevralgici,
della teoria religiosa, riguarda un particolare elemento costruttivo che si
riscontra nella quasi totalità dei nuraghi, inerente le così dette “nicchie”
presenti nella torre centrale in
posizione cruciforme e prevalentemente in numero di tre. Questa componente
architettonica la cui natura funzionale aiuta ad escludere la funzione
militare, rafforzandone quella religiosa,
permette un' unica soluzione in cui si ravvisa l'utilizzo delle nicchie
per l'alloggiamento di statue rappresentanti le divinità che venivano
santificate dai sacerdoti con i riti e le cerimonie.
Trinità nuragiche
La presenza delle tre nicchie
nella forma cruciforme sopra menzionata, permette di tracciare un percorso
virtuale che consente di seguire un immaginario visitatore che si addentra nel
mastio centrale e si trova improvvisamente all'interno della torre dove trova
ad attenderlo alla sua sinistra la statua di NUT (la luce) al centro quella di
RA (il padre celeste, il dio sommo) e alla sua destra GHEB (la terra). Una
immagine di profondo impatto emotivo per un credente che trovandosi al cospetto
di una triade di altissimo valore religioso, doveva provare forte pathos e
grande giovamento interiore. Ecco forse spiegato perché, ancora oggi,
sopravvive il termine nuraghe sempre più avvinto nel mistero della sua identificazione
che resiste nel tempo.
Quindi una triade sacra
composta dal padre con i propri figli che, come ho accennato in un precedente
lavoro, potrebbe essere vista come l'origine di quel “Padre, figlio e spirito
santo” sincretisticamente a noi pervenuto.
Ma oltre al NUT-RA-GHEB
esistono altre trinità compatibili sotto l'aspetto temporale al periodo
nuragico? La risposta è affermativa e gli esempi sono diversi: una seconda
triade di elevato valore religioso è quella che si cela dietro un toponimo.
Matzaccara in provincia di Carbonia-Iglesias è una frazione di San Giovanni
Suergiu e conta 547 abitanti che non sanno di vivere in un luogo in cui
probabilmente 1.500/2.000 anni prima della nascita di Cristo, esisteva il più
importante porto di arrivo delle navi provenienti da Oriente che era dedicato
ad una triade sacra MAAT- KA-RA (il padre celeste, la figlia e lo spirito
santo). Un ulteriore esempio di triade sacra la ricaviamo dalla presenza di
importanti tracce rilevate da lavorazioni archeologiche maldestramente
interpretate che, se lette nel giusto verso, portano in modo inequivocabile
alla identificazione di una alta famiglia di divinità del pantheon nilotico. Si
tratta di KHNUM (bronzetto di Teti) e le sue figlie NEITH (altare ipogeico
Grotta Pirosu, Santadi) e ANUQET (altari lacustri di Su Monte di Sorradile e Su
Mulinu di Villanovafranca) la cui fisionomia è riscontrata nell'iconografia,
nella bronzistica e nel materiale liturgico rinvenuto in ambiente cultuale.
Per quanto riguarda il dio
KHNUM ho ampiamente trattato in diversi precedenti lavori presenti in questa
rivista, in questa sede mi limito a proporre una diversa chiave di lettura da
quella proposta da Massimo Pittau che
tratta questo argomento nella terza parte della sua opera a pag.230.
L'autore ritiene che il
bronzetto di Teti quello raffigurato con due corna, quattro occhi, quattro
braccia e due scudi, possa essere interpretato come il dio della guerra il
nuragico Marte e cerca di darne spiegazione con la seguente descrizione: “....La
simbologia implicita nella figura di questi bronzetti potrebbe essere la
seguente: in primo luogo le due corna dell'elmo potrebbero fare riferimento al
Sole e alla Luna, per la motivazione che abbiamo delucidato a lungo nei
paragrafi precedenti. Le due divinità inoltre potrebbero essere simboleggiate
dai due scudi rotondi raffiguranti i due astri. E questo potrebbe essere
indizio del fatto che il Marte nuragico fosse figlio del Sole e della Luna. I
quattro occhi e le quattro braccia potrebbero indicare che Marte univa in sé
sia l'abilità sia la forza dei suoi due genitori....” Io propendo per una
soluzione molto più semplice che rimanda sempre alla sfera della religiosità
nata in Sardegna al seguito degli Shardana (Sherdani) rientrati nell'isola dopo
la permanenza, ampiamente documentata, nella terra dei faraoni. Il bronzetto di
Teti rappresenta un dono votivo fatto da un soldato Shardana al dio Khnum che era un dio che dava la vita (non
guerriero ma generatore di vita) in forma doppia.
Nell'immagine: bronzetti al Museo Archeologico di Cagliari
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