venerdì 30 marzo 2018
Archeologia. Monte Prama, decadenza o grandezza? Quadro cronologico degli attuali reperti: XIV sec. a.C. IV sec. a.C. Articolo di Danilo Macioccu
Articolo di Danilo Macioccu
Monte Prama è da sempre considerato come un sito totalmente inserito nella Età del Ferro, tra il 900 a.C. ed il 600 a.C. Quest’arco di tempo comprende l’età c.d. orientalizzante e del tramonto della cultura Nuragica;l’interpretazione del sito è quindi incentrata sul processo di trasformazione e decadenza dell’aristocrazia Nuragica; tale prospettiva coinvolge sculture, statuaria, costumi funerari. I modelli di Nuraghi sarebbero raffigurazioni di edifici e simboli di una società non più esistente, quella della “bella età dei Nuraghi”, creata dagli epigoni nuragici, alla ricerca affannosa di una identità culturale “perduta”; le statue di guerrieri, arcieri e pugili, sarebbero anch’esse le immagini di avi semi divinizzati dagli artefici del 630 a.C., intenti a rilegittimare tramite le statue, un potere politico e territoriale che andava scomparendo dinanzi all’incedere della “Città Fenicia”. L’adozione della tomba individuale segnalerebbe la fine delle tombe dei Giganti, sebbene questo asserto presupporrebbe che là dove le tombe di Giganti siano dismesse, queste siano siano generalmente sostituite da tombe individuali a pozzetto: un fatto tutto da dimostrare.
Tuttavia i reperti, le datazioni radiometriche, la sequenza di edifici indagati nelle recenti campagne di scavo, travalicano gli angusti limiti della cronologia ufficiale.
Al di là della datazione delle statue, la vita della Necropoli sembra essere stata di più ampio respiro, forse almeno in parte contemporanea, del periodo nel quale i Nuraghi Polilobati venivano ancora costruiti ed utilizzati.
Il quadro sinottico (da adesso abbreviato “Q.S.”) dei reperti attualmente pubblicati, supporta varie obiezioni al teorema Orientalizzante.
Primo, è assente una fase orientalizzante; in altri termini, benché a Monte Prama l’influenza orientale sarebbe, secondo l’archeologia accademica, ravvisabile sin dalle prime tombe individuali, nell’arco temporale che va dal IX al VII sec. a.C. manca un repertorio di materiali ceramici, metallici, di tradizione od influenza Orientale, contemporanei e successivi al momento più arcaico della Necropoli. Com’è possibile insistere su un modello interpretativo nel quale, l’influenza orientale è il presupposto ideologico e materiale di Monte Prama, se nelle tombe più antiche e più recenti, manca qualsivoglia reperto levantino?
Materiali orientali sono presenti, ma non possono essere più antichi del 600 a.C. collocandosi dunque tra il 590 a.C. ed il 500 a.C., (Q.S. Ed. 01; Tr. 01); in questo secolo Monte Prama per vari interpreti, non dovrebbe più manco esistere. La ceramica orientale in questione è la Red Slip fenicia;
la Red Slip proviene sia dagli edifici A, A1, B, sia in strati al di sopra della discarica di statue; essa è pertanto posteriore tanto alle tombe quanto alle statue, di cui vari frammenti furono inseriti all’interno delle tombe.ii Poiché gli esemplari di ceramica fenicia di M. Prama sono utilizzati come corredo funerario nella Necropoli di Tharros, la sua presenza suggerisce che l’uso della necropoli, si protrasse oltre il 600 a.C. Questa conclusione è da leggersi congiuntamente alla presenza di circa 50 manufatti metallici di chiara foggia nuragica, provenienti dalla Necropoli di Tharros.
In sintesi, i materiali orientali attualmente rinvenuti, non supportano ma semmai contraddicono il teorema della Prama Orientalizzante, perché, non supportano una influenza levantina all’origine dl fenomeno scultoreo e funerario di Prama, ed inoltre contraddicono la conclusione del suo utilizzo, posto dalla cronologia ufficiale, tra il 625 a.C. ed il 600 a.C..
Fin qui, un reperto molto citato a supporto della teoria orientalizzante, è la fibula italica (Q.S.: Tr 04) rinvenuta in strati disturbati della discarica. La datazione della fibula ricade tra la fine del 900 a.C. e lo 850 a.C ; si ipotizza che la
fibula fosse il corredo di una sepoltura disturbata e manomessa già in età antica (Lo Schiavo, 2014). Pertanto, nel quadro sinottico la fibula si colloca nel periodo iniziale della cronologia ufficiale, ma, qualsiasi sia stata la collocazione della tomba in cui fu originariamente deposta, non può considerarsi come il reperto più arcaico della Necropoli; ormai testimonia una fase intermedia di essa, ricadente nel Primo Ferro 1B.
Leggermente più antico è il pugnale (Q.S.: M 01), di forma triangolare con base poco allungata, rinvenuto nelle recenti indagini del settore Nord-Ovest, costituito di ancora difficile interpretazione. La sua importanza è sottolineata in ragione del fatto che per Jalongo, tale arma proviene da contesti di breve durata, e sia da ritenersi pertanto un fossile guida. La sua comparsa nel sito di Monte Prama, è collocabile tra il 930 e il 900 a.C. Sebbene sia il reperto maggiormente enfatizzato nel recente articolo di Usai Vidili, esso non è certo il testimone cronologico di maggiore antichità.
I materiali più arcaici sono i reperti emersi nelle ultime campagne di scavo, partendo da quella del 2014. Tali materiali – tutti Nuragici – provengono dai pozzetti semplici, E-B, dell’area scavi indagata dal 2014 (Zucca-Ranieri), nonché dal pozzetto J, sito più a Nord, nell’area Bedini .
È necessario sottolineare come tale tipologia di pozzetti, sia ritenuta la più antica nell’ambito della cronologia ufficiale;
essi costituirebbero l’impianto più antico, ricadendo nel 900 a.C. o poco più antichi. Ad essi, infatti, è stata attribuita la datazione dei consimili pozzetti di Antas, i quali a loro volta, sono principalmente datati dal bronzetto di guerriero armato di lancia, che a sua volta è riportato alla cronologia convenzionale dei bronzetti, sulla base del contesto chiuso, ma extra-insulare, di Vulci. Si tratta di una datazione circolare nella quale, il bronzetto di Antas, datato al 900 a.C. (senza datazione radiometrica) data una tipologia di sepoltura, che a cascata è estesa a tutte quelle delle medesima tipologia, ma senza alcun riscontro oggettivo convalidante la presunta contemporaneità di tutte le tombe a pozzetto.
In effetti, i recenti rinvenimenti minano l’idea per la quale tutte le tombe a pozzetto semplice ricadano tutti nel 950-900 a.C. ma non oltre.
Il recipiente del pozzetto J (Q.S.: Be 01), posto alla base della tomba e al di sotto dell’individuo ivi inumato, è stato datato tra il 980 a.C. ed il 1130 a.C. Ma il pozzetto J non è neppure il più antico. Tale “primato” spetta ai pozzetti E-B (Q.S.: 2014-E, 2014-B) dell’area scavi del 2014. Essi sono attualmente collocati, dopo un tentativo errato di ricondurli alla prima età del Ferro, a partire dal Bronzo Recente, quindi 1350 a.C. (2014-E), ed ai secoli tra la fine del bronzo Recente ed il Bronzo Finale pieno (2014-B).
La datazione alta di tali reperti è suffragata dalla datazione radiometrica del Pozzetto N, vicino al pozzetto J, nell’area Bedini (vedi quadro sinottico); il pozzetto N è infatti datato tra il 1395 ed il 1056 a.C. Un altra datazione radiometrica alta, è stata attribuita anche al MA115. Val la pena ricordare come tra i due pozzetti si trovi il pozzetto i; in quest’ultimo a detta dello scavatore, fu rinvenuto un frammento di pietra lavorata, forse appartenente ad un modello di Nuraghe (Bedini 2012). Se questa notizia fosse confermata, si avrebbe pertanto una datazione molto più antica per i Modelli di Nuraghe, già peraltro indiziata dai contesti del Nuraghe Arrubiu e Matzanni.iii
L’origine dei pozzetti funerari semplici con inumato assiso, e con essi della Necropoli di Prama, è dunque ben più antica del 900 a.C. , collocandosi in un periodo nel quale la “bella età dei Nuraghi”, non era ancora terminata.
Come si può notare sempre dal quadro sinottico, il periodo nel qua
le l’emblematico rituale dei pozzetti E-B, e parzialmente Jricadono, per via dei reperti ceramici e del pozzetto N per via della datazione radiocarbonica, è il medesimo dell’analogo rituale presso il Bacino Parigino, datato dagli archeologi francesi tra il XV sec. a.C. ed il X sec. a.C.
Tale maggiore antichità di Prama, è confermata dalla sequenza degli edifici indagati di recente: le strutture A, A1, B; queste sono in sequenza temporale progressiva. L’edificio B (ceramica tutte del primo Ferro) è appoggiato all’andito A1 (ceramiche nuragiche del Primo ferro/Bronzo Finale) e all’edificio circolare A; B è dunque più recente di A1 ed A. I materiali dell’edificio A1 essendo attribuiti al Primo ferro-Bronzo Finale, presentano una certa incertezza nella datazione; si collocano tra lo 830 a.C., ed il 950 a.C., non si può essere più precisi.
Si deve sottolineare come tale forbice, sia problematica pure per i materiali ceramici rinvenuti nel settore Bedini (Q.S.: scavi 1970 ss), e fonte di polemica scientifica tra Santoni ed Ugas; Ugas riporta tutti i materiali ceramici al Primo Ferro, in base ai contesti oristanesi: quindi abbassa la datazione delle statue e delle tombe. Santoni riporta tali ceramiche al Bronzo Finale pieno in base al contesto di Lipari (Ausonio II), dove identici reperti sono ben rappresentati e datati. Tale polemica sembra ad un punto morto; pertanto nel grafico sono state rispettate entrambe le posizioni.
Tuttavia la questione è essenziale giacché, nel settore Bedini sono già presenti frammenti di sculture; oltre al succitato frammento di scultura del pozzetto i, occorre ricordare come detriti di statue sono presenti anche al di sopra dell’area Bedini, nonostante tale parte del cimitero, fosse nottetempo oggetto di scavi clandestini, mentre l’archeologo della Soprintendenza completava i suoi scavi negli anni 70.
Fatto sta che la sequenza di edifici non si esaurisce in A1, ma è completata dall’edificio A; quest’ultima è finora la maggiore struttura abitativa indagata a Prama, ed è la più antica tra le tre. Purtroppo presenta un problema: l’edifico è stato oggetto di restauro e riutilizzo in età Nuragica, e di un secondo, radicale, riutilizzo in età Punica.
Il problema del riutilizzo, dei restauri (altra attività che altera contesti e cronologie) e dei loro effetti distorcenti sulla cronologia dei contesti è un fantasma che si aggira in molti siti nuragici, dai santuari, ai pozzi sacri, sino ai nuraghi ed alle normale capanne. Infatti il riutilizzo può cancellare le fasi più antiche col sovrapporsi di materiali più recenti; il rischio è dunque quello di una cronologia falsata; il riutilizzo di un edificio post-data il contesto, facendolo apparire più recente.iv
Nel caso dell’edificio A, vi fu un restauro con la creazione di un nuovo ingresso; un ulteriore alterazione dell’originario contesto, fu dovuto al continuo riutilizzo Nuragico; ma vi fu anche un radicale riutilizzo Punico con l’asporto di tutti i reperti Nuragici, che necessariamente dovettero essere presenti nella situazione originaria. A causa di tali eventi ed azioni, gli archeologi non conoscono la data nella quale A, fu costruito ed utilizzato per la prima volta.
Tuttavia, la vera sorpresa è giunta dal vano A1, nel quale è stata di recente rinvenuto un esemplare di olla nuragica datata al bronzo Medio (Q.S.: E-A1).v
Si tratta di un reperto isolato entro il contesto del vano A1, che abbiamo visto, appartenere al bronzo Finale/Primo Ferro. Chi ha pubblicato il reperto, non ha avanzato alcuna ipotesi circa la provenienza del reperto, limitandosi a supporre che provenga da un contesto più antico, ma non noto. Il recipiente n.17 dell’edificio A1 è attualmente, il manufatto più antico proveniente da Prama, ed insieme alla datazione C-14 dell’inumato n sembra indicare una collocazione del primo impianto della Necropoli a pozzetti semplici nel XIV sec. a.C. Non è infatti escluso che il recipiente N.17 sia un asporto dell’originario contesto dell’edificio A, lentamente modificato dal riusoNuragico e dislocato nel vano A1, al momento del restauro e della creazione di tale andito, nel Bronzo Finale\Primo Ferro.
Allo scaraboide della tomba N.25 è stata attribuita la datazione fornita daglistudi archeometrici (Artinoli 2012); la materia di cui è composto (steatite), ed il confronto iconografico più stringente (Tell al-Ajjul) indiziano la sua importazione Sardegna grazie ai contatti del II millennio, benché fu deposto in una tomba del I Millennio a.C.
I dati elencati, la successione dei tre vani, incrociate alle datazioni C-14 attualmente disponibili già minano l’efficacia della spiegazione Orientalistica e della sua cronologia onnicomprensiva tra il 900 a.C. ed il 600 a.C., giacché queste lasciano fuori troppi dati, persino ritenuti inaccettabili o aprioristicamente errati, come alcune datazioni radiometriche.
In particolare emerge come le tombe a pozzetto semplice (B, E Zucca; J Bedini) per materiali e rituali non siano affatto riconducibili alla dimensione culturale e temporale Orientaleggiante. Il caso del pozzetto i con frammenti scultorei, indica come già in questa fase, le tombe semplici fossero segnalate da betili e/o modelli di Nuraghe almeno.
In questo quadro attendono di essere cronologicamente inseriti le statue Betilo di Ossi, Bulzi e Viddalba. Un frammento di statua-betilo analogo agli esemplari appena citati sarebbe stato rinvenuto negli scavi del 2014. vi
Questo scenario accredita maggiormente la linea interpretativa di Rockwell (scomparso dalle bibliografie su M. Prama) su una origine autoctona delle sculture e della grande statuaria, con al limite qualche integrazione di altre esperienze scultoree; l’inverso del solito leit-motiv, per il quale gli artigiani nuragici contribuirono come manodopera all’opera di immaginari artisti levantini, contribuendo solo marginalmente allo stile delle statue.
La prima fase della Necropoli di Monte Prama, contrassegnata dai pozzetti semplici B, E, J, probabilmente dall’edificio A, fu con ogni probabilità, fondata ed avviata dalla aristocrazia militare che in quel periodo ancora risiedeva nei Nuraghi Polilobati, raffigurati nei famosi “Modelli”. Essi, più che come memorie di un passato remoto, sono forse più da intendersi come gli emblemi coevi ai Clan che mandarono i loro giovani campioni ad affrontarsi nelle lotte sacre, tra “pugili”, svoltisi nei dintorni delle tombe. Gli aristoi delle tombe B,E,J e similarisono dunque gli stessi guerrieri effigiati nella Bronzistica, quali portatori delle spade votive – prodotte dal 1350 a.C. in poi – come l’individuo della tomba N.25, la cui collana, oltre allo scaraboide, reca un frammento di “spada votiva”.
La domanda è: perché nonostante tali dati, l’archeologia ufficiale persiste nel presentare il sito di Monte Prama come un contesto unitario della Età del Ferro?
iCarla perra, Una fortezza fenicia presso il Nuraghe Sirai, di carbonia, Gli Scavi 1999-2004, pag. 184
iiZucca, Mont’e Prama le tombe e le sculture, Pag. 100: “In effetti nella terra di riempimento delle tombe a pozzetto, ben al di sopra della lastrina che sigillava le ossa, sono stati individuati un frammento di scudo di guerriero decorato dal motivo ad incisione di angoli inscritti convergenti al centro dello scudo (tomba 6) e un dito frammentato di statua (tomba 2B); inoltre altri frammenti di biocalcare pertinenti a porzioni di statue o modelli di nuraghe sono stati rinvenuti nelle tombe 4,6,24,25,26,28,29,30, lbis, 2bis. Tale situazione, evidentemente generalizzata e sempre localizzata nel settore superiore nel pozzetto, in corrispondenza del lastrone in arenaria di copertura, sembra dimostrare che la monumentalizzazione dell’area funeraria, con il lastricato e il posizionamento di statue e modelli di nuraghe, fosse unitaria, potendosi spiegare la deposizione di piccoli frammenti di statue, spezzatisi in occasione del posizionamento dei medesimi, o con la teoria della parte per il tutto o meglio con la volontà di connettere anche i più piccoli frammenti di statue con l’area funeraria monumentalizzata.”
iii Questa prospettiva appare già un dato di fatto per i Modelli di Nuraghe . Durante gli scavi entro la torre D del nuraghe Arrubiu di Orroli, furono trovate delle ghiande nella medesima stratigrafia in cui fu rinvenuto un modello di nuraghe in basalto. Gli esami al C.14 eseguiti presso l’università di Madrid datano tale livello di frequentazione tra il 1132 a.C. ed il 1000 a.C. Tale datazione assoluta parrebbe confermata dagli scavi effettuati nel complesso cultuale di Matzanni presso Vallermosa (Cagliari). In questo sito il pozzo sacro A racchiudeva un modello di nuraghe, un ariete e dei piedi umani di un bronzetto, in un contesto del pieno Bronzo finale.
ivVincent M.LaMotta and Michael B.Schiffer, Formation processes of house floor assemblages, Pag 24, “For example, the reuse of a structure, either for habitation or other purposes, may introduce a new set of primary, secondary, and provisional depositional processes, possibly obscuring all traces of earlier occupations (Rothschild et al. 1993; Schiffer 1985, 1996:28, 40–4)”
vUsai, Vidili, Del Vais Il settore nord ovest e i materiali dell’edificio A di Mont’e Prama, pag.162: “piccolo frammento attribuibile ad un’olla con orlo ispessito a colletto distinto, superiormente appiattito e prominente all’esterno 130 (tav. XII: 17), richiama prototipi molto antichi, risalenti anche al Bronzo Medio, e in particolare due frammenti da Conca Illonis 132 e da Su Murru Mannu di Cabras. Benché questo elemento isolato susciti dubbi, al momento attuale non si può escludere, nell’area immediatamente circostante, la presenza di contesti più antichi di quelli finora posti in luce.
vi Fulvia Lo Schiavo, Tre guerrieri, in Studi di Antichità in onore di Guglielmo Maetzke (Archeologicae 49), Roma, 1984
Fonte: https://pramanuragica.wordpress.com/2018/03/20/monte-prama-decadenza-o-grandezza-quadro-cronologico-degli-attuali-reperti-xiv-sec-a-c-iv-sec-a-c/
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