venerdì 3 novembre 2017
Archeologia. La più antica città del mondo: Cayonu, in Turchia, a poche decine di km da Göbekli Tepe
Archeologia. La più antica
città del mondo: Cayonu, in Turchia, a poche decine di km da Göbekli
Tepe
Ubicato ai piedi
dei Monti Tauro, il sito di Cayönü fu scoperto nel 1963. La sua importanza nel
panorama del Neolitico preceramico intorno a Göbekli Tepe è grande, soprattutto
perché qui furono costruite le prime abitazioni risalenti al 10.000 a.C. che
videro lo sviluppo delle prime comunità di cacciatori-agricoltori d’Anatolia.
Si tratta, insomma, di un divenire che andò di pari passo con lo sviluppo degli
imponenti santuari del vicino centro di Göbekli Tepe e che può aiutarci a
ricostruire l’universo sconosciuto di quelle genti. Per millenni esistettero
delle comunità a Cayönü, le loro case si trasformarono da semplici capanne
rotonde a solidi edifici rettangolari più complessi. Una costruzione in
particolare ha concentrato l’attenzione degli esperti: la casa dei crani.
Edifici a
due piani, pavimenti di lucido terrazzo e una piazza.
Il sito di
Cayönü si trova vicino al villaggio di Sesverenpinar, a circa 40 km da
Diyarbakir, presso la
riva nord di un affluente del fiume Tigri. È situato
all’altitudine di 832 metri. Un’area che, più di 10.000 anni fa, era soggetta a
un clima molto più umido e presentava quindi una vegetazione di boschi e steppe
erbose inframmezzate da fonti, stagni e paludi. I diversi strati di scavo
riflettono i differenti orizzonti di occupazione del sito, e il più antico
indica strutture abitative che vantano una datazione mozzafiato: 11.000 anni
fa. Siamo, quindi, nell’epoca in cui i misteriosi costruttori di Göbekli Tepe
innalzavano i loro templi rotondi. Queste abitazioni costruite con fango e
arbusti ebbero pianta circolare in una prima fase, ovale in una seconda. Negli
spazi fra una capanna e l’altra, e anche direttamente sotto la pavimentazione
delle capanne stesse, sono stati scoperti resti di cadaveri deposti in
posizione fetale.
Le attività
delle genti di Cayönü avvenivano all’esterno, dove sono stati recuperati resti
di lavorazione della pietra e anche di cibo. Forse, ipotizzano alcuni studiosi,
sono tracce di feste celebrate dalla comunità che sembra aver sperimentato
nuovi tipi di organizzazione sociale. In ogni caso possiamo dire che nei resti
di industria litica di Cayönü sono individuabili collegamenti evidenti fra
questo sito e gli altri situati nel vasto territorio che circonda Göbekli Tepe. Campioni di piccolo farro coltivato rilevati a
Cayönü come anche a Nevali Cori, testimoniano l’essenziale passaggio fra
un’economia basata in primis sulla caccia e la raccolta e quella che oggi
chiamiamo la “rivoluzione neolitica”, vale a dire un’economia basata
principalmente sull’agricoltura e l’allevamento del bestiame.
In siti come
Cayönü possiamo individuare i primi passi verso questo nuovo stile di vita che
si sarebbe sviluppato appieno più tardi, nelle ultime fasi del Neolitico
preceramico, quando le comunità cominciarono a raccogliere farro selvatico e a
sperimentarne la coltivazione, così come a dedicarsi all’allevamento di pecore
e capre. Un quadro simile a quello che è stato ricostruito dagli archeologi a
Nevali Cori e che manca invece per il momento a Göbekli Tepe, dove l’elemento
sacrale sembra essere il motore esclusivo che portò alle monumentali
costruzioni in pietra dominate dai pilastri a forma di tau.
Il grande
interrogativo che incombe sul motivo primario del passaggio che provocò la
rivoluzione neolitica, resta. Perché l’uomo abbandonò, gradualmente, la sua
vita libera di cacciatore nomade (o seminomade) per assumere quella sedentaria
e di certo anche più faticosa di agricoltore? Forse la carenza di selvaggina
causata dall’aumento delle popolazioni, con conseguente estinzione di gran
parte delle specie animali e riduzione di altre. Forse i grandi cambiamenti
climatici che favorirono alcune specie vegetali adatte alla coltivazione e
particolarmente ambite. Oppure si trattò più che altro dell’instabilità
climatica che costringeva i gruppi ad accumulare provviste per i periodi più
difficili. Una situazione che avrebbe favorito il fenomeno del sedentarismo.
Sia come sia, i siti archeologici come Cayönü possono aiutarci a capire chi
erano e come vivevano quelle genti lontane alla base delle cosiddette “grandi
culture” che si sarebbero sviluppate nei millenni seguenti fra il Tigri e
l’Eufrate.
Torniamo alle
abitazioni di Cayönü. Nella seconda fase di costruzione, al posto delle capanne
tonde appaiono le case rettangolari. I cosiddetti edifici “con pianta a
griglia”. Orientati quasi sempre nord-sud, erano costruiti su una base di
ciottoli che elevava la pavimentazione dal suolo, forse per isolarli
dall’umidità o per prevenire un eventuale allagamento, un fenomeno piuttosto
frequente in quella zona. Le dimensioni: approssimativamente 11 metri di
lunghezza per circa 3 metri di larghezza. Il pavimento era di pietra, la stanza
più grande ospitava un focolare. Sulle strutture di pietra s’innalzavano
costruzioni fatte di legno e fango. Tra un’abitazione e l’altra c’erano dei
cortili provvisti di forni, un indizio di attività lavorative svolte
all’esterno delle case. Evidentemente le genti di Cayönü erano ben organizzate
e gestivano gli spazi aperti in modo mirato.
All’inizio del
Neolitico preceramico, dunque intorno all’8700 a.C., questi edifici
rettangolari di legno e fango si trasformarono in case vere e proprie, vale a
dire fatte interamente di pietra, i cui muri paralleli formavano, sotto la
pavimentazione, quella griglia che fa pensare a dei canali. E proprio così sono
definite oggi: case a canali. Un aspetto che ricorda senz’altro gli edifici di
Nevali Cori. Una sola costruzione presentava un pavimento rivestito da lastre
di pietra. Al centro dell’edificio si elevavano, un tempo, due stele verticali
litiche prive di decorazioni e poste l’una di fronte all’altra. Una terza stele
si ergeva invece nell’angolo nord-est. Per questo motivo la costruzione fu
chiamata “edificio delle lastre di calcare”. Forse si trattava di un luogo di
culto.
Poi, fra i 7500
e il 7200 a.C., a Cayönü ci fu un’altra trasformazione. Le abitazioni, sempre
di pianta rettangolare, furono suddivise all’interno in più camere e munite di
un piano seminterrato, a sua volta ripartito in 6-8 piccole stanze. Erano le
“case a celle”, che contano fra gli edifici a due piani più antichi della
preistoria. Nel seminterrato, su pavimenti di terra battuta, si immagazzinavano
le provviste oppure si seppellivano i morti di famiglia. Le case a celle erano
fatte di mattoni di argilla cruda. Un edificio in particolare era fornito di
una vera e propria pavimentazione “a terrazzo”. La struttura anch’essa
rettangolare che fruiva di un pavimento realizzato con un impasto di malta e tritume
di calcare perfettamente lucidato, dal colore rosato. In questo edificio dalle
funzioni ignote è stata trovata una vasca di pietra su cui è scolpita una
faccia umana. La scultura ricorda senz’altro quelle della vicina Nevali Cori.
La casa dal pavimento a terrazzo era stata costruita in un’area precedentemente
occupata da un altro fabbricato, la “casa dei crani”, che fu poi sepolto.
L’insediamento fruiva anche di una piazza, un’ampia area coperta di ciottoli
che misurava 60 metri di lunghezza e 20 di larghezza ed era attraversata da due
file di stele litiche prive di sculture.
Ma è la “casa
dei crani” forse l’edificio più impressionante di Cayönü. Impressionante per e
implicazioni di natura religiosa e sociale. Questa costruzione, che come ho
scritto più sopra si trovava al di sotto del fabbricato con il pavimento a
terrazzo ed era quindi più arcaica, aveva possenti muri di pietra e presentava
una pianta ovale. Al suo interno si trovarono due fosse di poca profondità,
sigillate da una pavimentazione in terra battuta. Al loro interno c’erano resti
umani. Il corredo funerario dei morti seppelliti nella fossa più grande era
costituito da crani e corna di uri, mentre i defunti che dormivano il loro
sonno eterno nella fossa di minori dimensioni – complessivamente 15 persone –
non presentavano un corredo di nessun tipo. Altri individui furono sepolti nel
terreno intermedio fra la prima casa dei crani e le tre ricostruzioni
successive.
Infatti più
tardi la casa ovale fu sostituita da una rettangolare e suddivisa in due parti.
La prima parte presentava tre stanze comunicanti e guardava a nord; la seconda,
orientata in direzione sud, era costituita da un ampio cortile. I due ambienti
erano separati da un grosso muro. A giudicare dai reperti ivi recuperati, nella
casa dei crani venivano celebrati riti funerari. In seguito, quando l’edificio
più vecchio fu sepolto e sopra di esso s’innalzò quello con il pavimento a
terrazzo, la casa dei crani fu caratterizzata da tre cripte. Una di esse,
orientata in direzione ovest, era colma di crani e ossa umane, resti di
scheletri di entrambi i sessi e di differenti età sistemati con cura, in fila.
Piccoli doni funerari, come perle di malachite e pietra oppure conchiglie,
furono trovati fra i poveri resti. Mentre nella seconda cripta si portò alla
luce lo scheletro di una donna decapitata deposta insieme a un bambino e un
neonato. La terza cripta era piena di ossa disposte in modo caotico, come si
trattasse di una sepoltura comune.
Nel periodo in
cui a Cayönü apparvero le case a celle, l’edificio dei crani ospitò
esclusivamente morti decapitati, deposti lì in sepoltura secondaria e
accompagnati da piccoli corredi funerari composti da perle e altri oggetti
ornamentali. Infine, nell’ultima fase di occupazione, tornò a dominare
l’elemento dei teschi, inumati insieme a ossa animali, che forse
originariamente erano stati allineati su strutture di legno più tardi andate
distrutte. I crani più “recenti” si trovavano nella cripta a est dell’edificio,
dunque in direzione opposta ai crani deposti nella fase più antica. Ma a chi
erano appartenuti questi teschi di Cayönü? Perché si trovavano in un edificio
speciale, contrariamente agli altri resti di morti sepolti sotto i pavimenti
delle case oppure fra una casa e l’altra? Probabilmente si trattava di persone
che rivestivano un ruolo particolare in seno alla società.
Bisogna
ricordare che il culto dei crani ha radici antichissime che affondano all’alba
della Paleolitico. Già nell’insediamento di Bilzingsleben (Germania) furono trovate tracce di un
“trattamento speciale” riservato a crani umani. E Bilzingsleben risale a
370.000 anni fa, un luogo scelto dall’Homo erectus heidelbergensis, l’antenato
dell’uomo diNeanderthal. Evidentemente questa parte nobile del corpo umano
da sempre esercitò sui nostri avi un fascino particolare. Una scultura su
pietra scoperta in un santuario di Göbekli Tepe rappresenta un uomo decapitato
e anche nell’anatolica Chatal Höyuk, che fiorirà nell’VIII millennio a.C., una
pittura muraria rappresenta individui decapitati in preda a giganteschi
uccelli. Evidentemente vi era un’antichissima tradizione basata sul culto dei
morti e dei crani, il cui significato oggi ci sfugge.
Un’ultima
osservazione: l’eccezionalità del sito di Cayönü è dovuta anche ai numerosi
reperti di metallo. Si tratta dei più antichi oggetti metallici del Vicino
Oriente, fabbricati per mezzo della battitura a freddo. Nello strato delle
capanne circolari (9400 a.C.) sono state recuperate migliaia di piccole perle
di malachite, un minerale che contiene del rame. Mentre il rame puro lavorato
apparve intorno all’8700 a.C., in utensili di uso quotidiano come aghi, ganci,
anelli. Altro primato di Cayönü: il tessuto. Un frammento di tela di lino del
7500 a.C. dimostra che la comunità era in grado di produrre stoffe. Per non
dimenticare i recipienti d’argilla. Con l’argilla cruda (siamo ancora nel
Neolitico preceramico) gli abitanti di Cayönü fabbricavano borchie, vasi e
anche statuette. Ed ecco che emerge dalle nebbie del passato – e come poteva
essere altrimenti? – l’immagine della donna. Le prime figurine, quelle trovate
nello strato più antico di scavo, erano femminili. Poi divennero sempre più
frequenti le statuette animali, soprattutto pecore e capre. La donna a
protezione del focolare domestico? Forse, perché le statuine sono state
recuperate soltanto nelle case, e non negli edifici di culto
Fonte:
http://storia-controstoria.org/antiche-culture/cayonu-gobekli-tepe/
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