di Pierluigi Montalbano
sabato 19 novembre 2016
Archeologia. La metallurgia in Sardegna in epoca preistorica
Archeologia. La metallurgia in
Sardegna in epoca preistorica
di Pierluigi Montalbano
di Pierluigi Montalbano
Il metallo fa la sua prima apparizione in Sardegna nella
cultura di Ozieri: un pugnale e alcune verghe di rame dai fondi di capanna del
settore F da Cuccuru Arrius di Cabras e un paio di anelli d'argento dalla tomba
V della necropoli di Pranu Muttedu di Goni. La
comparsa del metallo e l'inizio della metallurgia è un fatto che sembra essersi
verificato contemporaneamente in Sardegna, in Corsica ed in Sicilia dove le
prime scorie di rame, ancora aderenti alla parete di un crogiuolo, sono state
raccolte nello strato di Diana sull'Acropoli di Lipari.
È ragionevole ritenere che anche nelle isole si sia
verificato un profondo rivolgimento economico con un radicale cambiamento degli
equilibri consolidati che ha ovunque segnato il passaggio dal
Neolitico
all’Eneolitico. La diffusione del metallo causa una diminuzione d’interesse nei
confronti dello sfruttamento e della circolazione dell’ossidiana e accelera il
processo di decadenza economica e la partecipazione ai fenomeni più
generalmente diffusi in Italia peninsulare ed insulare, dando luogo alla
formazione delle culture eneolitiche di Abealzu e Filigosa che ereditano da
quella di Ozieri molte forme ceramiche.
Successivamente si arriva alla cultura di Monte Claro che si
articola in facies locali: meridionale, oristanese, nuorese e settentrionale.
Il patrimonio culturale è ricco ed elaborato: annovera numerosi insediamenti in
grotta e all'aperto; deposizioni in tombe a fossa, tombe a forno, domus de
janas, tombe a cista, tombe megalitiche con rito esclusivamente inumatorio. Lo
strumentario di selce e di ossidiana è scarso e, come abbiamo visto, alla
cultura di Monte Claro risale il primo caso conosciuto nell'isola di
riparazione antica di un vaso con grappe di piombo.
L’eccezionale fioritura di Monte Claro è forse spiegabile con
un’economia agricola in ripresa, con un incremento delle attività pastorali e
con l’avvio allo sfruttamento delle risorse minerarie dell'isola che
inseriscono a pieno titolo la Sardegna nelle rotte di prospezione mediterranea,
innescando un processo economico ed evolutivo di vasta portata. Nei pugnali
raffigurati nelle statue-menhir di Laconi e Nurallao si attestano due tipi di
arma segnalando il momento del trapasso di uso dall'una, forse ormai solo
cerimoniale, all'altra, certamente ancora rara e preziosa.
L'area di rinvenimento delle statue-menhir dista meno di 8 km
in linea d'aria dai giacimenti di calcopirite, galena e blenda di Funtana
Raminosa, nei monti del Sarcidano, lungo il versante occidentale digradante del
massiccio delle Barbagie di Belvì e Seulo. La prima età del Bronzo è segnata
dalla cultura di Bonnannaro. Lo strato intatto sigilla le domus de janas, pochi
oggetti d'ornamento, poche armi e scompare totalmente lo strumentario litico.
Si potrebbe pensare al passaggio di piccoli gruppi che passando dalla Corsica
sono portatori al nord degli elementi più antichi della facies A. Questo non
esclude che vi siano stati anche influssi esterni che agirono insieme su di un
contesto indigeno.
Giova un confronto con la Sicilia dove all'inizio del Bronzo
tutta l'isola e le Eolie vengono investite da stimoli che sfociano nelle due
culture di Capo Graziano e Castelluccio, marinara l’una, agricolo-pastorale
l'altra, entrambe fortemente intrise di caratteri allogeni che fanno pensare a
immigrazioni. Queste due culture costituiscono una netta cesura con il passato
e sovvertono completamente i valori culturali esistenti. Nella media età del
Bronzo il collegamento fra la nascente civiltà micenea ed il Mediterraneo
occidentale pone basi stabili e si intesse una rete di rapporti organizzati che
ripercorrono in parte tracciati precedenti. Un ruolo fondamentale in queste
vicende è certamente svolto dalla necessità di approvvigionamento di materie
prime e soprattutto di metalli.
Le analisi di archeometallurgia spiegheranno se i lingotti
“ox-hide” siano stati prodotti da minerali sardi o se provengono dall’Egeo o da
Cipro. Non vi è ragione plausibile per supporre che il movimento che parte
dall'Egeo, diretto all'acquisizione dei metalli, escluda le zone minerarie
della Sardegna. Per lo stesso motivo si ritiene che la rotta dei metalli
dovesse raggiungere anche le zone minerarie della penisola iberica.
Nascono alcuni quesiti: è ancora valida, e fino a che
periodo, la limitazione della navigazione da costa a costa? In caso
affermativo, perché questa limitazione non si dovrebbe applicare anche ai
micenei che attraversavano il Tirreno per la rotta più lunga, stabilendo una
base ad una delle estremità del Golfo di Cagliari? Nell'economia
dell'approvvigionamento di metalli avrebbe consentito un accesso strategico
alle miniere del Sulcis.
È ipotizzabile che i traffici si svolgessero unicamente fra i
micenei e le popolazioni nuragiche? Quando si può presumere che questi contatti
abbiano avuto inizio?
In Sardegna questo periodo vedrebbe l’edificazione dei
nuraghi, le tombe di giganti con stele centinata e le ceramiche a decorazione
metopale e a nervature. In quest'epoca si collocano le prime grandi asce a
margini rialzati e a profilo ellitico, ed alcune daghe a base semplice, simili
alle forme del Bronzo Medio peninsulare nonché la produzione di forme analoghe
ai pugnali di tipo Arreton Down di Wessex.
Si possono far risalire a questo periodo anche i primi
lingotti che in tutto il bacino del Mediterraneo costituiscono una delle forme
più antiche di accumulo di metallo sia ai fini di tesaurizzazione che di
scambio. Conseguentemente è legittimo ipotizzare che la struttura economica e
sociale delle comunità che eressero i primi nuraghi, per l'evidente ed ingente
meccanismo di accantonamento di risorse, di organizzazione operativa e di
investimento di forza-lavoro necessario a compiere tali opere, sia stata in
grado di intraprendere lo sfruttamento sistematico delle miniere.
La presenza dei marchi in scrittura egea, cretese, micenea e
cipro-minoica è un indizio della complessità dei processi di produzione,
circolazione e scambio che dovevano essere istituiti fra le popolazioni locali
ed i mercanti dei metalli. Lo sviluppo culturale differenziato osservato nel
periodo precedente prosegue con l'ampliamento dei villaggi, con l'elaborazione
delle tombe di giganti e con la costruzione di tempietti detti “a megaron”.
I fatti più significativi sono l'adozione della
strumentazione per la lavorazione del bronzo, l'introduzione di strumenti a
doppio tagliente (doppie asce, bipenni, picconi) e il moltiplicarsi delle
matrici di fusione, indizio certo di una produzione sistematica ed abbondante.
Sicuramente i minerali della Sardegna hanno costituito una attrazione per le
popolazioni della Sicilia e delle Eolie, notoriamente prive di tali materie
prime, ed è assai plausibile che, sulla scia dei Micenei e dei Ciprioti, siano
stati istituiti rapporti regolari.
Fra la fine del Bronzo e l'inizio del Ferro, nella Sardegna
nuragica si verifica una rivoluzione che vede l'emergere di una classe
aristocratica con conseguente radicale mutamento delle strutture economiche e
sociali, accompagnato da un nuovo sensibile sviluppo nelle condizioni generali
di ricchezza. Salvo limitate eccezioni non si costruiscono più nuraghi, taluni
vengono ristrutturati ed ampliati, altri subiscono parziali demolizioni e
vengono trasformati nell'uso.
Le due espressioni più significative sono la produzione dei
bronzetti e quella delle grandi statue di pietra, la prima delle quali è un
fatto di portata rilevantissima che investe tutta l'isola, legata alla tecnica
della cera persa e di indizio inequivocabile di una produzione metallurgica di
tutto rispetto. Di certo i mutamenti di forze e di aggregazioni verificatisi
nel Mediterraneo in coincidenza con l'apparizione dei Fenici e con la
diffusione della metallurgia del ferro non possono essere estranei alle vicende
che abbiamo descritto.
Non si può escludere che si siano ripercorse, sotto diverse
bandiere, le stesse rotte Tirreniche aperte dalla navigazione per il commercio
dell’ossidiana prima, e successivamente Micenea e Cipriota, sempre tenendo
presente che come per i Micenei non si intende con il termine Fenici indicare
un popolo specifico.
La Sardegna sembra essere il cardine intorno al quale ruota
buona parte di traffici del Mediterraneo occidentale. Non è casuale la presenza
di bronzetti nel famoso corredo della tomba Cavalupo di Vulci del IX a.C.: essa
prova che già in quell'epoca nella quale nulla di simile esisteva in Occidente,
questa produzione caratteristica nuragica era matura e fiorente.
In conclusione la Sardegna, per l'eccezionale ricchezza delle
sue risorse, fu una delle più significative realtà dell'economia del mondo
antico. Inoltre le culture esterne, attratte dalle fonti della materia prima,
di epoca in epoca hanno fatto dell'isola un crocevia di tutti i traffici del
Mediterraneo occidentale.
Nelle immagini:
1) Spade di Sant'Iroxi in rame arsenicato, databili al 1650
a.C. tratte da "L'Alba dei Nuraghe", Ugas, 2008
2) Manici con protome, conservati al Museo Archeologico di
Cagliari
3) Spade ritrovate a Villasor, conservate al Museo
Archeologico di Cagliari
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