venerdì 1 febbraio 2013
Simbologia e bronzetti nuragici
Simbologia e bronzetti nuragici
di Mauro Atzei.
"Il simbolo è il cuore della vita immaginativa; rivelando i segreti dell'inconscio, ci porta alle motivazioni più nascoste delle nostre azioni".
"Esso traduce lo sforzo dell'uomo per decifrare il proprio destino".
"La percezione del simbolo è personale nel senso che procede dalla persona nella sua interezza".
"Il simbolo sintetizza in un'espressione sensibile tutte le influenze dell'inconscio e della coscienza e le forze istintuali e spirituali sia in conflitto che armonizzanti".
Albrecht Durer – Nemesi
"L'uomo utilizza termini simbolici per rappresentare concetti non pienamente comprensibili o definibili, per tentare di esprimere l'invisibile e l'ineffabile". (cit. Gerusalemme celeste)
Il mondo nuragico, proprio al termine del suo percorso spirituale animista, ha prodotto, per mano dei migliori artisti fusori del suo popolo e del suo tempo, una quantità impressionante di bronzetti simbolici. I numeri di questa abbondanza non sono certi, poiché tanti pezzi sono ancora dispersi nel mondo. I numeri ufficiali ci dicono di quasi 700 bronzetti conosciuti, comprese le navicelle. Già nel neolitico, tuttavia, nel corso della civiltà della Grande Madre, il simbolo della madre stessa, sotto forma di statuina di terracotta, veniva impugnata dal defunto nella sua sepoltura e in questo stato è stato ritrovato dagli archeologi. Questo atto e rito simbolico è stato interpretato da alcuni studiosi come un auspicio al ritorno nell’aldilà nel ventre della Grande Madre, per una pronta reincarnazione.
Non è del tutto semplice dare un significato a questi piccoli idoli, prima di terracotta e poi di bronzo. Una grossa mano ce la offre tuttavia il fatto che i luoghi di reperimento di questi oggetti simbolici facciano quasi sempre riferimento a luoghi di culto, santuari nuragici dotati di pozzi sacri o presso delle tombe dei giganti. Più raramente dei bronzetti sono stati ritrovati presso Nuraghes o tombe a pozzetto.
E' mia idea, intanto, che il simbolo, nei riti funerari, nel periodo del bronzo o verso la sua fine e verso l’inizio età del ferro, fosse sempre diviso materialmente in due: una parte, o la sua gemella, veniva affidata al defunto e l'altra veniva conservata e custodita dal contraente (in vita) che effettuava il patto simbolico con l'aldilà. Se si trattava di mariti e mogli o loro stessi e i propri figli deceduti ancora piccoli, la parte gemella tornava a ricongiungersi al momento della dipartita riaccostando le due parti e quindi riconoscendone i legami che si erano creati in passato. Sempre che gli officianti il rito, sacerdotesse o sacerdoti ne fossero ancora a conoscenza. il rituale veniva allora rispettato e portato a compimento, salvo imprevisti.
Presso i Greci, per esempio divenne la consuetudine che avrebbe permesso di riconoscere i figli esposti, e rappresentava il concetto del cordone ombelicale del mondo (l’unione tra il cielo e la terra, tra l’anima e il corpo, tra il fisico e il metafisico ecc…)
( cit. Omphalos di Delfi *NATURA*).
Nondimeno, ritengo che non sia stato mai condotto uno studio specifico sui bronzetti gemelli o molto simili o su frammenti combacianti ritrovati in contesti disomogenei in relazione a questo meccanismo rituale.
Il simbolo, presuppone sia l'idea di separazione che quella di riconciliazione. Per Freud esso esprime il desiderio o i conflitti in modo indiretto, figurato e più o meno decifrabile. E' la relazione collegante il contenuto manifesto di parole, pensieri o comportamenti al loro senso latente.
Per Jung il simbolo è un'immagine indicante la natura oscuramente intuita dello Spirito.
Ogni bronzetto sardo, oltre a rappresentare di per stesso una simbologia, esibisce esteriormente un simbolo individuale: le corna, la madre che tiene in grembo un bambino, il saluto, lo scudo, le armi (spade, archi, frecce, faretre), la corda, la nave, gli animali, le launeddas, ecc.
Non avendo intenzione di analizzare per filo e per segno tutte le simbologie, mi limiterei alla prima tra le succitate, giusto per evidenziarne il meccanismo simbolico. Per analogia è possibile trasferirne il senso e i significati su tutti gli elementi simbolici.
Dobbiamo tenere conto altresì, che il simbolo collega all'immagine visibile una parte dell'immagine invisibile, la sua parte volutamente occultata.
La sua comprensione dipende tuttavia, dalla sua percezione diretta da parte della coscienza.
Il simbolo delle corna (il toro): le corna erano già il segno distintivo degli dei di Sumer, quindi dei loro antenati mitici. Se prendiamo per buona la teoria che la schiatta genetica dei sardi del X°-XIII° secolo a.C. fosse loro lontana discendente, o per via diretta o attraverso il mondo accadico, vediamo come la relazione tra il toro, l’antenato mitico e le corna dei bronzetti sia abbastanza stretta.
Non è difficile vedere nel simbolo delle corna in testa al bronzetto, anche il simbolo della mezzaluna o dello spicchio di luna.
Attraverso la luna abbiamo il simbolo della notte, della morte e del sangue. La luna crescente stessa, tuttavia suggerisce di nuovo le corna. Le corna assumono quindi un potere simbolico per la loro connessione col fallo e con il potere creativo del toro. Nella tradizione biblica, le corna o i raggi che si diramano dalla fronte di Mosè vengono dal suo incontro con Dio.
Nella fattispecie, il bronzetto, recante il copricapo con le corna, indica il potere di chi lo porta. Il segno delle corna, così come il ferro di cavallo volto verso l'alto, porta fortuna, fertilità e potere. Le corna richiamano e suggeriscono l'associazione dell'offerente (probabilmente un capo) con il desiderio di fortuna, prosperità, alterità.
Vediamo ora, i principali paradigmi, individuati dagli antropologi, della simbologia delle funzioni del bronzetto, spesso definito “esorcizzante”, nello psichismo degli officianti:
La prima delle funzioni del simbolo è L’ESPLORAZIONE e consente di ottenere la connessione tra un termine noto e il suo uguale ignoto. Ovvero, il tentativo dell’uomo di rappresentare concetti non visibili e quindi psichici, o non pienamente comprensibili con i cinque sensi, con un espressione materiale (il simbolo stesso generato nel bronzo).
La seconda funzione è la SOSTITUZIONE. Ovvero il sostituto del contenuto (la sostanza informale) a cui non è possibile penetrare nella coscienza. Questa funzione rivela il mondo e l’esperienza cosmologica così come viene percepita dall’essere umano. Esso esprime il mondo come viene percepito e vissuto dall'uomo a livello inconscio e intuitivo. Esperienza che, alla fine del processo, non fa altro che rivelargli SE stesso.
La terza funzione è di MEDIAZIONE tra elementi scissi, non ordinati. Ha lo scopo di coordinare le forze opposte e contrarie con le forze a loro antinomiche, controverse. In questo caso, il simbolo, favorisce i passaggi fra i diversi livelli della coscienza, operando come forza equilibratrice.
Quarta funzione: l’UNIFICAZIONE tra i tre livelli dell’esperienza umana sulla Terra; ovvero, inconscio, conscio e sovra conscio (o supercoscienza) Non fa altro che sintetizzare i tre piani del mondo: inferiore, terreste e celeste con le sei direzioni nello spazio: ascendente, discendente, nord, sud, est, ovest. Il simbolo, in questo caso, unifica e collega il mondo con la trascendenza e l’immanenza.
La funzione che mette in relazione intima l’individuo con il suo ambiente sociale è la SOCIALIZZAZIONE. Il clan, la famiglia, dunque “il gruppo sociale” oppure “la casta”, hanno il loro simbolo, e questo assume dei tratti peculiari diversi al mutare delle epoche e delle influenze tra popoli che via via pervengono a contatto.
La sesta funzione è chiamata di RISONANZA. Essa è in stretto rapporto con l’energia intrinseca del simbolo, con la sua vitalità. Ovvero, è attiva ed è strettamente collegata alla vitalità energetica, all'atmosfera spirituale di un'epoca, di un popolo, di una società, di un clan o di un individuo.
In questo caso il simbolo si riveste di potenza evocatrice. La suddetta forza varia a seconda del rapporto tra la coscienza individuale e l’ambiente sociale in cui opera, ed è tanto più forte quanto più in connessione psichica con una determinata psicologia collettiva.
La TRASCENDENZA è la settima funzione. E’ la relazione tra due forze antagoniste che conduce al superamento delle contrapposizioni e all’evoluzione della coscienza, ossia alla loro trascendenza.
Ultima funzione del simbolo è la TRASFORMAZIONE.
Si tratta della fine del processo simbolico del bronzetto, che porta alla trasmutazione dell’energia psichica dell’inconscio nell’obbiettivo di assimilazione e integrazione nell’IO cosciente.
di Mauro Atzei.
"Il simbolo è il cuore della vita immaginativa; rivelando i segreti dell'inconscio, ci porta alle motivazioni più nascoste delle nostre azioni".
"Esso traduce lo sforzo dell'uomo per decifrare il proprio destino".
"La percezione del simbolo è personale nel senso che procede dalla persona nella sua interezza".
"Il simbolo sintetizza in un'espressione sensibile tutte le influenze dell'inconscio e della coscienza e le forze istintuali e spirituali sia in conflitto che armonizzanti".
Albrecht Durer – Nemesi
"L'uomo utilizza termini simbolici per rappresentare concetti non pienamente comprensibili o definibili, per tentare di esprimere l'invisibile e l'ineffabile". (cit. Gerusalemme celeste)
Il mondo nuragico, proprio al termine del suo percorso spirituale animista, ha prodotto, per mano dei migliori artisti fusori del suo popolo e del suo tempo, una quantità impressionante di bronzetti simbolici. I numeri di questa abbondanza non sono certi, poiché tanti pezzi sono ancora dispersi nel mondo. I numeri ufficiali ci dicono di quasi 700 bronzetti conosciuti, comprese le navicelle. Già nel neolitico, tuttavia, nel corso della civiltà della Grande Madre, il simbolo della madre stessa, sotto forma di statuina di terracotta, veniva impugnata dal defunto nella sua sepoltura e in questo stato è stato ritrovato dagli archeologi. Questo atto e rito simbolico è stato interpretato da alcuni studiosi come un auspicio al ritorno nell’aldilà nel ventre della Grande Madre, per una pronta reincarnazione.
Non è del tutto semplice dare un significato a questi piccoli idoli, prima di terracotta e poi di bronzo. Una grossa mano ce la offre tuttavia il fatto che i luoghi di reperimento di questi oggetti simbolici facciano quasi sempre riferimento a luoghi di culto, santuari nuragici dotati di pozzi sacri o presso delle tombe dei giganti. Più raramente dei bronzetti sono stati ritrovati presso Nuraghes o tombe a pozzetto.
E' mia idea, intanto, che il simbolo, nei riti funerari, nel periodo del bronzo o verso la sua fine e verso l’inizio età del ferro, fosse sempre diviso materialmente in due: una parte, o la sua gemella, veniva affidata al defunto e l'altra veniva conservata e custodita dal contraente (in vita) che effettuava il patto simbolico con l'aldilà. Se si trattava di mariti e mogli o loro stessi e i propri figli deceduti ancora piccoli, la parte gemella tornava a ricongiungersi al momento della dipartita riaccostando le due parti e quindi riconoscendone i legami che si erano creati in passato. Sempre che gli officianti il rito, sacerdotesse o sacerdoti ne fossero ancora a conoscenza. il rituale veniva allora rispettato e portato a compimento, salvo imprevisti.
Presso i Greci, per esempio divenne la consuetudine che avrebbe permesso di riconoscere i figli esposti, e rappresentava il concetto del cordone ombelicale del mondo (l’unione tra il cielo e la terra, tra l’anima e il corpo, tra il fisico e il metafisico ecc…)
( cit. Omphalos di Delfi *NATURA*).
Nondimeno, ritengo che non sia stato mai condotto uno studio specifico sui bronzetti gemelli o molto simili o su frammenti combacianti ritrovati in contesti disomogenei in relazione a questo meccanismo rituale.
Il simbolo, presuppone sia l'idea di separazione che quella di riconciliazione. Per Freud esso esprime il desiderio o i conflitti in modo indiretto, figurato e più o meno decifrabile. E' la relazione collegante il contenuto manifesto di parole, pensieri o comportamenti al loro senso latente.
Per Jung il simbolo è un'immagine indicante la natura oscuramente intuita dello Spirito.
Ogni bronzetto sardo, oltre a rappresentare di per stesso una simbologia, esibisce esteriormente un simbolo individuale: le corna, la madre che tiene in grembo un bambino, il saluto, lo scudo, le armi (spade, archi, frecce, faretre), la corda, la nave, gli animali, le launeddas, ecc.
Non avendo intenzione di analizzare per filo e per segno tutte le simbologie, mi limiterei alla prima tra le succitate, giusto per evidenziarne il meccanismo simbolico. Per analogia è possibile trasferirne il senso e i significati su tutti gli elementi simbolici.
Dobbiamo tenere conto altresì, che il simbolo collega all'immagine visibile una parte dell'immagine invisibile, la sua parte volutamente occultata.
La sua comprensione dipende tuttavia, dalla sua percezione diretta da parte della coscienza.
Il simbolo delle corna (il toro): le corna erano già il segno distintivo degli dei di Sumer, quindi dei loro antenati mitici. Se prendiamo per buona la teoria che la schiatta genetica dei sardi del X°-XIII° secolo a.C. fosse loro lontana discendente, o per via diretta o attraverso il mondo accadico, vediamo come la relazione tra il toro, l’antenato mitico e le corna dei bronzetti sia abbastanza stretta.
Non è difficile vedere nel simbolo delle corna in testa al bronzetto, anche il simbolo della mezzaluna o dello spicchio di luna.
Attraverso la luna abbiamo il simbolo della notte, della morte e del sangue. La luna crescente stessa, tuttavia suggerisce di nuovo le corna. Le corna assumono quindi un potere simbolico per la loro connessione col fallo e con il potere creativo del toro. Nella tradizione biblica, le corna o i raggi che si diramano dalla fronte di Mosè vengono dal suo incontro con Dio.
Nella fattispecie, il bronzetto, recante il copricapo con le corna, indica il potere di chi lo porta. Il segno delle corna, così come il ferro di cavallo volto verso l'alto, porta fortuna, fertilità e potere. Le corna richiamano e suggeriscono l'associazione dell'offerente (probabilmente un capo) con il desiderio di fortuna, prosperità, alterità.
Vediamo ora, i principali paradigmi, individuati dagli antropologi, della simbologia delle funzioni del bronzetto, spesso definito “esorcizzante”, nello psichismo degli officianti:
La prima delle funzioni del simbolo è L’ESPLORAZIONE e consente di ottenere la connessione tra un termine noto e il suo uguale ignoto. Ovvero, il tentativo dell’uomo di rappresentare concetti non visibili e quindi psichici, o non pienamente comprensibili con i cinque sensi, con un espressione materiale (il simbolo stesso generato nel bronzo).
La seconda funzione è la SOSTITUZIONE. Ovvero il sostituto del contenuto (la sostanza informale) a cui non è possibile penetrare nella coscienza. Questa funzione rivela il mondo e l’esperienza cosmologica così come viene percepita dall’essere umano. Esso esprime il mondo come viene percepito e vissuto dall'uomo a livello inconscio e intuitivo. Esperienza che, alla fine del processo, non fa altro che rivelargli SE stesso.
La terza funzione è di MEDIAZIONE tra elementi scissi, non ordinati. Ha lo scopo di coordinare le forze opposte e contrarie con le forze a loro antinomiche, controverse. In questo caso, il simbolo, favorisce i passaggi fra i diversi livelli della coscienza, operando come forza equilibratrice.
Quarta funzione: l’UNIFICAZIONE tra i tre livelli dell’esperienza umana sulla Terra; ovvero, inconscio, conscio e sovra conscio (o supercoscienza) Non fa altro che sintetizzare i tre piani del mondo: inferiore, terreste e celeste con le sei direzioni nello spazio: ascendente, discendente, nord, sud, est, ovest. Il simbolo, in questo caso, unifica e collega il mondo con la trascendenza e l’immanenza.
La funzione che mette in relazione intima l’individuo con il suo ambiente sociale è la SOCIALIZZAZIONE. Il clan, la famiglia, dunque “il gruppo sociale” oppure “la casta”, hanno il loro simbolo, e questo assume dei tratti peculiari diversi al mutare delle epoche e delle influenze tra popoli che via via pervengono a contatto.
La sesta funzione è chiamata di RISONANZA. Essa è in stretto rapporto con l’energia intrinseca del simbolo, con la sua vitalità. Ovvero, è attiva ed è strettamente collegata alla vitalità energetica, all'atmosfera spirituale di un'epoca, di un popolo, di una società, di un clan o di un individuo.
In questo caso il simbolo si riveste di potenza evocatrice. La suddetta forza varia a seconda del rapporto tra la coscienza individuale e l’ambiente sociale in cui opera, ed è tanto più forte quanto più in connessione psichica con una determinata psicologia collettiva.
La TRASCENDENZA è la settima funzione. E’ la relazione tra due forze antagoniste che conduce al superamento delle contrapposizioni e all’evoluzione della coscienza, ossia alla loro trascendenza.
Ultima funzione del simbolo è la TRASFORMAZIONE.
Si tratta della fine del processo simbolico del bronzetto, che porta alla trasmutazione dell’energia psichica dell’inconscio nell’obbiettivo di assimilazione e integrazione nell’IO cosciente.
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Che cosa permette di chiamare 'Nuragici' i bronzetti?
RispondiEliminaIl fatto che coloro che li realizzarono (fra il X e il VI a.C.) lo fecero nel periodo in cui la Sardegna era abitata da genti che sono ricordate come "nuragici". A testimonianza di ciò è sufficiente esaminare la loro produzione: barchette con piccole torri (nuraghi) fuse nei lati e, a volte, sopra l'albero; piccoli nuraghi polilobati; oggetti nei quali il nuraghe è rappresentato nella sua forma simbolica: una torre. Gli artigiani realizzarono ciò che i nuragici commissionarono: oggetti di prestigio che raccontano le vicende dell'epoca, gli usi, i costumi e tutta una serie di attività che oggi possiamo "leggere" facilmente.
RispondiEliminaNon credo si possano ancora definire Nuragici, dopo che sono trascorsi almeno 600 anni - cioé circa 30 generazioni - dalla generazione cui appartennero i Costruttori dei Nuraghi.
RispondiEliminaE - come tu sai benissimo, i 600 anni sono quelli UFFiCIALI, perché per alcuni sono di più.
A mio parere definire i bronzetti sardi "Nuragici" è fuorviante, nel senso che appiattisce e cristallizza tutta l'evoluzione storica ed antropologica che indubbiamente avvenne anche in Sardegna e che in parte è dimostrata.
Anche oggi molte aziende, circoli e gruppi utilizzano il Nuraghe come proprio simbolo in Sardegna: questo giustifica, solo guardandoli come dici tu, a chiamare "nuragici" anche loro?
Dissento totalmente Maurizio, non si chiamano nuragici solo per aver "pensato e realizzato" le torri. Continuarono a costruire nuraghi, solo che li fecero piccoli, miniaturizzati. La simbologia che riveste il nuraghe-betilo, al centro di quelle fantastiche grandi capanne munite di sedili, altari e vasche, è identico a quello del grande nuraghe dei secoli precedenti. Quelle genti del Ferro ponevano il nuraghetto al centro dei loro incontri, come fosse un totem, o un ombrello protettivo divino.
RispondiEliminaMaurizio, la produzione di bronzetti nuragici ha inizio intorno al XIII secolo a.c, come testimoniano i bronzetti ritrovati nel pozzo sacro di Funtana Coberta (Ballao), che è era stato sigillato ed abbandonato già nell'età del bronzo, anche la recente scoperte di bronzetti nella tomba ad Orroli ha portato alla luce bronzetti che appartengono sicuramente all'età del bronzo.
RispondiEliminaQuindi la produzione di bronzetti ha inizio in piena età nuragica (etù del bronzo) e continua nella prima età del ferro, cioè in età nuragica tarda. I motivi per cui sono nuragici sono abbastanza ovvi, i bronzetti rappresentano simboli della Sardegna nuragica, quali i Nuraghi e gli animali sacri ai nuragici, i bronzetti sono fatti in loco e trovati nella maggior parte dei casi in contesti nuragici, i bronzetti fenici sono molti di meno e sono molto diversi e inoltre come ho già detto, la produzione dei bronzetti nuragici ha già inizio nell'età del bronzo, quindi non si parla di nessun grande salto.