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lunedì 2 maggio 2011

Convegno a Monte Claro: Atlantide e Nuraghe.


Studiosi a convegno sulla Sardegna nuragica:
«Nessuna Atlantide e nessuno tsunami»

La Sardegna può essere identificata con la mitica Atlantide di Platone?
E la fine della civiltà nuragica può addebitarsi a un catastrofico maremoto che avrebbe invaso le pianure del Campidano e della Marmilla?
Entrambi i quesiti sono fermamente respinti con argomentazioni e ricerche scientifiche da archeologi, geologi e antropologi. E quanto emerge dal convegno “Atlantide e i nuraghi” svoltosi nella sala convegni al Parco di Monte Claro, organizzato dalla Biblioteca Provinciale di Cagliari e curato da Pierluigi Montalbano.

Un tema che suscita dibattiti e ricerche e divide gli esperti. Alcuni favorevoli, altri, come quelli riuniti a Cagliari, assolutamente contrari.
Il geologo Antonio Ulzega esordisce: «La Marmilla è composta di sedimenti marini a strati risalenti a centinaia di migliaia di anni fa, per questo si trovano ancora resti di conchiglie e altri fossili. E la gigantesca onda marina che provocò morte e distruzione sino ad arrivare alla barriera dell'altipiano della Giara di Gesturi ponendo fine alla civiltà nuragica? In Sardegna non ci sono segni che giustificano un tsunami di quelle proporzioni. I nuraghi ricoperti e semidistrutti sono dovuti a modificazioni legate al tempo, al vento, pioggia, clima, e altri eventi. Nessun cataclisma marino stravolse il Campidano e l'Oristanese, ma un periodo ciclico, continuo, a strati, che ha fatto il proprio corso".

"Atlantide in Sardegna? No grazie", sottolinea l'archeologo Alfonso Stiglitz. "Le colonne d'Ercole citate da Platone sono i segni che indicano il passaggio tra l'aldilà e l'aldiqua. Sono la parte del sole che scende in occidente e rinasce in oriente. Colonne che possono essere collocate a Malta, in Sicilia, Spagna e così via".

L'archeologo Paolo Bernardini tuona: «Atlantide è una nobile menzogna, è un'invenzione, e non appartiene alla storia degli eventi, ma solo all'immaginazione di Platone che l'ha sognata e tramandata alle successive civiltà. Il mito di Atlantide risalente al 480 a.C. appartiene al filosofo greco Platone, che fa uso di racconti fantastici, facendoli risultare utili e nobili per il suo popolo».

L'antropologo Giulio Angioni aggiunge: "I miti sono racconti necessari per spiegare chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo. Sono creati ad arte ma non riescono a dare risposte convincenti. I racconti contengono sempre riferimenti a luoghi, personaggi e storie, ma nel caso dell'antica isola sarda non è serio inventare bugie per aumentarne artificiosamente il prestigio così da vendere ai turisti un'idea di Sardegna mitica".

L'archeologo Alessandro Usai afferma : "Oggi abbiamo diversi riscontri scientifici per dimostrare il contrario della fantasia di qualche giornalista o studioso che sostengono Atlantide nella terra sarda e la fine della civiltà nuragica dovuta a un maremoto. Quando mancano risposte scientifiche, si ricorre a ipotesi come un meteorite caduto nel Mediterraneo che avrebbe provocato il maremoto. E allora come mai lo stesso tsunami che distrussee parte della Sardegna non lasciò tracce in altre zone costiere dello stesso mare?". Lo studioso illustra una relazione che prende in esame le stratigrafie di scavo di vari nuraghi dimostrando che i sedimenti sono depositati gradualmente, senza improvvisi sconvolgimenti che sarebbero indizi di violenti fenomeni naturali.

L'archeologo Mauro Perra, direttore del museo Genna Maria, conclude la serata con una relazione su "grano, granai e alimentazione nella Sardegna del XV-XIII a.C." mostrando le analisi eseguite su pollini, funghi, semini carbonizzati di grano, orzo, lenticchie, piselli, vite coltivata e altre derrate alimentari dell'epoca. I nuragici disboscavano i terreni per coltivarli, tutti gli indizi mostrano una società che conservava la produzione agricola nei silos dei nuraghe, all'interno di grandi vasi. La redistribuzione delle risorse mostra un popolo capace di programmare la stagionalità dei raccolti.

Il folto pubblico ha seguito con estrema attenzione le varie teorie che smontano il mito di Atlantide legato alla Sardegna, con la delusione di alcuni che credevano in Platone.

Nei prossimi giorni saranno pubblicate le relazioni di Paolo Bernardini, Alfonso Stiglitz e Mauro Perra.

3 commenti:

  1. Mi è piaciuto particolarmente l'intervento di Perra. Tra i relatori è stato quello che ha saputo catturare meglio l'attenzione degli spettatori. Il tema che ha trattato è molto importante, perchè permette di avere uno spaccato della vita del tempo.
    Importanti anche gli interventi di Usai e Ulzega. Tuttavia dubito che molti degli spettatori abbiano compreso alcuni passaggi, spiegati in modo abbastanza tecnico. Personalmente non ho problemi con granulometrie, sedimenti et cetera. Sotto questo aspetto Ulzega invece ha esposto l'argomento geologico con grande semplicità.
    Mi è piaciuta meno la polemicità onnipresente nei discorsi dei primi relatori. A mio avviso sarebbe stato più consono evitare i numerosi riferimenti alle denunce, alle liste nere e via dicendo, per trattare puramente delle prove che smontano la tesi pro-tsunami. Non è mai bello quando il discorso scientifico si avvita nella sterile polemica del chi a fatto cosa a suo tempo.

    Salute.

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  2. A dire il vero ho usato l'ironia, non la polemica. Mi rendo conto che è una parola ormai sconosciuta ai più, ma credo sia il modo migliore per smontare il sistema. Per il resto io e tutti gli altri abbiamo portato dati concreti, scientifici, su un tema che è molto delicato e dai risvolti talvolta preoccupanti.
    Purtroppo è un dato di fatto che quando chiunque di noi porta questi dati, e sempre in modo pacato, la risposta è l'insulto e la minaccia.
    Cordialmente
    Alfonso Stiglitz

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  3. Platone posiziona la civiltà di Atlantide nel 10° millennio a.C. e asserisce che essa fu distrutta completamente intorno al 9500 a.C.

    Le conoscenze attuali della scienza vedono uno sviluppo pressoché regolare dell’Umanità con varie Ere di civiltà della pietra: Paleolitico Superiore, Mesolitico e Neolitico.

    Alla luce di questa impostazione, le civiltà descritte da Platone: Atlantide, Egitto e Grecia risultano anacronistiche.

    Questo fatto porta a ipotizzare che Platone abbia scritto un racconto, trovando ispirazione da fatti catastrofici molto più recenti e inquadrando volutamente lo stesso in un’epoca improbabile.

    Sulla base di questa possibile conclusione molti studiosi hanno cercato di trovare l’evento catastrofico dell’Età del Bronzo, che potrebbe aver ispirato il grande filosofo greco, arrivando a posizionare la civiltà distrutta dalla catastrofe in varie regione: Santorini e Creta (esplosione del vulcano di Santorini), Sardegna (tsunami gigantesco), Bolivia (allagamento), Antartide (cambiamento climatico), ecc.
    Nel far questo e per giustificare le loro teorie stravolgono i dati di superficie forniti da Platone, deformando l’isola di Atlantide a seconda dei loro desideri.

    Un’analisi approfondita degli scritti di Platone porta però a domandarsi come egli fosse a conoscenza di cose che non avrebbe potuto conoscere: un grande continente a occidente di Atlantide (Americhe), animali e vegetazione tropicali, ecc.

    Platone ci dice anche che la Terra fu distrutta molte volte sia per fuoco sia per allagamenti e molte di queste distruzioni furono provocate da sconvolgimenti celesti, corpi che deviarono la loro orbita e si avvicinarono drammaticamente alla Terra o caddero addirittura su essa.

    Le recenti scoperte scientifiche sembrano dar ragione a Platone, lasciando ipotizzare che la fine dell’Era Glaciale sia stata causata da una sequenza di eventi catastrofici, grosso modo individuabili intorno al 12000, 9600, 6000 e 5500 a.C.

    Ogni evento catastrofico “diluvio” avrebbe comportato una massiccia caduta di ghiacci in mare, un rapido sollevamento del livello medio dei mari e una regressione della civiltà.
    Il Paleolitico Superiore avrebbe così visto almeno due drammatiche regressioni, delle quali quella del 9600 a.C. coinciderebbe proprio col riferimento temporale citato da Platone.
    Le catastrofi alla fine del Mesolitico furono quelle che portarono il livello medio dei mari intorno al valore attuale e che nel Mediterraneo causarono catastrofe immani: sommersione del grandi Delta fluviali e distruzione degli insediamenti urbani, rottura della diga naturale del Bosforo e travaso delle acque del Mare nell’allora grande Lago alla foce del Danubio, creando l’attuale Mar Nero.
    Molti indizi ci portano a ipotizzare che proprio la catastrofe del 5500 a.C. possa aver dato origine al mito del Diluvio Universale, narrato in varie forme da molte antiche civiltà

    Alla luce di questa recente conoscenze scientifiche, il racconto di Platone trova nuove concrete giustificazioni, per cui sembra sempre più realistico continuare le ricerche della grande isola di Atlantide, distrutta alla fine del Paleolitico, al di la delle Colonne D’Ercole, Gibilterra, in pieno Oceano Atlantico.

    Antonio Crasto

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