Diretto da Pierluigi Montalbano

Ogni giorno un nuovo articolo divulgativo, a fondo pagina i 10 più visitati e la liberatoria per testi e immagini.

Directed by Pierluigi Montalbano
Every day a new article at the bottom of the 10 most visited and disclaimer for text and graphics.
History Archaeology Art Literature Events

Storia Archeologia Arte Letteratura Eventi

Associazione Culturale Honebu

Translate - Traduzione - Select Language

martedì 18 aprile 2017

Archeologia. I Popoli del Mare in Sicilia, fra Elamiti, Shardana, Etruschi e altri. Riflessioni di Alessandro Fumia

Archeologia. I Popoli del Mare in Sicilia, fra Elamiti, Shardana, Etruschi e altri.
Riflessioni di Alessandro Fumia


La ricerca delle tracce storiche sui Popoli del Mare, per determinare l’origine delle tribù che componevano quella lega, mi ha portato a osservare, un aspetto antropologico ed araldico, (quest’ultimo valore in rapporto alle armi), osservando una somiglianza con l’antica civiltà Elamita.
A un’attenta verifica sugli elementi funerari, ai quali si riconducevano il popolo Siculo intorno al VIII sec. a.C., presente nell’area dei monti Peloritani, gli Etruschi e gli Shardana, sembra possibile evidenziare una certa condivisione di costumi che hanno un’identica origine.
Nel 1915 l’archeologo Giuseppe Cannizzo, un collaboratore di Paolo Orsi, durante una campagna di scavo, condotta in una contrada vicino Barcellona Pozzo di Gotto, rintracciò alcune tombe a
pianta circolare, entro le quali vi trovò interrate a una certa profondità non superiore ai 50 cm, una giarrotta alta 26,4 cm, avente nel suo fondo, i resti inceneriti di ossa umane. L’archeologo faceva notare all’illustre collega, che le tombe erano state ritrovate nella via d’accesso di una zona che un tempo era un insediamento. La tipologia di sotterramento, non ha molti riferimenti nella storia dell’uomo, tranne che trovare un’affinità rituale, nelle sepolture arcaiche degli Etruschi, infatti, gli antichi abitanti delle prime città etrusche, sovente, dopo aver incenerito i resti mortali seppellivano i propri cari presso le mura vicino le strade di accesso delle loro città, in apposite urne funerarie sotterrate a una profondità variabile, simile a quella dei Siculi dei Peloritani.
Gli autori classici, avevano segnalato nei territori dell’alto e del basso Tirreno, la presenza di popolazioni cosiddette autoctone chiamate Ausoni. Plinio, più di altri, scrisse su quel popolo, affermando che appartenevano alla medesima discendenza, e che i Siculi stanziati nel territorio dei monti Neptuniani, non fossero altro che una costola degli Ausoni che popolavano le coste tirreniche fino al regno che sarà degli Etruschi. Il maggiore elemento per individuare una comune origine, verte sull’osservazione delle armi e delle armature che distinguevano gli elementi essenziali del vestiario bellico dei Popoli del Mare rappresentati sulle mura del palazzo templare di Ramesse III e nella stele di El Ahmar.
Ritengo che le pianure d’Egitto non furono un teatro occasionale nel quale la lega dei Popoli del Mare prese dimora prima, durante e dopo. Essi si sarebbero ritrovati in questi luoghi, molto tempo prima, già stanziati stabilmente. I faraoni delle dinastie del Nuovo Regno, si confrontarono molte volte con essi, accusando un gran numero di perdite.
Gli Shekelesh, gli Shardana e forse anche i Tekker, provenivano dalle campagne vicino i monti Zagros, nel territorio della splendida città di Susa e di Anshan. Negli scavi archeologici effettuati da Erich Schimdt nel 1930, nel Luristan, furono rinvenute le prime tracce, dell’antico regno dei re Elamiti. Presso tombe e santuari, si rintracciarono numerosi reperti di bronzo databili al 1000 a.C. Presso le mura e nel pavimento del tempio di Surkh Dum si trovarono una ricca quantità di oggetti con forte connotazione magica. Un oggetto, in particolare, ripercorreva la storia delle dinastie che si succederanno sul trono dei re Elamiti fino ai Persiani. In esso si sintetizzava l’autorità politica e religiosa. Poiché si possono classificare con precisione i sigilli e le divise araldiche dei sovrani fino al tempo del re Shapur, III sec. d.C., ritengo fondata l’osservazione che alcuni studiosi hanno elaborato sulle insegne dei sovrani Persiani visto che questi ultimi,nei documenti ritrovati ostentavano l’orgoglio di appartenere alle dinastie elamite. Credo che quei simboli si fondano su un accadimento astrale osservato nella regione dei monti Zagros 3500 anni a.C., e dai sacerdoti della città di On, durante un’epoca analoga e antecedente alla nascita delle dinastie regali in Egitto. Tale osservazione è rivolta ad evocare la comparsa della Fenice di fuoco nei cieli d’Oriente. Sia gli Shardana, sia gli Elamiti e poi i loro discendenti, oltre gli stessi Egiziani, ostentavano simboli riconducibili a quel fenomeno. L’elemento unitario che secondo me, mette in relazione questi popoli, verte sulla figura espressa nel cimiero dell’elmo degli Shardana, del tutto simile pur se meno stilizzato, di quello raffigurato nelle pietre di Messina. Questa figura è stata individuata dall’archeologo G.Goyon, il quale crede possibile che fosse posta sopra le colonne presenti nell’antica città del Sole.
Afferma lo studioso: “…esistevano delle colonne sormontate da dischi dorati, un poco concavi, aventi la funzione di ricordare la comparsa del Benben nel cielo egiziano”.
Quell’oggetto rappresenta il passaggio di un globo infuocato nelle volta celeste in una notte senza luna, e potrebbe interpretarsi, ai loro occhi, come la manifestazione del dio Sole. Le pietre egizie di Messina portano quel messaggio. Esse sono, senza ombra di dubbio, l’unica vera fonte descrittiva del fenomeno che ha dato vita a un pensiero radicatosi in alcune fra le più grandi civiltà del passato, determinando un elemento documentale sulle tracce storiche e non mitiche della cosiddetta Fenice di fuoco. Queste pietre di Messina, che recentemente sono state l’oggetto di una mia pubblicazione, rappresentano una fonte privilegiata sulla trasmissione di un avvenimento che è rimasto, come uno degli ultimi misteri non svelati del passato. Nei reperti conservati nel Museo di Messina, si conserva parte dei suppellettili templari di quel palazzo, e dai geroglifici delle pietre di Messina si descrive il passaggio dell’uccello sacro. Queste pietre, potrebbero rappresentare un elemento storico importante sia per gli avvenimenti egizi, sia per la determinazione e l’identificazione del popolo degli Shekelesh in Sicilia. Le mie osservazioni sono il sunto estrapolato da una serie di riscontri, di rendiconti documentali e di tracce archeologiche, confrontando reperti scavati e ritrovati a Messina con altri scavati in altri fondi esteri. In conclusione, con le pietre di Messina che io ribattezzo “Pietre della Fenice”, si possono creare delle condizioni documentali per sperimentare nuove soluzioni di studio.

Fonte: https://cariddiweb.wordpress.com



Nessun commento:

Posta un commento