Tradurre dall’italiano al latino.
Un libro che è stato appena pubblicato presenta traduzioni in latino di Edmondo Vittorio D’Arbela trascelte dalla Storia della letteratura latina, due volumi, di Concetto Marchesi, presenta vari scritti a cura di Enrico Renna.
Recensione di Felice Di Maro
“EXCERPTA MARCHESIANA” E ALTRI SCRITTI - Traduzioni in latino
dalla Storia della letteratura latina di Concetto Marchesi.
Autore: Edmondo V. D’Arbela, con introduzione e a cura di Enrico
Renna. La scuola di Pitagora editrice 2024, Napoli.
Il latino, diversamente dal greco antico, è stato e lo è ancora per alcune funzioni di comunicazione la lingua ufficiale del Vaticano. Fino all’inizio degli anni Sessanta in Italia la messa era in latino e si può affermare che il latino è stata una lingua conosciuta non in toto s’intende ma alquanto nota a livello popolare per le pratiche religiose ma non soltanto. Confesso che non mi era ancora capitato di fare una
recensione ad un libro che presenta un itinerario di storia latina con testi in latino e italiano ma l’originale è in italiano e questo pone di conoscere da vicino chi è stato l’autore, Concetto Marchesi, che ha pubblicato la Storia della letteratura latina, in due volumi, 1925-1927, ma anche Edmondo V. D’Arbela che è stato colui che ha fatto le traduzioni in latino. Il libro, pp. 320, presenta un indice sul quale è necessario soffermarsi perché il curatore, Enrico Renna, già guardando l’indice ci delinea il quadro dell’opera e chi legge l’indice scopre immediatamente il cuore dell’opera che si presenta con una denominazione latina, Excerpta Marchesiana, ossia Estratti dalla Marchesiana, tratti dall’opera di Concetto Marchesi, pp.49-163, che in 13 capitoli ci offre un affresco rapido certo, ma mirato dell’opera di Concetto Marchesi, con i testi a fronte di latino e italiano che offrono una lettura, come dire, in combinata disposizione che invita a passare dal latino all’italiano e viceversa proprio come un esercizio di latino.Nella Premessa, Enrico
Renna presenta questo lavoro scrivendo che “rappresenta un capitolo
dimenticato” ed ha ragione ma è importante per la storia della letteratura
latina a livello delle relazioni tra le fonti bibliografiche e storiografiche e
ci dice anche che in aggiunta agli Excerpta l’opera contiene la ristampa
della «Introduzione» con una nuova denominazione, Osservazioni di stile
latino, tratto dal volume, Avviamento al comporre latino, di Edmondo Vittorio D’Arbela del 1934,
pp.175-254. Le traduzioni dalla Storia
della letteratura latina di Concetto Marchesi pubblicate in
questo libro sono quelle che vanno dagli inizi, De initiis litterarum
Latinarum, fino a Stazio presentando “la fine della palliata” (De fine
fabulae palliatae), Virgilio, Ovidio, Livio, Seneca, Lucrezio e Giovenale.
Ecco l’elenco:
Cap.
I: Inizio della letteratura latina; Cap. II: Fine della
palliata; Cap. III: Arte della Bucolica; Cap. IV: Georgica;
Cap. V: L’arte di Ovidio; Cap. VI: Opere di Ovidio.
Amores; Cap. VII: Metamorfosi; Cap. VIII: Tito Livio;
Cap. IX: Arte e stile di Seneca; Cap. X: La
dottrina morale; Cap. XI: Valore artistico del poema di
Lucrezio; Cap. XII: Valore artistico e letterario delle
satire di Giovenale; Cap. XIII: P. Papinio Stazio.
Quando
Edmondo V. D’Arbela pubblicò queste traduzioni furono viste da Marchesi grazie
all’Editore Principato che le ha pubblicate, allora Marchesi insegnava presso
la R. Università di Padova e meritarono da lui un incondizionato plauso come si
evince da una lettera di Marchesi a D’Arbela del 9 giugno 1934 conservata
presso l’Archivio D’Arbela che viene pubblicata per la prima volta, p.281.
Ecco il testo:
«Padova 9 giugno 1934
Caro Professore,
il comm. Principato mi ha fatto avere l’opera Sua della quale, in un saggio
manoscritto, durante le mie lezioni di grammatica latina, avevo già
sperimentato la singolare originalità, penetrazione e perizia. Il modo ond’Ella
rende con assidua perspicacia il testo italiano rivela un buon gusto e una
conoscenza che va oltre i limiti della consueta disciplina scolastica. E un
insegnante capace e solerte, che sappia intendere e fare intendere l’ingegnoso
e immediato ammaestramento del Suo libro ne otterrà rapidi e solidissimi
vantaggi.
Mi congratulo vivamente e Le auguro ogni buona fortuna.
Suo aff.
Concetto Marchesi»
Questa lettera è importante perché dimostra che Marchesi aveva già
sperimentato di impegnare gli studenti con traduzioni dall’italiano al
latino e quest’opera di D’Arbela è stata qualcosa in più per rilanciare una
tipologia di esercizi scolastici del latino. La pubblicazione di D’Arbela
comunque fu una svolta ma dopo la guerra la ripubblicazione dell’opera di
Marchesi nel 1957 non fu seguita dalla ripubblicazione dell’opera di D’Arbela magari
con non impossibili aggiornamenti e oggi il tema delle traduzioni dall’italiano
al latino si pone grazie a questo libro come un recupero culturale complessivo ed
anche per un rilancio degli studi sulla lingua latina.
Edmondo
D’Arbela era nato a Gerusalemme nel 1892
ed è morto a Milano nel 1985, la sua formazione è avvenuta a Firenze presso la scuola di Girolamo Vitelli
ed è stato latinista, filologo e professore di greco e latino presso il Liceo
“Parini” di Milano dal 1934 al 1957. La
sua produzione è importante per la storia della letteratura latina, si ricorda
il commento al X libro di Livio che è del 1926, quello al XIII libro degli Annales di
Tacito che è del 1927, dello stesso anno sono le Elegie scelte di
Tibullo e i commenti ai libri II e III dell’Eneide, del 1928 è il
commento alla Germania di Tacito. Fanno parte a pieno titolo
della storia della letteratura latina il commento al V libro del De
rerum natura di Lucrezio che è del 1934, mentre l’opera scolastica già citata con il
nome, Osservazione di stile latino che è qui pubblicata, pp. 175-254, è
stata pubblicata con il titolo, Avviamento al comporre latino nel 1934.
Ecco la presentazione: «… ci proponiamo di riassumere brevemente le
principali regole della stilistica latina per l’uso pratico della scuola. Una
stilistica intesa scientificamente avrebbe per oggetto la ricerca sistematica
di tutto l’insieme dei mezzi espressivi miranti ad un fine estetico, condotta
sui monumenti più importanti di ogni genere letterario e di ogni età. Solo in
tal modo si potrebbe avere una visione storica complessiva dello stile nel suo
svolgimento (p.175)». Lo scopo di D’Arbela è stato quello che una stilistica
destinata alla scuola media deve rilevare le differenze del modo di concepire e
di esprimersi dei latini ma in confronto con i moderni in modo che i giovani
possano tradurre con maggiore finezza e precisione in italiano, al riguardo D’Arbela
fa una scelta di campo e privilegia gli scrittori di prosa del periodo classico
e fra questi Cicerone e Cesare. Per la divisione della materia segue un ordine
che qui si presenta:
1)
La
scelta del materiale linguistico ed i difetti da evitare in questo campo, a
tale fine esamina l’uso delle parti del discorso: dell’articolo, del
sostantivo, dell’aggettivo, del verbo, delle preposizioni, degli avverbi, delle
congiunzioni e dei traslati, specialmente della metafora.
2)
La
disposizione delle parole nelle proposizioni.
3)
L’ordine
delle proposizioni nel periodo.
4)
Il
collegamento fra i periodi.
5)
Il
ritmo del periodo.
D’Arbela
nello stesso anno, 1934, pubblica il commento al I libro delle Epistulae oraziane,
seguiranno i lavori grammaticali sulla lingua latina come la morfologia che
è del 1937 e la sintassi del 938. Gli
anni Quaranta segnano la stagione della poesia latina con l’importante volume
sulle Bucoliche di Virgilio che è del 1942 e l’antologia dedicata alle Metamorfosi di
Ovidio che è del 1943, l’Antologia oraziana è del 1944. Importante
è stata la collaborazione con l’Università di Milano, documentata anche dalla
corrispondenza epistolare di Luigi Castiglioni, Ignazio Cazzaniga e Mario
Untersteiner, con Alberto Grilli era iniziata nel 1945. L’attività filologica è
confluita nell’edizione critica di Catullo del 1946 mentre del 1950 è il
fortunato Vocabolario della lingua latina. La sua
instancabile attività editoriale, dopo il commento al I libro dell’Eneide del
1952, è stata per le edizioni critiche ciceroniane come L’oratore,
1958, il Bruto, 1967, le tre orazioni ciceroniane sulla
legge agraria, 1967, ma l’anno prima era stato completato il terzo volume dell’edizione
critica di Properzio.
Concetto Marchesi è nato a Catania il primo
febbraio del 1878 ed è morto Roma il 12 febbraio del 1957. È stato un politico, deputato alla Costituente e al
parlamento e membro del Comitato centrale del Partito Comunista Italiano, latinista e Rettore dell’Università di Padova.
Oltre ad essere stato uno storico della
letteratura latina ha pubblicato varie opere latine e
monografie su autori romani come Apuleio, Ovidio, Arnobio e Sallustio (1913), Marziale (1914), Seneca (1921), Giovenale (1922), Fedro (1923), Tacito (1924) e Petronio (1940). Altre opere sono
state, Il libro di Tersite,
1920-1951,
Divagazioni, 1953 e Il cane di terracotta, 1954.
La Storia della letteratura latina è stata l’opera più nota tanto che
recentemente Sebastiano
Saglimbeni sul sito dell’Associazione Concetto Marchesi Gallarate, il 2
febbraio del 2018 le ha dedicato un articolo con il titolo: Concetto
Marchesi e il suo capolavoro. Ecco le prime righe:
«È
da un trentennio che, con incontri culturali e scritti su alcuni giornali,
ricordo con altri l’umanista e il politico Concetto Marchesi. Rileggendolo
oggi, ad oltre sessant’anni dalla sua scomparsa, nelle pagine, ad esempio,
della Storia della letteratura latina, editata nel 1925 in due volumi dal
messinese Giuseppe Principato, e in altri scritti, trasmette un’eloquenza
fresca, rara, e una interpretazione di questo mondo immondo, come sempre, dai
secolari privilegi.
Ricordo
che l’anno scorso, per il sessantesimo anniversario della scomparsa
dell’umanista, trascrivevo, in un mio testo per un quotidiano siciliano, una
breve citazione estratta da uno scritto che mi aveva inviato Norberto Bobbio.
La citazione recita: “Marchesi era un umanista che nella continua meditazione
sulla storia esemplare di Roma antica aveva appreso, come Machiavelli, a
conoscere le passioni e le opere, le virtù e i vizi degli attori sul proscenio,
dei dominatori, dei vincitori, degli amici e dei servi dei vincitori”. Ed
anche, nello scritto di Bobbio, un Marchesi rivolto al malessere dei deboli
della sua Sicilia. La parola scritta dell’umanista pertanto risuona molto
attuale, pare che si riverberi sferzante l’infamia dei governanti di questa
nostra Repubblica dove persiste un’oligarchia aristocratica mentre imperversa
la povertà, la disoccupazione dei giovani che non sono tutti giovani, ma dei
quarantenni, dei cinquantenni».
Quest’opera
è ancora attuale e non è stata non superata. Il libro di Enrico Renna nel
presentare le traduzioni in latino di D’Arbela la rilancia anche chiudendo
quest’opera con la Postfazione di Giovanni Benedetto.
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