Come veleggiavano le navi sarde di epoca nuragica? Una ipotesi relativa alle capacità di sfruttare il vento in modo non tradizionale da parte delle antiche popolazioni sarde
Scorrendo numerose pubblicazioni in materia di navicelle nuragiche ho avuto modo di osservare varie ipotesi circa l’attrezzatura velica di cui fossero dotate le navi, i cui modelli furono riprodotti in bronzo da esperte mani di artigiani sardi.
Molte ipotesi e proposte di velatura sono state
sviluppate in tempi moderni, alcune anche montate su imbarcazioni attuali, ma
tutte le proposte a mio avviso mal si addicono agli scafi dei modellini
presenti nei musei.
Anche le proposte grafiche non tengono conto degli spazi e delle superfici necessarie al dispiegamento
delle vele quadre o delle vele di taglio come ad esempio l’armo a vela latina.disegno di Claudio de Tisi
Peraltro tutti i modelli
pervenuti dall’antichità, quando sufficientemente completi nelle loro
attrezzature, presentano tutti un’alberatura piuttosto contenuta in altezza,
rispetto alle dimensioni dello scafo, con una caratteristica forma svasata al
termine dell’albero stesso. E tutte le navicelle presentano identiche
sovrastrutture destinate a sostenere l’albero per esporlo meglio al vento Analoghe
caratteristiche si possono osservare in quei modelli che presentano ancora
sovrastrutture reticolate sulle fiancate connesse a quattro piccoli alberi
svasati, posti due a prua e due a poppa delle sovrastrutture stesse.
Altra peculiarità delle navicelle è quella che nessuna presenta strutture di sostegno dei timoni, sia al giardinetto che sul dritto di poppa, cosa che invece è ben evidenziata nel modello bronzeo di una nave greca presente nel museo dell’acropoli di Atene ed altre immagini coeve.
La
mancanza dei supporti dei timoni mi ha richiamato alla mente un passo
dell’Odissea di Omero il primo e più antico portolano giunto fino a noi, che nell’
ottavo libro, ai versi 555 e 560, fa dire ad Alcinoo rivolto ad Ulisse, queste
parole:
“E dimmi
quali sono il tuo popolo, la tua terra, la tua città,
perché
possano accompagnarti le nostre navi, guidate
dalla
loro mente.
I Feaci
non hanno nocchieri né timoni, come hanno invece le altre:
esse conoscono
i pensieri e le intenzioni degli uomini,
conoscono
le città e i ricchi campi di tutta la terra,
attraversano
rapide gli abissi del mare, nascoste
da nuvole
e nebbia;
non hanno
mai paura di essere danneggiate o distrutte”
A metà degli anni 70 dello scorso
secolo, e questa la dice lunga sulla mia età, mi fu regalato il libro di Juan
Baader intitolato “Lo sport della vela”, un manuale di tecnica di navigazione a
vela, comprendente una rassegna dei principali modelli di imbarcazioni
corredati delle alberature, dei piani e delle attrezzature veliche.
Una tra queste, la più curiosa ed innovativa
era il rotore di Flettner .
Il rotore Flettner è un cilindro liscio che ruota
sul proprio asse, con estremità chiuse e svasate in alto per migliorare
l’efficienza aerodinamica.
L’ingegner Flettner applicò il principio aerodinamico
generato dall’effetto Magnus, sfruttando la forza del vento che crea una
pressione a monte e una depressione a valle del cilindro rotante, al pari di
un’ala o di una vela di taglio, generando una forza aerodinamica e un
conseguente moto tangenziale che si sviluppa perpendicolarmente al flusso
d'aria, su tutto l'asse come meglio illustrerò più avanti.
Questa è la fotografia della nave su cui Flettner montò le rotovele e con questo sistema propulsivo attraversò l’atlantico negli anni 20 del secolo scorso.
L'effetto Magnus prende il nome dal fisico tedesco Heinrich Gustav
Magnus.
Descrive la forza generata dal flusso del fluido nel quale è immerso un corpo
rotante, perpendicolare al flusso e su tutta la lunghezza dell'asse del corpo
in rotazione. Questa forza su un cilindro rotante è detta Kutta-Žukovskij, dopo che Martin Wilhelm Kutta e Nikolaj Egorovič
Žukovskij,
analizzarono l'effetto.
Il rotore Flettner è uno degli esempi di applicazione di tale
effetto
La risultante forza F è dovuta al fatto che a valle del rotore in movimento si crea una compressione del flusso d’aria che determina una depressione che “risucchia” il rotore generando una forza dinamica che consente allo scafo di traslare lungo la rotta voluta.
Uno dei pregi del rotore consiste nel fatto che non si rende necessario orientarlo rispetto alla direzione del vento, come capita per le vele convenzionali, con pericolo di caduta in mare dei marinai, dal momento che presenta la stessa superficie da tutti i lati; la nave di Flettner può navigare in avanti e in retromarcia con la stessa facilità. Infatti fermando con un freno il cilindro e Invertendo il suo senso di rotazione si ottiene la depressione inversa, rispetto alla precedente, a valle del rotore facendo in modo che la risultante forza F si posizioni a centoottanta gradi rispetto all’andatura precedente.
E
dal momento che l’area della superficie del rotore esposta al vento è molto
minore di quella delle vele tradizionali e che la sua area di velatura efficace
dipende dalle velocità relative del vento e del rotore, c’è minor resistenza al
vento e minore pericolo di ribaltamento con tempeste e raffiche di vento. In
tal modo la nave a rotore è in grado di resistere a condizioni atmosferiche
peggiori e di navigare più al vento rispetto ai velieri tradizionali , senza la
necessità di dover ridurre la superficie velica esposta al vento. (Leo
Bartolini).
Peraltro non va trascurato l’effetto giroscopico generato dalle masse rotanti che tendono a stabilizzare la nave controllandone sia il beccheggio che il rollio, come avviene nelle moderne navi e aeromobili.
Altro pregio è quello che il rotore comincia a ruotare da solo con un vento di 4 nodi, senza bisogno di una fonte di energia sussidiaria collegata al rotore stesso.
Una caratteristica delle imbarcazioni dotate di diverse vele a cilindro rotante, due a prua e due a poppa, è quella di poter governare senza l’ausilio di timone, perche basta invertire il senso di rotazione di uno dei rotori o di prua o di poppa ottenendo una virata, una poggiata o di entrambi per una marcia indietro secondo lo schema elaborato dal Prof, Castellani e riportato sotto:
Nella continua ricerca di una possibile soluzione dei miei
dubbi sul modo di veleggiare degli antichi marinai sardi, mi sono imbattuto in un
libro dal titolo “Navicelle di bronzo della Sardegna nuragica” della prof.ssa
Anna Depalmas dell’università di Sassari, nel quale la stessa ha classificato e
descritto minuziosamente tutte le navicelle nuragiche conosciute e presenti nei
musei e nelle collezioni private. Leggendo a pagina 96 la descrizione della
navicella rinvenuta a Padria, la cosiddetta “navicella del Re Sole” , ho
trovato la soluzione ai miei dubbi.
La prof.ssa Depalmas nella descrizione del bronzetto evidenzia una caratteristica unica della navicella rinvenuta integra in tutte la sue parti, e riferendosi all’alberatura così scrive: “Sull'orlo di questo bordo sopraelevato, verticale e rettilineo, - traforato da un motivo di piccoli triangoli alternati su tre file parallele - si imposta un ponte a bastoncelli, incurvati e uniti al centro dello scafo. Nel punto d'incontro di questi elementi vi è una piccola base quadrata su cui si innesta una colonna cilindrica, cava, in grado di ruotare su se stessa grazie ad un perno interno e bloccata da un gancetto passante inserito diagonalmente attraverso due forellini.”
Praticamente viene descritto un rotore di Flettner ante litteram applicato ad una navicella nuragica.
E un tale segreto tecnologico viene custodito gelosamente dai Feaci che, come descritto nel tredicesimo libro dell’Odissea, somministrano ad Ulisse un vino drogato che lo fa dormire per tutto il tragitto da Scheria ad Itaca.
“Quando raggiunsero la nave e il mare, subito 70 i gloriosi marinai presero tutte queste cose
e misero sulla
concava nave i doni, il vino e il cibo;
sul ponte della
concava nave distesero una coperta
e un telo di
lino per Odisseo, perché potesse dormire
tranquillo, a
poppa: lui salì sulla nave e si
distese
75
in silenzio;
gli altri sedettero tutti in fila ai banchi,
sciolsero la fune dalla pietra forata e, piegati in avanti,
cominciarono a tagliare l’acqua con i remi.
Un sonno soave, dolcissimo e profondo scendeva
sugli occhi di lui, in tutto simile alla morte.”
Omissis…..
“Questi, scesi a terra dalla
solida nave, per prima cosa 115
portarono giù Odisseo dalla concava nave
sollevandolo con la sua splendida coperta e il telo di lino;
poi lo deposero sulla spiaggia, sempre vinto dal sonno;
poi portarono a terra i doni dei gloriosi Feaci, poiché ora
120
lui tornava in patria secondo il volere della magnanima Atena.
I Feaci misero tutti i doni ai piedi dell’ulivo,
lontano dalla strada, per timore che qualche viandante,
passando di lì prima che Odisseo si svegliasse, potesse rubarli;
poi presero la via di casa.
Foto dell’autore della nave di Padria. Museo archeologico di Sassari.
Come si può notare sulla
incastellatura quadrata superiore del cilindro sono presenti, agli angoli,
quattro elementi di cui uno ricurvo, gli altri sono andati perduti, che fanno
pensare ad una sorta di turbina eolica.
Con tutta probabilità le appendici aeree potrebbero aver avuto un profilo aerodinamico ruotato di qualche grado rispetto al piano della incastellatura, che esposte al vento opporrebbero resistenza aerodinamica, creando un effetto Magnus di rotazione che faciliterebbe l’avvio del rotore.
A parere dell’ing. Alessio Ciampolini
una simile turbina sarebbe auto innescante con venti di
A nave ferma, per impedire l’auto rotazione del cilindro veniva usato un perno, riprodotto nel modello in bronzo.
L’accuratezza della riproduzione dei particolari testimonia il fatto che l’artigiano abbia avuto modo di osservare la nave dal vero e da vicino. Infatti per molti autori le navicelle nuragiche riprodurrebbero navi reali in scala di 1/100.
Quindi nel nostro caso la nave reale osservata dal fonditore di bronzo, potrebbe aver avuto queste dimensioni:
m 28,50 lunghezza totale;
m 18,20 altezza totale ;
m 6 circa
altezza del rotore;
m 27,5 8 Lunghezza
scafo;
m 8,60 larghezza
scafo;
m 3,60 altezza scafo dalla chiglia alla falchetta;
m. 3,80 altezza della sovrastruttura reticolata;
m 0,3 - 0,4
Spessore dello scafo.
Si tratta di una grande nave che
ricorda da vicino le dimensioni e gli spessori dello scafo della nave egizia
rinvenuta presso la piramide di Cheope in Egitto.
La velocità critica di questa nave dislocante nuragica poteva essere di circa 13 nodi (circa 25 Km/ora) con un dislocamento di circa 340 tonnellate di peso e di circa 500 tonnellate di stazza. Il lavoro di ricerca dell’ ing. Samuele di Sturco a proposito della velocità impressa alle imbarcazioni dal rotore di Flettner coadiuvato da una turbina Savonius, sembrerebbe confermare questa ipotesi
Modello di una barca che utilizza
un rotore Savonius per far ruotare un rotore Flettner montato su di esso.
Se osserviamo da
vicino alcuni modelli di navicelle nuragiche possiamo individuare un elemento al di sotto dell’asse del rotore,
ormai scomparso, che richiama alla mente la struttura del rotore savonius
montato sopra il rotore principale
Per provare l’ipotesi presentata sarebbe interessante, con la tecnica dell’ archeologia sperimentale, costruire un modello in scala di 1/50 o 1/10 e provare l’efficienza propulsiva e direzionale dei Rotori sulla navicella nuragica riprodotta.
ALLEGATO
In allegato riporto la
descrizione della navicella fatta dalla prof.ssa Depalmas nel suo libro
“Navicelle di bronzo della Sardegna nuragica” e i disegni del modello fatti a cura
del sig. R.Nieddu, su gentile autorizzazione dell’autrice stessa.
TIPO 19 (tipo
Badde Rupida)
Una variante al tipo è rappresentata
dall'esemplare n. 86, con bordo traforato a motivi quadrangolari e con figure
di bovini con carro.84. (tav. 62, fig. 16)
PROVENIENZA: Padria, SS,
nuraghe Badde Rupida.
COLLOCAZIONE: Museo
Archeologico Nazionale G. A. Sanna di Sassari.
Navicella bronzea con scafo
allungato, detta del "Re Sole".
Scafo di forma fortemente
slanciata, fusiforme, lievemente appiattito nei lati.
Estremità anteriore dello
scafo con spigolo arrotondato, estremità posteriore appiattita.
Fiancate ad andamento
convesso, poco inclinate verso l'esterno, con margine ispessito a listello sporgente
su cui si eleva un alto bordo delimitato ai lati da due colonnine, inclinate
verso l'interno dello scafo e coronate da un piccolo capitello a gola (tre
colonnine sono spezzate,una sola è integra).
Sull'orlo di questo bordo
sopraelevato, verticale e rettilineo, - traforato da un motivo di piccoli triangoli
alternati su tre file parallele - si imposta un ponte a bastoncelli, incurvati
e uniti al centro dello scafo.
Nel punto d'incontro di
questi elementi vi è una piccola base quadrata su cui si innesta una
colonna cilindrica, cava, in grado di ruotare su se stessa grazie ad un perno
interno e bloccata da un gancetto passante inserito diagonalmente attraverso due
forellini.
La colonnina termina in una
piattaforma quadrata su cui residuano, negli angoli quattro listelli rettangolari
spezzati , uno dei quali ricurvo; al centro si innalza invece un'altra colonna
di dimensioni e diametro inferiori rispetto a quella sottostante. La sommità di
questa colonnina appare rivestita irregolarmente da un sottile
strato di bronzo forse
riferibile ad un intervento successivo, relativo all'applicazione di un anello sormontato
da un uccello stilizzato con becco arrotondato, collo ricurvo e corpo assottigliato
verso la coda.
Presso l'estremità
anteriore dello scafo, all'interno della fiancata sinistra, sono incisi
piuttosto profondamente due tratti obliqui incrociati con estremità ricurve.
Fondo piatto, indistinto.
Una piccola piastra di
forma triangolare ad estradosso convesso, costituisce la base per il collo
della protome lievemente ricurvo,
a seZIOne
circolare spezzato presso Ia sommità.
STATO DI CONSERVAZIONE: Discreto;
patina di colore bruno scuro, a tratti verde rame , con qualche intaccatura sulle
superfici e sbavature del metallo all'interno dello scafo.
Mancante del tutto la
protome animale , lacunose anche le colonnine del parapetto alcuni elementi sulla
colonna al centro dello scafo.
DIMENSIONI: cm 2 8,50
(lunghezza totale );cm 18,20 (altezza totale ); cm 27,5 8 (Lunghezza scafo)·
Cm 8,60 (larghezza scafo);
cm 7,60 (altezza scafo con il bordo ); cm 0,3 - 0,4 ( Spessore scafo).
BIBLIOGRAFIA
- Omero Odissea
libro VIII versi 555
-560 e XIII versi 70-125
- Anna Depalmas Navicelle
di bronzo della Sardegna nuragica
- Anna Depalmas Navicelle nuragiche significato,
valore e diffusione tra Bronzo finale e
primo
Ferro.
Atti del 1°
Congresso Internazionale in occasione del
venticinquennale del Museo “Genna Maria” di Villanovaforru
14-15 dicembre 2007
4. Anna Depalmas Etruria
e Sardegna. Antico ponte sul Tirreno
Il Mare degli antichi.
Miti, marinai e imbarcazioni dalla Preistoria a Medioevo estratto pagine 119-134
editrice Laurum anno
2010
5. Alessio
Ciampolini Progetto concettuale e
analisi aerodinamica di una turbina eolica di
piccola taglia ad asse verticale
tesi
di Laurea AA 2011/2012 Università di Pisa
6. Samuele Di Sturco Studi fisici e applicazioni ingegneristiche dell’effetto Magnus
Tesi
di Laurea AA 2017/2018 Università Politecnico
di Torino
7, Giusppa Lopez Contributo alla ricostruzione dei
prototipi navali nuragici attraverso
una nuova metodologia di analisi. estratto pagine 65-84
Collana di studi “Tharros felix” n. 5 dicembre 2013
8. Francesco Tiboni Navicelle
nuragiche e navi. Note per l’identificazione dei diversi modelli di ispirazione
nella produzione bronzistica di età nuragica
Nuovo bullettino archeologico sardo -6/1993-95
9. Marina Mercantile La
propulsione navale con l’effetto Magnus
Marina
mercantile.blogspot.com/2020/12/ del 23dicembre 2020
10. Leo Bartolini Non solo vele Pillole
(https//leobartolini.it/pillole) del 3.11.2019
11. Armado Chierci Talassocrazia: aspetti tecnici, economici, politici
con un brevissimo cenno a Novilara, Nesazio e ai Feaci. Orvieto : Edizioni Quasar, 2006
12. Giovanni
Lilliu la civiltà dei Sardi Edizione
il maestrale 2003
13.
Emanuele Sanna Il popolamento
della Sardegna e le origini dei Sardi Edizione CUEC 2006
14.
Giangiacomo Pisu la flotta Shardana PTM
editrice novembre 2005
15.
Giovanni Ugas Shardana e
Sardegna Edizioni della Torre settembre 2019
16.
Pierluigi Montalbano Antica marineria
della Sardegna. WWW.academia.edu
Una tesi molto suggestiva, molto ben articolata e descritta.
RispondiEliminaE soprattuto temeraria!
Interessantissima, grazie