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venerdì 5 aprile 2024

Il greco antico può essere studiato come approfondimento dei testi degli autori greci. "In scena, ma con azioni descritte con i verbi del greco antico". Articolo di Felice di Maro

Il greco antico può essere studiato come approfondimento dei testi degli autori greci.

"In scena, ma con azioni descritte con i verbi del greco antico"

Articolo di Felice di Maro 

Il rilancio della cultura classica è necessario per alzare i livelli generali della cultura italiana, ma la fruizione dei vari intrecci tra la storia, l’archeologia, la letteratura greca con epigrafia, papirologia e filosofia in modo attivo non può avvenire senza la conoscenza del greco antico. 

Il greco antico è una lingua non parlata ma attiva in quanto è uno strumento d’analisi e di approfondimento dei testi degli autori greci nonché delle epigrafi e dei papiri. Grammatica, sintassi e lessico, debbono però essere maggiormente disponibili e oltre gli

apprendimenti scolastici e universitari e lo devono essere per tutti. La categoria più importante della grammatica del greco antico è il verbo che ha la funzione di descrivere un’azione nel suo svolgimento. In quest’articolo si mette in evidenza il verbo con le sue articolazioni principali e la formazione delle voci verbali che caratterizzano una descrizione testuale.

In una rappresentazione teatrale le azioni descrivono i vari momenti di una narrazione. Ogni azione ha il suo quadro scenico gestito dalla regia che guida gli attori e con gli spettatori che costituiscono la platea. Ogni scena che viene presentata prima viene pensata e poi naturalmente scritta e nella descrizione testuale l’asset grammaticale principale è costituito dal verbo che svolge un ruolo primario in quanto essendo una parte variabile del discorso ne scandisce tempi e modi dello svolgimento che è in tempo reale oppure si richiama ad un’azione che si è svolta in passato o anche che è stata già compiuta poco prima e ancora, che può essere subita dagli attori durante lo svolgersi dell’opera.


È dunque il verbo con le sue varie voci e con i suoi modi e tempi che presenta un’azione ed ha un’articolazione con vari gradi in relazione alle nozioni grammaticali chiamate anche categorie che possono essere diverse per ogni lingua ma il sistema verbale del  greco antico presenta una ricchezza di forme che gli permette di presentare maggiori informazioni rispetto alle altre lingue come il latino restando nell’ambito delle lingue classiche. L’insieme di tutte le possibili forme si chiama coniugazione e le categorie espresse dal verbo greco possono essere focalizzate come i diversi punti di vista da cui si può guardare un’azione teatrale:

 

“la diatesi, διάθεσις, è il punto di vista del regista che mette in scena l’azione che può essere attiva, media, passiva, e indica la condizione o la disposizione del soggetto rispetto all’azione espressa dal verbo;

il modo è il punto di vista dell’attore che esegue l’azione ed è la categoria verbale che indica l’atteggiamento del parlante nei confronti dell’azione enunciata dal verbo, il greco presenta tre modi finiti, indicativo, congiuntivo, ottativo + l’imperativo, e tre modi indefiniti, infinito, participio, aggettivo verbale;  

l’aspetto è il punto di vista del pubblico che guarda l’azione che può essere durativa o continua, momentanea, compiuta, e su queste distinzioni aspettuali il greco innesta un sistema di distinzioni temporali proiettando nel passato e nel futuro l’aspettualità del presente”[1].


Il verbo del greco antico è la categoria più importante della grammatica del greco antico ma è anche la più complessa e la più difficile da imparare. Possiede un tempo (l'aoristo), un modo (l'ottativo), una diatesi (il medio) e un numero (il duale) inesistenti nel latino e sono queste le caratteristiche principali che fanno del sistema verbale greco un unicum non solo rispetto alle lingue antiche che si conoscono ma anche rispetto alle lingue colloquiali moderne. Il greco antico è una lingua molto flessiva rispetto all’italiano e il verbo “costituisce il banco di prova più difficile per chi si accosti allo studio della lingua greca”[2]. Per cogliere con immediatezza una forma verbale si presenta il quadro delle due articolazioni in tutte le sue parti che sono il preverbo, il prefisso, il tema verbale, il suffisso temporale, la desinenza primaria o secondaria per l’attivo e per il medio-passivo:   

il preverbo è un morfema e cioè un’unità elementare del sistema grammaticale che viene applicato davanti ad una forma verbale e ne modifica il significato;

il prefisso è un morfema messo davanti alla radice o al tema verbale per precisarne o modificarne il significato;

il tema verbale è quella parte del verbo che contiene il suo significato fondamentale e che rimane costante in tutte le voci del verbo;

il suffisso temporale è un morfema che si aggiunge al tema verbale per formare i singoli tempi;

la desinenza è personale ed è un morfema che serve ad indicare la persona, il numero e il genere del verbo;

si tenga conto che in una forma verbale individuare il tema verbale è prioritario e si ottiene togliendo le desinenze, i prefissi, e i suffissi di tempo e di modo, come esempio ecco la scomposizione di  λύσοιμεν, saremmo per sciogliere, partendo dalla fine:


-μεν  desinenza (della prima persona plurale)

-ι-      suffisso modale (dell’ottativo)

-ο-     vocale tematica

-σ-     suffisso temporale (del futuro)                                      

-λυ- tema verbale                                  


-λυ- + -σ-  rappresenta il tema temporale del futuro dell’ottativo [3].   


Prima di passare ai modi e ai tempi è necessario presentare due fenomeni che riguardano le vocali che caratterizzano le voci verbali ma prima ancora ecco il quadro delle vocali:


per la quantità (o durata della pronuncia): 

brevi: ε e ο; 

lunghe η e ω; 

ancipiti, cioè ora brevi, ora lunghe: α, ι, υ.


Per la qualità: 

forti o aspre: α, ε, η, ο, ω;

deboli o dolci: ι υ.


Per il suono: 

di suono chiaro: ε, η, ι;

di suono cupo: ο, ω, υ;

di suono medio: α.   


I due fenomeni sono la contrazione e l’apofonia o anche chiamata gradazione vocalica:


la contrazione (συναίρεσις [4]) è la fusione di due vocali forti o di una vocale + un dittongo in una vocale lunga o in un dittongo. Le leggi sono le seguenti:


1) due vocali di suono uguale si contraggono nella lunga corrispondente, eccetto εε che si contrae in ει, e οο che si contrae in ου:

α + α = ᾱ 

ε + η = η

η + ε = η

ο + ω =  ω

ε + ε = ει

ο + ο = ου


2) tra vocali di suono cupo (ο, ω) e vocali di suono medio (α) o di suono chiaro (ε, η) prevale il suono cupo, per cui nella contrazione si ha sempre ω, eccetto εο e οε, che danno ου:

α + ο = ω

α + ω = ω

ε + ω = ω

η + ο = ω

ο + α = ω

ο + η = ω

ω + α = ω

ε + ο = ου

ο + ε = ου


3) tra vocali di suono medio (α) e vocali di suono chiaro (ε, η), prevale il suono della vocale che precede:

α + ε = ᾱ

α + η = ᾱ

ε + α = η


4) se un dittongo è preceduto da una vocale uguale al primo elemento del dittongo, tale vocale scompare, ma se è preceduta da una vocale differente, tale vocale si contrae col primo elemento del dittongo in base alle regole sopra esposte, mentre il secondo elemento del dittongo, se è un ι si sottoscrive, se è un υ scompare:

α + αι = αι

ε + ει = ει

ο + οι = οι 

ο + ου ου


ε + αι = ῃ

η + αι =  ῃ

α + ει = ᾳ

α + οι = ῳ


α + ου = ω


la stessa regola vale anche per i dittonghi impropri che sono solo segni grafici:

α + ᾳ = ᾳ  

α + ῃ = ᾳ  



l’apofonia o gradazione vocalica è l’alternanza vocalica che interviene nella formazione e nella flessione di gruppi di parole che risalgono ad un medesimo elemento originario [5]. È un fenomeno dell’indoeuropeo che nel greco si presenta come apofonia quantitativa che consiste nel rafforzare o nell’indebolire la quantità della vocale radicale o tematica oppure come apofonia qualitativa:


l’apofonia quantitativa avviene per la variazione della quantità di una vocale che mantiene lo stesso timbro, inteso come posizione della lingua nella cavità orale sull’asse orizzontale e verticale che ne permette la pronuncia delle vocali e può essere più o meno avanzata verso le labbra oppure più o meno innalzata verso il palato sia nella forma lunga e sia nella forma breve:


grado normale                                         grado allungato

ᾰ          puro (preceduta da ε, ι, ρ)         ᾱ 

ᾰ          impuro (negli altri casi)              η

ε                                                                  η       

ο                                                                 ω

ῐ                                                                   ῑ

ῠ                                                                 ῡ

come si vede c’è un’alternanza fra il grado normale ε/ο  (e/o) e il grado allungato η/ω [6];      


l’apofonia qualitativa può da luogo alle seguenti serie vocaliche:


grado medio (o normale) che nella forma più comune appare con un ᾱ, con un   η, più spesso con un ε (ει, ευ), e talora con un ῑ o con un ο;

grado forte che nella forma più comune appare con un    ω o con un ο (οι, ου);

grado debole che nella forma più comune appare con un ᾰ, un ῐ, un υ, o con l’assenza della vocale radicale; 

ecco le principali serie vocaliche con esempi:


 

Come si vede una serie apofonica qualitativa può non essere completa, però nella serie “ε, ο, -“ manca il grado debole che è rappresentato dal segno - [7]. 


I modi del verbo sono 4:


indicativo: si costruisce aggiungendo una desinenza, attiva o media oppure storica o presente, al tema verbale, che è diversa a seconda che il tempo sia storico e il tema verbale è preceduto dall’aumento, e rappresenta il modo della realtà e cioè dell’asserzione o negazione di un fatto. Schema:


(aumento) + tema verbale + (vocale tematica) + desinenze;


congiuntivo: è caratterizzato  morfologicamente dalla vocale tematica lunga inserita tra il tema verbale e la desinenza che è sempre del presente indipendentemente dal tempo che si sta costruendo, rappresenta il modo dell’eventualità e dell’aspettazione:

tema verbale + vocale tematica lunga + desinenze di presente;


ottativo: caratteristica modale del greco è costituito dalla sonante -ι- posta tra la radice e la desinenza nel caso delle coniugazioni atematiche (cioè, senza vocale tematica) e tra la vocale tematica e la desinenza nel caso di quelle tematiche, le desinenze utilizzate sono sempre quelle storiche, è il modo del desiderio, dell’augurio e della possibilità. Schema:


tema verbale + (vocale tematica) + -ι- + desinenze storiche;


imperativo: si costruisce come l’indicativo con l’aggiunta delle desinenze direttamente alla radice e subiscono poche variazioni nella coniugazione dei vari tempi (il futuro è privo di imperativo) ed è è il modo del comando:

tema verbale + (vocale tematica) + desinenze di imperativo.


I modi del nome verbale sono 3:


participio: è un aggettivo verbale in quanto partecipa sia della natura dell’aggettivo e sia di quella del verbo, si ottiene tramite l’inserimento di un morfema caratterizzante che viene aggiunto dopo il tema verbale e in base alla diatesi è -ντ- all’attivo di tutti i tempi tranne il perfetto e all’aoristo passivo (tempo costruito per tutta la coniugazione dei modi finiti con le desinenze attive) seguito dalle desinenze di un nome in consonante nel maschile e nel neutro e da *-yα - (formazione del femminile) e dalle desinenze di un nome  in -α- nel femminile, mentre è sempre -μεν- al medio e al futuro passivo che usa le desinenze medie per tutta la flessione dei modi finiti. Schema:

tema verbale + (vocale tematica) + -ντ- + (*-y α –)  + desinenze


infinito: è usato con valore di sostantivo ed è preceduto dall’articolo singolare neutro e si declina in tutti i casi, come l’indicativo e l’imperativo affida la propria individuazione alla desinenza e non alla caratterizzazione tramite morfemi specifici, la terminazione utilizzata nelle flessioni con le desinenze medie è -σται- mentre nelle coniugazioni con le desinenze attive (quindi anche nell’aoristo passivo) la frequente -εν- lascia il posto a -ναι- nelle flessioni atematiche e radicali. Schema:

 

tema verbale + (vocale tematica) + desinenza di infinito;


aggettivi verbali: è una forma nominale costruita su una radice verbale e declinata come un aggettivo a tre uscite, al tema verbale viene aggiunto il suffisso -τοσ, -τη, -τον, che esprime possibilità, o quello -τεος, -τεα, -τεον, che esprime necessità. Schema: 

tema verbale + suffisso [8].


I tempi del verbo sono 7:



 

Nel sistema verbale greco soltanto l’indicativo esprime il tempo (presente – passato – futuro) e la qualità dell’azione (durativa, momentanea, compiuta). Gli altri modi indicano soltanto la qualità dell’azione, senza alcun riferimento al tempo in cui questa si svolge [9]. 


Per non rendere quest’articolo il più possibile leggero e maggiormente fruibile da parte dei lettori che non hanno conoscenze delle basi grammaticali del greco non si presentano le desinenze personali e verranno presentate nel prossimo articolo. Si presenta invece un ottimo prospetto del presente in tutti i modi in quanto sia sempre per esigenze di spazio che non permettono di presentare tutti i tempi, e si presenteranno nei prossimi articoli, e sia perché il presente è fondamentale in quanto i vocabolari forniscono dei singoli verbi per primo il presente indicativo ed è alla prima persona singolare di questo tempo che occorre risalire per avere la traduzione di questa voce verbale in italiano.  

 


Siamo in finale. Non tutto è stato possibile presentare per lo spazio disponibile ma penso che alcuni degli elementi essenziali del verbo del greco antico siano stati esposti. Prima di chiudere quest’articolo bisogna commentare due testi poco noti ma che sono importanti per una riflessione sul greco antico, il primo è del Renna e il secondo di Tosi, sono delle interpretazioni del verbo e delle traduzioni. Eccoli: 

“Il verbo (ῥῆμα) greco è come un edificio dall’architettura mirabilmente complessa, articolato in una duttile varietà che consente l’espressione precisa d’una ricchissima gamma di nozioni e di sfumature mentali e sentimentali”[10].


“Chi si accosta a una versione di greco prova da una parte l’ansia di trasporla in italiano, dall’altra un certo imbarazzo di fronte al prodotto finale, spesso composto di frasi bizzarre e desuete. In effetti, portare un testo da una lingua a un’altra è come far passare un vestito da una persona ad un’altra: in alcuni punti esso calzerà a pennello mentre in altri occorrerà intervenire; sarà quindi necessario conoscere perfettamente il modello e il taglio dell’originale prima di lanciarsi con speranza di successo in qualsiasi aggiustamento. Il trasferimento in un’altra lingua implica innanzi tutto la penetrazione a fondo del testo di partenza, il vederne il funzionamento dall’interno senza farsi condizionare dalla sensibilità linguistica o dall’abitudine alle strutture della lingua d’arrivo. Svolta tale operazione, ci si rende conto che la traduzione è un atto articolato in vari momenti, tra loro indipendenti ma connessi, di cui la resa in un’altra lingua costituisce solo l’anello finale - e mai definitivo - di una catena in cui il primo e imprescindibile passo è capire il greco”[11].


Nel primo, il Renna ci offre un’interpretazione del verbo ma delinea anche un percorso d’analisi che viene articolato con la “ricchissima gamma” delle “nozioni e sfumature” e che sono “mentali e sentimentali”, quest’ultime sono in funzione della conoscenza del greco che è possibile acquisire (e non è possibile per tutti) e degli approfondimenti che sono collegati e dipendono dalla disponibilità delle fonti epigrafiche e letterarie che se vengono analizzate con passione permettono poi di raggiungere gli amati orizzonti delle “sfumature sentimentali” ma come la vedo io è tutto incerto almeno in questa fase in quanto per gli studi è una fase buia. 


Nel secondo, al di là di chi sia tra i due, l’Autrice o l’Autore, in quanto il testo compare nel dietro-copertina segnalato nella nota 11 è la “traduzione” l’oggetto di attenzione e c’è da osservare che il vestito che si dovrebbe modificare appartiene ad altre fasi in quanto la figura del sarto oggi non esiste più però l’esempio è ottimo e andava registrato in quest’articolo, conoscere il greco antico a fondo, almeno nella nostra fase storica, non è ordinario per tutti e comunque mai rinunciare perché la nostra società è altamente informatizzata e le nuove tecnologie di comunicazione comunque aiutano al di là delle apparenze i settori più deboli e naturalmente bisogna essere soprattutto ricercatore in Rete. Com’è noto soltanto la borghesia ha gli strumenti sempre disponibili, in Italia abbiamo però la Costituzione come riferimento istituzionale anche se ci offre una spiaggia che andrebbe attrezzata ma è importante che almeno ci sia, l’art. 9, primo comma, ci dice che:


“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica”.


È chiaro che la cultura è indeterminata ma le lingue classiche sono patrimonio dell’umanità e debbono essere oggetto di attenzione istituzionale per la promozione e lo  “sviluppo della cultura” per una fruizione per tutti e non soltanto per pochissimi come è in questa fase che registra processi didattici del greco antico non legati a livello di fruizione allo sviluppo culturale del greco antico a livello istituzionale per tutti. Il riferimento costituzionale è però sangue e deve sempre scorrere nei fiumi del nostro sapere a tutti i livelli.


Siamo in chiusura ma c’è ancora un testo di Renzo Tosi che va segnalato:


“… il fare meditare su strutture linguistiche diverse da quelle italiane, di lingue morte, per le quali non si aveva l’assillo di imparare a parlare, poteva contribuire in modo decisivo a fare acquisire ai ragazzi una mentalità linguisticamente duttile, a fare capire che ogni lingua presuppone un particolare modo di vedere la realtà, che così si spiegano le diverse modalità sintattiche e le differenti strutturazioni dei campi semantici” [12].


Il testo è stato estrapolato, e mi scuso con l’Autore, dalla “Premessa” del libro “Capire il greco” segnalato nella nota 8 del quale Renzo Tosi è coautore, nella seconda parte nella quale presenta sette testi di autori greci con traduzioni con tutte le articolazioni e i vari passaggi e descrive come si è arrivati a queste traduzioni. Si presenta secondo me, una nuova frontiera didattica che può aiutare l’apprendimento ma è necessario impossessarsi delle principali nozioni  grammaticali e almeno di alcuni elementi della sintassi e questo mio articolo vuole essere in qualche modo un aiuto. Il nocciolo della questione che Tosi agita è importante per tutti coloro che amano approfondire i testi degli autori greci in quanto in poche righe viene argomentato che si può studiare una lingua morta (il greco antico però non è una lingua morta) anche senza imparare a parlarla come si fa con le lingue moderne, quindi, il greco antico può essere studiato come approfondimento dei testi degli autori greci.

    

Note:

* Si presenta qui il primo articolo di una ricerca in corso sul tema: “Didattica del greco antico - quali prospettive?”. Il progetto prevede oltre alla grammatica e sintassi, il lessico e le relazioni tra le fonti della letteratura greca con la storia greca e l’archeologia, non mancheranno approfondimenti critici per quanto sarà possibile sulla base dei documenti disponibili. 

Per i morfemi e le parole in greco è stata adoperata la tastiera che è presente nel sito di Giuseppe Frappa (http://www.poesialatina.it/_ns/Tastiera4.html).

Si ringrazia per la pubblicazione l’amico e Direttore dell’Associazione Honebu, prof. Pierluigi Montalbano.   

[1] C. Neri, “Μέθοδος - Corso di lingua e cultura greca” 2018 p. 157.

[2] E. Renna “Grammatica greca” 2018 p. II.

[3] s.v. nota 2 p. 154.

[4] s.v. nota 2 p. 15.

[5] s.v. nota 2 p. 21.

[6] Per il prospetto s.v. nota 1 p. 52.

[7] Per la tabella, E. Bignami “Grammatica della lingua greca – fonetica e morfologia” 1951 p. 48.

[8] La sintesi dei modi del verbo che si presenta è stata eseguita su testi di: R. Pierini “Capire il greco” 2014 pp. 61-68; E. Renna s.v. nota 2 p. 151.

[9]  Le tabelle sono state riprodotte seguendo quelle pubblicate da A. Cardinale “I Greci e noi - Grammatica” 1994 pp. 192-193.

[10] s.v. nota 2 p.149.

[11] Testo presente nel dietro-copertina che probabilmente è stato redatto o da Rachele Pierini, o da Renzo Tosi, o insieme, oppure dall’editore (Pàtron editore Bologna) s. v. nota 8.

[12] R. Tosi, s.v. nota 8 p. 9. 

Appendice: Per i lettori che non conoscono l’alfabeto greco e vogliono conoscerlo per una lettura anche analitica di quest’articolo lo si presenta qua:



 


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