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giovedì 9 febbraio 2023

Archeologia a Napoli, dalla preistoria al tardo-antico. Oltre gli scavi della Metropolitana. Articolo di Felice di Maro

Archeologia a Napoli, dalla preistoria al tardo-antico.

Oltre gli scavi della Metropolitana.

Articolo di Felice di Maro

 


Un convegno importante, da me seguito online e si spera che a breve vengano pubblicati gli Atti. Organizzato dall’Università L’Orientale insieme alla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Napoli è stato un evento importante e si è ben colto quanto sia stato importante la convenzione tra le due Istituzioni per le attività di ricerca sul territorio di Napoli.

In quest’articolo presento una cronaca dei lavori per far conoscere l’importanza delle relazioni anche su scavi ancora in corso, cosa rara per l’archeologia corrente. La scelta del tema «Il territorio di Napoli in epoca antica: stato della ricerca e nuove acquisizioni» è stata dettata dalla volontà di mettere in relazione le numerose notizie di progetti ed interventi archeologici condotti negli ultimi anni nel vasto

territorio del Comune di Napoli, molto spesso non analizzato in maniera sistematica.

Sia chiaro, oggi, a settant’anni dal fondamentale contributo di Werner Johannowsky (Contributi alla topografia della Campania antica, Rendiconti dell'Accademia di Archeologia Lettere e Belle Arti di Napoli, 1953) dedicato alla viabilità tra Neapolis e Puteoli ed alle evidenze archeologiche del settore occidentale della città e con  l’ingente attività edilizia che ha interessato i quartieri della cintura esterna dell’area di Napoli Antica si presenta un quadro delle documentazioni archeologiche obiettivamente, e il lettore l’annoterà, con chiaro e scuro. Dalle relazioni si evidenzia che è fortemente compromessa la possibilità di un recupero delle evidenze antiche, ma gli archeologi impegnati su Napoli sono fortemente motivati e in questo convegno lo hanno ben dimostrato. Ecco una sintesi delle relazioni.

Giuliana Boenzi: Tra i Campi Flegrei e il Vesuvio. territorio e occupazione tra preistoria e protostoria. Ha presentato la paleomorfologia del territorio napoletano. Le aree pertinenti il suburbio dell’area città antica di Neapolis, attualmente ricadenti nel territorio comunale, si estendono tra i Campi Flegrei a ovest la piana Campana a nord, il complesso del Somma Vesuvio a est e il mare a sud. Pur caratterizzati dalla comune ossatura costituita dal Tufo Giallo Napoletano i diversi comparti territoriali presentano peculiarità geomorfologiche e morfo evolutive che hanno influito sulla conservazione e la “visibilità” dei depositi archeologici. Ha tracciato un quadro sulle forme e modalità del popolamento dei diversi territori tra il Neolitico avanzato e l’inizio dell’età del Ferro: fondamentale risulta la contestualizzazione dei dati archeologici all’interno di un distretto territoriale più ampio rappresentato da un lato dalla piana campana dall’altro dal centro storico di Napoli che sono stati oggetto di estese esplorazioni archeologiche realizzate, a cominciare dagli anni ’90.

Anna Maria D’Onofrio: Le necropoli greche di Parthenope, tra Paleopolis e Neapolis. Storia e prospettive delle ricerche. L’obiettivo di questa relazione è stato quello di ripercorrere sinteticamente la storia degli studi, proponendo alcune prospettive di ricerca sull’archeologia funeraria che rappresenta un indicatore storico fondamentale, in quanto dal rituale emergono elementi che rinviano alle diverse componenti culturali di una città dalla storia molto complessa e articolata dal punto di vista del popolamento. È in età classica che i corredi rivelano la presenza di gruppi di origine campana, così come gli apporti cumani e i collegamenti con Atene ed è stato messo in evidenza come il dibattito in corso sulla storia e la forma di una città nata, stando alle fonti, in prossimità della mitica tomba della sirena Parthenope, sia centrato su una città per la quale il paesaggio funerario doveva avere connotazioni rilevanti e complesse. La storia di Napoli inizia con l’insediamento di Parthenope sul monte Echia, attuale Pizzofalcone, e prosegue con la fondazione del nuovo abitato, Neapolis, sul pianoro nord-orientale. Nuove interpretazioni si colgono dalle ricerche che dagli anni ’’80 del ‘900 si sono intensificate, dapprima con gli interventi legati al sisma del 1980 e poi con le indagini per le opere di realizzazione della  metropolitana. L’evidenza funeraria riveste un ruolo fondamentale, le tombe appaiono distribuite in diversi nuclei databili a partire dalla prima metà del V a.C., nel caso di Castel Capuano (resta incerta una cronologia più precisa), e sono poste allo sbocco delle plateiai e degli stenopoi di Neapolis e lungo la direttrice verso il porto, in direzione di Parthenope - Paleopolis, dove, in via Nicotera, è stato rinvenuto il nucleo più antico, databile almeno intorno alla metà del VII a.C., e grazie alla ceramica protocorinzia. 

Amedeo Rossi: Divisioni agrarie e popolamento nel territorio a nord-est di Neapolis. Sono stati messi in evidenza alcuni indicatori archeologici come strutture rurali, infrastrutture stradali e ambientali (paleoidrografia, orografia) attraverso i quali si è presentato una proposta di ricostruzione, in una prospettiva storica, della viabilità antica, delle modalità dello sfruttamento dello spazio agrario e, nel suo complesso, della organizzazione del territorio neapolitano dal IV sec. a.C. all’età imperiale. L’archeologia dall'età classica al I secolo a.C., con la documentazione scritta e materiale offre esempi significativi sulle modalità di utilizzo e trasformazione del territorio della città di Neapolis e di quelle della Campania antica. Questo tipo di studi non ha sempre considerato le complesse dinamiche ambientali peculiari di quest'area geografica dove la visibilità archeologica è disomogenea e frammentata.

Giuseppe Camodeca: Rinvenimenti epigrafici inediti o di recente pubblicazione dal territorio di Napoli. In questa relazione sono stati esaminati i rinvenimenti epigrafici inediti o di recente pubblicazione provenienti dal territorio del comune di Napoli e ciò significa che in alcuni casi (ad es. per l'area di Monte Spina - Agnano) si tratta di iscrizioni funerarie pertinenti al territorio di altre città romane (nel caso presentato: Puteoli). Il problema si complica come è stato messo in evidenza  per l'incertezza sui precisi confini (tra l'altro mutati nel tempo) del municipium romano di Neapolis. Sono stati trattati in particolare alcuni casi davvero di speciale interesse come i rinvenimenti del Monte Spina, tra cui spicca un'importante epigrafe funeraria inedita (purtroppo perduta) di un pretoriano originario di Vicenza del primissimo principato, che partecipò al bellum Pannonicum di Augusto. È stata presentata un'urna di terracotta con iscrizione dipinta di Iunia Callipolis, datata al 30 gen. 6 a. C., rinvenuta lungo la via Puteolana per colles (area dell'Istituto Martuscelli): l'uso funerario è tipicamente puteolano. Altra presentazione è stata l’urna funeraria di un puteolano P. Bennius Corinthus, noto dalle tavolette cerate dell'archivio dei Sulpici: fu rinvenuta nel 1973 nel quartiere Marianella - Piscinola, loc. la Filanda, corso G.A. Campano. In finale, recente pubblicazione, sono state le iscrizioni funerarie di un ipogeo rinvenuto in via C. Rosaroll nel 1911, e restate inedite e senza inventario nei depositi del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Francesco Gabellone, Carlo Rescigno: Le camere funerarie di via Cristallini: frammenti di paesaggi naturali e rituali. In riferimento ad un nuovo progetto di studio e documentazione che unisce più enti di ricerca, sono state presentate le sepolture della valle della Sanità che sono state oggetto di un percorso di conoscenza teso al recupero del fragile e complesso patrimonio archeologico in esse contenuto. La campagna di rilevamento ha messo in evidenza, per le camere di via Cristallini, un modello digitale. Sono state presentate proposte e ipotesi di restauro virtuale integrativo, su base filologica, dei diversi partiti decorativi dalla cui somma deriva un quadro rinnovato del repertorio pittorico da tempo noto. La lettura stratigrafica e l’interpretazione funzionale degli spazi hanno inoltre permesso di restituire proposte anche per le forme di utilizzo rituale e funerario delle camere nel corso del tempo e nel paesaggio antico. La relazione ha sintetizzato gli esiti di un lavoro di gruppo ancora in corso, presentando in maniera sintetica i primi risultati raggiunti e le nuove prospettive di lettura che riaprono le discussioni su significato, forme e cronologie dell’ellenismo neapolitano.

Raffaella Bosso: Dai Vergini a Scampia. Il suburbio settentrionale di Neapolis, sintesi e prospettive. L’obiettivo delle esplorazioni archeologiche è stato quello di mettere a sistema le informazioni note e le recenti acquisizioni sull’area a nord delle mura dell’antica Neapolis, che corrisponde ai quartieri Stella, San Carlo all’Arena, San Pietro a Patierno, Chiaiano, Miano, Piscinola, Marianella, Secondigliano e Scampia. È stata una relazione complessa ma importantissima in quanto l’area è stata poco indagate ed è scarsamente documentata. Si trova immediatamente oltre le mura del complesso di tombe a camera di epoca ellenistica che caratterizza i moderni rioni dei Vergini e della Sanità, di cui è in corso un riesame sistematico da parte della Soprintendenza, in collaborazione con l’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”. Più a nord si estende un ampio territorio, in parte collinare, caratterizzato da vocazione agricola già da epoca protostorica, come attestano le tracce, anche recenti, di arature. Si è messo in evidenza la frequentazione di epoca ellenistica che è testimoniata dalle tombe a cassa di tufo rinvenute durante la costruzione della casa circondariale di Secondigliano, mentre in epoca romana si dispiega un sistema di insediamenti rustici che trovano le loro attestazioni più significative nella villa di San Rocco, nelle strutture di via Galimberti a Scampia, nella villa di cui sono attestati i livelli di distruzione nell’attuale aeroporto di Capodichino, nell’insediamento rustico di Marianella. A questi si associano diverse strutture, tra cui cisterne e sepolture: un caso interessante è quello delle tombe rupestri che si trovano nella Selva di Chiaiano, di cui si è proposto un inquadramento tipologico e cronologico. I siti vanno letti in relazione con la viabilità, con gli assi centuriali e con la grande infrastruttura dell’Aqua Augusta; e resta inoltre aperta la questione dell’esatta delimitazione dei confini settentrionali del territorio neapolitano. Di alcuni complessi sono stati illustrati gli interventi conservativi, recenti o in via di esecuzione, e sono state  presentate le prospettive di studio e di valorizzazione.

Olivier de Cazanove, Cécilia Matias: L'insediamento rurale di Marianella, Cupa Marfella. Lo scavo (1986-1987) e i reperti. Importante relazione: nel 1986-1987 gli archeologi del Centro Jean Bérard, diretti da Olivier de Cazanove, hanno scavato un insediamento rurale romano alla periferia nord di Napoli, in località Marianella. È stato uno scavo di recupero che ha rivelato la presenza di due edifici romani risalenti a due epoche diverse. L'edificio più antico sarebbe databile alla fine del II secolo a.C. mentre l'edificio principale, interpretato come villa rustica, sarebbe databile tra la fine del I secolo a.C. e la prima metà del I secolo d.C. Diversi anni dopo l'abbandono del progetto Marianella, il sito di Cupa Marfella è stato ancora una volta al centro di uno studio condotto da Cécilia Matias, studentessa di Master dell'Università di Paris 1Panthéon Sorbonne. Questo nuovo progetto ha portato allo studio dei reperti rinvenuti durante lo scavo del 1986-1987. Lo studio dei materiali ceramici ha permesso di proporre una datazione della costruzione della villa di Marianella.

Andrea D'Andrea, Angela Bosco: Le catacombe di San Gennaro: strumenti innovativi per la documentazione e la fruizione. Nella relazione sono stati esaminati i rinvenimenti epigrafici inediti o di recente pubblicazione dal territorio odierno del comune di Napoli. In alcuni casi (ad es. per l'area di Monte Spina - Agnano) si è trattato di iscrizioni funerarie pertinenti al territorio di altre città romane (nel caso menzionato: Puteoli). Il problema è anche complicato dall'incertezza sui precisi confini (tra l'altro mutati nel tempo) del municipium romano di Neapolis.  Sono stati trattati in particolare alcuni casi, si segnalano: i rinvenimenti del Monte Spina, tra cui spicca un'importante epigrafe funeraria inedita (purtroppo perduta) di un pretoriano originario di Vicenza del primissimo principato, che partecipò al bellum Pannonicum di Augusto, inoltre è stata presentata un'urna di terracotta con iscrizione dipinta di Iunia Callipolis, datata al 30 gen. 6 a. C., rinvenuta lungo la via Puteolana per colles (area dell'Istituto Martuscelli): l'uso funerario è tipicamente puteolano. Ancora la funeraria di un puteolano P. Bennius Corinthus, noto dalle tavolette cerate dell'archivio dei Sulpici; fu  rinvenuta nel 1973 nel quartiere Marianella - Piscinola, loc. la Filanda, corso G.A. Campano.  Infine, di  recente pubblicazione sono le iscrizioni funerarie di un ipogeo rinvenuto in via C. Rosaroll nel 1911, restate inedite e senza inventario nei depositi del MANN. 

Sergio Cascella, Sabina Piccolo: Napoli, la collina di Capodichino tra neolitico e tardoantico: dati preliminari. Sono state presentate le indagini condotte presso l’Aeroporto Internazionale di Napoli che hanno permesso di raccogliere una serie di dati che attestano la frequentazione dell’area a partire dalla preistoria sino all’età tardoantica. È stato presentato un primo inquadramento geoarcheologico e storico della collina di Capodichino, premessa fondamentale alla successiva esposizione dei dati archeologici acquisiti. Le attestazioni più antiche concernono il periodo preistorico. Queste consistono in tracce dell’uso del suolo e specificamente in una serie di solchi di aratura individuati nell’area a nord-est della pista. I più antichi, sono databili al Neolitico finale, quelli più recenti sono riconducibili all’Eneolitico. I rinvenimenti di età storica sono invece attestati nei saggi l, a sud della pista e nel saggio 2, collocato a nord-ovest della pista. Entrambi i sondaggi hanno rivelato tracce delle sistemazioni agrarie di età tardo repubblicana/primo imperiale costituite dai resti della viabilità campestre in terreno battuto. Al periodo imperiale sono riconducibili i labili avanzi di una villa di età imperiale, che doveva essere collocata in massima parte al di fuori del saggio 1 e una grande fossa di scarico che ha restituito molto materiale ceramico e anche edilizio databile alla tarda età Antonina. Le testimonianze dell’uso del suolo e delle sistemazioni agricole di epoca tardoantica sono invece particolarmente evidenti nel saggio 2, dove è stato rinvenuto un interessante esempio di capanna tardoantica. Di questa struttura si sono intercettati sul terreno i negativi dell’impalcato ligneo, parte di un fossato per il drenaggio delle acque e parte della necropoli annessa di cui si sono potute scavare alcune sepolture disposte a corona della struttura capannicola e del relativo fossato.

Stefano Iavarone: Tra Neapolis e Puteoli: dati archeologici dal territorio di Pianura. Sono state presentate le indagini dell’odierno quartiere di Pianura che occupa una porzione dei Campi Flegrei posta oggi, come in antico, al limite tra i territori di Neapolis e Puteoli. La sua collocazione e l’orografia dei luoghi ne hanno fatto una zona di collegamento tra le due città fin dalle fasi più antiche, attraverso un asse viario oggi grosso modo ricalcato da via Montagna Spaccata. L’area è rimasta per molto tempo destinata ad uso prevalentemente agricolo ed ha conservato a lungo numerose evidenze del proprio passato archeologico prima che questo patrimonio fosse gravemente minacciato dalla rapida espansione edilizia del secolo scorso, non di rado di natura abusiva. Rispetto a questa situazione di criticità la Soprintendenza ha operato negli ultimi 50 anni, spesso in maniera emergenziale, al fine di garantire la tutela del patrimonio archeologico pianurese e di implementarne la conoscenza. I dati emersi nel corso di questa attività, non sempre raccolti in maniera organica, costituiscono un patrimonio documentario ad oggi del tutto inedito nonostante l’importanza che riveste per la ricostruzione del paesaggio di età ellenistica e romana del territorio di Neapolis e del suo sfruttamento in età ellenistica ed imperiale. A tal fine nel contributo in questione si presenteranno i dati d’archivio, relativi a rinvenimenti fortuiti e ad attività di scavo sistematico, ricadenti nel territorio di Pianura, tentandone una messa a sistema per la  ricostruzione di questa porzione di suburbio e del suo ruolo nell’ambito della topografia antica.

Enrico Angelo Stanco: Le attività di tutela archeologica nei quartieri di Fuorigrotta, Bagnoli e Posillipo. La relazione ha riguardato un’area importante ma poco indagata ed è stato messo in evidenza che uno dei compiti principali per i funzionari della Soprintendenza preposto alla tutela e gestione del patrimonio culturale consiste nell’individuazione e nell’approfondimento delle conoscenze sui beni di competenza, al fine di riconoscerne ed implementarne la conoscenza ed i significati culturali. Tale attività deve essere svolta dal funzionario o dall’insieme delle professionalità competenti all’interno dell’Ufficio, e, per quanto concerne l’identificazione dei beni ai fini della tutela, ma per quanto concerne l’ampliamento e l’approfondimento delle tematiche può anche essere esternalizzata, facendo riferimento alle potenzialità offerte da studiosi ed enti di ricerca, anche facendo ossequioso riferimento al dettato dell’ultima riforma del Ministero che ha destinato le Soprintendenze alla mera attività burocratica. Ed è proprio al fine di indirizzare l’attività d’ufficio verso il conseguimento di un efficiente ed efficace vantaggio per lo sviluppo delle conoscenze e delle valenze culturali dei complessi affidati, che sono state avviate una serie di collaborazioni scientifiche sul territorio di competenza, che si presentano in parte in quest’ambito, ringraziando tutti coloro che negli anni hanno contribuito, con il proprio lavoro e le proprie competenze, all’ampliamento della cultura del territorio comunale di Napoli e della Nazione.

Marco Giglio, Gianluca Soricelli, Claudio Sossio De Simone: Il territorio di Neapolis: la carta archeologica dei quartieri Bagnoli – Fuorigrotta. Importante relazione con la quale sono stati presentati i primi risultati ottenuti nell'ambito del progetto di ricerca NesIS (Neapolis Information System), una collaborazione tra la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Napoli, l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” e l’Università degli Studi del Molise. Come è stato evidenziato lo scopo del progetto è stato quello di definire le modalità insediative di epoca antica di una vasta area del territorio comunale di Napoli, ed in particolar modo per i quartieri di Bagnoli, Fuorigrotta, Soccavo, Vomero e Posillipo. La scelta di indagare questa porzione di territorio è stata dettata dall’esigenza di collocare in un più ampio contesto i complessi termali di Agnano e di via Terracina oggetto di studio da parte dei due Atenei. Finalità del progetto non è solo quella di analizzare l’occupazione territoriale di un’ampia fascia del territorio di Neapolis in maniera diacronica ma anche di fornire strumenti di tutela e valorizzazione del territorio alla Soprintendenza competente e di cercare di preservare una memoria collettiva che nel corso del tempo si sta progressivamente perdendo.

Carmela Capaldi: Gli scavi di Amedeo Maiuri nel cantiere della Mostra delle Terre d’Oltremare. È stata presentata  la storia poco nota delle indagini archeologiche condotte da Amedeo Maiuri durante le operazioni di bonifica del quartiere di Fuorigrotta per l’allestimento della “Prima Mostra Triennale delle Terre Italiane d’Oltremare”. Come è stato descritto anche con slides dei giornali dell’epoca la Mostra fu inaugurata il 9 maggio 1940 e chiusa appena dopo un mese a causa dello scoppio della guerra. Essa s’inseriva in una strategia di rafforzamento dell’identità nazionale e di sostegno alla politica imperialistica del regime fascista. I resti romani, emersi nei lavori di sterro nel settore settentrionale dell’area espositiva, furono inclusi nel percorso di visita per rendere ulteriormente tangibile il legame con il passato da cui si traevano gli auspici per un futuro di gloria, naturalmente sappiamo come è finita.

Marco Giglio, Gianluca Soricelli: Le aree termali di Agnano e via Terracina. La relazione è stata centrata sull’intervento dei due complessi termali presenti lungo il tracciato dell’asse viario di collegamento tra Napoli e Pozzuoli. Le aree termali sono state scavate in momenti diversi e sono di fatto ancora inedite e oggetto di  indagini stratigrafiche e rilievi per meglio comprendere le differenti fasi edilizie. Le terme cd. di via Terracina (Napoli) vennero scavate nel 1939-40 da A. Maiuri nel corso dei lavori per la costruzione della "Mostra triennale delle Terre Italiane d’Oltremare". L’analisi delle stratigrafie murarie e alcuni limitati interventi di scavo, effettuati in collaborazione con la competente Soprintendenza, hanno permesso di meglio precisare la cronologia di primo impianto del complesso e di individuare diverse fasi edilizie. Il complesso archeologico di Agnano, invece, fu scavato tra la fine dell’Ottocento e il primo trentennio del Novecento, ad opera di privati, a vario titolo proprietari dell’area; attualmente ricade all’interno dell’ampia proprietà delle terme di Agnano S.p.A., società del Comune di Napoli. L’area archeologica, costituita da due settori ben distinti, ha una lunga storia edilizia, dall’età ellenistica fino almeno al tardoantico; le diverse parti del complesso sono organizzate in modo da sfruttare al meglio le risorse dell’area: le terme romane, infatti, sfruttano, almeno a partire dall’età augustea, la geotermia per alimentare un vasto complesso organizzato su più piani. Il settore ellenistico, che vive anche in epoca imperiale, con una serie di trasformazioni, sfrutta le sorgenti termominerali di questo settore della caldera vulcanica. Le indagini stratigrafiche e l’analisi delle sequenze edilizie hanno permesso di formulare alcune ipotesi sull’organizzazione planimetrica del complesso e le sue differenti fasi edilizie.

Simone Foresta: Dai frammenti dispersi alla ricomposizione di un edificio pubblico romano dell’area flegrea. Una relazione centrata sulla ricomposizione di un edificio pubblico. Negli anni Trenta del secolo scorso, il Banco di Napoli tentò di vendere un nucleo di numerosi elementi architettonici già di proprietà del barone Leopoldo Corsi, che, dopo averli custoditi presso Villa Lucia al Vomero, li aveva depositati presso un fondo a Fuorigrotta. Sventata dall’allora Soprintendenza la vendita illegale dei reperti pronti a raggiungere la Germania, questi furono depositati a Napoli nel Parco Virgiliano, allora Parco della Rimembranza, destinati a  divenire parco di un monumento dedicato ai caduti. Il progetto non fu però realizzato e i materiali archeologici vennero lasciati in deposito nell’area del parco. Nel 1993, durante un censimento dei beni vincolati dalla Soprintendenza, fu constatato che buona parte dei materiali erano dispersi e alcuni di questi furono ritenuti reimpiegati nel monumento ai caduti edificato nel comune di San Sebastiano al Vesuvio. I materiali comprendevano Basi, capitelli, fusti di colonne, cornici e cornicioni, fregi e un frammento di iscrizione monumentale, complessivamente più di ottanta reperti archeologici, vincolati tra gli anni Dieci e Trenta del Novecento, già al momento del loro recupero sono stati riconosciuti come pertinenti a un edificio pubblico di età imperiale. Le notizie fornite dagli antiquari napoletani negli anni Trenta del Novecento rimandano invano la provenienza dei reperti all’area flegrea. Attraverso l’analisi dei disiecta membra, la ricomposizione delle vicende delle dispersioni e la lettura delle testimonianze documentarie, il contributo si propone di ricostruire le caratteristiche dell'edificio antico e la sua originaria ubicazione.

Domenico Camardo, Mario D'Antuono: La lunga storia della cisterna romana di Via Manzoni a Napoli. Un monumento noto ma solo in tempi recenti indagato. L’intervento di scavo archeologico della cisterna romana che si affaccia su Via Manzoni ed è situata nel fondo agricolo di proprietà della Società Agricola Villanova S.r.l. è stato realizzato, tra il dicembre del  2018 ed il febbraio del 2019, sotto la direzione del dott. Enrico Stanco della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Napoli.

Al momento dell’intervento, come è stato evidenziato,  la struttura versava in uno stato di totale abbandono con la porzione verso di Via Manzoni che era crollata da alcuni decenni ed era completamente sommersa dalla vegetazione. Con l’intervento di pulizia e scavo archeologico sono state recuperate importanti informazioni sulla lunga vita della struttura e sulle sue fasi di utilizzo. Nella sua forma originaria la cisterna aveva una pianta rettangolare di 18,10 x 6,30 m., era articolata in 5 ambienti comunicanti, ciascuno di poco meno di 3x5 m, coperti da una volta a botte con un’altezza massima di 4 m. La struttura fu costruita nel I sec. d.C., quasi completamente interrata, con solo la parte terminale della calotta che spuntava dal terreno e su cui si stendeva la terrazza di copertura. Il paramento interno fu realizzato con tufelli in opera reticolata di tufo giallo di circa 11-12 cm di lato, rivestiti da intonaco idraulico di ottima qualità che ricopre uniformemente le pareti. Il prelievo dell’acqua era garantito da un pozzo attingitoio presente sul lato Ovest e comunicante con la cisterna grazie ad una lunga feritoia verticale di circa 2 m. Non sappiamo per quanti secoli questa cisterna sia rimasta in uso, ma in piena età medievale, a seguito del deteriorarsi della copertura e delle parti della struttura che emergevano dal suolo, fu realizzato un importante intervento di manutenzione che vide la ricostruzione delle murature perimetrali del coronamento della cisterna e la messa in opera sulle volte originali di un riporto di terra, ricco di materiali ceramici di XIII sec., per creare le giuste pendenze per il nuovo massetto di copertura.

In questa fase fu murato e riempito il pozzo di attingimento presente sul fianco della cisterna. Tra i secoli XVII e XVIII l’ultimo ambiente della cisterna verso Nord, che prospettava sul tracciato viario oggi ricalcato da Via Manzoni, cambiò la sua destinazione d’uso. Grazie all’apertura di una porta verso la strada che, come riportato dalle planimetrie dell’epoca, “porta al Casale di S. Stratone”, fu trasformato in fontanile dotato di vasca e cannello in marmo, alimentato dalla riserva d’acqua della cisterna. Il fontanile rimarrà attivo fino alla fine dell’800, quando, probabilmente in concomitanza con la sistemazione di Via Manzoni e la costruzione del muro di contenimento sul lato Sud della strada, si realizzò la tamponatura della porta dell’ambiente e l’innalzamento del piano di calpestio interno del solo locale del fontanile che, con l’apertura di una nuova porta ad una quota più elevata, fu utilizzato come deposito agricolo fino alla seconda metà del Novecento, quando avvenne il crollo della volta. L’utilizzo dei primi quattro locali della cisterna come deposito d’acqua si protrasse comunque sino ai nostri giorni. Tra XIX e XX secolo furono nuovamente rifatti i muretti di contenimento del riempimento sulle volte, mentre i quattro locali della cisterna furono separati murando le portelle di comunicazione. Un nuovo strato di malta cementizia fu messo in opera sulle pareti interne. Infine, fu abbassato il piano di calpestio dell’area circostante la cisterna in modo da esporre il nucleo in cementizio della struttura romana ed aprire delle finestre in ognuna delle quattro camere della cisterna per mettere in opera dei piccoli argani per attingere l’acqua. Sulla copertura fu steso un nuovo massetto in cemento, rivestito da una guaina d’asfalto, utilizzato fino ai nostri giorni per raccogliere l’acqua piovana e convogliarla negli ambienti della cisterna.

Salvatore De Vincenzo, Gianluca Soricelli: Dalla villa di Vedio Pollione alla villa imperiale di Augusto. Alcune riflessioni sullo sviluppo architettonico dell'area pubblica del Pausilypon. In relazione al progetto di ricerca congiunto dell’Università degli Studi del Molise e della Tuscia è stato l’analisi dello sviluppo architettonico e planimetrico del settore pubblico della villa imperiale di Pausilypon. Il settore d’analisi  corrisponde alla terrazza superiore nord-occidentale del complesso, su cui insistono le strutture del teatro, dell’odeion, di un edificio a nordest del teatro interpretato come sacrarium e di un ulteriore edificio posto nel settore più elevato del banco di tufo, nel quale è stato ipotizzato un Gartenstadion. Sono state presentate le due fasi costruttive più antiche. La prima di queste è caratterizzata dall’utilizzo dell’opus incertum, risultando documentata soprattutto nel settore più elevato del complesso, situato alle spalle dell’odeion, così come nei muri curvilinei che delimitano l’area antistante al teatro. I muri del teatro così come la prima fase dell’odeion sono stati invece realizzati in opera reticolata, che documenta la seconda fase costruttiva. Riguardo nello specifico alle strutture del settore in opera incerta alle spalle dell’odeion, queste con ogni probabilità sono da ritenere funzionali alla definizione di una sostruzione, articolata con fondazioni a camere, distrutte al momento dell’edificazione della sala absidata in summa cavea dell’odeion. Tale sostruzione, diversamente da quanto ipotizzato in precedenza, non è da riferire alla prima fase dell’odeion, ma più verosimilmente alla villa di P. Vedio Pollione. A questa prima fase si riferisce anche l’edificio con muri curvilinei in opera incerta, parzialmente distrutto contestualmente alla costruzione del teatro e inglobato nel nuovo progetto costruttivo a formare un’area post scaenam rispetto al teatro. Questa nuova fase costruttiva coincide con la riorganizzazione augustea del complesso del Pausilypon, a cui si riferisce oltre al teatro anche l’edificazione dell’odeion.

Gianluca Soricelli: I reperti ceramici da contesti stratigrafici della villa imperiale del Pausilypon. La relazione, sebbene siano esigui per quantità nella loro composizione, ha analizzato i contesti ceramici che sono stati presentati: offrono la possibilità di definire la cronologia di alcuni degli interventi edilizi che hanno contribuito a dare al settore pubblico del complesso del Pausilypon l'assetto odierno. Allo stesso tempo possono illustrare come, tra la fine del I secolo a.C. e gli inizi del III secolo, si sia progressivamente mutata la composizione dei servizi ceramici da tavola con il passaggio da una assoluta prevalenza delle produzioni italiche nella prima età imperiale alla quasi esclusiva presenza della ceramica fine africana dopo la metà del II secolo d.C., secondo un trend ravvisabile anche nella ceramica comune da dispensa e da fuoco anche se nel caso di queste si rileva ancora una discreta presenza di prodotti locali e regionali.

Marco Giglio: Le indagini dell’Università L’Orientale al Pausilypon. La relazione ha messo in evidenza l’Università di Napoli L’Orientale che nel 2022 ha avviato un nuovo progetto di ricerca, sulla base di una concessione di ricerche triennali, nell’area della villa imperiale del Pausilypon a Napoli. Le ricerche hanno interessate una vasta area del complesso archeologico, solo in parte scavato e fruibile al pubblico.

L’interesse dell’Orientale si è concentrato nel settore a sud dell’area dei teatri e del cosiddetto palazzo di Pollione. Una prima campagna di scavo ha permesso di documentare le evidenze già note, per le quali tuttavia non esisteva una planimetria completa e aggiornata, e verificarne le sequenze cronologiche. Sono stati effettuati sia interventi di pulizia della fitta vegetazione di alcuni settori dell’area di intervento sia puntuali saggi di scavo nel settore delle terme superiori e del cd. vigneto, che hanno permesso di recuperare nuovi dati relativi alla sequenza di interventi edilizi effettuati in questo settore della villa. In particolare, è stato possibile rimettere in luce un piano pavimentale a mosaico relativo ad una fase precedente alla realizzazione delle terme, databile stilisticamente ad epoca tardo-repubblicana o proto-augustea, riferibile ad un ambiente a carattere residenziale.

Giuliana Boenzi: Il territorio a est di Neapolis. Relazione molto articolata ha messo in evidenza il territorio che si estende a est della città antica, compreso tra le mura, le colline di Poggioreale e Capodichino, le falde del complesso Somma Vesuvio e il mare, ricade in gran parte nell’area del basso topografico determinato dal bacino idrografico del Sebeto, caratterizzato fino ad anni relativamente recenti, da sedimentazione di ambiente umido palustre. Mentre rimane ancora poco definito nelle diverse epoche il corso del fiume che doveva costituire il limite orientale del territorio neapolitano, le ricerche condotte negli ultimi decenni stanno fornendo dati significativi per ricostruire l’assetto dell’area tra l’età ellenistica e il tardo antico. Purtroppo, fenomeni naturali legati alla sedimentazione di spessi depositi eluvio alluvionali e piroclastici e, nell’ultimo cinquantennio, il massiccio sviluppo edilizio hanno profondamente alterato la paleomorfologia dei luoghi rendendo complessa la ricostruzione dei paesaggi antichi.

Il comparto territoriale in antico era verosimilmente caratterizzato da suoli fertili e irrigui ed era attraversato da corsi d’acqua di risorgiva che nel caso della sorgente della Bolla erano incanalate in condotte funzionali a rifornire la città di Neapolis almeno da età romana. Esso peraltro costituiva uno snodo importante della viabilità che in uscita dalla città conduceva ai centri costieri vesuviani e ai centri della piana campana.

Alla fine delle relazioni, il quadro delle prospettive di ricerca è stato al centro di un dibattito con una Tavola rotonda conclusiva alla quale hanno partecipato Francesca Amirante, Bianca Ferrara, Daniela Giampaola, Luigi La Rocca, Fausto Longo, Fabio Mangone, Pasquale Miano, Fabrizio Pesando. Questa cronaca dei lavori è dedicata ai napoletani emigrati all’estero e a quelli interni che risiedono in altre regioni, si ringrazia il prof. Gianluca Soricelli e il prof. Marco Giglio e il Direttore Quotidiano Honebu di Storia e Archeologia, Pierluigi Montalbano per la pubblicazione. Per il programma, ecco il link:

(https://www.unior.it/doc_db_agenda/doc_agenda_3191_63d581a92fd81.pdf)

  

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