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venerdì 23 dicembre 2022

Sardegna arcaica e potere del femminino; società matriarcali sull'isola e nel mondo. Articolo di Mauro Atzei.

Sardegna arcaica e potere del femminino; società matriarcali sull'isola e nel mondo.

Articolo di Mauro Atzei.

 


Su un centinaio di società matriarcali ancora esistenti al mondo le più numerose sarebbero quelle delle popolazioni Minangkabau dell’Indonesia, con tre milioni di persone, seguiti dalla società Mosuo in Cina e da quella Yuchiteca in Messico.

Qualche anno fa acquistai un bel ritratto(lo vedete tra le foto) di Frida Khalo dipinto dal bravissimo artista cagliaritano Alessandro Pili, proprio perché le donne Yuchiteca di Juchitàn ispirarono la grande artista Frida Kahlo, che indossava e dipingeva spesso abiti di quella particolare etnia.

Il mio interesse, sia per la Kahlo, che per le donne di Juchitàn, nasce dagli studi sulle società matrifocali e, più in particolare, sullo sciamanesimo femminile che  da tempo immemorabile ha inesorabilmente travolto il mio modo di essere e di pensare.

Ho letto che tuttavia gli occidentali si avvicinano di solito allo sciamanesimo concentrandosi solo sui

suoi elementi esotici, come quello della stregoneria, piuttosto che sull’apprendimento degli aspetti profondi e trasformativi dell’arte sciamanica.

Questo lo riporta anche un articolo pubblicato sul blog "Le figlie della Terra", e dal canto della mia esperienza mi sembra di condividere pienamente questa credenza. Nel senso che nelle società patriarcali qualsiasi cosa cerchino di fare, o di imparare, gli uomini, intesi come maschi, sembra lo facciano esclusivamente per la ricerca ossessiva del potere, o del successo materiale.

Al giorno d'oggi, mentre siamo a conoscenza delle esistenza di società preistoriche matrifocali, come fù quella sarda,  o quelle delle altre isole del Mar Mediterraneo, a tutti gli effetti questo genere di società contemporanee non sono molto conosciute, benché ancora ne sopravvivano a centinaia nel mondo. Certamente il patriarcato ha preso piede un po' dappertutto e in ogni continente, per non parlare poi di quanto accaduto nel mondo occidentale.

Quando vedremo una vescova cattolica, o una mullah turca, o una arcivescova ortodossa russa, o una yogi indiana, tutte di sesso femminile, saremmo sicuri di essere tornati ad una società matrifocale, in quanto è certo che la lotta tra il mondo maschile e quello femminile, in epoche lontane, sia avvenuta per la determinazione del primo ad impadronirsi del potere religioso, sottraendolo alle donne; potere strettamente connesso con quello politico.

Della lotta per la supremazia tra sessi ce ne parlano forse per primi proprio gli antichi greci con il mito di Medusa.  

La mortale Medusa, che comandava sugli uomini della sua gente, era così potente che poteva pietrificare con lo sguardo chiunque la guardasse,  metafora dunque di forza e potere sugli uomini, venne decapitata da Perseo che l'aveva neutralizzata con l'astuzia (la scaltrezza, l'inganno, e la spietatezza razionale, tutta maschile).

Tornando alla cara Frida, per quanto concerne la gente indigena della città messicana di Juchitán, città del Pacifico nel golfo di Tehuantepec, ho scoperto che questa etnia che sostanzialmente pratica attualmente un tipo di vita sociale urbana di stampo matriarcale è riuscita a resistere agli attacchi grazie alla ferma fiducia nei propri canoni senza farsi  mai sopraffare dalla cultura patriarcale tenendo salde le redini della solidarietà femminile in un mondo ormai del tutto maschilista (che fa pure rima con egoista)…

Il retaggio di quella cultura preistorica matriarcale, che in Sardegna probabilmente è durata più a lungo che nel resto delle regioni bagnate dal Mar Mediterraneo, la possiamo osservare negli insegnamenti lasciatici da tantissime di queste nostre nonne (parlo di noi ragazzi degli anni '60)-

Ma quand'è che le civiltà protostoriche matrifocali europee potrebbero aver subito il contrappasso maschile? In parole povere, quando e perchè si trasformarono in patriarcali?

"Il matriarcato" (1861) è l'opera più significativa e più nota di Johann Jakob Bachofen, studioso svizzero e padre della moderna antropologia. I suoi scritti sono carichi di erudizione  e hanno avuto il merito di aver ampliato la ricerca antropologica e di aver ricostruito non solo gli avvenimenti, ma lo ‘spirito’, e cioè i miti, le istituzioni politiche e private, i costumi e i sentimenti dei popoli dei quali si occupava. Grazie a Bachofen viene per la prima volta definito il concetto di "tradizione".

Non c'è dubbio che Bachofen sia stato studiato anche dall'archeologa lituana Maria Gimbutas, che però va molto oltre la semplice definizione di concetti comunque non banali per l'epoca.

Seppure un secolo dopo, lei entra nei particolari delle cose, e relativamente a queste società matrifocali preistoriche ci dice che "la capo sacerdotessa e la regina erano una sola e la stessa persona e c’era una specie di gerarchia delle sacerdotesse. Le donne erano degli esseri eguali, è molto chiaro e forse erano più onorate perché hanno avuto più influenza nella vita religiosa. Il tempio funzionava grazie alle donne."

E per quanto riguarda la politica?

"...La regina è egualmente la grande sacerdotessa e allo stesso modo suo fratello o suo zio. Il sistema si chiama dunque avuncolare, che proviene dal nome zio.

L’uomo, il fratello o lo zio, erano molto importanti nella società  e probabilmente gli uomini e le donne erano del tutto eguali.

In mitologia incontriamo le coppie di sorelle e fratelli di dee femminili e di dei maschili.

È errato sostenere che è soltanto una cultura di donne, che c’era soltanto una dea e nessun dio.

Nell’arte gli uomini erano meno rappresentati, è vero, ma gli dei maschili sono esistiti, non c’è conflitto su  questo aspetto. In tutte le mitologie, per esempio, in Europa, germanica o celtica o baltica, troverete la madre della terra o la dea della terra ed il suo compagno o delle controparti maschili accanto ad essa.

Inoltre vi sono altre coppie come la dea della natura, la rigeneratrice, che appariva in primavera e dà  la vita a tutti gli animali della terra, agli umani ed alle piante;

è Artemide nella mitologia greca. Si chiama la Signora degli animali e vi sono egualmente delle controparti maschili dello stesso genere chiamati Signori degli animali.

La rappresentazione di questo appare a Catal Huyuk nel VII millennio a.C. e si trovano ovunque nella preistoria, di tal modo che non dovremmo assolutamente trascurare questo aspetto. C’è un equilibrio tra i sessi ovunque, sia nella religione che nella vita."

Stiamo parlando quindi di civiltà europee, pacifiche e matrilineari.

Erano prive di armi, che anche in Sardegna, almeno a livello archeologico, appaiano infinitamente più tardi.

Pensate che le spade di Sant'Iroxi, in rame arsenicato, rinvenute a Decimoputzu, sono soltanto del XVIII sec. a C.

Ecco, il momento dell'apparizione delle armi, il famoso deterrente, l'uso della forza bruta, segna archeologicamente il passaggio dalla fase matrifocale a quella patriarcale.

Ma in Sardegna, come spesso è accaduto nella storia, le antiche tradizioni sono sempre sopravvissute più a lungo che nel resto del continente.

Anche se in tutta Europa, a cominciare dal 338 a.C. in Grecia, e fino ad appena 5 secoli fa, si registrerà di nuovo nei confronti delle donne che detenevano il vero potere, quello della tradizione tramandato di generazione in generazione, una guerra serrata- tacciate di praticare magie ed incantesimi, il mondo maschile scatenerà contro di loro la cosiddetta "caccia alle streghe" che proseguirà in altre aree, come l'Africa e l'Asia anche in tempi più moderni, così come nell'Africa subsahariana e nella Papua Nuova Guinea.

In Sardegna le streghe vengono tutt'oggi chiamate "cogas", o "bruxas". Nel 1492, in seguito all'istituzione del  tribunale dell’Inquisizione, 105 donne sarde ma anche 60 uomini furono accusati di stregoneria.  L'ultima condanna avvenne nel 1596 a Mores, dove Julia Carta, originaria di Mores ma residente a Siligo, dov’era nota per essere un’hechizera (guaritrice e indovina) fu internata nelle carceri della Santa Inquisizione a Sassari.

Carlo Lugliè, professore ordinario di Preistoria e Protostoria all' Università di Cagliari, scrive che le evidenze della più antica presenza umana sulla nostra isola, per via della generale atipicità dei manufatti litici prodotti, derivano dalla sfera dei rituali funerari, e sarebbe avvenuta tra il IX e il VII millennio, ossia ben prima dell'avvento dei coloni neolitici. Ma la prova più antica in assoluto di detta presenza dell'essere umano in Sardegna, nel Sulcis, datata sulle ossa al radiocarbonio risalirebbe a 11mila anni fa.

Inoltre questo tipo di deposizione sembra essere molto interessante: il rituale di inumazione, verosimilmente primario - ci dice Lugliè - visto che erano soliti, dopo la morte fisica, tenerli a lungo nello stesso ambiente abitativo(modus operandi tipico delle culture sciamaniche, per cui, in talune di queste, il morto veniva seduto a tavola e gli venivano serviti i pasti come se fosse ancora vivo, fino a quando era possibile, per poi, o disperderne all'aria aperta i miseri resti, o trovargli una nicchia accogliente nello loro stessa dimora) prevedeva l'aspersione del corpo con un velo di sostanza minerale fatta di ossidi di ferro, il quale, oltre a rivestire un carattere simbolico, funzionava anche come efficace agente antibatterico rallentando il processo di decomposizione. Non male per dei popoli del paleolitico, anzi, per delle "donne di conoscenza" del paleolitico, visto che era la donna ad occuparsi sia dei rituali funerari che extra-funerari.

Ma è nella seconda metà del V millennio che a partire dalla Gallura (e dalla dirimpettaia Corsica meridionale) che le due isole verranno interessate dalla cultura megalitica, che darà luogo finalmente a caratteristiche architetture funerarie.

E d'ora in poi le sepolture ritrovate, in ogni capo dell'isola saranno accompagnate dalla presenza di idoletti in ceramica o terracotta tradizionalmente denominate "Dee Madri".

Nasceva ora una nuova religione che venerava sia l'universo intero quale corpo della Dea madre creatrice, sia tutte le cose viventi dentro di esso, in quanto partecipi della sua divinità.

Siamo nella cultura della Dea, finalmente, la stessa postulata dall'archeologa Marija Ginbutas!

Detta geniale archeologa, non solo scoprì l'identità dei popoli invasori che avrebbero spazzato via la cultura matriarcale della Dea, (i Kurgan, i popoli delle sepolture a tumulo) che dalle steppe dell'Asia centrale invasero l'Europa, ma si dimostrò essere un personaggio straordinario e sopra le righe.

Questa studiosa trasformò l'archeologia che con lei divenne, da disciplina strettamente "empirica", ossia da scienza fondata sui soli dati della cultura materiale, alla scienza degli "azzardi dell'etnogenesi", o meglio, come lei stessa disse nell'ultima fase delle sue ricerche, a "archeomitologia".

A causa di queste cruente invasioni di popoli estremamente bellicosi e armati, il matriarcato non è che venne all'improvviso cancellato dappertutto ma sicuramente venne minato intorno alle sue fondamenta, e quel potere liturgico, rituale, spirituale o religioso gestito da sempre dalle donne, seppur in un contesto del tutto armonico con l'altro sesso, e strettamente legato a quello politico, cominciò tuttavia ad essere scalzato, ma per fare questo occorse molto tempo.

In Sardegna, credo che neppure la cultura nuragica della fase finale, per parlarci chiaro quella che dal Bronzo recente e finale introdusse (tardivamente rispetto ai Kurgan in Europa) il cavallo, il bronzo e molte più armi ma anche utensili da lavoro sul territorio sardo, tentò di togliere dalle mani delle  donne la concentrazione del "vero potere", cioè quello spirituale. Forse perché la società sarda ai tempi dei nuraghi può essere considerata egualitaria e priva di vere e proprie élite, anche se su questo versante si è in presenza di dati contrastanti e di pareri non unanimi.

Probabilmente l'istituzione di società patriarcali sull'isola è stato un fenomeno molto tardivo che dobbiamo all'avvento del cristianesimo, prima e del cattolicesimo, poi.

Ma più di tutto è la modernità che ha ucciso il matriarcato in Sardegna, nient'altro, e ovviamente l'adeguamento delle costumanze sarde a quelle italiane.

Nonostante ciò, il fenomeno dell'antica medicina popolare ancora vive sull'isola ed è duro a morire. Esistono anche alcuni uomini che la praticano, ma sono molto rari.

Io ho 57 anni e giro in lungo e largo sull'isola interessandomi anche di questi fenomeni e in tanti anni, di uomini che fossero in grado di togliere il malocchio, per esempio, non ne ho mai incontrato; solo donne.

Forse non tutti sanno che l'arte di togliere il malocchio, tutt'ora in Sardegna va molto oltre l'usato concetto di superstizione ed è un'attività molto ricercata. Seppure il rituale non preveda la corresponsione di denaro in cambio della "prestazione" sono ben accette regalie sotto forma di cibi e vivande, o di oggetti anche di valore.

Si crede tantissimo agli effetti benefici di tale pratiche che molte persone, soprattutto se si tratta di proteggere i propri bambini, sono disposte a follie pur di trovare qualcuna/o capace di risolvere i loro problemi.

Conobbi anni fa un uomo, a Seneghe, non lontano dalla città di Oristano che era in grado tramite "is brebus"(sorta di catena di suoni vocali in lingua sarda che agiscono sull'inconscio) e di scapolari fatti con ossa di piccoli animali, di curare i dolori della sciatica.

Ma anche lui stesso ammise di non essere in grado di togliere il malocchio, perchè quell'insegnamento non gli venne trasmesso dalla donna della sua famiglia che morendo si portò il  segreto nella tomba. E' palese che la donna si aspettasse di trasmettere il segreto della sua "arte" ad un'altra donna e non ad un uomo, seppure della stessa famiglia.

Ma sulla forza di queste maliarde sarde ho raccolto testimonianze che fanno davvero impressione.

In tempi anche abbastanza recenti sono esistite donne con poteri "magici" e li definisco così perché non sono in grado di sapere esattamente di cosa si trattasse.

In certi paesi dell'interno dell'isola, lontano dalle città, dove l'antica magia è stata sostituita dai televisori, dagli ospedali, dalle scuole, dai cellulari e dal web, donne incredibili hanno mostrato di essere capaci di spostare gli oggetti ed aprire sia porte che portelli, con la sola forza del pensiero, o solo con il comando della voce, e soprattutto di curare a distanza ma anche di fare del male e addirittura di uccidere, a distanza.

Per non parlare di coloro abilissime a comunicare con gli spiriti dei morti e addirittura ad amplificarne le lontanissime voci distoniche.

Ma come sono esistite donne capaci di nuocere con le loro pratiche arcane, per contraltare, e sempre nelle relative vicinanze sono esistite donne altrettanto capaci da riuscire a contrastarle con la loro "magia" buona. E questo è un insegnamento. Significa che per nostra fortuna dove c'è del male, c'è sempre anche il suo contrario: il bene pronto a neutralizzarlo (e talvolta a soccombere).

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