Archeologia della Sardegna. Santuario di Romanzesu, a Bitti.
Articolo di Pierluigi Montalbano
Sull’altopiano in granito che si estende a Bitti, ai limiti settentrionali del territorio nuorese, sorge un villaggio nuragico con affascinanti edifici conservati per millenni nel fitto bosco di sughere. Il toponimo è dovuto alle testimonianze lasciate dai romani che nei primi secoli d.C. si insediarono e realizzarono alcuni insediamenti produttivi e realizzarono una strada che dalle sorgenti del Tirso raggiungeva l’avamposto militare di Sorabile, nei pressi di Fonni, per il controllo dell'area del Gennargentu. Nel 1919 l'archeologo Antonio Taramelli nel 1919 diede notizia della fonte nuragica, purtroppo distrutta durante gli scavi. Recentemente è stato portato alla luce un villaggio nuragico di sette ettari, con un centinaio di capanne, un tempio a pozzo, due templi a megaron e un vasto spazio cerimoniale con recinto. La sorgente (Poddi Arvu) è monumentalizzata da una struttura circolare coperta a cupola, di cui rimangono 19 filari in blocchi di granito. Il pozzo presenta una
panchina in granito lungo tutta la circonferenza. Sul lato nord abbiamo due piccoli bétili (cippi rappresentanti la divinità legata ai riti della fertilità) e, sul lato sud, un terzo betilino. Dall’ingresso del pozzo parte un canalone con fianchi a gradoni che conduce a un grande bacino, anch’esso gradonato, in origine lastricato, destinato a raccogliere l'acqua che fuoriusciva dal troppo pieno della sorgente. Questa vasca era utilizzata per i rituali di purificazione e per la pratica dell’ordalia, una richiesta d'intervento divino per giudicare delitti contro la proprietà. Molte capanne del villaggio sono pavimentate con lastre in granito, sedili di pietra lungo la circonferenza, grandi focolari centrali e risalgono al XVI secolo a.C., quindi prima del pozzo sacro. A circa cento metri dal pozzo ci sono due templi a megaron, realizzati con blocchi di granito.All’interno, tra banconi, fossette, e basamenti di altare sono stati trovati grandi contenitori in bronzo e ceramica, tazze, ciotole carenate, olle con anse a nastro e a gomito rovesciato, decorate da file di punti impressi, frammenti di spilloni, e la base di un bronzetto. In una seconda fase costruttiva, (XIII-XI sec. a.C.) fu realizzata una facciata rettilinea che chiuse l'area dell'originaria parte in antis, e furono aggiunte due vasche per le abluzioni rituali agli angoli del muro. Nella terza fase di vita del tempio (X-IX sec. a.C.) fu abbattuta la facciata rettilinea per aumentare lo spazio disponibile e oggi vediamo bei muri curvilinei costruiti con pietre più piccole. Fra i reperti abbiamo tegami, ciotole carenate con decorazioni plastiche e presine, olle con anse a gomito rovesciato decorate da larghe tacche impresse, un vaso e un pestello, associati a un pugnaletto di bronzo, uno spillone e due colate di piombo con le impronte della base di un bronzetto. Nel Bronzo Recente e Finale, in Sardegna, iniziano a proliferare i templi a pozzo, e la frequentazione intensa con genti oltremare, legata soprattutto alla presenza di miniere, fa registrare un sensibile progresso della Civiltà Nuragica, con importanti ristrutturazioni nei nuraghi, modifiche architettoniche nelle tombe di giganti e una generale volontà di eseguire lavori edili eleganti e raffinati.
Nell'età del Ferro (IX-VI sec. a.C.) la produzione metallurgica raggiunge alti livelli di specializzazione e vengono prodotte centinaia di statuette bronzee, di barchette votive e altri oggetti miniaturistici, armi e ornamenti. La ceramica mostra nuove forme decorate con motivi geometrici incisi o impressi o realizzati a stralucido, senza dimenticare la statuaria in pietra con guerrieri scolpiti a tutto tondo a grandezza reale. Un edificio particolare si trova a nord del sito, vicino alla biglietteria (vedi foto sopra). Al grande recinto si accede da un ingresso rivolto a est che conduce a una struttura concentrica e labirintica che conduce a un ambiente circolare, pavimentato, posto al centro. Diversi blocchi di pietra a forma di cuneo sostenevano un elemento di culto, forse un totem a forma di nuraghe, come riscontrato in altre zone dell’isola. Alcuni studiosi ipotizzano che questo ambiente centrale, in origine con tetto a spiovente conico, era riservato al sacerdote stregone. I materiali ceramici rinvenuti, fra cui frammenti di modellino in terracotta di una torre nuragica e migliaia di ciottoli fluviali di quarzo rossiccio, propongono una misteriosa variante dei rituali religiosi documentati nei tempietti a megaron di S'Arcu 'e is Forros di Villagrande Strisàili, nel megaron di Gremanu a Fonni e in quello di Esterzili.
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