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sabato 25 gennaio 2020

Archeologia della Sardegna. L’altare del nuraghe Su Mulinu di Villanovafranca e il mistero della corona piumata. Articolo di Gustavo Bernardino


Archeologia della Sardegna. L’altare del nuraghe Su Mulinu di Villanovafranca e il mistero della corona piumata.
Articolo di Gustavo Bernardino

Da qualche tempo, cerco di dimostrare che l'altare lacustre situato all'interno del nuraghe Su Mulinu  di Villanovafranca, non rappresenta un “modello di nuraghe” come ufficialmente viene definito, ma si tratta di un manufatto con un diverso valore simbolico legato al sacro, che provo a descrivere in maniera circostanziata.
Le questioni che pongo a sostegno della tesi riguardano:
-Il significato etimologico del nome Franca;
-Il supporto della mitologia;
-L'azione  inibitoria del cristianesimo sul patrimonio iconografico e simbolico del paganesimo;
-Il significato reale delle componenti del manufatto.
Prima di entrare nello specifico di ogni questione è bene fare una premessa che riguarda in senso generale il problema.
Intanto bisogna considerare che tutto il territorio su cui insistono i luoghi oggetto della narrazione,  ai tempi del bronzo medio ( periodo di riferimento del Nuraghe Su Mulinu) era certamente differente rispetto al presente. Per esempio il corso del Rio Mannu che scorre nei pressi del nuraghe, forse nel passato era molto più
vicino al villaggio nuragico e forse presentava dei dislivelli lungo il suo corso con delle cascate che costituivano un pericolo sia per la probabile navigazione che  doveva essere praticata per trasportare il rame proveniente dalle miniere di Funtana Raminosa (Gadoni), sia per le persone che a queste attività erano legate.
Entrando nello specifico delle varie questioni osservo che:
Il significato etimologico del nome Franca
Salvatore Dedola, nel suo enciclopedico lavoro “Nou faeddarzu etimologicu dessa limba sarda” Edizioni Grafica del Parteolla 2018 volume I, alla voce Franca recita:”farranca sd. presa molto salda, anche 'artiglio, zampa', base nell'akkadico parāku(m) impedire, ostacolare, bloccare'. Per me si potrebbe ampliare il significato proponendo anche ' braccio (al posto di zampa) molto forte che trattiene, che blocca'. Questa soluzione trova conferma dalla lettura della descrizione del significato del termine Francusina che il Dedola traduce in due versioni: con la prima propone 'colica, mal di pancia' pag.586' ma su questa soluzione lo stesso autore avanza delle riserve ritenendo piuttosto che il termine possa tradursi utilizzando l'akkadico 'parāku(m)+ sînu (luna) avere la Luna di traverso. Con la seconda versione viene proposta la soluzione che proviene dal detto campidanese Francusina cioè granchio o Attinia iridescente quindi il riferimento è alla capacità dell'animale di acchiappare le prede con le sue forti chele (braccia) che bloccano appunto la preda. In questo caso il secondo termine sîna (luna)per lo studioso, non avrebbe senso e ritiene che :” Poiché col significato di 'granchio' esso non attacca, ciò vuol dire che nei secoli passati si volle prendere francusina  per intero, senza obbligarsi alla previa analisi semantica”. Io propendo invece per una ulteriore interpretazione che giustifica anche il termine sîna nel senso che l'animale acchiappa più prede in presenza della luna. In conclusione, si può dire che il nome Franca – Farranca è interpretabile come “Braccia che afferrano, che bloccano.
A questo punto cerco il sostegno della mitologia che prontamente interviene a favore della tesi con delle storie che riguardano lo stesso personaggio femminile che però a seconda della località assume nomi differenti.
Il supporto della mitologia
Maria Farranca è la protagonista di una leggenda nota in tutta l'isola. Conosciuta come una figura spettrale che dimora dentro i pozzi o nei corsi d'acqua a protezione dei bimbi che non ascoltando i consigli degli adulti, si fanno vincere dalla curiosità e si affacciano nel pozzo o nel fiume.          
Maria Farranca allora li afferra con le sue lunghe braccia (o li aggancia con un uncino) portandoli in salvo nel suo regno magico. Esistono molteplici versioni della stessa storia i cui nomi sono: Maria Abbranca, Mamma e su putzu, Maria Franca e’ erru, Maria Mangrofa, Strega e’funtana, Maria Pettenedda.
Ne esiste anche una col nome di Maria Burra, una figura che fino a pochi anni fa veniva usata a Orgosolo nel periodo del carnevale come maschera che aveva due valori simbolici: uno veniva inteso come sacerdotessa-maga che distribuiva l'acqua della salute alla gente; con la seconda versione invece si voleva vedere la figura come sacerdotessa, prostituta sacra che destinava il ricavato della sua attività al tempio di cui era custode. Come si può intuire, i nostri antenati ritenevano che esistesse un personaggio divino capace di proteggere le persone dai pericoli insiti nei corsi d'acqua e nei pozzi. Inoltre il personaggio era di sesso femminile.
Il contrasto del cristianesimo
Tra le azioni di contrasto che il cristianesimo pose in essere all'inizio della sua apparizione nei confronti delle religioni preesistenti per demonizzarne i contenuti, inibire la proliferazione, portare al tracollo economico e quindi alla loro estinzione, la damnatio memoriae è certamente la più praticata e la più efficace. Cancellare la memoria o ribaltare completamente il significato di una funzione portando il suo valore semantico da positivo a negativo, è il lavoro capillare realizzato scientificamente dalle truppe organizzate della nuova dottrina. Così ciò che prima aiutava le anime a superare le difficoltà della vita quotidiana ed era visto e vissuto come una risorsa da implorare, invocare e supplicare e quindi anche ricompensare con ricche offerte per l'aiuto ricevuto, con il lavoro degli adepti della nuova religione cristiana, diventano demoni da combattere e mandare all'inferno. In questo gioco perverso condotto sotto la bandiera di “mors tua vita mea”, le divinità che fino ad allora costituivano il pantheon dei nostri avi, viene ridicolizzato e abiurato in nome del nuovo dio. In quest'ottica, la la divinità che proteggeva chi navigava lungo i fiumi per trasportare minerali o altre merci, viene trasformata in strega o demone che anziché proteggere, danneggia le vittime trasformandole in mostri. Per fortuna i nostri avi hanno lasciato delle tracce importantissime per la conoscenza e la comprensione delle loro usanze con dei monumenti che sono stati risparmiati dalla scellerata distruzione perpetrata nei secoli dal vandalismo religioso e umano mi riferisco in particolare agli altari lacustri di “Su Monte” di Sorradile e di “Su Mulinu” di Villanovafranca. Entrambi, secondo la mia opinione, rappresentano la divinità femminile protettrice della navigazione lungo i fiumi (Tirso e Mannu)
Il significato reale delle componenti del manufatto.
Il manufatto che si trova all'interno del nuraghe, è composto da diverse parti ed esattamente da tre elementi che ora descrivo: la parte alta del blocco lapideo che, per quanto sia sommersa da pietrame di risulta, lascia facilmente intuire l'idea progettuale originale in quanto è perfettamente simile al manufatto di “Su Monte” di Sorradile, trattasi quindi della rappresentazione di un contenitore (vasca) che aveva appunto la funzione di contenere dell'acqua. Segue una corona piumata (le piume sono rappresentate dalle scanalature verticali ) che domina la parte sottostante costituita da anelli concentrici decrescenti.
Per quanto riguarda la parte sovrastante, se è valida l'ipotesi che sia simile all'altare di “Su Monte”, possiamo rilevare che la vasca è delimitata da due braccia di cui una (quella di sinistra, guardando il blocco d'arenaria di fronte) risulta più lunga dell'altra come se avesse un'aggiunta (un arpione?)  che si uniscono nella corona come per sostenerla. Questa immagine è uguale a quella di un altro manufatto presente all'interno di una nicchia che si trova sulla facciata principale della chiesa di S. Sebastiano di Villanovafranca. L'iconografia si sposa perfettamente con il significato etimologico del nome del paese. Ma veniamo alla terza componente, gli anelli concentrici decrescenti. Gli anelli concentrici sono un simbolismo dell'acqua. Questa affermazione è stata fatta da Pierluigi Montalbano in un articolo postato in data 21dicembre 2019 in cui appunto dice :” … i cerchi concentrici sono la rappresentazione dell'acqua sacra, della sorgente di vita, della fertilità....” questo commento, accompagnava la descrizione di  un'anfora a globo della cultura di Ozieri realizzato 5000 anni fa in Sardegna in cui sono disegnati  anelli concentrici. Quindi, riassumendo, ci troviamo di fronte ad un manufatto che rappresenta un contenitore d'acqua con una corona che sovrasta una cascata (gli anelli concentrici decrescenti). Come tutto ciò si possa interpretare come un modello di nuraghe resta un mistero anche perché se si osservano le dimensioni delle singole componenti, notiamo come la parte coronata rappresenta circa i 2/3 dell'intero manufatto. Quindi, un nuraghe la cui parte terminale, la corona, è quasi pari come dimensioni allo stesso megalito.


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