venerdì 6 dicembre 2019
I nostri antenati illuminati dalla luce del toro per 2000 anni. Riflessioni di Gustavo Bernardino
I nostri antenati illuminati dalla luce del toro per 2000 anni.
Riflessioni di Gustavo Bernardino
Il ricco e superbo patrimonio
di costruzioni monumentali ricevuti in eredità dai nostri antenati, è capace di
offrire non solo grandi emozioni nell'ammirare lo splendore della loro esecuzione
ma consente di immergersi nella storia più antica della nostra terra rendendoci
partecipi delle usanze, abitudini,
e culti religiosi. Mi riferisco
in particolare alla bellezza e alla solennità delle Domus de Janas ed in
particolare a quelle della necropoli di Museddu a Cheremule (vedi foto A e B).
In questo complesso, appartenente probabilmente al periodo eneolitico
(3.900/3.500) a.C., si trovano due “domus” che si differenziano dalle restanti
costruzioni per delle particolari rifiniture che di seguito descrivo.
Nella “domo” indicata dalla
lettera (A) sono riprodotte nella parte alta dell'ingresso due corna in modo
che tutta l'apertura, nel suo insieme, assuma le sembianze di una protome
taurina. Nella seconda immagine (lettera B) invece la protome è mancante del
corno sinistro. Considerato che i nostri antenati costruivano i loro
manufatti
seguendo una logica ben precisa, è interessante cercare di capire il motivo di
tale decisione.
Provo quindi a immaginare
cosa abbia potuto spingere il committente del manufatto (A) ad ordinare di
costruire la “domo” con quelle caratteristiche.
La prima ipotesi è che l'ospite
della “domo” fosse in vita un esponente di una classe sociale particolare, per
esempio un sacerdote appartenente ad un culto che celebrava il dio del sole
rappresentato dal toro. Oppure, un'altra ipotesi può suggerire che si trattasse
di un soggetto di rango elevato i cui eredi abbiano voluto concedergli il
privilegio di una dimora funebre l'ingresso del quale era illuminato dalla luce
del toro che quindi poteva infondergli l'energia vitale per la vita eterna. In
entrambi i casi pertanto l'interpretazione delle corna taurine avrebbero un
valore di distinzione sociale o di rango e servivano per ricordare ai viventi
che in quel luogo risiedeva un appartenente ad una classe elevata e quindi si
doveva portare rispetto. La seconda foto (lettera B), consente riflessioni
analoghe pur con delle variabili conseguenti alla diversità riscontrabili tra
le immagini proposte.
La figura (B) o del toro mancante del corno sinistro, può
essere letta in chiave astronomica nel senso che nell'immagine si può
intravedere l'Orsa Minore figura (C)
rendendo così possibile pensare al defunto ospitato nella tomba, come
personaggio dedito in vita allo studio degli astri ed al culto..
Ciò che rende stupefacente
quanto detto finora è la considerazione che le immagini sopra descritte che
appartengono a manufatti risalenti al neolitico, le ritroviamo 2.000 anni dopo
con le stesse caratteristiche ma con diversa funzione e in luoghi non più
dedicati ai defunti ma ai viventi. Sempre comunque con origini religiose e cioè
i Nuraghi.
C'è una pubblicazione edita
dalla PTM Editrice “La Luce del Toro” nella collana “I Saggi”del 2011 i cui
autori appartenenti alla Associazione G.R.S. Gruppo Ricerche Sardegna a pag. 84
e 156 del volume, pubblicano delle immagini riprese all'interno del Nuraghe
Toroleo di Paulilatino in cui il sole illumina delle aperture presenti
nell'edificio, che sono simili a quelle delle “domus” di Museddu. Figure (A1 e B1).
Esiste quindi un filo
conduttore che guida la vita dei nostri antenati per più di 2.000 anni e che
appartiene alla sfera religiosa legata al culto del dio sole, attraverso
l'immagine del Toro e degli astri celesti.
Probabilmente prima o forse contemporaneamente al periodo di
Museddu esisteva una comunità in Sardegna che usava un simbolo diverso per
rappresentare il sole ed è molto interessante e affascinante capire che veniva
da molto lontano. Ne tratterò in un prossimo articolo.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento