giovedì 28 giugno 2018
Riflessioni su Lingua sarda, identità e Limba Sarda Comuna (LSC). Il caso del Romancio. Articolo di Luana Montalbano
Riflessioni
su Lingua sarda, identità e Limba Sarda Comuna (LSC). Il caso del Romancio.
Articolo
di Luana Montalbano
Nell’ambito
del dibattito sulla lingua sarda, sulla sua importanza fondamentale in termini
di identità del nostro popolo e sulle problematiche legate alla sua
salvaguardia e promozione quale lingua minoritaria, si inserisce il mio lavoro
di ricerca sul multilinguismo.
Nel
documento sulle norme linguistiche di riferimento della Limba Sarda Comuna
(LSC) della Regione Autonoma della Sardegna, il sardo viene giustamente
descritto come “al contempo unico e molteplice, costituito dal complesso delle
varietà che lo costituiscono”.
Il
sostrato, i prestiti, i contatti con altre lingue hanno favorito lo sviluppo di
uno spettro linguistico sardo che si differenzia da paese a paese. Tuttavia,
nonostante queste differenze, vi è una
Archeologia. Per una nuova interpretazione del sito prenuragico di Monte Baranta a Olmedo (SS). Riflessioni di Gustavo Bernardino
Archeologia. Per una nuova
interpretazione del sito prenuragico di Monte Baranta a Olmedo (SS).
Riflessioni di Gustavo
Bernardino
Sulla natura funzionale del
sito archeologico di Monte Baranta esistono contrapposte interpretazioni, come
nel caso, forse più eclatante di un articolo del 20/06/2006 (Apparso sulla rivista Maymone) in cui gli autori Sandro
Angei, Gigi Sanna e Stefano Sanna,
contestano i risultati di uno studio realizzato da Alberto Moravetti.
Mentre quest’ultimo privilegia l'aspetto difensivo/militare del complesso
megalitico, i tre autori, appassionati di storia sarda, prediligono quello
religioso/astronomico. Con questo lavoro s’intende proporre una terza ipotesi
che risulta essere la somma delle altre due e consente una lettura più completa
del complesso.
Partendo dall’analisi del
nome, che ancora oggi appare misterioso, ci troviamo di fronte alla esigenza di
capirne il significato, da chi per primo
e perché è stato usato?
La soluzione potrebbe
apparire semplice, infatti BARANTA in lingua sarda significa quaranta ma perché
chiamare un monte con un numero? Sembrerebbe bizzarro, eppure è proprio così ma
dietro al numero c'è un
lunedì 25 giugno 2018
Archeologia. Atene, Sparta, il Peloponneso e il dominio sul Mar Egeo. Così muore una democrazia... Riflessioni di Matteo Riccò
Archeologia. Atene, Sparta, il Peloponneso e il dominio sul Mar Egeo. Così
muore una democrazia...
Riflessioni di Matteo Riccò
Nell'anno
406 a.C., il tratto di mare antistante l'odierna città di Bademli, in Turchia,
è teatro della titanica battaglia navale delle Arginuse. Da una parte, la
flotta ateniese (forte di circa 150 navi), dall'altro quella spartana (120
navi). In palio, il dominio sull'Egeo e, di riflesso, la vittoria finale nella
guerra del Peloponneso (431-404 a.C.), lo scontro mortale tra Atene e Sparta
che si trascina da quasi trent'anni e che ha ormai esaurito le risorse di
entrambi i contendenti.
La
battaglia, come spesso accadeva nel mondo antico, è l’esito finale di un
percorso complesso, con antefatti recenti e più remoti. Per farla molto (molto)
breve: nonostante la terribile pestilenza del 430 a.C., Atene ha
sostanzialmente vinto la prima parte della guerra per il predominio sul mondo
ellenico estesamente applicando quella che potremmo chiamare la "dottrina
Pericle".
E
cioè: evitare rigorosamente lo scontro per terra con Sparta, colpire i
peloponnesiaci alle spalle in operazioni anfibie come a Pilo ed a Sfacteria,
lasciare che gli Spartani entrino in Attica indisturbati nascosti dietro le
Lunghe Mura, che collegavano la zona dell'Acropoli (cioè l'Atene antica) con il
giovedì 21 giugno 2018
Cartografia Nautica. Lo “Schema Portolano” secondo Vesconte Maggiolo. Riflessioni di Rolando Berretta
Cartografia
Nautica. Lo “Schema Portolano” secondo Vesconte Maggiolo
Riflessioni
di Rolando Berretta
Quando
si parla di “Antiche Carte” si studia (e ci spiegano) di tutto. Per gli schemi
bisogna fare da soli.
Questo è
uno schema completo. Sono 16 direzioni principali della Rosa dei Venti e 16
direzioni intermedie (color rosso); totale 32.
Vediamo come
si realizza uno schema simile. Iniziamo dalle 16 linee rosse.
Prendiamo
un “qualsiasi” materiale per disegnare la Carta; pergamena, pelle di montone o
altro.
Disegniamo
un QUADRATO interno assegnando un valore di 10 a ciascuno lato. Tracciamo le
prime 8 linee rosse come illustrato dal disegno rispettando le misure segnalate
dal quadrato. Tracciamo la
martedì 19 giugno 2018
Archeologia. I rapporti fra la Sardegna e Cipro nell'età del Bronzo: i lingotti in rame denominati "ox-hide", o a pelle di bue. Riflessioni di Davide Schirru tratte dalla tesi di laurea dello stesso autore.
Archeologia. I rapporti fra la Sardegna e Cipro nell'età del Bronzo: i lingotti in rame denominati "ox-hide", o a pelle di bue.
Riflessioni di Davide Schirru tratte dalla tesi di laurea dello stesso autore.
Molti autori riconoscono il ruolo di Cipro nello sviluppo delle tecniche metallurgiche in Sardegna, ma i contrasti nascono nel momento in cui si tratta di datare queste influenze, interpretabili come fenomeni di "acculturazione", visto che l'idea di una civiltà nuragica passivamente recettiva degli stimoli provenienti dall'oriente può dirsi definitivamente tramontata, sulla base dei ritrovamenti di manufatti nuragici nel Mediterraneo centrale avvenuti negli ultimi trent'anni. I materiali di origine cipriota presenti in Sardegna sono per lo più manufatti metallici, mentre i reperti ceramici si riducono a due soli frammenti, provenienti dal Nuraghe Antigori di Sarroch: un frammento di ansa wishbone handle della classe ceramica Base-ring II ware (Tardo Cipriota II) e un frammento di un pithos, del tipo utilizzato per il trasporto di olio. La selettività con la quale i materiali ciprioti vengono recepiti in
giovedì 14 giugno 2018
Archeologia in Sardegna. Le tracce di micenei e fenici indagate dall'archeologo Paolo Bernardini. Riflessioni di Carlo Figari
Archeologia in Sardegna. Le tracce di micenei e fenici indagate dall'archeologo Paolo Bernardini.Riflessioni di Carlo Figari
Nell'antichità la Sardegna fu al centro di traffici e culture che si diffondevano per il Mediterraneo. Il mare (che non era ancora "nostrum") non fu una barriera per gli indigeni isolani. Al contrario fu come un'autostrada che inevitabilmente finiva per portare le navi sulle coste sarde. Una tappa obbligata che ebbe la stessa importanza di Creta, Cipro, delle isole egee, delle città di Turchia, Libano, Africa settentrionale. Gli antichi sardi non avevano paura del mare, così come li descrive la vecchia storiografia che li vedeva contadini e pastori costretti a prendere le armi per difendere il loro territorio dai bellicosi popoli del mare. Anzi, loro stessi furono abili navigatori e commercianti che battevano le
lunedì 11 giugno 2018
Archeologia. Attività e risorse nella Sardegna nuragica del periodo di Monte Prama Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Archeologia. Attività e risorse nella Sardegna nuragica del periodo di Monte Prama
Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Nella lettura del contributo di Giovanni Ugas intitolato "la stagione delle artistocrazie", all'interno del libro "I giganti di pietra", ho rilevato una minuziosa descrizione del modo di vivere dei sardi del Primo Ferro e ho deciso di pubblicare un articolo che riassume le tante notizie fornite dall'archeologo su vari aspetti della vita quotidiana dei nuragici.
Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Nella lettura del contributo di Giovanni Ugas intitolato "la stagione delle artistocrazie", all'interno del libro "I giganti di pietra", ho rilevato una minuziosa descrizione del modo di vivere dei sardi del Primo Ferro e ho deciso di pubblicare un articolo che riassume le tante notizie fornite dall'archeologo su vari aspetti della vita quotidiana dei nuragici.
Intorno al X a.C., abbandonati i nuraghi, gli abitati si ridussero di numero ma aumentarono in dimensioni, alcuni a spese di altri che rimasero piccoli villaggi rurali. Le case furono realizzate direttamente a ridosso delle torri, trasformate in luoghi di culto, e sopra le rovine della precedente cinta muraria. Le capanne erano a isolati circolari, con più ambienti disposti intorno a una piazzetta centrale. Erano case dotate di laboratori, magazzini e altre infrastrutture. Il sistema urbanistico vede un miglioramento delle architetture dei pozzi, con canali di raccolta dell'acqua, forni per la ceramica e per il pane, fornaci per le fonderie e piccoli ambienti circolari con
giovedì 7 giugno 2018
Archeologia. Le chiese antiche, e quelle moderne, non sono tutte orientate a est. Riflessioni di Angelo Saba
Archeologia. Le chiese antiche, e quelle moderne, non sono tutte orientate a est.
Riflessioni di Angelo Saba
Il 22 ottobre 2014, sul sito Quotidiano di storia e archeologia diretto da Pierluigi Montalbano, è stato pubblicato l’articolo “Perché le Chiese più antiche sono orientate astronomicamente verso est?”, redatto dallo stesso Pierluigi Montalbano.
L’articolo tratta un argomento di grande interesse per l’opportunità che offre di poter indagare su uno degli aspetti più significativi dei monumenti del passato, fortemente inferente con la cultura delle genti che li hanno costruiti. Personalmente conduco da anni studi e ricerche sull’architettura e l’arte quale espressione di una specifica civiltà o popolo o gruppo umano, e i collegamenti con la “cultura” che li sottende (intesa quali modelli articolati su idee, simboli, azioni), in particolare attraverso la chiave di lettura propria delle rappresentazioni simboliche.
In tale ricerca trova spazio anche l’orientamento dei monumenti, compresi gli edifici di culto o comunque sacri, e così vorrei riprendere l’argomento citato estendendo i riferimenti temporali dal periodo Paleocristiano sino all’era moderna, ricomprendendo lo stesso contesto medioevale già affrontato da Pierluigi Montalbano. Per l’occasione fornire anche degli indirizzi sulle metodologie d’indagine finalizzate alla definizione degli orientamenti, a beneficio di chi volesse intraprendere autonomamente simili ricerche.
L’orientamento degli edifici di culto: genesi.
Nella maggior parte delle religioni, la posizione che si assume nella preghiera e nell’orientamento dei luoghi sacri è determinata da una “direzione sacra”.
La direzione sacra dell’ebraismo era verso Gerusalemme o, più precisamente
lunedì 4 giugno 2018
Archeologia. I Sardi nella guerra di Troia? Riflessioni di Carlo D'Adamo
Archeologia. I Sardi nella guerra di Troia?
Riflessioni di Carlo D'Adamo
Perché un libro intitolato “I Sardi nella guerra di Troia?”
La storiografia greca ha elaborato nel ciclo dell’epopea troiana il processo di crisi del sistema miceneo, mentre la storiografia egizia ha narrato parte dello stesso processo sotto il tema dell’invasione degli “Abitanti delle Isole del Grande Verde” che ordivano una “congiura” contro l’Egitto assalendo le sue coste e tentando un’invasione.
La sostanziale autoreferenzialità delle due tradizioni storiografiche impedì a Platone, al quale la tradizione egizia era giunta di seconda o di terza mano, di riconoscere nel racconto di Crizia (che egli riporta nel Timeo) gli stessi avvenimenti che i greci avevano già elaborato nei miti di Teseo e del
Riflessioni di Carlo D'Adamo
Perché un libro intitolato “I Sardi nella guerra di Troia?”
La storiografia greca ha elaborato nel ciclo dell’epopea troiana il processo di crisi del sistema miceneo, mentre la storiografia egizia ha narrato parte dello stesso processo sotto il tema dell’invasione degli “Abitanti delle Isole del Grande Verde” che ordivano una “congiura” contro l’Egitto assalendo le sue coste e tentando un’invasione.
La sostanziale autoreferenzialità delle due tradizioni storiografiche impedì a Platone, al quale la tradizione egizia era giunta di seconda o di terza mano, di riconoscere nel racconto di Crizia (che egli riporta nel Timeo) gli stessi avvenimenti che i greci avevano già elaborato nei miti di Teseo e del
venerdì 1 giugno 2018
Archeologia. Monte Arci: la montagna della roccia nera, l'ossidiana. Riflessioni di Carlo Lugliè
Archeologia. Monte Arci: la montagna della roccia nera, l'ossidiana.
Riflessioni di Carlo Lugliè
Da cinque anni un progetto di ricerche archeologiche e archeometriche indaga sullo sfruttamento e la distribuzione dell’ossidiana del Monte Arci nella preistoria.
A Est dell’ampio Golfo di Oristano, nella Sardegna centro-occidentale, il complesso vulcanico del Monte Arci di 812 metri campeggia col suo compatto rilievo a scudo esteso per circa 150 kmq. Questo massiccio, formatosi essenzialmente tra la fine dell’Era terziaria e l’inizio del Quaternario, ha esercitato un forte condizionamento sul primo insediamento umano di questa regione ma non solo per la netta impronta che conferisce al paesaggio. Infatti per i versanti del monte, sotto i boschi secolari di lecci, roverelle e corbezzoli o tra la densa macchia di lentisco, erica e cisto, si disperdono in diverse località come in una vasta miniera a cielo aperto le ossidiane formatesi da circa 3,25 milioni di anni. Esse hanno avuto notevole importanza per le popolazioni preistoriche del Mediterraneo occidentale e sono state uno dei fattori di attrazione per le prime comunità neolitiche: approdati circa settemila anni fa in un’isola che le attuali evidenze archeologiche spingono a ritenere disabitata e coperta di foreste, questi coloni-pionieri hanno dato avvio al suo popolamento. Sa pedra crobina, alla
Riflessioni di Carlo Lugliè
Da cinque anni un progetto di ricerche archeologiche e archeometriche indaga sullo sfruttamento e la distribuzione dell’ossidiana del Monte Arci nella preistoria.
A Est dell’ampio Golfo di Oristano, nella Sardegna centro-occidentale, il complesso vulcanico del Monte Arci di 812 metri campeggia col suo compatto rilievo a scudo esteso per circa 150 kmq. Questo massiccio, formatosi essenzialmente tra la fine dell’Era terziaria e l’inizio del Quaternario, ha esercitato un forte condizionamento sul primo insediamento umano di questa regione ma non solo per la netta impronta che conferisce al paesaggio. Infatti per i versanti del monte, sotto i boschi secolari di lecci, roverelle e corbezzoli o tra la densa macchia di lentisco, erica e cisto, si disperdono in diverse località come in una vasta miniera a cielo aperto le ossidiane formatesi da circa 3,25 milioni di anni. Esse hanno avuto notevole importanza per le popolazioni preistoriche del Mediterraneo occidentale e sono state uno dei fattori di attrazione per le prime comunità neolitiche: approdati circa settemila anni fa in un’isola che le attuali evidenze archeologiche spingono a ritenere disabitata e coperta di foreste, questi coloni-pionieri hanno dato avvio al suo popolamento. Sa pedra crobina, alla
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