Archeologia. Sardegna, Shardana e Nuragici…ai confini
della Fantarcheologia. Cosa sostengono Francois Champollion, Rouge` Emanuel, Francois
Chabbas, Giovanni Lilliu, Renato Peroni, Michel
Gras, Robert Drews, Vassos
Karageorgìs, Giovanni Ugas e Christian Greco,
d’accordo con Massimo Pallottino? Per
quale motivo studiosi del calibro di D’Oriano, Maspero, Sandars, Vagnetti,
Cavillier non sono d’accordo con i primi?
Articolo di Stefano Lecca
“La civiltà dei nuraghi si direbbe invero ancora
oggi, nonostante decenni di esplorazioni e di studi, relegata quasi sul margine
dell’interesse della disciplina preistorica ed archeologica ufficiale, come un
dominio incantato e nebuloso, disseminato di agguati e di misteri. Gli scavi
sistematici iniziati soltanto agli albori del nostro secolo, in modo
frammentario, e tuttora limitatissimi rispetto all’ampiezza del territorio e al
numero imponente delle superstiti rovine antiche; le pubblicazioni per lo più confinate
in atti accademici di scarsa diffusione o in periodici e fascicoli circoscritti
all’ambiente isolano; la stessa natura della cultura paleosarda, apparentemente
chiusa in se stessa e segnata da caratteri di inconfondibile originalità, tale
da aver scoraggiato, sino a questi ultimi anni, un tentativo di inquadramento
organico e criticamente soddisfacente della Sardegna nello sviluppo della
preistoria e protostoria mediterranea: tutti questi motivi, singolarmente o
presi assieme, potranno addursi a spiegare le perduranti incertezze ed
approssimazioni nella conoscenza e nella valutazione di una delle più
suggestive esperienze culturali del mondo antico. Se alla Sardegna preromana
manca l’eco della tradizione poetica e storica che nobilita gli avanzi delle
civiltà preclassiche del Mediterraneo orientale, il linguaggio delle sue
innumerevoli torri ciclopiche, dei
suoi monumentali sepolcri, delle sue vivaci
sculture s’impone eloquente a chi sappia e voglia intenderne il significato
umano. Giacché fabbricatori di quelle opere grandiose e preziose non furono i
giganti e le fate della leggenda locale, né il Dedalo del mito greco, né le
astratte figure di antichissimi e solitari pastori-guerrieri evocate da alcuni
archeologi moderni; bensì uomini concretamente attivi ed organizzati, aperti
alle grandi correnti di cultura che le vie del mare trasferivano ed accendevano
da oriente ad occidente fra il secondo e il primo millennio avanti Cristo,
artefici essi stessi di una particolare forma di civiltà che, pur con le sue
apparenze inconsuete ed arcaiche, toccò l’apogeo in piena età storica, e cioè
nel periodo della colonizzazione del Mediterraneo occidentale da parte dei
Fenici e dei Greci.” (la Sardegna nuragica, 1950, p.69)
Ad un lettore moderno, queste potrebbero apparire le
parole dal taglio critico, ma anche foriere di revanscismo, di un
“Fantarcheologo” o peggio, un “Fantarcheosardista” contemporaneo, come quelli
che secondo alcuni starebbero spuntando come funghi nell`umido tepore del
sostrato archeologico contemporaneo. Come a dire, citando Battiato, che “in
quest`epoca di pazzi, ci mancavano gli idioti dell`onore”.
Ebbene, non me ne vorranno i potenziali delusi, ma
queste sono le parole enunciate nel marzo del 1950 da Massimo
Pallottino, considerato il più grande archeologo ed etruscologo del
XX secolo, scopritore delle lamine di Pyrgi che gli
consentirono il deciframento della lingua etrusca; lo stesso studioso che
dedico` inoltre parte della sua brillante carriera nel formalizzare un metodo
di sintesi della storiografia mediterranea, e in special modo italica, che
ammorbidisse per sempre il concetto di “origine” dei popoli per affiancargli il
concetto di “formazione” lungo la storia e la protostoria. Fu proprio a partire
da questa “rivoluzione copernicana” se ad oggi i modelli antropologici di
analisi delle culture che si sono succedute durante le varie fasi storiche e
protostoriche, in particolari contesti geografici, sono radicalmente cambiati
rispetto al secolo scorso.
Ma non sarebbe tanto l`estratto dell`etruscologo con
cui abbiamo aperto l`articolo a far potenzialmente rizzare i capelli a molti
(mentre contemporaneamente si accappona loro la pelle), quanto ciò che segue
dichiarando:
“Per superare le
incertezze si è supposto da alcuni studiosi che i Sardi fossero un popolo di
navigatori mediterranei che sullo scorcio del II millennio avrebbero
colonizzato l’isola occidentale, dandole il proprio nome. Da altri si è negato
decisamente qualunque rapporto fra le fonti orientali e la Sardegna. Ma in
verità, pur mancando una prova assoluta, non può negarsi che il sommarsi di
diversi argomenti favorevoli, anche se singolarmente insufficienti, e la
mancanza di concreti argomenti contrari inducano piuttosto ad accettare che a
respingere una connessione, dalla quale verrebbe ad essere felicissimamente
illuminata, seppure di scorcio, una fase particolarmente remota ed oscura della
storia e della civiltà delle genti paleosarde.” (la Sardegna nuragica,
1950 p. 86)
Se non avete ancora capito a cosa Pallottino si
riferisca, e` bene che sappiate che e` la stessi tesi che supportano da circa
due secoli nell`ordine cronologico:
– Francois Champollion, Egittologo,
traduttore della Stele di Rosetta e padre del primo tentativo in assoluto di
decifrazione del geroglifico egizio.
– Rouge` Emanuel, Egittologo,
conservatore al museo egizio del Louvre e professore al College de France.
– Francois Chabbas, Egittologo, direttore
della rivista L’Égyptologie e membro della blasonata Royal Netherlands
Academy of Arts and Sciences.
– Giovanni Lilliu, Archeologo, gia`
Soprintendente per le antichita` della Sardegna e Accademico dei Lincei.
– Renato Peroni, Archeologo, docente di Protostoria Europea alla
Sapienza Università di Roma, Accademico dei Lincei
– Michel Gras, Archeologo, membro
straniero dell’Istituto di studi etruschi ed italici.
– Robert Drews, Storico, professore emerito di studi classici
presso l’Università Vanderbilt di Nashville.
– Vassos Karageorgìs, Archeologo,
Professore al Cypriot institute, membro dell`International committee Unesco per
il Libano e Gerusalemme.
– Giovanni Ugas, Archeologo, gia` direttore per la
Soprintendenza di Cagliari e Oristano.
– Christian Greco, Egittologo, direttore
del Museo Egizio di Torino.
Ovvero l`ipotesi dell`identita` tra civiltà sarda dell`Eta` del Bronzo, più conosciuta come “Civiltà nuragica”, con uno
dei “Popoli del mare” che entro` prepotentemente sulla scena
mediterranea sul finire dell`eta` del Bronzo, descritto come “ShRDN” (Sherden,
Shardana) nei resoconti degli imperi orientali Egizi e Ittiti.
Chiaramente la correttezza che impone la trattazione
di questo delicato argomento, mi invita a far riflettere il lettore sul fatto
che per ogni studioso che ha appoggiato e/o appoggia tuttora la tesi
“ShRDN-Sardi nuragici”, ce ne sono stati e ce ne sono ancora almeno altrettanti
che non la ritengono sufficientemente esaustiva e comprovabile. La lista e`
lunga e autorevole: Maspero, Sandars, Vagnetti, Cavillier per citarne solo
alcuni. Godono tutti del massimo rispetto, senza eccezioni.
Come sempre accade in fase di ipotesi, nell`ambito di una discussione
scientifica seria, si verificano i dati a supporto e si contestano o
acquisiscono come rispettivamente controversi o esaustivi, e nel peggiore dei
casi, quando la situazione risulta in stallo, vige la regola dell`attesa degli
aggiornamenti. Ognuno rimane della propria idea, e continua il proprio percorso
di ricerca cercando di apportare ossigeno alla propria teoria, o perché no,
capita anche che possa cambiare idea o modificare l`impostazione di partenza a
seconda delle prove che si ritrova via vi tra le mani.
Per quanto riguarda la “vexata quaestio” della connessione ShRDN-Sardi
nuragici, questa dura ad occhio e croce da due secoli, senza che una posizione
riesca a prevalere sull`altra.
Anche Pallottino, da studioso attento, negli anni `50,
si interrogava sulle criticita` che potevano esistere nel definire i sardi gli
“Sherdani” delle fonti egizie:
La supposta identificazione dei Sherdani con i
Sardi riposa essenzialmente su tre argomenti: 1. la omofonia del nome, nella
sua struttura consonantica e nella analogia della pronuncia con la forma
dell’aggettivo etnico Sardanios presente nei testi greci più antichi; 2.
l’origine straniera, transmarina e settentrionale, nonché la provenienza da
occidente almeno in uno dei grandi tentativi di invasione dell’Egitto (quello
promosso dai Libici ai tempi di Amejnoptah); 3. qualche somiglianza rilevabile
nell’armamento con quello delle statuette di bronzo di guerrieri sardi, delle quali
si dirà più particolarmente a suo luogo.
L’ultima considerazione presenta senza dubbio una certa debolezza, tenuto conto
del dislivello cronologico esistente, come si vedrà, fra i due gruppi di
monumenti figurati che si vogliono mettere a confronto e della presenza
dell’elmo a corna, dello scudo rotondo, della spada lunga anche presso altre
genti mediterranee.
(la Sardegna nuragica, 1950 p. 86)
Questi i tre assunti che metteva sul tavolo il
Pallotino a supporto della sua tesi, tutti bene o male concreti, meno uno,
l`ultimo, per il quale lui stesso si trovava, a suo dire, in difficoltà:
“il dislivello
cronologico esistente, come si vedrà, fra i due gruppi di monumenti figurati
che si vogliono mettere a confronto (Bronzi sardi e bassorilievi egizi n.d.a.)”
Tornando al 2017, e analizzando le scoperte clamorose
succedutesi almeno a partire dal 1995 (anno della morte dello studioso)
provenienti dagli scavi archeologici effettuati in Sardegna, sono certo che
Pallottino da sostenitore degli “Sherdani sardi” salterebbe sulla sedia potendo
leggere i nuovi dati.
Per chi non lo sapesse (e sono incomprensibilmente in tanti), è più o meno da
dieci anni che formalmente in Sardegna si trovano le prove della fabbrica dei
tipici bronzi figurati sardi in contesti che non sfondano il muro del XIII-XII
sec. a.C. (Bronzo recente-finale), la qual cosa metterebbe in dubbio una volta
per tutte l`orientamento generale nell`inquadrare i bronzi figurati tra X-VII
sec. a.C. tipico (e topico) argomento utilizzato da chi finora muove critiche
verso l`identità` dei sardi nuragici con gli ShRDN.
Leggiamo direttamente le parole degli archeologi che
hanno scavato in Sardegna tra il 2008 e oggi:
“Per le ragioni
stratigrafiche sopra esposte la costruzione del pozzo dovette avvenire in una
fase di transizione tra il Bronzo Medio e il Bronzo recente. A parte un unico
frammento decorato a tacche, rinvenuto durante la campagna di scavo del 1998,
nell`area delle capanne a 50 metri ad est del pozzo (nello strato 32), in tutta
l`area di Funtana Coberta e in tutti gli altri strati nuragici scavati intorno
al pozzo, sigillati dagli strati di eta` repubblicana, allo stato attuale delle
ricerche, e` del tutto assente la ceramica che contraddistingue le fasi
pregeometrica, geometrica e orientalizzante. Dunque la vita del pozzo in eta`
nuragica sembra essersi conclusa entro gli inizi del Bronzo Finale, ed e` a
questa fase che si devono attribuire i pochi resti di bronzistica figurata:
l`orecchio di animale, il piedino di statua, la cui datazione trova conferma
nelle ceramiche che erano nello stesso strato, il frammento a forma di corno di
statuina e la testa di guerriero nuragico.”
– Manunza – La
stratigrafia del vano A di Funtana Coberta (Ballao – CA) – 2008 –
Peraltro, secondo Lo Schiavo, la medesima tecnica
della fusione a cera persa utilizzata per creare le statuine bronzee, fu
adottata in Sardegna tra XIV e XI sec. a.C.:
Sull’attività
fusoria dominante, non vi è dubbio sul fatto che la tecnologia della
lavorazione del rame, del bronzo e, alle origini, anche del ferro, derivarono
alla Sardegna dal Mediterraneo orientale e specificamente da Cipro, dove la
produzione dei lingotti oxhide si inquadra fra il XIV e l’XI sec. e non oltre.
Anche in Sardegna, in Sicilia a Thapsos e nelle Eolie a Lipari la circolazione
di questi lingotti, incluso il seppellimento nei ripostigli, è compresa entro
questi limiti cronologici. La tecnica della produzione “a cera persa” tipica
dei bronzi figurati è inscindibilmente legata a quella degli altri manufatti
come recipienti, armi, attrezzi e ornamenti che la impiegavano in tutto o in
parte, venendo poi a loro volta riprodotti in miniatura con lo stesso
procedimento. In sintesi, dai dati a nostra disposizione l’attività fusoria in
Sardegna può considerarsi dominante fra l’età del Bronzo recente e finale,
quando i nuragici appresero le diverse tecniche e le applicarono immediatamente
(anche di ciò vi sono le prove stratigrafiche e di contesto) nella produzione
di manufatti originali, d’uso e cultuali.
– Lo Schiavo,
Campus, Leonelli – La transizione culturale dall’età del bronzo all’età del
ferro nella Sardegna nuragica in relazione con l’Italia tirrenica – 2008 –
Di recente tali orientamenti sono confermati dai
rinvenimenti dentro la c.d. Tomba della Spada presso Orroli Arrubiu:
Appare del tutto
imprevista l’evidente associazione stratigrafica, pur in strati manomessi in
antico e di recente, fra i frammenti di corna cervine e reperti, quali la
scodellina a risega interna e la spada votiva, che sono indubitabilmente
databili al BR. E una datazione che potrebbe sembrare difficile da accettare,
eppure, per una tecnica complessa come quella della cera persa, dobbiamo
pensare a tempi lunghi, in parallelo con quelli scanditi per la metallurgia
cipriota, dove questa tecnica e attestata dal Tardo Cipriota IIB, e dunque ben
oltre il limite della fine dell’età del Bronzo finale proposto da alcuni autori.
Inoltre i più recenti scavi riportano senza dubbio la datazione della piccola
bronzistica figurata almeno a fasi non tarde del BF. Il contesto delle tomba
Arrubiu 1 e, se si esclude l’infiltrazione del minuscolo frammento di età
romana, sostanzialmente omogeneo, e nulla vi e che possa riportare a fasi più
recenti del BR.
– Perra et al. – La Tomba di Giganti del nuraghe Arrubiu di Orroli (CA), o La
Tomba della Spada – 2015 –
A questo punto appare evidente che esista una porzione
dell`archeologia sarda che da anni pubblica risultati clamorosi, a tratti
rivoluzionari, per ciò che concerne l`Eta` del Bronzo isolana e un`altra parte
dell`archeologia sarda che critica in maniera eterodossa e fragorosa, al di la`
del consesso scientifico, sia i lavori portati avanti da alcuni colleghi, sia,
in maniera trasversale, l`entusiasmo che questi generano nella variegatissima
opinione pubblica sarda.
Appare infatti contradditorio il fatto che la Ardu non prenda in considerazione
le nuove emergenze empiriche rimanendo su posizioni che certamente gli stessi
“Pallottiniani” avrebbero sostenuto, ma negli anni `50:
“Osservando i noti bassorilievi si osserva che
le differenze con i bronzetti e le navicelle sono notevoli, le produzioni
artigianali sarde bronzee fino a prova contraria sono più tarde (X-VII sec. a.
C.), mentre la battaglia dei popoli del mare avvenne nell’VIII anno del regno
di Ramses III (ca 1177 a.C.).”
Ardu oubliettemagazine
Lamentando infine che:
“Sul web quotidianamente riceviamo minacce di morte,
in quanto i beni culturali non dovrebbero appartenere allo Stato ma dovrebbero
essere gestiti dalla gente comune, accusando gli studiosi di eseguire ordini
dall’alto a danno della “vera” identità storica dei Sardi, e di nascondere in
magazzini inaccessibili e magari anche sotto il letto reperti archeologici che
sarebbero presunti documenti di verità inaccettabili dal potere costituito.”
Chiaramente le minacce di morte sono qualcosa di
detestabile e bisogna condannarle sempre e comunque, sono solidale per questo
con la Ardu e invito chiunque a fare altrettanto. D`altro canto, se e` vero che
l`accusa rivolta agli archeologi di “nascondere i reperti” e` sicuramente
irrispettosa verso una categoria di professionisti che svolge il proprio lavoro
con dedizione e (molto piu` spesso di quanto non si immagini) sacrificio
economico e personale, altrettanto vero e` che questo possa innanzitutto
dipendere dalla frustrazione per un dibattito che, a giudicare dalle parole di
alcuni critici della teoria ShRDN-Sardi nuragici, rimane inchiodato, a dir poco
immotivatamente, agli anni ’50.
Insomma pare insistere una stagnazione anche in
presenza di nuovi e fondamentali sviluppi.
Come se questo non fosse sufficiente, e` dal 2016 che Giovanni Ugas, esperto
archeologo e allievo di Giovanni Lilliu, e` venuto alla ribalta delle cronache,
infarcendo non poco il dibattito, con una corposissima pubblicazione
divulgativa dal titolo “Shardana e la Sardegna. I Popoli del Mare, gli alleati
del Nord Africa e la fine dei grandi regni” che al proprio interno dovrebbe
contenere tutte le prove raccolte in decenni di studio sulla connessione
ShRDN-sardi nuragici.
Sebbene questa opera omnia possa essere certamente non priva di punti
contestabili e comunque soggetti a critica da parte dei colleghi, continuano
invece a moltiplicarsi argomenti che con la critica al metodo di Ugas, ad esser
buoni, hanno poco a che fare.
“Polisportiva Shardana, ristorante Shardana, vino
Shardana…In Sardegna ormai tutto è Shardana, Shardana è il prezzemolo buono per
ogni piatto, il passepartout per ogni attività che voglia in qualche modo
alludere o richiamare, a proposito o a sproposito, l’antichità dell’Isola e in
special modo la Civiltà Nuragica. Ma chi erano veramente gli Shardana e,
soprattutto, esiste qualche loro fondata relazione con la Sardegna? I
cosiddetti Shardana sono un gruppo umano che le fonti scritte egizie e del
Vicino Oriente collocano nella stessa area geografica in diversi contesti
storici degli ultimi secoli del II millennio a.C. Gli studiosi da lungo tempo
dibattono sull’identificazione loro e di altri gruppi umani a volte ad essi
associati nelle stesse narrazioni. Nell’ambito di tale discussione la
possibilità che abbiano a che fare con la Sardegna, e in quale senso, è
tutt’altro che pacificamente accettata dall’intero mondo scientifico: gruppi di
Nuragici dislocati in Oriente, o gente di origine orientale e giunta poi
nell’Isola, o che nulla ha a che fare con essa? Fin qui le domande degli
studiosi seri, mentre per il mondo dei dilettanti di un’archeologia fai da te,
che sconfina sistematicamente nella fantarcheologia, gli Shardana sono senza
dubbio i Nuragici in una mitizzata, fino al ridicolo, dimensione di dominatori
dell’intera area euro-mediterranea, faro di cultura per l’intero mondo antico e
persino di civiltà che mai hanno avuto connessioni con la Sardegna.”
D’Oriano oubliettemagazine
Insomma Giovanni Ugas, archeologo maturo e con decenni
di carriera alle spalle, per cio` che si puo` comprendere dalle parole di
Rubens D`Oriano sarebbe ridotto, en passant, ad “un dilettante dell`archeologia
fai da te” perché convinto delle prove da lui supportate nella sua opera di
1024 pagine. Ma non e` solo il caso di Ugas a destare scalpore nelle parole a
dir poco inorridite di D`Oriano:
“Di recente il massimo esperto della questione,
l’egittologo G. Cavillier, Direttore della Missione Archeologica Italiana a
Luxor e del Progetto di Ricerca Shardana, nel corso di una conferenza a Olbia
ha presentato i dati di base della questione Shardana in tutta la loro
problematicità, ricordando che ad oggi non è ancora possibile escludere, ma
nemmeno accertare, che essi abbiano a che fare con la Sardegna nuragica. Il
caso ha voluto che pochi giorni dopo a Sassari si sia tenuta una conferenza di
un altro egittologo, il Direttore del Museo Egizio di Torino, il quale, ad una
domanda del pubblico, ha brevemente risposto che gli Shardana sono i Nuragici,
certamente senza sviluppare neppure per cenni la complessa problematica.
Ovviamente i fantarcheologi hanno gridato al “giustizia è fatta”, ovviamente
senza valutare la differenza tra chi, come Cavillier, si dedica da tempo al
problema e chi, il collega del Museo di Torino, non lo ha mai trattato ed ha
perciò fornito una risposta non adeguatamente informata.”
D’Oriano, Ibidem
Che tradotto, per i meno perspicaci, suonerebbe come
un adagio di Sordiana memoria: “Io so io e voi..”
Dunque tralasciando di discutere nel merito il metodo di Ugas, come
professionalita` imporrebbe, D`Oriano si accontenta di descrivere, a dir poco
sorprendentemente e in maniera minuziosa, il metodo dei sostenitori della
connessione ShRDN-Sardi nuragici, ma solo la versione dei supposti “minus
habens”, in modo tale che sia chiaro a tutti che delle prove messe sul tavolo
da Ugas e dai suoi predecessori o contemporanei, proprio non si vuole parlare:
Un esempio del “metodo” di questi signori è il
seguente: siccome Shar-Dan starebbe per “tribù di Dan” (chissà in quale film),
basta cercare in Europa tutti i luoghi nel cui nome c’è la sequenza dan ma va
bene anche din, don, den, con tanti saluti alla glottologia (è roba da
mangiare?) e un benvenuto allo scampanìo della vicina chiesa – e facilmente si
scopre che furono i Nuragici a dare il nome a Londonderry, alla Scandinavia,
alla Danimarca, al fiume Don, ecc. Applicando lo stesso “metodo” ho trovato una
città cinese Handan e una statunitense Mandan… perciò i Nuragici hanno visitato
e magari civilizzato anche la Cina e l’America del Nord? E se dovessimo entrare
in contatto con una civiltà extraterrestre che si chiama, per dire, Oyhdanset i
Nuragici hanno viaggiato tra le stelle?
D’Oriano, ibidem
Assodato che finiscono nello stesso calderone della
fantarcheologia i supposti “minus habens” del “Din Don Dan” insieme a tutti
coloro che da Champollion in poi, passando per Pallottino fino ad arrivare a
Giovanni Ugas, sostengono l`ipotesi “a dir poco intollerabile” della relazione
tra sardi nuragici e ShRDN delle fonti orientali, il passo successivo e`
formalizzare che i “fantarcheologi” sono pericolosi estremisti e sardisti,
dunque: “Fantarcheosardisti”.
Il tema principale che D`Oriano mette sul piatto e` quello della nascita e
consacrazione di un`ideologia nazionalista, che fonda la propria esistenza sul
concetto di “identita` culturale”:
“Qui entra in gioco il problema di ciò che si suole
chiamare “identità culturale” di un gruppo umano sufficientemente ampio. Non
posso qui soffermarmi sugli argomenti per i quali essa è solo un mito
consolatorio e a volte foriero di grandi sciagure (ci ricordiamo degli Ariani
di Hitler?), e sul fatto che persino la continuità dell’identità del nostro
singolo “io” traballa se analizzata con approccio scientifico, e perciò darò
per scontato che essa esista. Ebbene anche in tal caso l’equazione
Sardi=Nuragici è priva di senso. Non è necessario essere specialisti per capire
che, salvo pochissime eccezioni di confinamento geografico e/o culturale, delle
quali non fanno certo parte i Sardi e la Sardegna nel bel mezzo del
Mediterraneo Occidentale, chi abita in una data porzione di spazio in un dato
momento del tempo non può che essere il frutto, in termini genetici e, ciò che
importa veramente, culturali, di tutte le fasi storico-culturali che vi si sono
avvicendate e che – se mai si potesse matematizzare in percentuali l’eredità
culturale – in generale saranno maggiori le “quantità” di retaggio derivante da
secoli maggiormente vicini e minori quelle più remote man mano che si precipita
sempre più indietro nell’abisso del tempo.” […]
[…] “Perciò in Sardegna cosa di meglio della fase
nella quale si produsse una civiltà per svariati versi originale e certamente
di primissimo piano nel Mediterraneo Occidentale? Cosa di meglio, per
supportare lo stucchevole piagnisteo della Sardegna attuale sfruttata e
maltrattata solo da maligni poteri ad essa esterni (come se non fosse una
Regione Autonoma, non di rado politicamente mal gestita, ormai da molti
decenni)? Cosa di meglio, anche per movimenti politici e culturali di sardismo
indipendentista o simili, per cercare ancoraggi identitari il più possibile
locali da contrapporre all’angoscia montante da globalizzazione? Cosa di
meglio, per tutti questi scopi, se non il sentirsi i grandi Nuragici, prima, e
poi i “poveri” Nuragici colonizzati ecc. dai malvagi Fenici, Punici, Romani
ecc. (un altro mito del tutto assurdo)?”
D’Oriano Ibidem
Una teoria, insomma, che a sentir D`Oriano,
contribuirebbe a generare novelli Hitler con la berritta in testa. Deve essere
chiaro a tutti infine, che la stessa e` pericolosa, foriera di violenza e,
secondo la Ardu, dulcis in fundo, genererebbe fenomeni anomali di suprematismo
razziale:
“Dal mito di Atlantide ai cosiddetti Popoli del Mare
(di cui si rivendica gli Sherden facessero parte) passando per l’invenzione
della scrittura e della scultura a tutto tondo nell’età del Bronzo, emerge così
la volontà di evocare un nazionalismo becero, a sfondo razzista, portatore di
un messaggio ascientifico e intollerante, funzionale al raggiungimento di un
consenso elettorale piccolo ma rumoroso e ben ammanicato. La maggior parte dei
fantarcheologi dichiarano di essere sardisti o indipendentisti, sostenuti da politici
che appoggiano un nazionalismo reazionario, che ha assunto il volto
dell’etnicismo esasperato con assetti niente affatto emancipativi, in nome
dell’appartenenza ad una presunta e astratta “sardità”, che spinge il popolo
verso la superiorità della razza, e la non accettazione di tutto ciò che viene
dall’esterno.”
Alla luce di tutte le precedenti considerazioni
esposte, che generano nei piu` un pizzico di rammarico per la nettezza con la
quale vengono espresse e per la confusione che generano in un`opinione pubblica
molto variegata, composta in maggioranza da anime moderate quanto silenziose
che si sentono dei pesci fuor d`acqua nell`oceano dalle facili
generalizzazioni, chiuderei l`articolo con qualche semplice domanda da
rivolgere agli archeologi che in queste settimane si stanno esprimendo in
merito al tema controverso della connessione ShRDN-sardi nuragici.
- Si può studiare la relazione tra ShRDN e Sardegna in piena
liberta` e senza giudizi etici nel campo scientifico, oppure si deve
necessariamente evitare per ciò che (secondo ipotesi arbitraria)
comporterebbe: xenofobia, razzismo, nazionalismo? Ovvero anche qualora
fosse ampiamente confermabile a maggioranza dal punto di vista scientifico
la connessione ShRDN-Sardi nuragici, si dovrebbe evitare di divulgarlo per
dovere etico?
- E` compito dell`archeologia dare giudizi morali ed etici
sulle scoperte scientifiche?
- E` necessario dibattere in merito alle posizioni antitetiche
di colleghi archeologi ammantandole di una visione nazionalpopolare, anziché dar loro credito scientifico nella discussione archeologica
complessiva?
- Cosa hanno a che fare tra loro archeologia e politica? La
politica si puo` occupare di archeologia? L`archeologia si puo` occupare
di politica?
- Quando e` che il meccanismo si inceppa, quando la politica
parla di archeologia o quando l`archeologia parla di politica? Chi delle
due e` piu` legittimata ad orientare i processi dell`altra secondo la
Costituzione italiana?
Ringraziando anticipatamente chiunque si volesse
avventurare nella risposta a queste semplici domande, mi piacerebbe inoltre
suggerire che si rispondesse facendo finta di essere al cospetto, magari in un’aula
magna di qualche prestigiosa Università, dei vari Champollion, De Rouge`,
Chabbas, Peroni, Pallottino, Gras, Karageorgis, di modo che, almeno in quella
sede, non si possa utilizzare il sardismo come argomento per smontare una
teoria che sopravvive da almeno due secoli.
Fonte: https://pramanuragica.wordpress.com/2017/09/12/non-ghenesis-sandalion-ovvero-dellimperativo-etico-ed-ideologico-di-impedire-lidentificazione-tra-shardana-e-nuragici/
Non conoscevo il punto di vista del D'Oriano o quantomeno non lo percepivo così viscerale.
RispondiEliminaComplimenti all'autore dell'articolo, ottimo, molto istruttivo, illuminante.
A proposito di "fantarcheologia" vi invito a visionare questo video norvegese: https://www.youtube.com/watch?v=jjHUK_DuGTs Se desiderate vedere di più, inserite su google immagini questa chiave di ricerca "helleristninger". L'area baltica darà all'archeologia sarda grandissime soddisfazioni. Salude a tottus!
RispondiElimina