mercoledì 7 marzo 2012
I rischi della Fanta-Archeologia
Ipotesi di tecnologie avveniristiche nella preistoria: i rischi della fanta-archeologia
di Stefano Todisco
Tenendo conto del motto cartesiano “dubium initium sapientiae”, è bene però chiarire che alcune informazioni (che si trovano in blog, siti, pubblicazioni e trasmissioni televisive) riguardanti l’associazione tra tecnologie e civiltà passate possono spesso essere fuorvianti se non affrontate con metodo scientifico.
E’ il caso di uno dei tanti articoli presenti sul web e dedicati alle presunte presenze hi-tech nel nostro lontano passato; prendiamo questo articolo come esempio perchè propone molte roboanti e suggestive ipotesi, ma non le supporta poi con alcuna concreta testimonianza archeologia o prova scientifica di altro genere. Di seguito proponiamo quindi parti dell’articolo (tra virgolette, evidenziate) con le relative spiegazioni e interpretazioni, laddove possibile anche riferimenti scientifici. Il titolo dell’articolo è “Quindicimila avanti Cristo: quando gli aerei si alzarono per la prima volta in volo” e così inizia: (1)
«Più di 15 mila anni fa, a cavallo tra India e Pakistan esistevano popoli in possesso di una tecnologia molto avanzata, con conoscenze e competenze in campo aeronautico, capaci di costruire e utilizzare potentissime armi di distruzione di massa nonché combattere il nemico telepaticamente. No, non avete capito male: stiamo parlando di civiltà che avevano raggiunto traguardi scientifici superiori a quelli dell’uomo moderno e che l’archeologia classica, da sempre legata a “dimostrazioni razionali”, come lo studio dei reperti o dei siti in cui questi sono stati rinvenuti, etichetta come fantasiose dissertazioni prive di ogni fondatezza. […]»
L’indicazione cronologica rimanda approssimativamente a “più” di 15.000 anni fa, quindi ai tempi che precedettero il 13.000 a.C., periodo in cui ci si trovava ancora nel Paleolitico superiore, o finale; l’autore menziona civiltà conoscitrici di tecnologia aeronautica e dotate di ami di distruzione di massa nonché di facoltà telepatiche. Il tutto senza riferire un qualsiasi fondamento scientifico!
Cosa ancor più rilevante è la condanna mossa all’archeologia classica (non intesa come la scienza che studia il mondo antico in ambito mediterraneo ma intesa come sapere archeologico generico e accademico) di essere legata a “dimostrazioni razionali, come lo studio dei reperti o dei siti” i quali, ricordiamo, sono tra i pochissimi testimoni viventi delle passate civiltà.
«Esiste però una moderna scuola di pensiero, con una maggiore apertura mentale, che non ha paura di riscrivere la storia e che ritiene altrettanto validi anche quei fatti citati da antichi testi a volte avvolti da un alone di mitologia, che in varie occasioni si sono dimostrati veri. Come possiamo dimenticare il ritrovamento della città di Troia da parte di Heinrich Schliemann? [...]»
Poiché la trattazione preferisce calcare la strada di Schliemann alla scoperta di Ilio-Troia, risponderò a Roberto Mattei citando un ingegnere che da tempo dedica parte del suo tempo alla ricerca dei luoghi che interessarono le vicende omeriche: Felice Vinci da tempo contesta i poemi omerici sulla base di molte stranezze che sembrano, in parte, collocare i luoghi dei mitici scontri tra achei e troiani nel mar Baltico. Alcuni esponenti accademici riconoscono l’interesse che suscita questa radicale ipotesi, molti altri non condividono l’opinione. (2)
In effetti non ci sono prove certe che ci portino a identificare la collina di Hissarlik col sito omerico di Ilio-Troia, benché nella memoria collettiva greca, e romana poi, quella fu la città di Priamo.
«Duane Robert Ballard, professore di oceanografia presso l’Università di Rhode Island, noto per i suoi lavori di archeologia subacquea, alcuni anni fa trovò alcune tracce del diluvio universale in una linea costiera sommersa situata tra il Mar Morto e il Mediterraneo, “ingoiata” dalle acque in seguito a una gigantesca inondazione avvenuta più di 8 mila anni fa. […]»
Manca il riferimento a scritti e/o saggi del prof. Ballard, inducendo così il lettore a credere o no a ciò che è scritto. La cronologia di 8.000 anni fa non è supportata da alcun riferimento al metodo di datazione.
Indubbiamente, come detto nel continuo dell’articolo, ci fu un cataclisma, riportato da molte antiche civiltà (e citato dalla Bibbia ebraica, dall’Epopea di Gilgamesh, dal mito di Atlantide) e plausibilmente interpretabile come un potente tsunami, forse in seguito a dissesti geologici (ipotesi dell’eruzione di Thera-Santorini).
«Del resto, quanti reperti al di fuori di ogni logica convenzionale collocazione, che sosterrebbero la teoria di una civiltà pre-diluviana e tali da mettere in crisi la visione delle cose che la scienza ritiene di aver ormai acquisito, sono stati rinvenuti sino ai giorni nostri? Tanto per fare dei nomi: la pila di Bagdad (250 a.C), lelampadediDendera nell’antico Egitto,ilcomputer di Antikythera (Grecia, 85 a.C.), iteschi di cristallo rinvenuti nell’antica città Maya di Lubaantum e, dulcis in fundo, i vari templi indiani che riproducono i vimana, oggetti volanti citati in numerosi testi religiosi ma mai fisicamente rinvenuti, in grado di volare nell’aria, nello spazio e di immergersi nell’acqua, di cui sono stati ritrovati i manuali di volo e manutenzione. […]»
Non è chiaro il volo pindarico tra i fantomatici reperti pre-diluviani, rinvenuti da non si sa chi, e l’elenco di oggetti, realmente ritrovati e a cui si può dare una spiegazione razionale:
Pila di Baghdad
datata (sulla base della tanto precedentemente snobbata ceramica) all’epoca dell’impero partico o a quello sasanide, quindi tra III e VI secolo d.C. e non, come citato dall’autore al III secolo a.C. Resta immotivato lo stupore nel comprendere che la tecnologia della tarda classicità aveva tutti i requisiti per realizzare manufatti del genere. Bisogna ricordarsi che meccanismi eccezionali non erano ignoti e già da secoli. (3)
Lampade di Dendera (Egitto)
molto strana, ma comunque interpretabile, è l’iconografia di questi oggetti, riprodotti su bassorilievi. Si tratta di simbolistiche rappresentazioni del serpente primigenio che nasce da un gigantesco fiore di loto.
Meccanismo di Antikythera
noto macchinario-calcolatore realizzato, all’inizio del I secolo a.C., con lo scopo di calcolare la cadenza delle eclissi, la posizione di alcuni pianeti e il moto della Luna. (4)
Teschi di cristallo
controversa è l’interpretazione di questi oggetti nonché la loro datazione. (5)
Vimana
oggetti volanti della mitologia indiana antica. Citati nel Vaimanika Shastra, un trattato tecnico su questi animali-oggetti e sui loro utilizzi, sono la trasposizione non ancora perfettamente comprensibile di oggetti o animali volanti. Anche la Bibbia annovera carri (infuocati) che volano, come nell’episodio dell’ascensione del profeta Elia in cielo.
È degno di nota ricordare come anche nel tempio di Abydos (Egitto) siano rappresentati, tra i vari geroglifici, oggetti che sembrerebbero moderni velivoli. Nel Museo del Cairo è conservato un modellino di “aliante”. Questi (indubbiamente misteriosi) oggetti potrebbero essere rappresentazioni stilizzate di uccelli o, non è improbabile crederlo, dei pesci volanti (Exocoetus volitans, Cypselurus poecilopterus, Cheilopogon melanurus, Exocoetus obtusirostris).
bassorilievo con un Vimana in alto a destra
disegno di un Vimana
«Tutto ha avuto inizio alcuni anni fa con il rinvenimento da parte dei cinesi di alcuni antichi manoscritti, a Lhasa, in Tibet. I testi, interamente in sanscrito e risalenti al 4° secolo a.C., furono inviati per la traduzione alla dottoressa Ruth Reyna dell’Università di Chandigarth. La scoperta è sorprendente e lascia tutti sbigottiti proprio perché la risposta non arriva da chicchessia ma dal più antico e prestigioso ateneo dell’India.
La raccolta di documenti riporta le indicazioni per la costruzione di aeromobili con un metodo di propulsione essenzialmente anti-gravitazionale basato su un sistema analogo al “Laghima” o potere della levitazione, una sconosciuta energia dell’ego, presente fisiologicamente nella struttura dell’uomo, paragonabile a una potente forza centrifuga, talmente forte da compensare tutte le spinte gravitazionali. A bordo di questi mezzi, chiamati “Astra” ma meglio conosciuti come “Vimana”, gli antichi indiani erano in grado di inviare ordini a uomini distaccati su altri pianeti. I testi fanno riferimento anche a potenti armi di distruzione di massa che ricordano molto da vicino le moderne bombe atomiche nonché a nozioni di dottrina tattica militare per soggiogare il nemico attraverso l’uso “dell’Antima” (invisibilità) o “il Garima” (pietrificazione degli avversari). […]»
La spiegazione del rinvenimento è molto approssimativa, priva di dettagli quali la località esatta, le condizioni dei reperti e il contesto al momento della scoperta. Inoltre non sono fornite informazioni circa la composizione dell’antico testo, se in prosa o in versi. La dott.ssa Reyna propose, nel 1967, l’ipotesi secondo cui antiche civiltà conoscessero l’aerodinamica applicata a velivoli sofisticati e a scopo di trasporto.
Le due “tattiche militari” ricorrono anche presso altre civiltà. L’esempio più prossimo per l’invisibilità è offerto dai poemi omerici in cui gli dei fanno spesso uso dell’invisibilità (6) mentre la pietrificazione è prerogativa dello sguardo di Medusa e un’analoga mutazione del corpo umano è menzionata nel celebre passo biblico della moglie di Lot. (7)
Dunque si hanno altri esempi in cui strani fenomeni fisici alteravano le proprietà fisiche dei corpi.
«Una colonna incandescente di fumo e fiamme brillante come mille soli si sollevò in tutto il suo splendore – così descrive l’antico Mahabarata gli effetti di tale arma – una saetta di ferro, un gigantesco messaggero di morte che ridusse in cenere l’intera razza dei Vrishnis e gli Andhakas. I cadaveri erano così bruciai da essere irriconoscibili. I capelli e le unghie caddero. Le ceramiche si ruppero senza alcuna ragione e gli uccelli diventarono bianchi. Dopo qualche ora tutte le riserve di cibo erano infette. Per sfuggire a questo fuoco, i soldati si lanciarono nei corsi d’acqua per lavare se stessi e il loro equipaggiamento
[…]
Chiunque legga questo passo del famoso poema epico indiano non può fare a meno di pensare alle 8:16 (ora locale) del 6 agosto 1945, quando gli americani sganciarono su Hiroshima la prima bomba atomica che provocò istantaneamente la morte di circa 130 mila persone. Quando gli archeologi trovarono i resti di Lanhka, una delle più importanti città dell’impero Rama, si trovarono dinanzi uno spettacolo impressionante: gli scheletri giacevano lungo le vie con le mani serrate e presentavano delle lesioni osteoarticolari come se fossero stati gettati nel vuoto da altezze molto elevate (anche qui è evidente l’effetto dell’atomica. La bomba, esplodendo tra i 400 e i 500 metri, con il proprio spostamento d’aria è in grado di schiacciare i corpi). Sembrerà incredibile, ma questi resti umani risultano essere tra i più radioattivi mai trovati prima, alla stessa stregua di quelli di Hiroshima e Nagasaki. Le strade erano completamente vetrificate, di un color nero intenso, frutto dello scioglimento dell’argilla per l’intenso calore.[…]»
Il pezzo di brano citato mostra un’evidente analogia con un altro passo biblico: quello che precede l’attraversamento del mar Rosso. Qui compare, tra il campo egizio e quello ebraico, un’invalicabile colonna di nubi oscure per i soldati del faraone e di fuoco e luce per Mosè e il suo popolo. E proprio le diciture “di fuoco-fiamme” e “di nube-fumo” rendono particolare l’affinità dei due episodi. (8)
Una colonna di fuoco non è necessariamente un’arma nucleare e qualora gli ebrei fossero stati in possesso di armi nucleari le avrebbero sicuramente utilizzate contro il faraone e il suo impero piuttosto che farsi incalzare in luoghi impervi. Meno probabile è l’ipotesi dell’utilizzo di fuochi d’artificio (introdotti per la prima volta in Cina nell’VIII secolo d.C.) e di polvere da sparo (ideata solo nel IX secolo d.C. sempre in Cina).
Il paragone con le bombe di Hiroshima e Nagasaki sembra troppo azzardato, in mancanza di dati certi, di reperti anche metallici che attestino l’uso di materiale esplosivo nucleare.
Non si può quindi escludere una deflagrazione dovuta a eventi collisivi di corpi celesti con la Terra i quali sprigionerebbero elevate quantità di energia (l’evento di Tunguska in Russia, nel 1908, sprigionò 10-15 megatoni).
Gli alberi della foresta di Tunguska dopo l’impatto dell’asteroide
«Per chi ancora crede che si tratti di pura fantasia o di una bellissima favola chiuda per sempre questa parentesi ma rifletta con attenzione: l’Egitto, il Perù, la Cina e molti altri paesi del mondo sono pieni di storie misteriose che col tempo stanno assumendo sempre più credibilità. Gli egiziani, ad esempio, erano abili osservatori e avevano scoperto un metodo “naturale” per spostare enormi pietre con l’uso di ultrasuoni; osservando la pianta di sesamo si erano resi conto che, in fase di maturazione, un minimo rumore, anche impercettibile per noi essere umani, era sufficiente per far “esplodere” le capsule del frutto, permettendo l’inseminazione del terreno. Conoscenze dimenticate nei secoli ma realmente applicabili! E cosa dire della famosissima “Lastra di Palenque” uno dei reperti archeologici più importanti e misteriosi della storia. Si tratta della copertura di un sarcofago Maya sulla quale è raffigurato un uomo in una strana posizione, quasi a guidare un veicolo dei nostri tempi, impegnato ad armeggiare con delle leve e con un oggetto triangolare inserito al naso. Anche questa una leggenda metropolitana? […]»
Il metodo “naturale” per spostare enormi pietre non è mai stato documentato fino ad oggi.
L’ultima citazione, evitabile, chiama in questione la famosa Lastra di Palenque, un bassorilievo su pietra raffigurante un’unica scena in cui, nella parte del registro inferiore, un uomo è accomodato su un podio e circondato da quattro elementi verticali ricurvi mentre, nel registro medio-superiore un elemento centrale si erge verticalmente e da esso si allungano due travi orizzontali che sorreggono un doppio serpente piumato.
Semplicissima è l’interpretazione di questo capolavoro artistico: il re maya Pakal (VII secolo d.C.) è raffigurato come divinità-pianta del mais nell’atto della nascita dal terreno. Il serpente piumato è il famoso dio maya Kukulkàn, noto anche nella mitologia azteca come Quetzalcoatl.
Lastra di Palenque
Conclusioni
Ogni traguardo raggiunto dalla ricerca - con rigore scientifico e con analogie tra reperti, iconografie, letterature e altri elementi che aiutino una più profonda conoscenza del mondo antico - può certamente essere rimesso in discussione, e persino confutato da nuove scoperte, ma non può essere scavalcato a piè pari da sofismi e teorie senza alcun fondamento epistemologico. Spesso il web, la tv e i grandi mezzi di comunicazione di massa si gettano sulla notizia “accattivante”, e poco importa loro se sia vera o meno.
ArcheoGuida e ArcheoRivista, per il loro carattere di rivista scientifica, si propongono l’obiettivo di fare luce sul meraviglioso mondo del passato invitando ogni lettore a documentarsi, e a mettere anche in dubbio ogni ipotesi suggerita, affinché la ricerca non sia mera opera tassonomica e schematica individuazione di nozioni ma intelligente confronto di dati.
Note
(1) Il testo dell’articolo di Roberto Mattei è consultabile al link: http://www.2duerighe.com/attualita/1139-quindicimila-avanti-cristo-quando-gli-aerei-si-alzarono-per-la-prima-volta-in-volo.html
(2) F. VINCI 1995, Omero nel Baltico. Saggio sulla geografia omerica; F. VINCI 2008, Omero nel Baltico. Le origini nordiche dell’Odissea e dell’Iliade.
(3) http://www.cicap.org/new/articolo.php?id=100245
(4) http://www.cicap.org/new/articolo.php?id=100259; http://www.archeorivista.it/009074_pavia-mostra-sul-meccanismo-di-antikythera/
(5) http://www.cicap.org/new/articolo.php?id=100466
(6) Degli innumerevoli episodi sull’invisibilità utilizzata dagli dei omerici cito il primo fra questi: “Atena […] per la chioma bionda prese il Pelide, a lui solo visibile; degli altri nessuno la vide.”, Iliade I, 197-198, a cura di Rosa Calzecchi Onesti.
(7) “…e diventò una colonna di sale.”, Genesi 19, 26.
(8) Esodo 14, 19-24.
Fonte: Archeorivista
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la statuina detta"l'astronauta senza testa" è stata datata, dalla scienza ufficiale, al 1000 a.C. Ha una risposta anche per questo oggetto?
RispondiEliminaAntonio
No, lei cosa propone?
RispondiEliminaScrive Rolando Berretta
RispondiEliminaOOPArt è l’acronimo inglese di Out of Place Artifact (Reperti fuori posto) e viene usato per indicare quei manufatti che si trovano al di fuori del proprio contesto storico, rappresentando dei veri e propri anacronismi. Si entra, però, in settori nei quali, un archeologo, è impreparato. Faccio un esempio. Ad Olbia è stato rinvenuto un frammento di un piccolo ingranaggio del 150. a.C. I denti dell’ingranaggio sono degni degli orologi del 1700. La –meccanica- che c’è dietro è notevole. Di contro i denti degli ingranaggi della macchinetta di Antikitera sono triangolari e, di conseguenza, sono soggetti ad usura e si bloccano facilmente. Due meccaniche completamente diverse.
Per le lampade di Dendera il discorso è più delicato. Oltre ad una fonte di energia (tipo batteria a corrente continua) occorre un circuito di trasformazione in corrente alternata e un trasformatore in alta tensione sul tipo che si può trovare nelle automobili: batteria, puntine, spinterogeno e … candele. Come dire che dovevano avere un bagaglio di conoscenze notevoli. Se erano in grado di realizzare, poi, il comunissimo filo elettrico, con tanto di isolante, credo che si potrebbero fare tante di quelle ipotesi…quindi non gettiamo la croce sulle spalle degli archeologi. Anche un archeologo, però, qualche volta, cerca di vederci chiaro.
Il dott. Roberto Volterri è un archeologo che, tra le altre ricerche, da molti anni si preoccupa di indagare proprio su questi strani oggetti. Volevo segnalarlo.
Complimenti a lui.
Un gran misestrone ....
RispondiEliminaIn merito alle lampade di Dendera (1° secolo a.C.) riporto da Wikipedia
http://it.wikipedia.org/wiki/Lampade_di_Dendera
Gli egittologi invece li interpretano come simbologia integrata nella mitologia egiziana: il serpente primordiale che nasce da un fiore di loto è un mito egizio conosciuto e anche il sostegno è un simbolo ricorrente nell'arte egiziana, collegato con Osiride e raffigurante la sua spina dorsale. La scena dovrebbe pertanto rappresentare la costruzione di due santuari primordiali. A questo stesso ambito riporta il significato dei geroglifici iscritti.
http://en.wikipedia.org/wiki/Dendera_light
The view of Egyptologists is that the relief is a mythological depiction of a djed pillar and a lotus flower, spawning a snake within, representing aspects of Egyptian mythology. The Djed pillar is a symbol of stability which is also interpreted as the backbone of the god Osiris. In the carvings the four horizontal lines forming the capital of the djed are supplemented by human arms stretching out, as if the djed were a backbone. The arms hold up the snake within the lotus flower. The snakes coming from the lotus symbolize fertility, linked to the annual Nile flood.
Nel testo italiano si considera la possibilità che le “lampade” rappresentino la costruzione di due santuari primordiali, mentre nel testo inglese si sottolinea come la stabilità della civiltà egizia dipenda sia da Osiride sia dalla piena annuale del Nilo, dalla fertilità portata dalle acque.
E’ evidente che siamo su due piani differenti. Gli Egittologi si dimenticano di usare il condizionale e contradicendosi dimostrano che le loro ipotesi sono campate in aria.
Hi, thank you for your awesome post. I enjoy reading anything Area 51 Aliens related.
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