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venerdì 9 marzo 2012

Civiltà nuragica...i nostri avi.


Eccoli i nostri avi.
Ci osservano, si mostrano fieri, decisi, ma hanno tutti lo stesso sguardo interrogativo che pare suggerire una domanda: “Gli studiosi del XXI secolo d.C. capiranno chi siamo?”
Sembrano perplessi davanti alla nostra ignoranza. Erano convinti di aver lasciato una traccia indelebile nel tempo, un forte segnale che, attraversando i millenni, sarebbe arrivato forte e chiaro a illuminare la nostra ricerca. Ma
abbiamo perduto la memoria storica, non riusciamo più a distinguerli… eppure sono lì, a dimostrare con tutte le loro forze che parteciparono attivamente ad una società complessa e meravigliosa, in grado di produrre le più maestose architetture occidentali dell’epoca, e in grado al contempo di spingersi lungo il Mediterraneo per rapportarsi alle altre grandi civiltà del passato.
Osserviamoli con attenzione. Illustri studiosi li dividono in due gruppi: popolani e guerrieri o, con più scrupolo, Uta e Abini-Teti. Qualcuno, forse più informato, aggiunge Ogliastra, a dimostrazione che tanti visi non possono essere racchiusi in due sole categorie. Ma io vorrei invitarvi ad osservarli ancora più nel dettaglio, desidero far rivivere per un istante quei volti, voglio capire insieme a voi perché hanno tutti caratteristiche così singolari, tanto da aprire la mente ad ipotesi suggestive che vedono una classificazione ad personam.
Nell’immagine ho sezionato solo le espressioni, così da agevolare le comparazioni. Solo uno fra questi personaggi nuragici appare in tutta la sua eleganza: passo incedente egizio e segno sardo di saluto, a simboleggiare un legame che i millenni non hanno cancellato. Ricordo due grandi statue identiche trovate (mi pare da Bernardini) negli anni Novanta nella necropoli di Sant’Antioco.
Una è stata restaurata malamente e sicuramente sarebbe stato il caso di lasciarla come era. L’altra è stata conservata (tumulata nuovamente nella stessa tomba) perché le tracce di colore avrebbero forse svelato qualche segreto che non si vuole accettare. Ma passiamo oltre perché è troppo facile entrare in polemica quando le cose funzionano male.
Guardate i copricapo, gli occhi, la morfologia dei visi… sono quelli di tanti individui che appartenevano a popoli diversi, tutti rispettosi verso i sardi, tutti devoti nell’atto di offrire o impavidi guerrieri rappresentati nell’istante della sfilata dopo il trionfo.

Ecco cosa era la Sardegna: un luogo dove una moltitudine di popoli arrivava in segno di devozione, una terra nella quale le comunità si mescolavano fino a perdere l’identità originaria per diventare sardi. Vorrei che qualcuno dei lettori si cimentasse nel riconoscere alcuni volti. Io vedo magrebini, egizi, africani, orientali, sudamericani… e voi?

Il collage di immagini è tratto da Lilliu, 1966, sculture della Sardegna nuragica

7 commenti:

  1. Mi scusi Sig. Montalbano, ma non la seguo più. L'altra sera ci siamo "lasciati" sulle pagine di questo blog su due posizioni opposte, lei sostenendo che i nuraghi sono delle fortezze, una mirabile ragnatela di torri difensive e di controllo del territorio, giungendo a sostenere che i nuraghi costieri erano delle torri di avvistamento contro i nemici che giungevano dal mare, io che molto garbatamente, come anche lei d'altra parte, sostenevo come i nuraghi fossero già in nuce dei templi, e come proprio la bronzistica nuragica fosse rappresentativa, in particolare i bronzi di offerenti, di atti devozionali che, come scrivo nel mio libro "L'isola Sacra", offrivano i propri doni all'interno dei nuraghi come ampiamente dimostrato, almeno secondo la mia personale lettura, dalle stratigrafie restituite grazie al tanto lavoro svolto da esimi archeologi.
    Vedo con piacere che ora anche per lei l'isola dei nuraghi-fortezza si trasforma in meta d'arrivo di...... popoli che arrivavano in segno di devozione. Ma di chi le domando? delle torri-fortezza?
    L'aspetto che lei coglie in pieno questa sera, della diversità dei tratti somatici di tanti bronzetti, si riflette molto più compiutamente nei variegati abbigliamenti, testimoni di genti che provenivano dalle località più disparate, così come molto abilmente sottolineato dalla Demontis nel suo libro "Il popolo di bronzo".
    Colgo l'occasione per riportare un passo del mio lavoro dove sottolineo le parole di una tarda fonte (Filopono) che così descrive l'isola di Sardegna: secondo Filopono alcuni in cattiva salute partivano per essere guariti presso gli eroi, in Sardegna. "La fama di questo fenomeno aveva travalicato i confini della Sardegna attirando speranzosi infermi da luoghi lontani".
    Che dire dunque dei bronzi rappresentati nell'atto di gettare la gruccia? E' chiaro che le offerte votive non erano indirizzate solo verso la guarigione dai malanni, ma anche per altre problematiche come ben rappresentato nei bronzetti nuragici, non a caso definiti come ex-voto.

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  2. Buongiorno a lei Sig. Mulas. Potrebbe indicarmi, cortesemente, la frase in cui definisco fortezze i nuraghi? Mi sfugge...perché da anni affermo che sono edifici per il controllo del territorio (i monotorre), e palazzi con funzioni religiose, politiche e amministrative quelli a più torri con bastioni e cortine murarie. Ciò che le è sfuggito, almeno credo, è che ritengo che la bronzistica sia un fenomeno del Ferro, pertanto del periodo in cui i nuraghi non sono più costruiti. Gli edifici ancora in buono stato, qualora le comunità della zona siano disposte ad investire per una ristrutturazione, vengono adibiti a templi, con evidente funzione religiosa in quelle camere in cui troviamo altari, vasche e bracieri. I nuraghi costieri sono torri per il controllo delle coste...in Sardegna i commercianti (non ho mai parlato di nemici...nessuno tentò una conquista armata dell'isola fino al tentativo fallito dai cartaginesi con Malco) arrivavano a navigare sottocosta e dovevano raggiungere accordi per transitare o sbarcare negli approdi. Arrivo al suo libro. E' interessante leggere che "offerenti lasciavano i propri doni all'interno dei nuraghi", ma vorrei capire in quali secoli. Inoltre vorrei capire come inquadra i santuari caratterizzati dai pozzi (Sant'Anastasia, Santa Vittoria, Santa Cristina...), veri e propri depositi di offerte votive. La ringrazio per l'equilibrio nei commenti e per la pazienza con la quale affronta questo quotidiano.

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  3. Domenica 4 marzo, articolo a firma di Pierluigi Montalbano.

    "Furono costruiti anche lungo alcune coste dove costituiscono delle vere e proprie postazioni di sentinella per vigilare sul traffico marittimo: un nuraghe a doppia torre sorge persino sull'isola rocciosa Mal di Ventre nella penisola del Sinis. La posizione strategica della maggior parte dei nuraghi basta da sola a classificarli come opere fortificate idonee al controllo del territorio."

    "Un dettaglio tecnico, forse da collegare ad una maggiore possibilità di difesa, è costituito dai parapetti aggettanti delle torri......Consentivano ai difensori del nuraghe una maggior libertà di movimento e, grazie alla perpendicolarità risultava più facile impedire ad eventuali ladruncoli di scalare le oblique mura esterne."

    L'uso di determinata terminologia, quale: sentinella per vigilare, la posizione strategica della maggior parte dei nuraghi li classificano come opere FORTIFICATE idonee al controllo del territorio, o ancora i parapetti aggettanti delle torri consentivano ai DIFENSORI del nuraghe, determinano senza ombra di dubbio una visione del nuraghe come luogo di difesa. Come vede ho estrapolato solo alcuni passi dell'articolo pubblicato da lei su questo blog, non inventandomi nulla.
    Dal concetto di nuraghe-fortezza, poi, si è passati all'ambigua definizione del nuraghe come luogo dove si potevano svolgere un pò tutte le funzioni: religiose, politiche, amministrative, controllo del territorio e chi più ne ha più ne metta, così siamo sicuri di non incappare in un errore.
    Bisognerebbe poi spiegare una volta per tutte cosa si intende con l'affermazione: controllo del territorio. Tale concetto, a mio avviso, rimanda ancora una volta ad una visione militaristica dell'edificio nuraghe, poiché dal momento in cui si edifica una costruzione per controllare una porzione di territorio, è ben sottinteso il concetto di difesa di quel territorio e quindi il nuraghe assurge a luogo di difesa delle guarnigioni o sentinelle, che dir si voglia, le quali dovevano controllare ed eventualmente difendere i territori di propria competenza.
    Per quanto riguarda la bronzistica nuragica non è del tutto vero che essa sia un fenomeno pertinente alla sola età del Ferro, che secondo la cronologia dell' Ugas partirebbe dal 900 a.C.
    Eminenti studiosi/e affermano ormai con certezza, sulla base degli scavi archeologici, che l'inizio della bronzistica nuragica vada rialzato almeno al Bronzo Finale. Che ne pensa lei dei bronzi rinvenuti all'interno del nuraghe Pizzinnu di Posada? a quale periodo può datarli dato il loro contesto di ritrovamento?
    Gli studiosi affermano che dalla fine del Bronzo Finale (X sec. a.C.) non si edificarono più nuraghi. Questo assunto può essere anche condivisibile, ecco allora il sorgere e l'affermarsi di nuove realtà santuriali (Sant'Anastasia, Santa Vittoria, Santa Cristina, Su Romanzesu...) dove venne data la precedenza a nuovi e più "economici", in termini di impegno costruttivo, luoghi di culto, gli stessi pozzi da lei citati, ma anche i templi a megaron, solo a Su Romanzesu se ne contano almeno tre, le rotonde.
    Non può essere solo un caso, infatti, che proprio a Santa Vittoria di Serri gli stessi nuragici smantellarono ed inglobarono all'interno del villaggio-santuario un nuraghe, riutilizzandone i materiali per la costruzione dei nuovi luoghi di culto.

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  4. Il concetto controllo del territorio = visione militaristica è errato. Il controllo e la difesa del territorio occupato dal clan sono manifestazioni con le quali una comunità gestisce la vallata nella quale ha deciso di insediarsi.. Nessuna guerra, nessun nemico (se non per questioni di pascolo o di piccole azioni piratesche o bardane. Dovrebbe leggere l'articolo sul "Sistema Onnis", o partecipare ai convegni nei quali spieghiamo nel dettaglio in cosa consiste la difesa strategica di un'area antropizzata. Chi rialza la bronzistica al Bronzo Finale non lo fa su dati stratigrafici ma su sensazioni personali, lecite ma non applicabili all'archeologia. I pozzi sono più antichi, risalgono al Bronzo Recente e Finale. Non sono legati ai nuraghi. Le rotonde, invece, sono costruite sui crolli del X a.C., pertanto sono ascrivibili all'inizio del Ferro o, al massimo, alla fine del X a.C.

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  5. Attribuire esclusivamente la funzione fortezza o la funzione tempio al nuraghe è un grave errore interpretativo. Oggi con i blocchetti si costruiscono scuole, ospedali, chiese, case e palestre, all'epoca si costruivano torri di controllo, templi, tombe, palestre, granai, case e recinti per gli animali. Continuare a insistere sul concetto fortezza o tempio significa brancolare nel buio più totale.

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  6. La bronzistica nuragica rialzata al Bronzo Finale è un dato assodato su solide basi stratigrafiche, legga, se vuole, i resoconti di scavo del nuraghe Cuccurada e il ritrovamento del bottone nuragico con scena di caccia, solo per fare un esempio. Per quanto riguarda il sistema Onnis mi piacerebbe tantissimo assistere ad un convegno per poter approfondire al meglio i criteri su cui si fonda tale teoria, con la consapevolezza che ogni ipotesi non ha di certo la verità in tasca.
    Cordiali saluti

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  7. Il bottone non è un bronzetto, mi riferivo a bronzetti e navicelle. Sarò felice se volesse partecipare alle nostre presentazioni...siamo sempre alla ricerca di nuovi indizi e i convegni aiutano a mettere a punto il "Sistema" ascoltando le osservazioni dei partecipanti e verificando nuovi dati. La verità è ancora lontana, anche perché andando avanti nel lavoro ci accorgiamo che le radici della tipologia di insediamento sono da ascrivere alle popolazioni prenuragiche.

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