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martedì 4 ottobre 2022

La rivolta delle janas curdo-iraniane. Articolo di Andrea Deplano.

La rivolta delle janas curdo-iraniane.

Articolo di Andrea Deplano.



"L’atroce uccisione della giovane curda Mahsa Jina Amini, in Iran nel mese di settembre 2022, ha imposto all’attenzione del mondo intero la condizione femminile in quel Paese.
Le manifestazioni di migliaia di ragazze e donne, contro un sistema che annulla l’essere femminile negandogli, di fatto, la partecipazione attiva alla vita politica, economica e sociale, suscitano scarsa attenzione fra gli europei.
Lo slogan che incita ‘vita e libertà’ per le zan (donna, moglie) diffonde il termine curdo-persiano zan [’dzan] nel mondo occidentale e si pone come pendant con il sardo jana.
Le basi etimologiche di quella parola si ritrovano nel dizionario di accadico CAD.
L’accadico ḫannāmu [dzan’namu] ‘femme très fertile / donna molto fertile’, indica con tutta evidenza un soggetto di genere femminile giunto all’età della fertilità e perciò in grado di procreare. Nella gran parte delle società umane è il momento in cui la bambina diventa donna, cioè ‘capace di riprodursi’.
È strabiliante che nella gran parte delle lingue del mondo contemporaneo esista ancora l’espressione ‘si è fatta donna’, ad indicare uno stadio in cui un essere umano è votato a subire un ruolo di subalternità verso un altro genere umano.
Il suono della parola curdo-persiana zan si ritrova nel sardo zana [’dzana] legato al monumento archeologico della fase del megalitismo isolano: la domus de jana(s).
Il sostantivo jana ha molteplici rese fonetiche a seconda delle diverse varietà liinguistiche della Sardegna. Passa da una forma di jod [’jana], al suono palatalizzato [’ʒana] (come nel francese j) per giungere fino alla pronuncia [’ûana] assai diffusa fra le donne sarde.
I nomi dei luoghi in cui si trovano questi monumenti megalitici rinviano spesso a ‘luogo in cui lasciare la terra’ (vd Luchiddài a Dorgali) o ‘luogo del riposo sacro’ (cfr Paschedda a Dorgali).
Si è soliti far intendere jana come continuatore del latino Diana, e tanto basta.
Nulla sappiamo, tuttavia, delle società che hanno preceduto la civiltà nuragica in Sardegna.
La grande produzione di manufatti lapidei raffiguranti la madre mediterranea porta a pensare che in Sardegna esistesse una società al femminile in cui la donna, mere della capacità di procreare, detentrice del sapere della medicina, delle erbe, dell’astronomia e quindi dell’agricoltura e dell’allevamento, potesse eleggere quei monumenti quale sacra sede di un esercizio spirituale e materiale espresso in seno ad una popolazione in cui il genere femminile non soffriva forme di sottrazione di valore e, anzi, viveva con grande dignità l’ufficio che la conoscenza assegnava a queste persone. Anche in àmbito religioso poiché questo non fu mai appannaggio esclusivo dell’uomo".
Foto di Nicola Castangia
Domus de janas Borucca di Budduso'
Un blocco di granito che forse per uno smottamento si è spostato dalla posizione originaria e oggi è in posizione obliqua rispetto al piano pavimentale.

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