domenica 2 settembre 2012
Sparta, Atene e le guerre greche.
Sparta e Atene, eterne rivali
Nel V a.C. la Grecia era divisa in centinaia di polis, città-stato indipendenti. La dimensione di queste polis variava, e comprendeva un centro urbano, dove si concentrava la maggior parte della popolazione e dove erano situati i principali edifici pubblici, e una parte rurale che circondava il centro urbano. Le polis erano governate da un governo democratico o da uno oligarchico.
Atene era una città-stato piuttosto grande, che comprendeva la penisola dell'Attica, di cui era il centro politico e religioso. Gli Ateniesi erano governati da una costituzione democratica: le decisioni importanti erano prese dall'Assemblea, alla quale partecipavano tutti i cittadini adulti di sesso maschile. L'Assemblea si riuniva regolarmente per discutere proposte su temi importanti, presentate da un comitato. Chiunque poteva intervenire e portare la sua proposta, a meno che quest'ultima fosse contraria alle leggi approvate. Alcuni comitati minori si occupavano delle questioni finanziarie, amministrative e della vita quotidiana.
Il più importante di questi comitati era il Consiglio dei Cinquescento, composto da 500 uomini scelti tra tutti i cittadini di almeno trent'anni di età, che predisponeva gli argomenti da trattare nelle riunioni. Assemblea, Consiglio e comitati garantivano agli Ateniesi di sesso maschile un'ampia partecipazione al governo della città, anche se questi organi amministrativi erano controllati dai gruppi politici composti dagli aristocratici, i quali erano ascoltati e rispettati in nome dell'educazione che ricevettero, della nobiltà del lignaggio e dell'esperienza accumulata in campo militare.
Uno dei personaggi più influenti durante il periodo in cui Atene si confrontò con l'eterna rivale Sparta, fu Cimone, ma il politico più influente del V a.C. fu Pericle, figlio di Santippo, ricco, ben educato, buon comandante e ottimo oratore. Fu proprio la sua straordinaria eloquenza che convinse i cittadini a eleggerlo stratega anno dopo anno. Fece approvare proposte di impegno politico e risorse finanziarie a vantaggio dei cittadini più poveri di Atene.
Sparta era al centro del territorio fertile della Laconia o Lacedemonia. A differenza dalla rivale Atene, aveva pochissimi edifici pubblici e raggruppava cinque villaggi. Gli Spartani svilupparono un sistema che combinava elementi monarchici e democratici all'interno di una sostanziale oligarchia. Mantennero il loro re quando le altre città-stato greche li cacciarono dal loro ordinamento politico. Anzi, gli Spartani avevano addirittura due re, il cui compito era di occuparsi di questioni sia militari sia religiose.
Le decisioni più importanti, nella vita di Sparta, erano prese da un'assemblea di cittadini adulti di sesso maschile. I cittadini comuni non avevano possibilità di discutere le decisioni, erano chiamati solamente a indicare accordo o disaccordo su quelle decisioni. Le questioni importanti erano dibattute da piccoli gruppi di funzionari eletti.
Annualmente gli Spartani eleggevano un consiglio di cinque magistrati sorveglianti chiamati efori, che detenevano poteri esecutivi, disciplinari e giudiziari su tutta la popolazione della Laconia, compresi i due re di Sparta. Gli efori restavano in carica un solo anno e non erano rieleggibili. Vi era, poi, una Gherusia, un consiglio di anziani con carica a vita, formato da 28 membri eletti dai concittadini. Di solito la nomina poteva essere fatta dopo il compimento del sessantesimo anno di età. Costoro dovevano supervisionare l'osservanza delle leggi e delle consuetudini di Sparta con particolare attenzione all'educazione e alla disciplina dei cittadini. Svolgevano un compito consultivo, per quanto riguardava le decisioni più importanti, nei confronti degli efori e dei re; discutevano, inoltre, le proposte da presentare all'assemblea dei cittadini, fungevano da corte nei processi politici o nelle inchieste sul comportamento dei re o degli alti dirigenti Spartani. Facevano parte della Gherusia anche i due re, che esercitavano un ruolo determinante nelle delibere.
Mentre, nelle assemblee cittadine di Atene, i partecipanti sceglievano la maggioranza per alzata di mano, nelle assemblee di Sparta le decisioni erano prese in base al volume delle acclamazioni ricevute dall'assemblea dei cittadini in favore di una proposta o di un candidato da eleggere. Questo metodo era facilmente manipolabile da parte dei giudici che presiedevano l'assemblea.
Gli eserciti ateniesi erano guidati da uno o più membri di un consiglio di dieci strateghi, o generali, che ogni anno erano eletti dai cittadini. Alcuni di questi, e Cimone e Pericle ne furono un esempio, potevano essere rieletti più di una volta. I generali erano giudicati dall’assemblea, che funzionava anche da tribunale, e a volte erano rimproverati per le azioni compiute. Il potere sovrano del popolo nei confronti dei suoi generali inibiva molto le azioni di questi ultimi.
L'intero esercito spartano poteva essere guidato solo da uno dei suoi re o da un reggente, se i re non fossero stati in grado di prendere il comando. Nelle campagne militari i re erano accompagnati dagli efori che potevano perseguire il re davanti a una corte formata da loro stessi e dalla Gherusia, qualora avessero considerato inappropriate le decisioni dei re al comando dell'esercito. Nelle spedizioni in campi di battaglia più lontani s’inviavano legioni guidate da ufficiali spartani appositamente nominati, ai quali era concessa grande libertà di azione nel decidere le operazioni militari.
Gli storici hanno stimato che nel 431 a.C. il numero dei cittadini ateniesi adulti, di sesso maschile, era di 40.000 unità. Di questi, 1000 erano ricchi abbastanza per essere cavalieri e mantenere la loro cavalcatura. Fra i rimanenti, 20.000 erano idonei a essere utilizzati come opliti, soldati di fanteria pesante che costituivano il cuore di un esercito; la metà poteva essere chiamata a combattere in qualsiasi momento.
Le forze che Atene poteva mettere in campo in un conflitto, dunque, erano composte dai propri cittadini e dai cittadini delle polis alleate, integrati da mercenari. Atene fu spesso al comando di flotte ed eserciti provenienti dalla Lega di Delo, nel corso del IV a.C. Tucidite descrive le forze inviate, nel 415 a.C., in una spedizione in Sicilia: 5.100 opliti o soldati di fanteria pesante, dei quali 2.200 erano cittadini ateniesi, 750 mercenari del Peloponneso e 2.150 erano forniti dagli alleati della Lega di Delo. La flotta di 134 triremi da guerra era composta di 100 navi ateniesi e 34 alleate, per la maggior parte provenienti dall'isola di Chio.
I cittadini di Sparta di sesso maschile, detti spartiates, si allenavano incessantemente come opliti. Era la loro sola occupazione, in quanto le terre che possedevano erano coltivate dagli schiavi. Il loro allenamento iniziava intorno ai 5-6 anni di età e continuava fino ai 18. Partecipavano alle sedute delle assemblee cittadine e prendevano parte alle spedizioni militari. Facevano anche parte di una comunità conviviale, il syssition, formata ciascuna da 15 spartani che si allenavano, si esercitavano, mangiavano e lottavano insieme. I componenti di un syssition appartenevano teoricamente tutti allo stesso livello sociale e contribuivano alla scorta comune di provviste. Nel caso non potessero permettersi un contributo, decadevano dalla qualifica.
Nel momento di massima consistenza queste comunità arrivarono a contare 10.000 unità. A volte, gli Spartani ricorrevano anche alla popolazione maschile della Laconia, in particolare ai perieci, quelli che "abitano intorno". Questi vivevano in comunità autonome e lavoravano come contadini, commercianti o artigiani. Erano i perieci a forgiare le armi degli spartani e a modellare gli oggetti in uso nella vita quotidiana: vasellame, mobili, stoffe. In guerra combattevano al fianco degli Spartani come opliti.
Quando combattevano contro uno stato greco come Atene, gli Spartani chiamavano alle armi anche gli alleati della Lega del Peloponneso. I più vicini erano gli stati dell'Arcadia, una regione montuosa a nord-ovest della Laconia. Questi alleati fornivano la maggioranza degli opliti a ogni esercito spartano.
Ma gli Spartani facevano ampio ricorso anche alla popolazione schiava della Laconia e della Messenia, chiamati comunemente iloti, che discendevano da un popolo conquistato e schiavizzato in occasione di una serie di guerre vinte dagli Spartani a partire dall’VIII a.C.. Gli iloti della Laconia accompagnavano gli Spartani in guerra come addetti al vettovagliamento o come soldati armati alla leggera. Durante la guerra del Peloponneso gli iloti furono "ingaggiati" anche come rematori e marinai sui vascelli spartani. In casi eccezionali, poi, gli iloti erano addestrati al combattimento come opliti, con l'accordo che avrebbero ottenuto la libertà al termine della campagna militare per la quale erano stati ingaggiati.
Per gli Spartani era "normale" ricorrere all'uso della violenza fisica al fine di mantenere disciplina e obbedienza nell'esercito. Fin dall'inizio della carriera, quando i piccoli erano addestrati al combattimento, gli Spartani venivano picchiati dai ragazzi più grandi e dai loro superiori. I cittadini Spartani erano addirittura incoraggiati a usare violenza nei confronti degli iloti. Ogni anno gli efori dichiaravano guerra agli iloti, un atto rituale il cui scopo era quello di eliminare gli elementi che creavano più problemi mantenendo il resto degli iloti in un costante stato di terrore. Gli iloti, comunque, restavano l'autentica forza produttiva dello stato spartano.
Per gli Spartani, durante il periodo classico, la preoccupazione principale fu quella di mantenere una posizione dominante sulla popolazione ridotta in schiavitù, gli iloti, essenziali al mantenimento del loro stile di vita. Non fu un compito facile, e questo continuo bisogno di tenere soggiogate le popolazioni conquistate fu alla base della reticenza degli Spartani a inviare un gran numero di cittadini in campagne fuori dal Peloponneso.
Secondo lo storico greco Tucidide, la scintilla che provocò la guerra del Peloponneso fu la convinzione degli Spartani e dei loro alleati che gli Ateniesi avessero infranto i patti stipulati all'indomani della guerra dei Trent'anni. La clausola principale era la garanzia che nessuno stato si sarebbe privato della sua autonomia, dunque sia Sparta sia Atene potevano continuare a curare i propri interessi.
Gli Spartani, sottoposti alle pressioni dei loro alleati affinché operassero più efficacemente nel contenere l'espansionismo ateniese, nel 432 a.C. invitarono le parti a esporre le ragioni del contendere dinnanzi all'Assemblea spartana. Tra gli stati più convinti della necessità di una nuova guerra vi era Corinto, che mal vedeva l'appoggio che Atene forniva a Corcyra (odierna Corfù), che da molto tempo desiderava liberarsi dell'influenza corinzia. Lo stato di tensione tra Corinto e Corcyra era sfociato, nel 433 a.C., in una battaglia navale dagli esiti ambigui anche se la flotta di Corinto non riuscì a prendere Corcyra. Quest'ultima possedeva la seconda flotta più importante della Grecia e la sua alleanza con Atene era guardata con notevole sospetto, poiché interferiva negli affari di Corinto.
Un'altra lamentela che Corinto aveva da fare nei confronti di Atene, riguardava il comportamento ateniese nei confronti di Potidea. Questa città, situata sulla punta più occidentale della penisola calcidica, fu fondata dai Corinzi e ogni anno ospitava gli epidemiurghi, magistrati-ispettori provenienti da Corinto. Potidea era coinvolta nella Lega di Delo e la sua vicinanza alla Macedonia la rendeva strategicamente importante. Re di Macedonia, in quegli anni, era Perdicca, ex alleato di Atene, che sobillava le città calcidiche affinché si ribellassero. Queste città si erano riunite in una lega capeggiata dalla città di Olinto. Atene intimò Potidea di rimandare a casa i magistrati Corinzi e di smantellare le sue fortificazioni. Potidea chiese l'aiuto di Sparta e della Lega del Peloponneso e ottenne la promessa che se Atene avesse attaccato Potidea, gli Spartani avrebbero invaso l'Attica.
Poiché da Potidea gli Ateniesi ricavano notevoli contributi, Atene assediò la città che si avvalse, allora, del supporto di Corinto e di mercenari del Peloponneso. Per questo Corinto lamentava che Atene violava i patti successivi alla guerra dei Trent'anni e spingeva Sparta a invadere l'Attica.
Anche la città di Megara aveva di che lamentarsi nei confronti di Atene, che l'aveva esclusa dai suoi porti e dai suoi mercati con un decreto dell'Assemblea. L'intento di Atene era quello di spingere i Megaresi a rompere la loro alleanza con Sparta. Alle proteste dei Megaresi si aggiunsero quelle degli abitanti dell'isola di Egina, minacciati dall'invadenza di Atene, del cui impero facevano parte dal 458 a.C.. Egina era una base ideale per condurre attacchi navali contro Atene e di questo gli Ateniesi erano ben consapevoli. Nel 432 a.C. fu installato un presidio ateniese sull'isola. Nel contempo furono ridotti i tributi che gli abitanti versavano ad Atene ma l'autonomia dell'isola era ancora lontana e ciò andava contro i patti successivi alla guerra dei Trent'anni.
Dopo aver ascoltato le lamentele delle varie città e le argomentazioni ateniesi, gli Spartani allontanarono tutti dal luogo dell'Assemblea, eccetto degli spartiati. Gli Spartani erano molto irritati dall'atteggiamento ateniese e i loro alleati li convinsero della malafede di Atene. La dichiarazione di guerra, pertanto, fu naturale.
Uno dei re di Sparta, Archidamo, si mostrò prudente nel dichiarare guerra ad Atene, il cui impero era esteso e che avrebbe, proprio per questo, potuto sostenere anche un lungo conflitto. Archidamo consigliò, pertanto, di inviare delle missioni diplomatiche per negoziare accordi e, nel contempo, reclutare nuovi alleati e risorse per prepararsi alla guerra. L'eforo Stenelaida, invece, manifestò apertamente la sua avversione per la prepotenza ateniese, considerandola un oltraggio inaccettabile. Messa ai voti la questione, non si riuscì a stabilire se fossero più alte le grida per chi era favorevole o per chi era contrario all'entrata in guerra. Stenalaida chiese, pertanto, agli Spartani di dividersi in due gruppi e fu a questo punto che si ebbe certezza che la maggioranza era favorevole a una guerra immediata contro Atene.
Gli Spartani inviarono i loro emissari ad Atene per cercare una soluzione. Fu sollevata, in questo contesto, la questione dell'autonomia di Egina e Potidea anche se il punto sul quale si discusse più animatamente fu il decreto di Megara, che gli Ateniesi si rifiutarono di rescindere. Un ambasciatore di Sparta, allora, consegnò l'ultimatum.
L'Assemblea ateniese fu rapidamente riunita. Pericle era del parere che accondiscendere alle richieste spartane avrebbe significato indurre Sparta ad avanzarne altre. Incitò, pertanto, gli Ateniesi a replicare agli Spartani di non interferire negli affari interni dei proprio alleati e propose di sottoporre il problema dell'infrazione della pace dei Trent'anni ad arbitrati. A questo punto gli Spartani abbandonarono l'Assemblea. Fu questo l'inizio delle ostilità.
Fonte: Le Nebbie del Tempo.
Nel V a.C. la Grecia era divisa in centinaia di polis, città-stato indipendenti. La dimensione di queste polis variava, e comprendeva un centro urbano, dove si concentrava la maggior parte della popolazione e dove erano situati i principali edifici pubblici, e una parte rurale che circondava il centro urbano. Le polis erano governate da un governo democratico o da uno oligarchico.
Atene era una città-stato piuttosto grande, che comprendeva la penisola dell'Attica, di cui era il centro politico e religioso. Gli Ateniesi erano governati da una costituzione democratica: le decisioni importanti erano prese dall'Assemblea, alla quale partecipavano tutti i cittadini adulti di sesso maschile. L'Assemblea si riuniva regolarmente per discutere proposte su temi importanti, presentate da un comitato. Chiunque poteva intervenire e portare la sua proposta, a meno che quest'ultima fosse contraria alle leggi approvate. Alcuni comitati minori si occupavano delle questioni finanziarie, amministrative e della vita quotidiana.
Il più importante di questi comitati era il Consiglio dei Cinquescento, composto da 500 uomini scelti tra tutti i cittadini di almeno trent'anni di età, che predisponeva gli argomenti da trattare nelle riunioni. Assemblea, Consiglio e comitati garantivano agli Ateniesi di sesso maschile un'ampia partecipazione al governo della città, anche se questi organi amministrativi erano controllati dai gruppi politici composti dagli aristocratici, i quali erano ascoltati e rispettati in nome dell'educazione che ricevettero, della nobiltà del lignaggio e dell'esperienza accumulata in campo militare.
Uno dei personaggi più influenti durante il periodo in cui Atene si confrontò con l'eterna rivale Sparta, fu Cimone, ma il politico più influente del V a.C. fu Pericle, figlio di Santippo, ricco, ben educato, buon comandante e ottimo oratore. Fu proprio la sua straordinaria eloquenza che convinse i cittadini a eleggerlo stratega anno dopo anno. Fece approvare proposte di impegno politico e risorse finanziarie a vantaggio dei cittadini più poveri di Atene.
Sparta era al centro del territorio fertile della Laconia o Lacedemonia. A differenza dalla rivale Atene, aveva pochissimi edifici pubblici e raggruppava cinque villaggi. Gli Spartani svilupparono un sistema che combinava elementi monarchici e democratici all'interno di una sostanziale oligarchia. Mantennero il loro re quando le altre città-stato greche li cacciarono dal loro ordinamento politico. Anzi, gli Spartani avevano addirittura due re, il cui compito era di occuparsi di questioni sia militari sia religiose.
Le decisioni più importanti, nella vita di Sparta, erano prese da un'assemblea di cittadini adulti di sesso maschile. I cittadini comuni non avevano possibilità di discutere le decisioni, erano chiamati solamente a indicare accordo o disaccordo su quelle decisioni. Le questioni importanti erano dibattute da piccoli gruppi di funzionari eletti.
Annualmente gli Spartani eleggevano un consiglio di cinque magistrati sorveglianti chiamati efori, che detenevano poteri esecutivi, disciplinari e giudiziari su tutta la popolazione della Laconia, compresi i due re di Sparta. Gli efori restavano in carica un solo anno e non erano rieleggibili. Vi era, poi, una Gherusia, un consiglio di anziani con carica a vita, formato da 28 membri eletti dai concittadini. Di solito la nomina poteva essere fatta dopo il compimento del sessantesimo anno di età. Costoro dovevano supervisionare l'osservanza delle leggi e delle consuetudini di Sparta con particolare attenzione all'educazione e alla disciplina dei cittadini. Svolgevano un compito consultivo, per quanto riguardava le decisioni più importanti, nei confronti degli efori e dei re; discutevano, inoltre, le proposte da presentare all'assemblea dei cittadini, fungevano da corte nei processi politici o nelle inchieste sul comportamento dei re o degli alti dirigenti Spartani. Facevano parte della Gherusia anche i due re, che esercitavano un ruolo determinante nelle delibere.
Mentre, nelle assemblee cittadine di Atene, i partecipanti sceglievano la maggioranza per alzata di mano, nelle assemblee di Sparta le decisioni erano prese in base al volume delle acclamazioni ricevute dall'assemblea dei cittadini in favore di una proposta o di un candidato da eleggere. Questo metodo era facilmente manipolabile da parte dei giudici che presiedevano l'assemblea.
Gli eserciti ateniesi erano guidati da uno o più membri di un consiglio di dieci strateghi, o generali, che ogni anno erano eletti dai cittadini. Alcuni di questi, e Cimone e Pericle ne furono un esempio, potevano essere rieletti più di una volta. I generali erano giudicati dall’assemblea, che funzionava anche da tribunale, e a volte erano rimproverati per le azioni compiute. Il potere sovrano del popolo nei confronti dei suoi generali inibiva molto le azioni di questi ultimi.
L'intero esercito spartano poteva essere guidato solo da uno dei suoi re o da un reggente, se i re non fossero stati in grado di prendere il comando. Nelle campagne militari i re erano accompagnati dagli efori che potevano perseguire il re davanti a una corte formata da loro stessi e dalla Gherusia, qualora avessero considerato inappropriate le decisioni dei re al comando dell'esercito. Nelle spedizioni in campi di battaglia più lontani s’inviavano legioni guidate da ufficiali spartani appositamente nominati, ai quali era concessa grande libertà di azione nel decidere le operazioni militari.
Gli storici hanno stimato che nel 431 a.C. il numero dei cittadini ateniesi adulti, di sesso maschile, era di 40.000 unità. Di questi, 1000 erano ricchi abbastanza per essere cavalieri e mantenere la loro cavalcatura. Fra i rimanenti, 20.000 erano idonei a essere utilizzati come opliti, soldati di fanteria pesante che costituivano il cuore di un esercito; la metà poteva essere chiamata a combattere in qualsiasi momento.
Le forze che Atene poteva mettere in campo in un conflitto, dunque, erano composte dai propri cittadini e dai cittadini delle polis alleate, integrati da mercenari. Atene fu spesso al comando di flotte ed eserciti provenienti dalla Lega di Delo, nel corso del IV a.C. Tucidite descrive le forze inviate, nel 415 a.C., in una spedizione in Sicilia: 5.100 opliti o soldati di fanteria pesante, dei quali 2.200 erano cittadini ateniesi, 750 mercenari del Peloponneso e 2.150 erano forniti dagli alleati della Lega di Delo. La flotta di 134 triremi da guerra era composta di 100 navi ateniesi e 34 alleate, per la maggior parte provenienti dall'isola di Chio.
I cittadini di Sparta di sesso maschile, detti spartiates, si allenavano incessantemente come opliti. Era la loro sola occupazione, in quanto le terre che possedevano erano coltivate dagli schiavi. Il loro allenamento iniziava intorno ai 5-6 anni di età e continuava fino ai 18. Partecipavano alle sedute delle assemblee cittadine e prendevano parte alle spedizioni militari. Facevano anche parte di una comunità conviviale, il syssition, formata ciascuna da 15 spartani che si allenavano, si esercitavano, mangiavano e lottavano insieme. I componenti di un syssition appartenevano teoricamente tutti allo stesso livello sociale e contribuivano alla scorta comune di provviste. Nel caso non potessero permettersi un contributo, decadevano dalla qualifica.
Nel momento di massima consistenza queste comunità arrivarono a contare 10.000 unità. A volte, gli Spartani ricorrevano anche alla popolazione maschile della Laconia, in particolare ai perieci, quelli che "abitano intorno". Questi vivevano in comunità autonome e lavoravano come contadini, commercianti o artigiani. Erano i perieci a forgiare le armi degli spartani e a modellare gli oggetti in uso nella vita quotidiana: vasellame, mobili, stoffe. In guerra combattevano al fianco degli Spartani come opliti.
Quando combattevano contro uno stato greco come Atene, gli Spartani chiamavano alle armi anche gli alleati della Lega del Peloponneso. I più vicini erano gli stati dell'Arcadia, una regione montuosa a nord-ovest della Laconia. Questi alleati fornivano la maggioranza degli opliti a ogni esercito spartano.
Ma gli Spartani facevano ampio ricorso anche alla popolazione schiava della Laconia e della Messenia, chiamati comunemente iloti, che discendevano da un popolo conquistato e schiavizzato in occasione di una serie di guerre vinte dagli Spartani a partire dall’VIII a.C.. Gli iloti della Laconia accompagnavano gli Spartani in guerra come addetti al vettovagliamento o come soldati armati alla leggera. Durante la guerra del Peloponneso gli iloti furono "ingaggiati" anche come rematori e marinai sui vascelli spartani. In casi eccezionali, poi, gli iloti erano addestrati al combattimento come opliti, con l'accordo che avrebbero ottenuto la libertà al termine della campagna militare per la quale erano stati ingaggiati.
Per gli Spartani era "normale" ricorrere all'uso della violenza fisica al fine di mantenere disciplina e obbedienza nell'esercito. Fin dall'inizio della carriera, quando i piccoli erano addestrati al combattimento, gli Spartani venivano picchiati dai ragazzi più grandi e dai loro superiori. I cittadini Spartani erano addirittura incoraggiati a usare violenza nei confronti degli iloti. Ogni anno gli efori dichiaravano guerra agli iloti, un atto rituale il cui scopo era quello di eliminare gli elementi che creavano più problemi mantenendo il resto degli iloti in un costante stato di terrore. Gli iloti, comunque, restavano l'autentica forza produttiva dello stato spartano.
Per gli Spartani, durante il periodo classico, la preoccupazione principale fu quella di mantenere una posizione dominante sulla popolazione ridotta in schiavitù, gli iloti, essenziali al mantenimento del loro stile di vita. Non fu un compito facile, e questo continuo bisogno di tenere soggiogate le popolazioni conquistate fu alla base della reticenza degli Spartani a inviare un gran numero di cittadini in campagne fuori dal Peloponneso.
Secondo lo storico greco Tucidide, la scintilla che provocò la guerra del Peloponneso fu la convinzione degli Spartani e dei loro alleati che gli Ateniesi avessero infranto i patti stipulati all'indomani della guerra dei Trent'anni. La clausola principale era la garanzia che nessuno stato si sarebbe privato della sua autonomia, dunque sia Sparta sia Atene potevano continuare a curare i propri interessi.
Gli Spartani, sottoposti alle pressioni dei loro alleati affinché operassero più efficacemente nel contenere l'espansionismo ateniese, nel 432 a.C. invitarono le parti a esporre le ragioni del contendere dinnanzi all'Assemblea spartana. Tra gli stati più convinti della necessità di una nuova guerra vi era Corinto, che mal vedeva l'appoggio che Atene forniva a Corcyra (odierna Corfù), che da molto tempo desiderava liberarsi dell'influenza corinzia. Lo stato di tensione tra Corinto e Corcyra era sfociato, nel 433 a.C., in una battaglia navale dagli esiti ambigui anche se la flotta di Corinto non riuscì a prendere Corcyra. Quest'ultima possedeva la seconda flotta più importante della Grecia e la sua alleanza con Atene era guardata con notevole sospetto, poiché interferiva negli affari di Corinto.
Un'altra lamentela che Corinto aveva da fare nei confronti di Atene, riguardava il comportamento ateniese nei confronti di Potidea. Questa città, situata sulla punta più occidentale della penisola calcidica, fu fondata dai Corinzi e ogni anno ospitava gli epidemiurghi, magistrati-ispettori provenienti da Corinto. Potidea era coinvolta nella Lega di Delo e la sua vicinanza alla Macedonia la rendeva strategicamente importante. Re di Macedonia, in quegli anni, era Perdicca, ex alleato di Atene, che sobillava le città calcidiche affinché si ribellassero. Queste città si erano riunite in una lega capeggiata dalla città di Olinto. Atene intimò Potidea di rimandare a casa i magistrati Corinzi e di smantellare le sue fortificazioni. Potidea chiese l'aiuto di Sparta e della Lega del Peloponneso e ottenne la promessa che se Atene avesse attaccato Potidea, gli Spartani avrebbero invaso l'Attica.
Poiché da Potidea gli Ateniesi ricavano notevoli contributi, Atene assediò la città che si avvalse, allora, del supporto di Corinto e di mercenari del Peloponneso. Per questo Corinto lamentava che Atene violava i patti successivi alla guerra dei Trent'anni e spingeva Sparta a invadere l'Attica.
Anche la città di Megara aveva di che lamentarsi nei confronti di Atene, che l'aveva esclusa dai suoi porti e dai suoi mercati con un decreto dell'Assemblea. L'intento di Atene era quello di spingere i Megaresi a rompere la loro alleanza con Sparta. Alle proteste dei Megaresi si aggiunsero quelle degli abitanti dell'isola di Egina, minacciati dall'invadenza di Atene, del cui impero facevano parte dal 458 a.C.. Egina era una base ideale per condurre attacchi navali contro Atene e di questo gli Ateniesi erano ben consapevoli. Nel 432 a.C. fu installato un presidio ateniese sull'isola. Nel contempo furono ridotti i tributi che gli abitanti versavano ad Atene ma l'autonomia dell'isola era ancora lontana e ciò andava contro i patti successivi alla guerra dei Trent'anni.
Dopo aver ascoltato le lamentele delle varie città e le argomentazioni ateniesi, gli Spartani allontanarono tutti dal luogo dell'Assemblea, eccetto degli spartiati. Gli Spartani erano molto irritati dall'atteggiamento ateniese e i loro alleati li convinsero della malafede di Atene. La dichiarazione di guerra, pertanto, fu naturale.
Uno dei re di Sparta, Archidamo, si mostrò prudente nel dichiarare guerra ad Atene, il cui impero era esteso e che avrebbe, proprio per questo, potuto sostenere anche un lungo conflitto. Archidamo consigliò, pertanto, di inviare delle missioni diplomatiche per negoziare accordi e, nel contempo, reclutare nuovi alleati e risorse per prepararsi alla guerra. L'eforo Stenelaida, invece, manifestò apertamente la sua avversione per la prepotenza ateniese, considerandola un oltraggio inaccettabile. Messa ai voti la questione, non si riuscì a stabilire se fossero più alte le grida per chi era favorevole o per chi era contrario all'entrata in guerra. Stenalaida chiese, pertanto, agli Spartani di dividersi in due gruppi e fu a questo punto che si ebbe certezza che la maggioranza era favorevole a una guerra immediata contro Atene.
Gli Spartani inviarono i loro emissari ad Atene per cercare una soluzione. Fu sollevata, in questo contesto, la questione dell'autonomia di Egina e Potidea anche se il punto sul quale si discusse più animatamente fu il decreto di Megara, che gli Ateniesi si rifiutarono di rescindere. Un ambasciatore di Sparta, allora, consegnò l'ultimatum.
L'Assemblea ateniese fu rapidamente riunita. Pericle era del parere che accondiscendere alle richieste spartane avrebbe significato indurre Sparta ad avanzarne altre. Incitò, pertanto, gli Ateniesi a replicare agli Spartani di non interferire negli affari interni dei proprio alleati e propose di sottoporre il problema dell'infrazione della pace dei Trent'anni ad arbitrati. A questo punto gli Spartani abbandonarono l'Assemblea. Fu questo l'inizio delle ostilità.
Fonte: Le Nebbie del Tempo.
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Splendido! informazioni fondate e chiare(non si crea confusione, perché tutto segue un preciso ordine). Mi è piaciuta l'associazione del testo alle immagini. Ti faccio i miei più vivi complimenti!
RispondiEliminaOttime e dettagliate informazioni e immagini, ma non ci sono le foto che cercavo io...cmq complimenti per l'ordine e la chiarezza della pagina!!!
RispondiEliminaallora cercati le foto da un'altra parte...'sta paggina è perfetta!!! niko
Eliminasopra dove parlate di Sparta mostrate le foto su Pericle, un soldato spartano, epoiun oplita greco, colui che chiamate soldato spartano(gli opliti erano i soldati greci,1 errore, nn ho visto se ce ne sono altri) cmq colui che chiamate soldato spartano, È IL GRANDE RE LEONIDA, CHE MORÌ NEL 480 a.C. ALLE TERMOPILI, INSIEME AI PRODI 300, ALTRIMENTI SECONDO TE IN ONORE A CHI È LA STATUA? SENZA DI LUI LA GRECIA AVREBBE FATTO PARTE DELL'IMPERO PERSIANO, SENZA LEONIDA CHE TENNE IMPEGNATA L'ARMATA PERSIANA PER 3 GIORNI, SAPENDO CHE NON SAREBBERO PIÙ TORNATI
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