Archeologia: legami fra Eraclidi e Sardegna.
Articolo di Valeria Putzu.
Nella conferenza tenuta lo scorso Venerdí 11 Febbraio 2022 per il circolo Honebu con il Professor Montalbano, mi sono soffermata particolarmente sulla stele di Almadén de la Plata, che raffigura due persone, un guerriero con spada, scudo tondo e elmo cornuto e un secondo personaggio con copricapo piumato. Secondo lo studioso locale Sanjuan, questa stele sarebbe una rappresentazione dei “gemelli divini”. Questa interpretazione é per me molto importante, soprattutto perché troviamo associata la figura dei gemelli divini (uno dei piú famosi era Eracle) con un personaggio che porta il copricapo tradizionalmente attribuito al figlio di Eracle.
I gemelli divini sono una figura mitologica che si trova in una grandissima parte delle mitologie antiche di diversi paesi. Si tratta di due gemelli eterozigoti di una madre umana, e padri diversi: un ovulo sarebbe stato fecondato dal marito di questa, mentre l’altro ovulo sarebbe stato fecondato da una divinità tramite un intervento miracoloso che avrebbe comportato una trasformazione (in pioggia dorata, in cigno, in aquila, in toro, ecc.). Dei due fratelli, quello mortale avrebbe perso la vita in seguito a un tradimento e quello divino, gli avrebbe in qualche modo ceduto una parte della sua immortalità facendolo diventare una divinità dell’oltretomba, lunare, mentre il gemello divino sarebbe diventato una
divinità solare.Ritroviamo i gemelli divini nel Popol Vuh:
Hunahpú e Ixbalanqué (“sole giaguaro”, già dal nome troviamo il sole e il
giaguaro/leone, spesso associato al gemello divino) sono figli di una
mortale e di un Dio, Hunahpú viene ucciso e Ixbalanqué lo fa rivivere.
Nella cultura Veda c’erano gli Ashvins, figli
di Saranyu (luna) e Surya (sole).
In Lettonia, i gemelli divini Ašvieniai tirano
il carro del sole.
In Sicilia troviamo i Palici, figli del dio
Adrano, mentre nella cultura slava i gemelli Lada e Lado personificano la
bellezza e la fertilitá. Tra gli Yoruba, abbiamo gli Orishas Ibeyí , figli di
Changó (dio del tuono, l’equivalente dello Zeus greco) e Oshun. Culminando con
il mito principale della mitologia latina, quello di Romolo e Remo in cui
troviamo una variante allo svolgimento tipico della leggenda: in questo caso il
tradimento che provoca la morte di un gemello é operato non da un familiare, ma
dal gemello mortale.
In Grecia c’é una proliferazione di gemelli
divini, dovuta al fatto che, nella riorganizzazione del corpus mitologico
ellenico, ci si é ritrovati con gli stessi miti che si ripetevano in ognuna
delle varie città stato, con varianti più o meno importanti, personaggi con
nomi più o meno differenti. In alcuni casi queste varianti sono state accorpate
nello stesso mito, in altri sono state scisse in due o più miti diversi.
Abbiamo quindi vari gemelli divini che ogni volta sono re di una diversa città
micenea, la maggior parte dei quali appartengono a una stessa dinastia, di
ascendenza chiaramente pelasgica (da Pelagos=mare, “pelasgi” era il
termine con cui i greci chiamavano i Popoli del Mare). I capostipiti di questa
dinastía sono Poseidone, dio pelasgico per eccellenza e Libia (i Lubu erano uno
dei Popoli del mare).
Troviamo dapprima Egitto e Danao (gemelli
divini perché dietro il padre Belo si nasconderebbe il dio Baal). Il tradimento
delle 50 figlie di Danao che uccidono, nella prima notte di nozze, i 50 figli
di Egitto sarebbe un’allegoria di un tradimento dei Pelasgi della Grecia verso
gli altri Popoli del Mare in Oriente. Una seconda coppia di gemelli sono
Acrisio (re di Argo) e Preto (re di Tirinto), di questi Acriso é il padre di
Danae e nonno di Perseo, che ha una forte relazione con la Sardegna in quanto
uccisore della Regina sarda Medusa. Perseo é il nonno tanto di Anfitrione
quanto di Alcmena, genitori della piú famosa coppia di gemelli divini: Ificle
(figlio di Anfitrione) e Eracle (figlio di Zeus). Sempre di questa stirpe sono
Edipo e Giocasta, che ebbero anch’essi una coppia di gemelli, questa volta non
divini, Eteocle e Polinice, che si uccisero a vicenda disputandosi il trono di
Tebe. Loro parenti sono anche i “fratelli divini”, figli di Zeus e Europa,
Minosse (re divinizzato di Creta) e Radamante, che alla sua morte diventa
re/giudice dell’Isola dei beati (anche questo tema del re/giudice ha una forte
attinenza con la Sardegna).
Da Tindaro e Leda, con l’intervento miracoloso
di Zeus trasformatosi in cigno, nasceranno ben due coppie di gemelli divini:
Castore e Polluce (alla morte del “gemello umano” Castore, otterranno di
passare insieme alternativamente un giorno nell’Ade e un giorno nell’Olimpo) e
Elena e Clitemnestra, che sposandosi con gli atridi (Atridi significa figli di
Atreo. Atreo e Tieste sono un’ulteriore coppia di gemelli divini che si
tradiscono l’uno con l’altro): Menelao (re di Sparta) e Agamennone (re di
Micene) che con la Guerra di Troia finiranno per completare la rottura con gli
Sherdan d’Oriente. La reazione alla distruzione di Troia e all’espulsione del
bando pro-Pelasgico dalla Grecia sarà chiamata “il ritorno degli Eraclidi”, e
poterà alla distruzione completa della civiltà micenea.
Nello stesso modo in cui ci sono vari gemelli
divini, ci sono anche vari Eracle: Diodoro Siculo parla di 3 Eracle, uno
Egizio, uno Cretese e quello greco. Cicerone parla di 6 Eracle e Varrone
addirittura di 54.
Erodoto dice che c’era un altro Eracle
originario dalla Fenicia, che sarebbe il dio Melquart. Tra i vari Eracle
segnaliamo quello Assiro, Sandone o Sardone, da cui sarebbe derivato il Sansone
biblico.
L’Eracle Siciliano era adorato con il nome
di Macario.
Macaria era anche il nome della figlia di
Eracle e Deianira, che si sarebbe autoimmolata per permettere la vittoria del
fratello Illo sull’usurpatore Euristeo. A questo punto giova ricordare che la
sorella di Euristeo si chiamava Sardó e che il figlio di Eracle (Eracle era
cugino di Eurosteo) si chiamava Sardus.
Come ci informa, infatti, Sallustio nelle
Historiae (I Sec A.C.), il figlio dell’Eracle Libico, Makeris, sarebbe
stato Sardus, il capostipite della civiltá Sarda, che cambió il nome dell’isola
da Argyrophlex Nesos a Sardó, versione confermata da Silio Italico (Punica I sec.
D.C.) con l’unica differenza che il nome originario dell’isola sarebbe stato
Ichnusa.
Ma continuiamo con le indagini. La madre di
Eracle sarebbe stata preservata dalla morte da Zeus che l’avrebbe portata alle
Isole dei Beati, che in greco si chiamano Makaroi Nesoi (isole dei
Macari?) e nella città di Calai o Calea (teóricamente in Beozia ma questa
localizzazione lascia parecchi dubbi in quanto sembra difficile che i morti
dall’oltretomba potessero fare escursioni di cuori solitari in Grecia, molto
piú probabile che questa città di Calai si trovasse proprio nell’isola del
Beati/Macari e, nel caso ammettessimo che tale isola potesse essere la
Sardegna, tale ipotesi potrebbe venir parcialmente confermata dall’assonanza
tra Calai e Calaris) avrebbe conosciuto e poi sposato Rodamante, che abbiamo
già visto essere il re/giudice di tali isole.
Forse si tratta di quella stessa isola, la
Sardegna, in cui, secondo Diodoro Siculo, Iolao avrebbe portato in salvo i
figli Tespiadi di Eracle, avuti in una sola notte dalle 50 figlie di Tespio
(che ricordano stranamente le 50 figlie di Danao)?
Secondo Apollonio Rodio (nelle Argonautiche),
Eracle dopo la momentanea pazzia in cui uccise i suoi figli andò a farsi
purificare nell’Isola dei Feaci (anche quest’isola alcuni studiosi omerici la
fanno coincidere con la Sardegna) dove sarebbe nato il figlio maggiore Illo, avuto
con la naiade Melite (le Naiadi erano ninfe delle acque dolci con facoltà
sanatrici e profetiche).
Quindi vediamo che nella familia di Eracle
(pelasga) ci sono molti avvenimenti importante strettamente legati a isole,
casualmente tutte si trovano a Occidente della Grecia e, salvo la Sardegna dei
Tespiadi, non sono mai state localizzate. Cerchiamo quindi di fare un po’ di
chiarezza e cercare di vedere che altre informazioni danno i classici sulla
posizione di queste isole.
Le Isole dei Beati (o forse dei Macari) vengono
nominate Pindaro dicendo che si trovavano alla fine del camino di Zeus (un
percorso navale che dalla Grecia andava verso Occidente e che terminava
nell’altissima “Torre di Cronos”. Non c’erano molte isole nel bronzo antico con
una tradizione di alte torri.
Quando Plinio il vecchio nelle Naturalis
Historiae descrive il viaggio per circumnavigare l’Africa dice che, dopo le
Colonne d’ Eracle, partendo dalle terre dei Tirreni, si trova per prima l’isola
di Cerne (che ha una curiosa assonanza con Cirno, il nome greco della Corsica),
poi si sarebbe arrivati all’Isola di Atlante e poi alle Isole dei Beati o
Gorgadi, in quanto sede delle Gorgoni (e sappiamo che la Gorgone Medusa era
Regina della Sardegna), e infine alle Esperadi, le occidentali “Isole del
tramonto”.
Diodoro Siculo invece parla di un’invasione
delle Amazzoni provenienti dalla Libia (una regione che comprendeva l’attuale
Libia, Tunisia e parte dell’Algeria, dalla descrizione sembrerebbe partissero
da un porto localizzato dove poi sarebbe sorta Cartagine) che, dopo un giorno
di viaggio arrivano all’Isola di Atlantide, dove combattono alcune battaglie
con gli Atlantidi e gli abitanti della vicina isola di Cerne, ma
successivamente vengono respinte dai Gorgadi o Gorgoni, di cui in una battaglia
precedente le Amazzoni avevano preso prigionieri 3000 guerrieri. Sommando le
due descrizioni quindi, le Isole di Altantide e del Beati (o del Macari o delle
Gorgoni) sarebbero vicine alla Tirrenia, alle colonne d’Ercole (della Spagna o
della Sicilia?), alla Tunisia/Libia, alla catena dell’Atlante e
breve distanza dalla Corsica, sembra chiaro che si tratterebbe di alcune delle
grandi isole del Mediterraneo Occidentale.
Torniamo ora alle steli tartessie localizzate
lungo la Via Erculea che partiva dalle “Colonne d’Eracle”, colonne che nessuno
sa con sicurezza quante fossero né la loro localizzazione. In greco Colonne
d’Eracle si diceva “Erakleies Stele” La parola greca “stele” vuol
dire sia stele che colonna. Quindi Erakleies Stele voleva dire sia “colonne di
Eracle” che “stele di Eracle”. Abbiamo visto che il nome originario di Eracle
era Macario, quindi ho provato a fare il gioco di sostituirlo. “Makairon
Stele” vuol dire “stele dei coltellinai” (cioé dei commercianti di
bronzo per fare armi). Siccome in questa zona, tra Andalusia, Estremadura e Sud
del Portogallo ci sono un centinaio di queste stele che rappresentano i
mercanti del bronzo, mi chiedo se la presenza di queste “Makairon Stele” possa
in qualche modo aver contribuito alla nascita del mito delle Colonne d’Eracle,
allegoria del limite estremo raggiungibile dall’uomo.
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