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lunedì 31 gennaio 2022

Archeologia. Riflessioni sulle navi dei fenici mai rappresentate in terra di Canaan (Libano). Articolo di Gerolamo Exana

Archeologia. Riflessioni sulle navi dei fenici mai rappresentate in terra di Canaan (Libano).

Articolo di Gerolamo Exana

Perché i fenici non hanno una sola raffigurazione di nave, con o senza la protome di cavallo, in terra loro? E' possibile che le navi fenicie dobbiamo cercarle in un fiume assiro?
Come facevano le navi fenicie a portare il cedro in Mesopotamia?
In che modo ci arrivavano?



E' assai difficile dimostrare che i fenici trasportassero a piedi per lunghi tratti le loro navi smontate per poi rimontarle nelle città mesopotamiche a centinaia di km di distanza.
Dov’è che si parla di cedro nei testi assiri, nonostante fosse comunque diffuso anche nel nord Iraq?
Siamo certi che i fiumi della Mesopotamia non avessero isole su cui edificare palazzi?
In merito a queste domande, più che giustificate, inserisco in virgolettato alcuni paragrafi e alcune foto tratte dai link e dal web che dimostrano, inequivocabilmente, l’esistenza di una navigazione assira, con barche dotate di protome equina, tecnologicamente specializzata in ambito fluviale presso i loro canali navigabili con isole annesse, e nell’ambito di mare nel Golfo Persico fino alla Valle dell’Indo, in cui è dimostrato l’approvvigionamento di essenze lignee come l’Ebano asiatico e il Sandalo.
Le foto e i disegni dei rilievi assiri, in particolare, dimostrano come queste imbarcazioni con protome equina e raffigurate presso i palazzi assiri lungo il Tigri, siano in verità scafi assiri e non fenici. Il dettaglio di queste protomi equine infatti, mostra gli abbellimenti tipici degli assiri, sul capo dei cavalli assiri (questi si, popolo di carri e cavalieri, al contrario dei cosiddetti fenici), i quali sono perfettamente ed inequivocabilmente rintracciabili solo presso gli assiri e non in terra “Fenicia”.

Rilievi che mostrano palazzi merlati (presi per l’isola di Tiro, mai menzionata nei testi assiri), identici solo a quelli che si ritrovano presso i siti archeologici assiri, e isole come da raffigurazioni, ancora esistenti lungo il corso del Tigri, proprio presso Ninive e lungo di esso.
Rilievi che mostrano come nasce il trasporto del legno, (non per forza cedro, mai menzionato nei rilievi, ma che comunque troviamo anche a nord dell’Iraq) e cioè via terra e poi via fiume attraverso anche l’attività del “tonneggio”, cioè il traino della nave da bordo fiume.

Come da rigorosa ricerca scientifica, tutti i popoli definiti marinari, hanno potuto confermarsi come tali attraverso relitti che rispondono alle loro raffigurazioni in patria, ma a quanto pare, questo metodo scientifico, non è stato adottato per i cosiddetti fenici, forse frutto di una superficiale attenzione, derivata da interpretazioni errate di testi antichi:
Infatti, riguardo alle famose Hippos dei fenici, per esempio, è lampante l’equivoco di interpretazione, quando Omero scrive nell’Odissea, sui cavalli del mare: “Araldo, perché il mio figliolo è partito? non aveva bisogno di salire sulle navi veloci che per gli uomini sono i cavalli del mare”, dove la frase “cavallo del mare”, viene trasformato in Hippos come fosse una tipica imbarcazione e non un mezzo di trasporto veloce come il cavallo via terra. Tra l’altro si parla di greci e non di fenici.

“La navigazione, sia sul Tigri che sull’Eufrate, ma anche nel Golfo Persico, è antichissima e risale alla stessa origine delle civiltà mesopotamiche antica. Tuttavia è probabile e ragionevole supporre che gli uomini già prima del III millennio a.C. – momento in cui si iniziano a formare le strutture urbane – navigassero, seppur con mezzi quanto mai rudimentali. Proprio a partire dalla seconda metà del III millennio a.C. e gli inizi del II millennio a.C. si hanno prove di una attività di navigazione non solo fluviale ma anche marittima; scambi e contatti commerciali con la valle dell’Indo e con il Bahrein (legno di Sandalo ed Ebano asiatico) sono attestati e nonostante la non continuità di tali scambi si nota infatti un arresto o un rallentamento dall’età paleo-babilonese in poi che riprende in epoca neoassira.
Pertanto è possibile delineare alcune grandi direttive commerciali marittime: una incentrata nel Mediterraneo Orientale, che dal Mar Rosso e dal Golfo Persico giunge fino all’Oceano Indiano probabilmente una serie di rotte fluviali attraverso il Tigri e l’Eufrate che si snoda di città in città anche mediante l’opera di canalizzazione fatta dai vari sovrani. Ne consegue che anche la navigazione fluviale era particolarmente sviluppata e forse “prevalente” su quella marittima, dal momento che le principali città mesopotamiche erano raggiungibili per mezzo dei fiumi o dei canali (testimoniatici da Erodoto e Seonofonte).”
“I rilievi dell’età neo-assira , e precedentemente i sigilli mesopotamici , ci forniscono importanti e preziose indicazioni sui natanti dell’epoca”
“In base alle conoscenze attuali, le imbarcazioni erano anche di svariata stazza. Si andava da una piccola possedente una stazza di circa 2,5 metri cubi (pari a 10 gur) per una lunghezza di circa 6 metri; poi si passava ad una più grande di 8 mt. di lunghezza per una stazza di 7,5 metri cubi (pari a 30 gur) ed infine, uno più grande ancora di 14 mt. di lunghezza pari a metri cubi di stazza (120 gur). Pertanto l’imbarcazione “media”, almeno fino al periodo paleobabilonese, era probabilmente di circa 11 mt di lunghezza per una stazza di 15 metri cubi (60 gur)”

“Relativamente all’uso delle imbarcazioni, esso era – come oggi – sia mercantile, ovvero per trasporto di merci e persone, ma anche per scopi militari. Dai rilievi di età neoassira, ad esempio, si nota come le imbarcazioni fossero usate per il trasporto di materiali di dimensioni eccezionali, come ad esempio i grandi tori alati (lamassu) da collocare nel palazzo reale (in questo caso si trascinava la nave mediante funi dalla riva). L’uso per scopi bellici ci è attestato non solo per il trasporto di truppe ma anche per il combattimento in mare; per esempio SENNACHERIB (704-681 a.C.) fece costruire ben due flotte per guerreggiare contro i rivali Elamiti (nel 696 a.C.)”

“L’arte della navigazione, soprattutto per scopi mercantili, è stata uno degli aspetti più rilevanti le civiltà mesopotamiche. Infatti la civiltà mesopotamica crebbe e si sviluppò lungo le rive dei grandi fiumi, quali il Tigri, l’Eufrate. Pertanto le città mesopotamiche nacquero e si svilupparono proprio lungo tali percorsi fluviali ed i vari sovrani, nel corso della plurimillenaria storia vicino orientale antica, provvidero alla costruzioni di canali sia atti all’irrigazione, alla bonifica ed alla navigazione; per tali ragioni si potrebbero definire tali civiltà come “civiltà idrauliche”24. Appare chiaro, sia dalle testimonianze archeologiche che dai resti letterari pervenutici dall’antica Mesopotamia, che lo sfruttamento delle arterie fluviali fu costante in tutta la storia di tale civiltà sin dai tempi più remoti.


Da tutto ciò emerge chiaro il fatto che la navigazione fosse ampiamente praticata e che le tecniche nautiche sufficientemente sviluppate.”
“Scendendo il Tigri arrivavano "via acqua" in Sumer l'ossidiana del lago Van, il legno di cedro dai monti Amano, il bitume dal Medio Eufrate, il marmo dai monti Taurus e il rame, probabilmente dalle coste meridionali del Mar Nero.”
“Nella zona della Turchia centrale e nel Nord dell'Iraq proliferava una flora estremamente varia e un grande numero di specie di alberi; la regione era caratterizzata da precipitazioni poco abbondanti e forti variazioni di temperatura che impedivano la produzione di un buon legname. Sui monti degli Zagros e su quelli del Tauro, insieme con alcune specie mediterranee, crescevano il ginepro, l'olmo, il pistacchio. All'interno di questa regione fitogeografica si distinguono altre due zone, la regione del Ponto Eusino e la regione del Caspio.

Tra la vegetazione delle aree del Nord e del Sud dell'Iraq si riscontra una grande differenza; la zona del Sud, che fa parte della regione fitogeografica saharo-sindica, è infatti caratterizzata da alte temperature ed estrema aridità e l'evaporazione supera di gran lunga le precipitazioni. Gli alberi più comuni in questa regione, e cioè l'acacia, la palma da datteri (Phoenix dactylifera) e il tamarisco (Tamarix), possono raggiungere una considerevole altezza in condizioni favorevoli, arrivando fino a 5-10 m; in questa zona, tuttavia, poco rimane della vegetazione originale.
Lo sfruttamento di alberi e arbusti ha costituito una risorsa naturale importante per gli uomini del Vicino Oriente antico fin dal periodo Paleolitico; l'azione dell'uomo, che ha però disboscato e sfruttato i terreni a scopi agricoli e pastorali, ha però causato notevoli cambiamenti nella flora. Il caso più clamoroso di sfruttamento, che ha portato a un impoverimento enorme della specie, è quello dei celebri cedri del Libano, utilizzati per millenni nelle grandi costruzioni di templi e palazzi da tutti i popoli del Vicino Oriente antico, compresi gli Egizi.”

“La vegetazione del Vicino Oriente antico non si potrebbe quindi conoscere a fondo se non fossero sopravvissute zone di stratificazione pollinica non disturbata nei letti di alcuni laghi, quali il lago Van in Turchia. Le analisi dei pollini effettuate hanno fornito la sequenza dei cambiamenti della vegetazione occorsi a partire dall'ultima glaciazione. Inoltre, anche se la vegetazione del Vicino Oriente ha attualmente una scarsa somiglianza con quella antica, si possono trovare ancora luoghi particolarmente inaccessibili e isolati, dove lo sfruttamento si era rivelato troppo difficile, che possono aiutare a comprendere com'era l'originaria vegetazione della zona.”
“Già tra i più antichi testi lessicali, le liste del periodo tardo Uruk (3000-2900), si possono riconoscere liste di piante e di oggetti di legno, preceduti tutti dal determinativo giš, 'legno'.


Queste liste diventarono presto canoniche ed ebbero vasta diffusione tra le scuole dell'epoca e anche in periodi successivi, quando furono copiate da scribi ad Abu Salabikh e Fara e trasmesse, sempre tramite contatti scribali, a Ebla in Siria. Anche se in Siria la vegetazione era diversa, con alberi e arbusti della macchia mediterranea non presenti in Mesopotamia, tuttavia gli scribi conoscevano e utilizzavano i repertori di parole mesopotamici. Queste liste, diventate canoniche e standardizzate, furono utilizzate nelle scuole di gran parte dell'impero assiro e poi di quello babilonese.”
“La più famosa e completa lista enciclopedica bilingue sumerico-accadico è la lista "ḪAR-ra=ḫubullu", ritrovata in molteplici esemplari e composta quasi sicuramente dalle scuole scribali di epoca paleobabilonese, unificando e codificando precedenti testi lessicali.

La tavoletta III di questa lista comprende tutti i nomi di alberi e piante da legname che uno scriba assiro o babilonese del I millennio doveva conoscere ed eventualmente saper scrivere, quindi praticamente tutto lo scibile di uno scriba del cuneiforme in fatto di botanica. Anche questa lista lessicale ha probabilmente un'origine sumerica e quindi questo testo è una fonte primaria per la conoscenza dell'agricoltura, orticoltura e arboricoltura del Vicino Oriente antico già del III millennio.
La lista elenca in duplice colonna (a sinistra il sumerico e a destra l'accadico) molte specie di piante ma anche nomi diversi della stessa pianta, varianti ortografiche, nomi di parti di piante non sempre facilmente distinguibili. Soltanto una parte delle piante menzionate in questa lunga lista è traducibile e identificabile con certezza, grazie a confronti con altre lingue semitiche e alla flora attuale delle regioni del Vicino Oriente. Inoltre è stata notata la significativa omissione di un albero attestato invece nei testi economici a partire dai testi sumerici del III millennio, il platano (Platanus orientalis).

Questa omissione suggerisce due possibili spiegazioni: da una parte la lista "ḪAR-ra=ḫubullu" potrebbe essere incompleta, dall'altra lo potrebbe essere la ricostruzione che finora è stata fatta dagli assiriologi, che si sono serviti di molti frammenti di questa lista di diversa provenienza. Tutti i testi presentano difficoltà per l'identificazione esatta delle piante e delle erbe menzionate: se il nome della pianta non identifica la stessa pianta in qualche lingua semitica attuale, come, per esempio, l'arabo o l'ebraico, spesso resta difficile riconoscerla.
L'elemento vegetale più comune nel Sud della Mesopotamia era la canna, che cresceva spontanea nelle paludi del Paese del Mare, lungo le rive dei due grandi fiumi, Tigri ed Eufrate, e lungo i canali. Ha costituito un materiale fondamentale nell'economia del Sud della Mesopotamia ed era usata per molti scopi: per la costruzione di capanne, suppellettili e contenitori di vario tipo, come combustibile, per costruire imbarcazioni e intrecciare stuoie.

Per facilitarne il trasporto era legata in fascine e in covoni di più fascine. Molti testi della III dinastia di Ur (2100-2000) registrano operai che lavorano per la raccolta e il trasporto di canne o per intrecciare canestri e stuoie; sono inoltre riportati i termini relativi a molti manufatti di canne (i cui nomi sono preceduti dal determinativo gi, in sumerico 'canna'), e a vari tipi di recipienti e canestri, setacci per farina, ecc. Infine, nei rilievi assiri e soprattutto in alcuni rilievi del palazzo di Assurbanipal a Ninive sono raffigurati prigionieri babilonesi che fuggono rifugiandosi nei canneti del Sud della Babilonia.”
“Tra gli alberi menzionati nella tavoletta III della lista "ḪAR-ra=ḫubullu" troviamo alcuni tipi di alberi ad alto fusto, tipici della parte settentrionale dell'attuale Iraq. Anche nella regione meridionale erano presenti foreste, ma costituite da tipi diversi di alberi di alto fusto, tra cui sono stati identificati alcune specie di pioppi, di platani, di salici e di querce. Dai testi amministrativi risulta che essi erano usati sia in architettura sia in carpenteria per costruire barche, mobili quali sgabelli, sedie, tavoli, letti, e utensili per l'agricoltura. Il legname ricavato da queste piante era trasportato in fascine caricate su chiatte e barche che navigavano i canali, così caratteristici del paesaggio sumerico. Il legname serviva per fabbricare casse e contenitori di vario tipo e, naturalmente, come combustibile per il riscaldamento; in particolare, ne erano impiegate grandi quantità nella metallurgia, per la fusione dei metalli.
Sono noti vari tipi di pioppi (Populus alba o nigra); attestato fin dai testi di Ebla è l'albero giš-ildag4 (Populus euphratica). Il più conosciuto tipo di salice frequentemente menzionato nei testi economici della III dinastia di Ur è il ma-nu=e'ru/ēru (identificato recentemente con il Salix acmophylla); il suo legno, particolarmente elastico, era usato in lavori di piccola carpenteria e i suoi rami servivano per legare; è documentato in Mesopotamia già in testi del periodo presargonico (2600-2350). Il legno del pino (di Aleppo) giš-ù-suḫ5 è citato nei testi neosumerici soprattutto come materiale per imbarcazioni. Le barche e le zattere che navigavano sui canali e sui fiumi della Mesopotamia erano fatte di vari tipi di legname; i testi, soprattutto quelli neosumerici, menzionano manufatti di vario tipo e di legni diversi che costituiscono parti di imbarcazioni di diversa stazza.
Tra le piante che sono presenti nella lista lessicale e che hanno anche frequenti attestazioni nei testi economici e letterari va menzionato il bosso (in sumerico tiškarin, in accadico taskarinnu), un arbusto della macchia mediterranea usato in Siria e Mesopotamia per costruire elementi di piccolo mobilio e oggetti pregiati, e già documentato dai testi economici di Ebla (2400-2350 ca.). I testi letterari ed economici confermano l'uso di querce e di piante esotiche quali l'ebano o il legno di sandalo proveniente dall'India, menzionati nella lista lessicale. Una sezione inizia con il tamarisco (in sumerico šinig, in accadico bīnu) e comprende parecchie conifere, tra cui pini, cipressi e piante che producono una resina odorosa, da bruciare.”


2 commenti:

  1. Ma la nave mercantile fenicia, parte delle raffigurazioni del sarcofago di Sidone esposto al Museo Archeologico di Beirut non è stata presa in considerazione? Come mai?

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  2. La raffigurazione di Sidone è di epoca ROMANA.

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