A presentare il papiro alla comunità scientifica - e a battezzarlo "il vangelo della moglie di Gesù" era stata Karen L. King, docente della Harvard Divinity School, nel 2012. La studiosa l'aveva ricevuto in prestito da un misterioso collezionista privato, il quale, a sua volta, non aveva svelato le circostanze grazie alle quali ne era entrato in possesso. Secondo King il frammento era autentico, anche se
A corroborare le convinzioni di King erano giunti, nel 2014, i risultati di una serie di analisi chimiche: secondo gli esperti coinvolti, il papiro era certamente antico (anche se meno di quanto si pensasse: la datazione indicava un periodo tra il VII e l'VIII secolo d.C.) e la composizione dell'inchiostro ricalcava quella dei prodotti utilizzati all'epoca. Altri studiosi restavano scettici, soprattutto per un errore grammaticale contenuto nel testo e per la somiglianza con un passaggio di uno dei vangeli apocrifi, quello di Tommaso.
Ma tutte queste certezze sono crollate dopo la pubblicazione sulla rivista The Atlantic di una lunga, documentata inchiesta del giornalista Ariel Sabar. Più che sull'autenticità del frammento, Sabar ha deciso innanzitutto di indagare sulla sua provenienza, e in particolare sull'anonimo "collezionista" che l'aveva fornito a King. Sfruttando gli scarsi indizi a disposizione, il giornalista è riuscito a rintracciare un certo Walter Fritz, un tedesco dal movimentato passato: aveva studiato egittologia in Germania (per poi sparire da un giorno all'altro dall'università), aveva diretto per brevissimo tempo un museo della Stasi, il potente servizio segreto della Germania Est, si era trasferito in Florida, aveva commerciato in autoricambi, aveva gestito una serie di siti porno dedicati alle imprese sessuali di sua moglie, a sua volta autrice di libri a carattere esotico-mistico. Fritz aveva anche registrato il dominio web gospelofjesuswife.com pochi giorni prima che la professoressa King annunciasse la sua scoperta.
Con Sabar Fritz non ha ammesso di aver architettato un falso, e nemmeno di essere il misterioso proprietario che l'aveva prestato a Harvard. Ma ha proposto al giornalista di forgiare i documenti falsi necessari a scrivere un best-seller storico sulla falsariga del Codice Da Vinci: "La gente non vuole leggere il saggio storico di Karen King", ha detto. "La gente vuole qualcosa da portarsi a letto. I fatti, da soli, non contano nulla. Quel che conta è il divertimento".
In teoria il papiro potrebbe persino essere autentico, ma la storia del suo ritrovamento e la personalità di Fritz fanno propendere per la tesi opposta. Intervistata da Sabar, la professoressa King ha dovuto ammettere di essere stata ingannata: Fritz le aveva taciuto il suo passato di studioso di egittologia (e di pornografo) e le si era presentato come un "buon padre di famiglia" benestante. La studiosa non aveva mai pensato di approfondire la storia della provenienza del frammento: "la sua inchiesta", ha detto a Sabar, "mi fa propendere decisamente per la tesi del falso".
Anche la Harvard Divinity School ha dovuto prendere atto dei risultati dell'inchiesta. Il comunicato del preside occupa poche righe che oggi fanno da introduzione al poderoso sito dedicato a tutte le ricerche compiute in questi anni su quello che sembra proprio essere uno dei falsi meglio riusciti della storia recente.
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