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mercoledì 25 giugno 2025

Romani in Sardegna

Romani in Sardegna

Articolo di Rolando Berretta


Non riuscivo a capire perché, in Sardegna, quando si parla dei Romani, ci sono delle considerazioni molto (esageratamente) negative. Poi sono passato nelle stanze del Palazzo Viceregio e capii. Quanti Sardi hanno messo gli occhi sul quadro del perugino? (
il Bruschi è di Perugia)

Inizio con  una novità: sulla Wikipedia, alla voce Trattati Roma Cartagine, segnalano che il mitico trattato del 509 (ricordato da Polibio) non va bene.

Veniamo a Tito Manlio Torquato che fu due volte Console, fu Censore e sottomise la Sardegna durante il suo consolato. Il suo primo consolato avvenne nell’anno 235, un anno particolare perché fu chiuso il

Tempio di Giano.  Escludiamo la conquista.

Adesso passiamo alla Battaglia di Talamone. Roma era nel panico per l’orda di Galli in arrivo. Correva l’anno 225 (a.C.). L’arrivo del console C.A. Regolo, di ritorno dalla Sardegna con le Legioni, (Polibio) permise a Roma di sventare la minaccia. Fu ucciso, mentre combatteva, il console Caio Attilio Regolo. A questo punto ho elaborato una mia personalissima versione.

In quel periodo, in Sardegna, operava un Pretore con la sua Legione. Roma e Cartagine avevano regolato i loro rapporti con il Trattato dell’Ebro. Per me Regolo era venuto ad arruolare le Legioni da trasferire in Italia. 

Adesso ci dovrebbe essere la ribellione dei Sardi e dei Corsi che segnala Tito Livio. Questo era il momento ideale. Roma elegge, immediatamente, il nuovo Console: Tito Manlio Torquato che riporta le legioni e doma la ribellione. Gli fu prorogato il Consolato anche per il 224.

Passiamo direttamente al dopo Canne.

Roma non ha uomini per formare le nuove Legioni. A difesa delle mura furono arruolati anche i minorenni. In Gallia il Console perse le legioni causa alberi poco stabili. Fu nominato un nuovo Console, immediatamente, ma la questione con i Galli fu rimandata. Per le nuove Legioni si stavano riscattando gli schiavi che volevano combattere. In questo frattempo arrivò la delegazione dei Romani che si erano arresi ad Annibale; erano rimasti nei due accampamenti. Il Senato chiese il parere anche a Tito Manlio Torquato; uomo di vecchio stampo.

Riassumo:

“Eravate 2 legioni negli accampamenti. Potevate fare di tutto, anche fuggire di notte. (Un piccolo gruppo lo fece). Potevate piombare sul nemico che stava festeggiando. Cosa avete fatto? Vi siete consegnati disarmati. Gli avete consegnato due accampamenti. Questi cittadini non servono a nulla!”

Livio la racconta meglio. Da considerare che il riscatto degli schiavi sarebbe costato più del riscatto dei Romani. A questo punto fu raschiato il fondo. Fu offerta la libertà a quelli che erano in carcere e si offrivano volontari (i VOLONES). Adesso vediamo il Console partire con due Legioni di ex  schiavi che non avevano mai tenuto un’arma in mano. Furono addestrati…in marcia.

Vediamo il Dittatore con le legioni dei Volones.

Cosa decide il Senato? Decide di arruolare 5000 uomini e 200 cavalieri da mandare in Sardegna sotto il comando del pretore Tito Manlio Torquato.

Una domanda me la sono posta: schiavi o ex carcerati? Quello offriva il momento. Arrivato in Sardegna armò pure i marinai. Quindi parlare di Console e di un esercito consolare mi sembra esagerato.

E, adesso, scatenate l’Inferno…non mi sembra il caso.

Passiamo direttamente alla Battaglia di Decimomannu:

Asdrubale fece sbarcare le sue truppe e rimandò la flotta a Cartagine; facendosi guidare da Ampsicora, si mise in movimento per andare a devastare il territorio degli alleati dei Romani.

Se voleva sfamare il suo esercito non aveva alternative. Passiamo alla battaglia di quattro ore.

Il testo di Livio è noto:

“Diu pugnam ancipitem Poeni, Sardis facile vinci adsuetis, fecerunt…”

La traduzione, che segue, è di Gian Domenico Mazzocato.

Grandi Tascabili Economici NEWTON prima edizione 1997

“…Poiché i Sardi erano abituati ad essere sconfitti senza  opporre grande resistenza, furono i Cartaginesi a mantenere l’esito a lungo incerto, ma, quando ormai ogni luogo era pieno di Sardi uccisi o allo sbando, finirono a loro volta sbaragliati. Mentre fuggivano furono però intrappolati dai Romani che avevano fatto compiere una manovra di aggiramento all’ala con cui avevano respinto l’assalto dei Sardi…”

Sullo sviluppo della Battaglia sto leggendo diverse versioni. Citare Livio è facile; citare il traduttore di queste versioni sarebbe più utile. Ma quello che non riesco a digerire riguarda la flotta rimandata a Cartagine. Quella flotta, sbattuta alle Baleari, arriva in Sardegna, scarica l’esercito e riparte per Cartagine ma viene intercettata dalla flotta Romana. Furono catturate sette navi…cariche di bottino, di oro e di argento. Sono perplesso.

Veniamo alla scena del quadro che raffigura la rivolta degli Iliensi (quasi romana Gente) e dei Bàlari (ausiliari … dell’esercito romano?). Piccola premessa. A Roma c’era una grave pestilenza. Pestilenza che aveva colpito anche i Romani che erano in Sardegna. A questo punto scatta la ribellione degli Iliensi e dei Balari che cominciano a devastare tutto. Se non ricordo male una delegazione dei Sardi si recò a Roma. Quindi?

Mi sono ricordato dell’anno 377 (Diodoro): Cartagine era colpita da una grave pestilenza. I Sardi buttarono fuori i Cartaginesi dall’Isola.

Morale della favola: ricordate quanto costò al popolo dei Campani il voltafaccia di Capua?

Roma ci andò pesante. Stessa cosa in Sardegna.

Forse conviene leggere personalmente Tito Livio. Non fatevelo raccontare.

Valga per tutti il giudizio di Dante Alighieri su Tito Livio.

Dimenticavo; nel 210 Tito Manlio Torquato fu rieletto Console. Lui rimandò gli elettori a votare.

C’era da combattere contro Annibale; la questione era seria.

Per ridere un po’: pare che Ampsicora si vestisse a Sorso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1 commento:

  1. non ho capito il senso di questo testo
    la storia è sempre raccontata dai vincitori
    le evidenze archeologiche fanno emergere una solida rete culturale sardo - punica e quando si parla dell'invasione parziale della Sardegna da parte dei romani bisogna considerare come oppositori a questa impresa non due entità separate ma un'unica popolazione che si adoperò per mantenere il controllo del territorio per tutto il periodo romano repubblicano.

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