Come funzionava il mondo dei sardi nelle età del Rame e del Bronzo?
Articolo di Pierluigi Montalbano e Marcello Onnis
Il controllo del territorio si esercita per tanti motivi: la gestione delle risorse, gli sconfinamenti delle mandrie che potrebbero distruggere un raccolto, le esondazioni, gli atti teppistici, la sicurezza degli scambi, la volontà di manifestare la proprietà di quella vallata, l'esigenza di "mostrare i muscoli", ossia eseguire un'operazione che funga da deterrente per chi arriva dall'esterno. Se sono un forestiero, e giungo in un territorio antropizzato, guardandomi intorno posso farmi un'idea del sistema di vita di quella comunità. Fino all'epoca romana, non si sono mai verificate, in Sardegna, guerre rilevanti, era
una società pacifica che, tuttavia, si organizzava in modo da "evitare" guai.Un'interpretazione dell'organizzazione socio-economica sarda è offerta dal sistema Onnis, sviluppato e applicato da me e Marcello Onnis in oltre 60 siti sparsi per la Sardegna, e ha confermato sempre l'esistenza di un centro ben preciso nel quale confluiscono delle direttrici. C'è da aggiungere che questo lavoro stravolge totalmente la visione militarista e di divisione in caste portata avanti dal Taramelli, da Lilliu e da tutti gli archeologi che ancora seguono il filone nuraghe/fortezza o quello di residenza del sovrano. Il punto di vista di questa nuova visione è a favore di una società egualitaria, non aristocratica, non piramidale, predisposta verso la collaborazione (ricambiata) di ogni singolo componente della comunità. Nessuna ipotesi di guerra (salvo le consuete beghe legate a sconfinamenti di pascolo o atti di pirateria terrestre o marittima). Solo collaborando in una comunità organizzata si può sopravvivere per oltre un millennio, lasciando forti testimonianze architettoniche monumentali, ceramiche che riportano a vita agricola sedentaria, industria tessile e manifatturiera sviluppata, culti legati ai defunti (ossessivamente conservati in edifici appositamente realizzati), manifestazioni che mostrano un legame viscerale con l'acqua, considerata fonte di vita e unica risorsa indispensabile per la sopravvivenza. E' una visione comunitaria, dove la solidarietà e lo scambio di lavoro erano dettati dalle esigenze quotidiane e non da un rigido sistema piramidale di sovrano, corte, guerrieri e schiavi. Forse per questi motivi gli archeologi non hanno ancora deciso di affrontare la proposta. Dovrebbero rovesciare completamente le teorie giunte dai maestri del passato, dalla scuola novecentesca, dalle ipotesi legate a guerre e a una società chiusa in se stessa. La Sardegna, invece, era aperta verso l'esterno e immersa in mercati internazionali.
Funzione e disposizione dei nuraghi: il sistema Onnis, uno studio di Marcello Onnis e Pierluigi Montalbano.
La carenza di dati di scavo supportati da contesti omogenei
che affligge lo studio della Sardegna del III e II Millennio a.C., non consente
di proporre un modello affidabile di antropizzazione del territorio da parte di
quelle genti che applicarono le tecniche agricole e di allevamento acquisiste
nel Neolitico. Illustri archeologi e ricercatori hanno offerto schemi ipotetici
di distribuzione dei villaggi e delle altre emergenze archeologiche, ma tutti
questi sistemi sono influenzati da una visione militarista o imperialista, in
voga nello scorso secolo e ancora condizionante, che conduce a perdere di vista
i concetti base che motivano l’antropizzazione di un territorio: la presenza
d’acqua dolce, la facilità di controllo, la presenza di risorse, la sicurezza,
la possibilità di comunicare verso l’esterno, le caratteristiche della flora e
della fauna locali. Tutti questi requisiti devono essere presenti
sinergicamente in ogni analisi.
I miei studi in Economia suggeriscono la possibilità che la
strada da seguire, anticipando la concezione religiosa, si debba ricercare in
una visione pragmatica dei problemi che una comunità deve affrontare nel
momento in cui giunge in una vallata, o in luogo idoneo alla sopravvivenza.
Alla base di questo modello, ho posto l’intelligenza dell’uomo e la sua
capacità di manipolare il territorio in cui vive.
Quando un gruppo umano sceglie di spostarsi per insediarsi
in un nuovo territorio, osserva il paesaggio che incontra e compie delle azioni
per verificare se le varie aree possiedono i requisiti ideali per
l’antropizzazione.
Le zone ricche di elementi naturali sono le più ambite, e
perciò richiedono un controllo sistematico e capillare. Ad esempio, spostando
l’attenzione nel Vicino Oriente, la Valle del Giordano era ricca di elementi
primari, e nel corso dei millenni varie fazioni si contesero il controllo.
Gerico, una delle città più antiche del mondo, fu la prima a essere circondata
da alte mura difensive.
Torniamo alla nostra isola. Immaginiamo di appartenere a un
gruppo umano, che d’ora in poi chiamerò clan, e di vagare nel paesaggio alla
ricerca di un buon territorio ricco d'acqua potabile. Saremo invogliati a
posizionare le tende in una bella vallata circondata da montagne, al riparo dai
venti dominanti, con disponibilità di legname e un ruscello che scorre al
centro, e qualche animale allo stato brado. La nostra ricerca parte da questa
ipotetica vallata paradisiaca. Scaricati armi e bagagli, mentre le donne
preparano un bel fuoco per riscaldare acqua e cibo, gli uomini iniziano la
perlustrazione esplorativa. Dalle cime circostanti osservano dall’alto la
vallata e creano una mappa mentale del luogo. Scendono a valle, si rifocillano
con il pasto preparato dalle donne, e iniziano a discutere sulle possibilità di
occupazione.
Si attrezzano per coltivare il grano (melanzane, mais, caffè
e pomodori arriveranno molto più tardi dall'America), l’orzo e qualche varietà
di legumi. Scelgono di sfruttare gli animali allo stato brado per ottenere
carne, pelli, latte e formaggio, e notano che alcuni vegetali possono fornire
cordame e fibre tessili.
La comunità è costituita da gruppi di famiglie che
possiedono competenze, peculiarità e svolgono precisi ruoli in seno al gruppo.
Vecchi e bambini svolgono forse ruoli secondari. La prima fase della vita si
concentra sulla conoscenza delle risorse locali e sull’approvvigionamento di
legname, pietre e fibre per legacci idonei alla costruzione di una serie di
ripari in punti strategici. Durante le esplorazioni sono censiti i punti di
raccolta dell’acqua, i nidi degli uccelli, le tracce degli animali e la
presenza di sentieri che colleghino la vallata con i territori confinanti. Esempi
concreti sono offerti in Sardegna nelle Giare di Siddi e Gesturi. Ambedue
basaltiche, presentano una caratteristica di vitale importanza per capire
l’evoluzione dell’antropizzazione: un altopiano in basalto non assorbe l’acqua
piovana e nelle stagioni piovose si formano dei rivoli, a volte non di poco
conto, che scaricano a valle il prezioso liquido. Si formano delle piccole
cascate, denominate “scalas”, che nel loro tracciato, a ogni stagione più
profondo, trasportano tutto il materiale che incontrano. Nella stagione
asciutta, le scalas assumono l’aspetto di sentieri che conducono a valle e
viceversa. Col passare dei secoli, i sentieri e i piccoli ruscelli che li
attraversano in inverno, sono adattati dalle comunità per essere sfruttati al
meglio. Le zone ripide sono addolcite e in alcuni punti si predispongono
piccoli laghi per la raccolta dell’acqua, e ripari di fortuna. Oggi questi
sentieri sono diventati le strade di accesso che conducono dai paesini a valle
verso gli altopiani. Sui bordi delle Giare, in corrispondenza del costone
roccioso, si trovano sempre tracce di strutture approntate dai primi
frequentatori stabili. E’ rilevante segnalare che oggi in quei punti, nessuno
escluso, troviamo dei nuraghi a corridoio realizzati verso la metà del II Millennio
a.C.
Anche in precedenza, il territorio dell’altopiano, o della
vallata occupata, presentava dei punti di accesso strategicamente utili alla
sicurezza della comunità, perché i luoghi ricchi di risorse costituiscono una
meta ambita da parte di chi cerca di sopravvivere. I leader dei clan devono
decidere come presidiare questi punti di accesso. Controllare un lato del
territorio non è sufficiente perché i pericoli possono giungere dalla parte
opposta e si deve, pertanto, garantire tutto il coronamento. La soluzione più
ovvia è quella di creare dei turni di guardia per sorvegliare i passi. Quando
il gruppo è numeroso, è conveniente una collaborazione attiva fra le famiglie
che s’insediano negli accessi e i gruppi a valle che, in cambio della sorveglianza,
aiutano ad approntare le capanne con tutto ciò che necessita: utensili,
animali, pelli, semi, armi. In questo periodo le armi non sono differenti dagli
utensili utilizzati per la vita quotidiana: coltelli, percussori, asce e
piccoli strumenti in selce e ossidiana fanno parte del bagaglio di ogni
capofamiglia. I metalli sono rari e qualche manufatto in rame costituisce un
tesoretto che deve essere tutelato con la massima cura. Terminate le operazioni
preliminari d’insediamento, il clan può iniziare a gettare le basi per un
sistema di vita ragionevolmente agiato. Abbiamo visto che i sentieri che
mettono in comunicazione la vallata con il territorio circostante sono
presidiati da famiglie che partecipano alle attività della comunità e fruiscono
del surplus consentito dalla collaborazione. Le zone nevralgiche del territorio
sono adattate per consentire un adeguato controllo. In questa prima fase la
comunità è strutturata per svolgere le mansioni decise dai capofamiglia. Si
rende necessario individuare un luogo cardine, condiviso da tutti i membri del
clan, presso il quale il capo traccerà, simbolicamente o fisicamente, una
“linea sacra” che da quel momento identificherà il centro della comunità, un
luogo in cui, con riti legati al culto della Madre Terra, dei defunti, del
toro, del fuoco e delle acque, si siglava un patto inderogabile di mutua
collaborazione nell’interesse della collettività. In tale occasione le famiglie
sancivano lo status d’appartenenza al Clan. La scelta del Centro era
condizionata da fattori geografici: si sceglieva in prossimità di fonti o corsi
d’acqua, in quanto elemento vitale e sacro. Applicando il “Sistema Onnis”, la
quasi totalità delle vallate indagate fino a oggi, confermano che il Centro
coincide con il punto di congiunzione di due ruscelli, una sorta di Y
individuabile sul terreno, forse la rappresentazione femminea di fertilità
della grande Dea Madre, la terra. Si tratta del luogo che presenta le
caratteristiche propiziatorie migliori per avviare un’attività economica legata
all’agricoltura. Verosimilmente il Centro era individuato dal Capo/Sacerdote in
sede d’occupazione e antropizzazione del territorio. Come testimoniato per
altre civiltà di quell’epoca, in questo punto si svolgeva un rito di
fondazione. E’ utile ricordare che il centro è uno dei simboli esoterici
fondamentali. Rappresenta l’origine di tutte le cose, il principio primo da cui
ha inizio la creazione, dal quale tutto ha origine, il punto indiviso, senza
dimensione né forma, immagine perfetta dell’Unità primigenia e finale in cui
ogni cosa trova inizio e fine, perché tutte le cose ritornano all’energia
principale che le ha create, riunendosi alla perfezione assoluta. Senza tale
riferimento naturale, lo spazio-tempo sarebbe privazione, vuoto nel caos. Il
Centro è dunque un’area sacra che vincola tutta la comunità e la obbliga a
rispettare il legame imposto dall’appartenenza al clan. Ogni individuo, spinto
dal senso di protezione ricevuto dalla comunità e dall’obbligo del rispetto
politico e religioso, era spronato a lavorare per il bene comune.
Il frutto del suo lavoro contribuirà al benessere collettivo
e sarà restituito sotto diversa forma dagli altri membri della comunità, ognuno
secondo gli incarichi assegnati dal clan. Considerata la valenza del Centro,
ogni famiglia era obbligata a costruire il proprio rifugio in un punto del
territorio ben determinato, senza violare il patto stipulato con gli altri
membri del clan. In questo modo la vallata era antropizzata in maniera
organica, come se un piano urbanistico preistorico dettasse le regole a ogni
individuo. Era una società organizzata che poneva la collaborazione reciproca
alla base del buon funzionamento sociale. La distinzione principale che segnava
una gerarchia era quella relativa alla tipologia di attività che il clan
sceglieva come indirizzo economico: pastorizia o agricoltura. L’estrazione dei
minerali per la fusione dei metalli sbilancerà l’equilibrio qualche secolo
dopo, ma il modello di antropizzazione del territorio seguirà sempre le stesse
linee guida.
Distribuzione dei
nuraghi
Per capire quali criteri determinarono la scelta del luogo
dove edificare un nuraghe ci si deve basare sull’osservazione e sull’analisi
dei dati rilevabili in aree circoscritte come le vallate e alcune giare, con
l’intento di individuare correlazioni comuni e ripetibili in analoghi habitat
distribuiti in ambito regionale. Conseguentemente, il perno dell’indagine è lo
studio geografico dei luoghi.
Nello studio stati considerati i parametri fondamentali del
territorio come l’orografia, la qualità del fondo e l’idrografia, in quanto
elementi naturali di questo habitat, vincolanti per i primi agricoltori e per
l’antropizzazione. I residenti realizzarono campi coltivabili, capanne, reti
stradali e le infrastrutture necessarie per permettere lo sviluppo sociale
delle comunità.
Gli autori di questo studio ritrngono che, originariamente,
la scelta dei luoghi strategici su cui edificare i nuraghi, fu frutto di
decisioni delle popolazioni del III Millennio a.C. che iniziarono ad
addomesticare i cereali ed edificare capanne e/o villaggi intorno alle aree
agricole. Solo il 18% della superficie della Sardegna possiede i requisiti
ideali per la coltivazione dei cereali, perciò, fin dalle prime attività
agricole, emerse la necessità di occupare permanentemente le poche aree
disponibili. Le aree d’edificazione dei nuraghi in Sardegna non sono omogenee,
tuttavia spesso ricadono nelle vallate ricche d’acqua che consentono lo
sfruttamento dei terreni pianeggianti adiacenti. Poiché una vallata presenta
sempre più punti d’accesso, per poter presidiare il territorio occorreva
predisporre una serie di guardiole per evitare intromissioni di greggi e/o
saccheggi attraverso le vie di penetrazione. Conseguentemente si verificò la
nascita delle prime aggregazioni sociali, i cosiddetti Clan, con più famiglie
che partecipano unite al bene comune.
Le vallate, per la loro conformazione, possiedono diversi
pregi. Grazie alla loro concavità, nel periodo delle piogge, raccolgono l’acqua
e la incanalano in rivoli, rendendo il fondo della valle fertile per più mesi
all’anno. Inoltre, l’azione impetuosa del vento, deleteria per l’agricoltura, è
limitata nell’area interna della vallata, grazie ai bordi rialzati dell’anello
perimetrale.
Nonostante siano trascorsi vari millenni, che dal punto di
vista geologico corrispondono a un battito di ciglia, i luoghi non hanno subito
variazioni geomorfologiche rilevanti, e il fatto che a tutt’oggi la maggior
parte degli ovili e delle aziende agricole sussistono su emergenze
archeologiche nuragiche e/o resti di capanne e recinti a loro coevi, dimostra
che i parametri agro-pastorali considerati a suo tempo, sono ritenuti validi
ancora oggi. La contemporanea presenza e partecipazione nelle vallate, e in
alcune giare, di circoli megalitici, capanne, nuraghi, pozzi, necropoli con
domus de janas e tombe dei giganti, seppure costruite in tempi diversi e da
comunità differenti, disegnano una linea temporale la cui origine culturale e
religiosa è certamente millenaria, e la cui continuità è frutto di sovrapposizioni
di genti che vissero nello stesso luogo, con le stesse difficoltà ed esigenze,
esternate con manifestazioni artistiche e culturali differenti.
Tale prassi fu rispettata certamente anche dai nuragici,
come oggi dai nostri pastori con gli stazzi.
Il primo sito indagato è la vallata di Seruci, nel comune di
Gonnesa (Carbonia-Iglesias), scelta perché rispecchia le condizioni di nicchia
ecologica. Si può ragionevolmente supporre che i nuraghi presenti partecipano
al medesimo sistema geografico. Inoltre è distante da altre realtà
archeologiche che potrebbero inficiare l’analisi. Si è utilizzata una carta IGM
con scala 1:25.000 in cui sono stati evidenziati i nuraghi, le tombe, i pozzi,
i menhir e le altre emergenze archeologiche indicate. Poi, la carta è stata
integrata con i dati rilevati con una ricerca sul campo. Si è ottenuto un
profilo a forma ellittica che segue il perimetro della vallata. Verificato che,
due o più nuraghi costruiti lungo i bordi della vallata sono visibili tra loro,
si sono tracciate delle direttrici per unirli in coppia. Il risultato finale è
simile a una vecchia ruota di bicicletta (vedi immagini).
Dall’analisi dei nuraghi, sia sul luogo sia sulle carte,
emerge che alcuni sussistono in corrispondenza dei passi e dei sentieri che
mettono la vallata in comunicazione con quelle adiacenti.
Metodologia di studio
Dai luoghi imposti casualmente dai passi e dai corsi
d’acqua, l’uomo ha manipolato la terra secondo le necessità del momento. Ogni
comunità adattò l’area scelta per perfezionare l’insediamento. A tal fine fece
passare le direttrici in un Centro, scelto a priori con finalità propiziatorie,
dal quale tutto ha origine perché offre uno stato d’equilibrio cosmico che si
contrappone al caos cosmico.
Per gli allineamenti, una volta stabilito il Centro, si
accendeva un fuoco alimentato con degli arbusti freschi per sviluppare un’alta
colonna di fumo che consentiva l’individuazione del Centro anche da grandi
distanze, superando l’eventuale scarsa visibilità dovuta alla folta vegetazione
e/o a eventuali dislivelli presenti nella vallata. Allo stesso tempo si
accendeva un altro fuoco in prossimità del passo più importante del
Clan/vallata, sul quale si sistemava una struttura che successivamente fu
monumentalizzata realizzando un nuraghe. Ottenuti due punti in linea tra loro,
per individuare il terzo ci si allontanava dal Centro, seguendo l’allineamento
dato dalle due colonne di fumo, fino al raggiungimento del confine posto ai
bordi opposti della vallata. In caso di lunghe distanze si accendevano diversi
falò lungo l’allineamento dato dai primi due. Il Centro è generalmente posto
nelle immediate vicinanze di fonti o corsi d’acqua, in quanto elemento vitale e
sacro. Ogni individuo, spinto dal senso di protezione ricevuto dalla comunità e
dall’obbligo del rispetto religioso, era spronato a lavorare per il bene
comune, certo che il frutto del suo lavoro sarebbe stato poi restituito sotto
forma di alimenti e difesa da pericoli esterni. Per mantenere il possesso di
quel territorio era necessario presiedere gli accessi in maniera permanente,
bloccando le vie d’accesso che mettevano la valle in comunicazione con le
vallate adiacenti. In tal modo si marcava il territorio erigendo un segno
inequivocabile di possesso (nel Bronzo si utilizzava un nuraghe) che delimitava
un passo invalicabile senza esplicita autorizzazione. Tale prassi era
consolidata e rispettata dai Clan e risultò superfluo erigere delle poderose
mura tutto intorno alle aree abitate e coltivate. I nuragici rispettarono la
tradizione delle popolazioni precedenti, poiché tale sistema soddisfaceva le
medesime esigenze, seppure in tempi diversi.
Nell’esempio presentato in questa ricerca, si definiscono
punti “A“ delle direttrici (Seruci, Sa Turrita, Ghillotta, Nuraxi Figus, Su
Arci), i nuraghi posti nelle adiacenze dei passi dove transitavano i carri,
giacché strategici e obbligati dalla naturale conformazione del fondo, mentre
si chiamano punti “B“, quelli contrapposti. Questa convenzione sarà utile in
fase di rilevamento e successiva informatizzazione dei dati. L’ordine delle
direttrici si è attribuito partendo dal nuraghe più importante per dimensione
e/o per annesso villaggio. Nel nostro caso il punto “A” è costituito dal
nuraghe Seruci. Con questa procedura, le direttrici s’intersecano in un punto
che convenzionalmente chiamiamo Centro, non coincidente con il centro
geometrico dell’area perché, trattandosi di una superficie ondulata con
perimetro irregolare, gli estremi delle direttrici non possono distare
equamente dal centro stesso. Durante la definizione delle direttrici, si sono
tralasciati temporaneamente i nuraghi apparentemente isolati. Partendo da
questi ultimi, si è tracciata una direttrice passante per il centro, sulla
quale si è concentrata la ricerca d’eventuali altre emergenze archeologiche.
Grazie all’ausilio del programma Wikimapia si è verificato che lungo quelle
direttrici erano stati già censiti altri nuraghi. Come contro prova, dopo aver
tracciato le direttrici, si è provato a spostare virtualmente diversi nuraghi
di soli 20/30 metri lungo il bordo della vallata. E’ risultato evidente che le
direttrici, non passavano più per il Centro. Con l’uso della funzione 3D di
Google Earth, si apprezzano meglio i risultati ottenuti e si dimostra come tale
disposizione collima con l’orografia dei luoghi. Partendo dai nuraghi edificati
nei punti “A”, si sono evidenziati i sentieri adiacenti con una matita rossa,
ottenendo un tracciato utile alla determinazione dell’ipotetica rete stradale
esistente nel territorio nuragico.
Occorre precisare che a volte la parte “B” della direttrice
non si trova alla stessa quota altimetrica del punto “A”, e quest’ultimo può
coincidere anche con la quota più bassa della stessa vallata. Nel caso in cui
il punto “B” sia un nuraghe, il rispetto di tale regola vanifica l’ipotesi
d’esclusiva funzione strategica di vedetta militare e giustifica il motivo per
cui molti nuraghi non sorgono all’altezza massima del rilievo su cui sono stati
edificati.
Un altro aspetto rilevante del Sistema Onnis è che si riesce
a comprendere il posizionamento di quei nuraghi costruiti molto vicino ad altri
nuraghi ma non si è riusciti a tutt’oggi a fornire una motivazione.
Dall’analisi delle decine di Clan finora accertati, si è
riscontrato che nel Centro si rileva prevalentemente la presenza d’acqua sotto
forma di fiumi, sorgenti o pozzi d’acqua artificiali. In una buona percentuale
dei Clan del bacino del Sulcis-Iglesiente il centro coincide, non casualmente,
con il punto di congiunzione di due affluenti che generano una “Y”. Una
possibile spiegazione della scelta del Centro è che per fini propiziatori si
volesse determinare un punto in equilibrio cosmico del Clan, il Centro appunto,
ottenuto dalla neutralizzazione di forze (prima da circoli megalitici, poi da
capanne e infine da nuraghi) con direzioni opposte, tra loro convergenti in
quel punto, e nel quale si celebravano le cerimonie e i riti dedicati al culto
dell’acqua.
In altri casi, come già detto, in prossimità del centro sono
state individuate emergenze archeologiche interessanti, non riportate sulle
carte dell’IGM ne divulgate da pubblicazioni scientifiche, come una Tomba di
Giganti individuata durante la ricerca sul campo a Sant’Antioco nella valle di
Cannai. Applicando lo stesso sistema anche sull’altopiano della Giara di
Gesturi, si è individuata, a tavolino e poi sul luogo, una necropoli composta
da alcune decine di tumuli a tholos, alcuni realizzati con lastre in pietra
squadrate e posizionate in modo ortostatico. A queste si aggiungono resti di
capanne a base ellittica a più ambienti e un complesso litico a forma di altare
lungo circa 2,5 metri.
Come è noto, all’interno della Giara di Gesturi e in quella
di Siddi, non sono censiti nuraghi, e ciò stride con l’alta densità di nuraghi
edificati tutto attorno e sui bordi delle stesse Giare. Si presume che il
motivo sia da attribuire al fatto che le Giare, per la loro conformazione,
fossero considerate Zone Sacre, e che la funzione dei nuraghi (o ciò che
rappresentavano per le comunità che li edificarono), non fossero compatibili
con gli usi praticati all’interno dell’Area Sacra.
Grazie all’applicazione del sistema a direttrici anche sulla
Giara di Gesturi, si è verificato il rispetto dell’ubicazione dei nuraghi negli
accessi e, allo stesso tempo, sono state individuate decine di emergenze
archeologiche non riportate sulle carte IGM, ne citate su riviste e/o
pubblicazioni scientifiche di archeologia, nonostante siano state effettuate
diverse campagne archeologiche già dagli anni ‘60.
L’ipotesi teorica elaborata sulla carta, trova
oggettivamente riscontro grazie ai sistemi informatizzati disponibili come
Google Earth e Wikimapia che, con le loro opzioni 3D, consentono di verificare
la coerente e perfetta applicazione di tale modello di indagine archeologica
sull’orografia dei luoghi.
Verosimilmente, il Capo Tribù o il Sacerdote, postosi al
Centro del Clan, riscontrò che col trascorrere delle stagioni, precisi punti
all’orizzonte coincidevano con i solstizi e gli equinozi, estivi e invernali.
Questi momenti erano importanti per le comunità agricole, perché legati ai
periodi di semina e raccolta, e costituivano elementi fondamentali per la
corretta gestione dell’attività agraria, pastorale e religiosa dell’intera
collettività.
Proseguendo la ricerca, è emerso che nelle grandi vallate
del Sulcis sono individuabili dei Clan i cui nuraghi periferici partecipano
alla contemporanea delimitazione di tre Clan confinanti e complementari tra
loro, e le rispettive vallate, viste sotto tale punto di vista, assumono
l’aspetto di un enorme puzzle composto da aree perfettamente adiacenti tra
loro, senza “spazi morti”. Ciò suggerisce una società gerarchica ma
collaborativa, organizzata in diverse classi sociali specializzate che
partecipavano al bene del Clan, con persone preposte all’agricoltura, alla
pastorizia, alla caccia, alla pesca e a tutte quelle attività legate alla buona
gestione del territorio antropizzato, dalla difesa all’accumulo delle risorse e
ai conseguenti scambi commerciali.
Tutti i membri del Clan partecipavano all’edificazione e
alla manutenzione dei nuraghi, delle tombe e dei pozzi nel territorio di loro
pertinenza, e contribuivano al bene comune del medesimo. Dalle stratigrafie
degli scavi intorno ai nuraghi si è potuto verificare che molti furono
edificati su insediamenti preesistenti. Allo stato attuale delle ricerche non
sappiamo se queste genti occupavano territori in precedenza antropizzati dai
loro antenati, oppure se una nuova civiltà occupò le stesse aree, ma la carenza
di elementi legati a guerre o invasioni farebbe supporre che le trasformazioni
della società avvennero in modo naturale, senza traumi o cesure evidenti.
Le realtà archeologiche finora scoperte a tavolino e
verificate sul campo, quelle determinate dai centri e quelle individuate dal
tracciato delle direttrici, non possono essere considerate frutto di pura
casualità, e gli studi preliminari di questa ricerca fanno supporre sviluppi in
ambito regionale, con la conseguente imposizione d’interventi politici mirati.
La sperimentazione di tale metodologia, applicata a macchia di leopardo in
campo regionale, ha consentito l’individuazione di altri 35 potenziali Clan.
Ciò testimonia che il metodo di antropizzazione fu applicato in tutta la
Sardegna, isole comprese, come testimoniato a Sant’Antioco.
Nelle immagini:
Il nuraghe Ponte di Dualchi
Il territorio di Gesturi (www.agrarioelmas.it)
Il sistema Onnis applicato a Seruci, Sant'Antioco e nel
Sulcis, con i clan confinanti.
Una panoramica del territorio di Ardauli e la Giara di
Gesturi
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